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di Giulia de Baudi
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Nomina sunt consequentia rerum: lo so, è brutto iniziare con una frase sopra le righe, e giuro che non voglio “tirarmela”, né voglio indossare la maschera del “Ganassa” meneghino, ma questo motto latino mi serve e quindi…
La frase «i nomi sono conseguenti alle cose» mi serve perché ci sono parole antiche che accostate a “cose” contemporanee, come la politica italiota, aiutano a capire meglio la vera natura delle “cose”.
Se accostiamo la realtà storica strettamente contemporanea, in cui prevale un sistema politico neoliberista-capitalista, a quella feudale che, dicono, si è conclusa nei primi anni dell’Ottocento, e che quindi, secondo questi dati sarebbe durata circa mille anni, ci accorgiamo che parlare di feudalisimo imperante non sarebbe poi neppure tanto anacronistico.
Ma anche se lo fosse poco mi importa perché come dicevo sono… o meglio dovrebbero essere le “cose” e “la realtà delle cose” le sole depositarie del senso delle parole.
Quindi, cerco di far sì che i nomi corrispondano alle cose che nomino e, se guardo alla scena sociale, economica e politica, mi rendo conto che tutto l’armamentario lessicale feudale, che indica la funzionalità di quel tipo di società, può essere riproposto, grazie al turbo-neocapitalismo imperante, senza alcun problema.
Il sistema linguistico medievale che definiva i rapporti di forza di quella società oggi lo posso utilizzare per definire la società in cui vivo. Non solo: questo “antico” lessico è in grado di creare “immagini parlanti”, in grado di rivelare la vera natura degli eventi politici, economici e sociali che giornalmente mi travolgono. Questo linguaggio è quindi anche in grado di svelare e denunciare la quintessenza degli attori della scena politica, giornalistica, economica.
Questi personaggi, già ben messi in risalto in una serie di approfondimenti scritti da Gian Carlo Zanon e pubblicati su questo nostro “diario polifonico” (leggi qui), sono trama e ordito di quella “rete vassalla”, di fatto ancora esistente, all’interno della quale, obtorto collo, viviamo.
Al culmine della piramidale “rete vassalla”, ci sono ovviamente i Maghi Oz del capitale, vale a dire coloro che detenendo circa il 90% del capitale mondiale possono creare e distruggere continenti interi come è accaduto col Plan Condor in Sudamerica e come sta accadendo in Grecia. Essi sono gli imperatori e i re, i principi e i duchi, i conti, i visconti e i baroni. Loro sono quindi i signori del mondo economico e quindi anche i mandanti della crisi economica che stiamo vivendo e che è funzionale al loro potere.
Via via che si scende verso il basso della scala sociale incontriamo, i “vassalli” cioè gli “addetti al caporalato politico”, ovvero coloro che ogni giorno portano al loro signore, dopo averli incatenati e aggiogati, i cittadini perché possa succhiare loro il sangue.
Poi ci imbattiamo nei “valvassori” e nei “milites”, che più o meno rappresentano: i primi buona parte della casta degli informatori mediatici e i secondi i militari e le forze dell’ordine ed ovviamente i servizi segreti “sempre deviati”; scendendo troviamo i “contadini liberi” ovvero la classe media, cioè i lavoratori a tempo indeterminato – che ancora, ma per poco e con angoscia, tengono stretto il “posto fisso” sempre più traballante – ed infine “servi della gleba” che sono tutti coloro che sopravvivono senza diritti alla mercé dei capricci di ciò che oggi i “valvassori mediatici” preferiscono chiamare, con un elegante eufemismo, “mercato del lavoro”… ovvero quell’entità con tutte le qualità del dio dei monoteismi – invisibilità, inconsistenza, “incottattabilità”, di cui ormai giungono gli echi solo per mezzo di “messaggi astrali” che attraversando l’etere giungono sui smartphone come (leggi qui) questo caso di licenziamento a mezzo Whatsapp: “oggi lavori due ore”, “domani stattene a casa”, “vieni di corsa in fabbrica, hai due ore, se non arrivi in tempo, non ti far più sentire”. Et simila. Inutile dire che se chiama il lavoratore per chiedere di che morte deve morire, nessuno risponde.
