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di Jeanne Pucelli
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—«(…) vedemmo un signore che toglieva da una gabbia un uccellino morto. Uno dei miei figli (…) mi domandò “Papà perché l’uccellino è morto?”. “Perché era vivo” fu la risposta migliore che riuscii a dargli. Stranamente non fece altre domande. Forse, anche se era piccolo, mio figlio aveva intuitivamente compreso che non c’era risposta migliore che io potessi dargli»
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Questo paragrafo appare a pagina 192 del libro ¿Dónde está Dios, papá?, malamente tradotto in Dio esiste, papà? Le risposte di un padre ateo, dello spagnolo Clemente Garcia Novella (Ponte alle Grazie Editore).
Se avessi letto prima la risposta demenziale con la quale l’autore liquida la domanda del figlio, non avrei certamente letto questo libro. Ma ormai mancavano una ventina di pagine per terminarlo e ho bevuto l’amaro calice fino in fondo. In verità mi ero accorta di alcune stupidaggini contenute nel libro (che io chiamerei “Dio, esiste papà ? ”) ma sia la quantità di citazioni, sia alcune frasi di buon senso dell’autore, mantenevano in equilibrio la mia critica. D’altronde l’autore, che di mestiere fa l’economista, dice chiaramente che di teologia non ci capisce nulla e che quindi… in effetti non ci capisce proprio niente ma non è questo a preoccuparmi, eminenti cattedratici di teologia, di cui non faccio il nome, scrivono sul più grande quotidiano italiano affermando corbellerie a non finire.
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Quindi perdono volentieri Novella per questa sua ignoranza teologica che bilancia con un po’ di buon senso … e con i ricordi del catechismo. In questo suo lavoro lo aiutano eminenti atei come l’etologo inglese Richard Dawkins citato a pagina 63: «Le religioni ostacolano lo sviluppo della scienza perché insegnano ai bambini ad accontentarsi delle spiegazioni soprannaturali (…) Insegnano loro ad accettare la rivelazione e la fede attraverso princìpi dogmatici, invece di stimolarli a cercare le prove delle teorie».
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Invece inorridisco quando l’autore, per spiegare i valori etici, da una parte, giustamente, rifiuta la morale dei monoteismi che elargisce premi e punizione post mortem, ma dall’altra, a pagina, 179 afferma «(…) l’altruismo, la compassione, il comportamento etico, e il coraggio sono vantaggi selettivi che favoriscono la trasmissione dei nostri geni, esattamente come la nostra sopravvivenza e quella del nostro gruppo di appartenenza». Inorridisco anche quando, a pagina 201, egli, aderendo alla psichiatria organica e nazista, scrive che la depressione è causata «… soprattutto da fattori biochimici e genetici».
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Infatti più avanti Novella si rivela un vero talebano del determinismo. L’autore, da buon homo oeconomicus, si esprime come un fedele razionalista credente nei dogmi utilitaristici e deterministici, facendo uscire le religioni dalla porta per poi farle rientrare, rivedute, corrette e sostenute dalla ragione, dalla finestra.
Egli senza accorgersi usa il paradigma religioso e, partendo da un assunto suffragato da un’auctoritas, giunge a “logiche conseguenze”. «Goethe – scrive Novella – seppe esprimere l’idea meglio di me: “L’uomo pensa di avere il controllo della propria vita ed elle proprie azioni, mentre in realtà, la sua esistenza dipende irrimediabilmente dal destino”» Ed ecco trasformato il religiosissimo concetto di disegno imperscrutabile divino, in un razionalissimo destino. «Se non è zuppa è pan bagnato» direbbe la nonna.
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Atena , dea della ragione, nasce dalla testa di Zeus
Chi ha fede nel determinismo, al pari dell’homus religiosus, crede nel “destino” immodificabile dagli esseri umani: «Un’analisi scientifica dei fatti – spiega l’autore – sembra attribuire tutte le colpe e tutti i meriti alle condizioni ambientali e biologiche. Se seguiamo la strada che ci indicano la biologia, la genetica, e la psicologia, concetti che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili, come la libertà umana, il merito e il demerito, verrebbero non solo toccati ma sommersi».