Il vassallo politico dell’imperatore economico e il contratto di vassallaggio
Il vassallaggio del politico è un contratto di tipo “personale” che si instaura tra una persona che occupa uno scranno politico e un individuo che ha un potere economico. Il rapporto pluriennale tra Renzi e Marchionne è esemplificativo tanto quanto lo è Stato quello di Monti e Letta con il gotha del potere bancario internazionale. Parlo solo del cosiddetto “centro-sinistra” che ormai naviga in acque maleodoranti… più a destra si va e peggio mi sento!
Stabilito il contratto di “vassallagio” il politico di turno che si inginocchia al suo signore diventa, esattamente come accadeva nel medioevo, “homo” dell’altro. In cambio della fedeltà al suo signore il politico riceve protezione economica e finanziaria.
In cambio della protezione economica e finanziaria, la fedeltà del vassallo si trasfigura in leggi, di cui il Jobs Act è l’esempio più fulgido, e/o in imprese faraoniche che servono a ripagare il padrone del vassallo … con le tasse estorte ai “contadini liberi” e ai “servi della gleba”.
Generalizzando e semplificando, la Casta politica – divisa in partiti/società interinali in forte concorrenza tra loro- non è più come dovrebbe essere funzionale alla società tutta; non è più garante di giustizia sociale e di distribuzione equa della ricchezza, non è più garante della costituzione che infatti voleva eliminare; la Casta politica ora è un meccanismo bel oliato che serve solo a mantenere ed accrescere le ricchezze dei già ricchi, a tener saldo il loro potere, e a impedire che quelli degli ultimi gradini, capiscano cosa cazzo sta succedendo.
I partiti – pochi esclusi – sono società di vassallaggio che offre “servizi”. I vassalli non devono far altro che intercettare un target di potenziali acquirenti dei loro “prodotti”, leggi e quant’altro, e rendersi disponibili a produrne nelle dovute caratteristiche e nelle dovute quantità. Ovviamente tutti i mezzi sono buoni per portare acqua al mulino del loro padrone di turno … e l’acqua, per chi non lo avesse ancora capito, è il cittadino divenuto prima suddito, poi spettatore impotente perché gli è stata tolta anche la possibilità di scegliersi il politico che lo rappresenta.
Per definire meglio i vassalli appartenti alla Casta politica, mi avvalgo delle parole di Neruda e di Giorgio Caproni, che narrano molto bene la sordida realtà umana di questi individui che si sono ormai mostruosamente trasformati in “iene voraci e in roditori delle bandiere conquistate con tanto sangue e tanto fuoco”.
Scrivevano Neruda e Caproni nelle loro poesie frementi di indignazione (cito mischiando a memoria Pablo a Giorgio): “Guardateli bene in faccia. Guardateli alla televisione, magari invece di guardar la partita. Guardateli, son loro, le nostre guide. Guardateli, ripugnanti. Sordidi fautori dell’ordine, il fango del loro animo colora di pus le pro espressioni facciali. Sono, grassi i nostri Ministri. Sono Senatori. Sindacalisti. Arrampichini. Arrivisti. In nome del Popolo arraffano sempre capitali – si fabbricano ville.
Investono all’estero, mentre auspicano – Dio, quanto “auspicano” “pace e giustizia” .
Guardateli, i grandi attori: i guitti, degni dei loro elettori. Toglieteceli davanti. Per sempre. Tutti quanti. Guardateli sono sempre lì impantanati nei loro orticelli, predatori infernali, vassalli mille volte venduti e traditori, incitati dai lupi di New York. Guardateli non sono esseri umani sono robot affamati di sofferenze, fogne, boia, branco di sfruttatori della prostituzione a cui obbligano il popolo affamato.”
Guardateli bene in faccia. Guardateli alla televisione e sui vostri stramaledetti smartphone. Ora li dovreste riconoscere anche voi… nonostante gli omissis e le nebbie mediatiche messe in scena dalla narrazione dei valvassori…
Castiglione delle Stiviere – 14 febbraio 2017
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