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Novella, che come ho già detto non nasconde la sua ignoranza in teologia, non sa che la religione cattolica, al contrario di quella protestante, ha sempre contrastato l’idea del libero arbitrio, annullando così, come fa lui, la responsabilità degli esseri umani che, secondo l’autore spagnolo, vivendo predeterminati dall’ambiente e dalla genetica, “non sanno quello che fanno”.
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Il modello di essere umano eletto dall’autore spagnolo è quello heideggeriano, e quindi razzista e nazista, che realizza la propria “autenticità” accettando entusiasticamente la strada “dettata dai geni”, e quindi dalla razza ariana di riferimento, e dall’ambiente in cui è nato e vissuto. Come dire che un leghista è così per razza e cultura di appartenenza, e che quelli che avendo gli stessi geni ed avendo vissuto nello stesso ambiente non votano Lega Nord sono “un’anomalia della specie”.
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È vero che, come lui scrive, per i filosofi deterministi, alla cui fede lo vedo aderire acriticamente, il libero arbitrio è una pia illusione. Ma il determinismo è figlio della filosofia occidentale che ha annullato, come direbbe l’antropologo De Martino, la “presenza” dell’essere in rapporto con l’altro da sé. Ha anche eliminato, lo vedo dal modo in cui l’autore risponde al figlio al figlio, la capacità innata di tutti gli esseri umani di immaginare. Io avrei risposto che quell’uccellino era morto perché privato della sua naturale libertà che per gli uccelli si traduce in volare. E non penso che il bambino abbia pensato « che non c’era risposta migliore che (lui potesse) dargli». Penso invece che il pensiero del figlioletto sia stato “mio padre è un c….ne” punto. O almeno lo spero perché ciò vorrebbe dire che il piccolo non si è identificato con … con quel co….ne.
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24 settembre 2014
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nunzio scotto di covella
24 Settembre 2014 @ 17:42
Bell’articolo. Ciò che si pensa, sui “coglioni”, a chiare lettere. Complimenti all’autrice.
andre8
25 Settembre 2014 @ 12:57
bello…
poi immaginare il figlio che pensava:”questo è un coglione” mi ha fatto rovesciare dalla sedia
Giampiero
25 Settembre 2014 @ 13:38
Ho letto il libro in oggetto e devo dire, che pur trovandolo interessante alcune affermazione dell’autore mi avevano “stranito”. Ringrazio Jeanne Pucelli, che seguo da tempo per la sua capacità di verbalizzare questo suo rifiuto con parole semplici e ficcanti . Mi è piaciuta particolarmente la sua decisione di rinominare questo libro in “Dio, esiste papà?” che sottolinea l’assenza di presenza affettiva del genitore.
Per quanto riguarda invece la parte di critica alla religione, che non è poi così male, avrei preferito che il titolo fosse rimasto quello spagnolo ¿Dónde está Dios, papá? cioè “Dove sta dio papà?” che evidenza meglio il naturale ateismo dei bambini.
Mi permetto di inserire il link degli altri articoli di Jeanne Pucelli http://www.igiornielenotti.it/?cat=1953 alcuni di questi sono proprio esilaranti
Redazione
25 Settembre 2014 @ 13:48
Ringraziamo per i vostri commenti positivi per l’articolo di Jeanne P. , è vermente brava e divertente .
Vogliamo però avvertire di non inserire nei commenti i link come ha fatto GIAMPIERO perché i commenti con i link non accedono e vengono espulsi dallo SPAM. Il commento di GIAMPIERO lo abbiamo recuperato dallo spam perché lo abbiamo visto subito ma è meglio non inserire mai nessu tipo di link.
Grazie, la Redazione