• Le fonti mitologiche e religiose dell’ideologia suprematista israeliana

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    di Gian Carlo Zanon

    «La nostra razza è la razza padrona. Noi siamo gli unici semi-dei, con qualità divine, di questo pianeta. Noi siamo tanto diversi da tutte le altre razze inferiori quanto loro lo sono dagli insetti, di fatto, quando comparate alla nostra Razza, tutte le altre razze sono composte da bestie, nel migliore dei casi loro sono i nostri ovini e bovini. Noi possiamo considerare le altre razze come i nostri escrementi umani. … Il nostro destino naturale è il dominio delle razze inferiori, il nostro Regno qui, in terra, dovrà essere comandato con l’uso del bastone di ferro. Le masse di razze inferiori dovranno sempre leccare i nostri piedi e servirci come schiavi».

    Ho trovato in rete questa frase attribuita a Menachem Begin Primo Ministro d’Israele, 1977 – 1983,  nonché Premio Nobel per la pace. Non ho trovato però la data in cui sarebbe stata detta o scritta, né il luogo in cui sarebbe stata detta o il testo da cui proverrebbe e quindi ritengo che NON sia, per ora, una fonte da me ritenuta attendibile. Se qualcuno trovasse una fonte vera e verificabile gli sarei grato se me lo comunicasse.

    Detto questo però devo dire che – conoscendo la forma mentis culturale e nazionalistica/religiosa di gran parte di coloro che, all’interno di questa determinata “identità di genere”, si identificano completamente nella cultura, nella religione e nel nazionalismo ebraico – la ritengo quantomeno verosimile. Non ritengo verosimile però che frasi di questa gravità siano state dette o scritte con l’intenzione di renderle pubbliche fuori di una cerchia ristretta in cui sicuramente vengono dette e ripetute. Forse sarà uno di quei “fuori onda” che vengono carpiti e resi pubblici. Potrebbe essere.

    Penso che questo delirio sia verosimile perché qualche anno fa un amico di cultura ebraica, in modo mooooolto più velato le aveva scritte nei commenti a questo articolo http://www.igiornielenotti.it/identita-umana-o-identita-di-appartenenza/. In questi commenti si evidenzia a mio parere una volontà, più o meno consapevole, di esprimere l’idea suprematista israeliana che nel 2014 (data dell’articolo) era già molto evidente.

    Vorrei evocare, scrivendo questo articolo, il nesso stringente tra il miti ebraici che risalgono almeno a tremila anni fa questa ideologia preminente ben presente nella cultura ebraica sempre più identificata con la religione. Lo scrivo perché ciò che sta accadendo in Palestina, per quanto riguarda la comunicazione sui fatti palestinesi in generale, si può esprimere con una sola parola: ignobile. Questa tossica “aria dei tempi” non solo non viene fermata dai giornalisti, pochi esclusi, ma viene sempre più amplificata. Per esempio si tiene conto di una mitologia di millenni fa in cui si favoleggia di un “popolo eletto”, di una “terra promessa” e della diaspora giudaica causata dei romani  fin dal nel 70 d.C., ma non si tiene conto della storia reale dal 1948 in poi. Tutto ciò è semplicemente vergognoso.

    Fonti mitologiche e religiose su cui si incardina il suprematismo israeliano

    «I benê hā’ělōhîm (i figli del dio supremo) mandati dal loro padre sulla terra per vigilare i mortali, falliscono la loro missione di cui erano stati incaricati dal padre. Come abbiamo già visto, il mito dei benê hā’ělōhîm che si accoppiano con donne mortali è narrato anche nei 36 capitoli del Libro dei Vigilanti, incastonato nel Libro di Enoch e variamente interpretato.

    «La spiegazione di questo mito, che è sempre stato un incubo angoscioso per i teologi, può derivare dall’arrivo in Palestina di altissimi barbari mandriani ebrei, nel secondo millennio a. C. e dal loro connubio, per matrimonio, con la civiltà asiatica. In questo senso “i figli di El” – altro nome che definisce anche la divinità ebraica – sarebbero “i mandriani adoratori del semitico toro El”; “le figlie di Adamo” sarebbero “le donne della terra” (adama) cioè le dee cananee dell’agricoltura» (Vedi Robert Graves- Raphael Patai, I miti ebraici, Longanesi Editore, Milano 2013, pagina 127)

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    Come affermano R. Graves e R. Patai, il Libro dei vigilanti, che narra come in ogni mito l’unione generativa tra divinità e donne mortali, è di difficile interpretazione. Quindi lascio subito il campo esegetico agli esegeti i quali, seguendo ognuno le loro recondite intenzionalità, interpretano questo testo e le parole che definiscono questi “esseri soprannaturali”. Esseri soprannaturali che – come accadrà nei film Angel-a di Luc Besson, e Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, – venuti sulla terra a vigilare sugli esseri umani, in seguito, contaminati dalle passioni, dagli affetti e dall’amore per questi ‘esseri inferiori’, rimarranno sull’orbe terracqueo generando una nuova stirpe umana. I Èlòhìm che prima erano esseri puri e spirituali, poi, a causa della loro ‘contaminazione’ con il corpo delle mortali – come ben racconta Fabio Della Pergola nel suo saggio – si trasformeranno in esseri mortali condannati «fino al giorno del giudizio» (Fabio Della Pergola, Dall’impuro al peccaminoso, Licosia Edizioni, 2018, Ogliastro Cilento 2018. pp. 233- 240.)

    Questo evento mitologico, in cui i benê hā’ělōhîm accoppiandosi con le mortali generano una razza di semidei (come quella descritta dal testo sopracitato attribuito a Menachem Begin) diverrà uno dei cardini fondamentali della cultura religiosa ebraica che oggi è, anche dal punto di vista legislativo, egemone in Israele. (Demone Divino, Demone Divino – racconti, miti, leggende e pensieri sulla natura umana)

    Gli altri due pilastri ideologici su cui si appoggia tutta la cultura ebraica – “popolo eletto” e “terra promessa” – provengono dalla Bibbia, quindi dalla mitologia ebraica. Il “popolo eletto” è quello ebraico scelto da un popolo che legittimando la sua esistenza lo rende esistente. L’alleanza tra Yahweh, la divinità ebraica, e gli israeliti è in questi termini: tu popolo pensandomi e rendendomi omaggio con riti adeguati mi dai l’esistenza e io proteggo la tua esistenza perché essa difende la mia.

    La “terra promessa” sarebbe quella regione che, per volere dell’imperatore Adriano, dal 135 d. C. si chiamò Syria Palestina.  Quel territorio, secondo la tradizione culturale ebraica, fu promesso dal dio di Abramo nel patto di Alleanza e, secondo il mito ebraico, raggiunta dagli Ebrei dopo la “fuga dall’Egitto” e il conseguente miracoloso passaggio del Mar Rosso. Evento storicamente mai accaduto.  

    Durante i 2.600 anni coloro che vivevano in quella che l’imperatore romano Adriano ribattezzò Palestina erano conosciuti come palestinesi, inclusi cristiani, ebrei, musulmani e persone di qualsiasi appartenenza etnica o religiosa. Di conseguenza, “palestinese” non descriveva un solo gruppo etnico o religioso ma solo gli abitanti di quella zona. Se cristallizzassimo quel significato semantico anche gli ebrei residenti in quel territorio dovremmo chiamarli Palestinesi. Ma si sa gli slittamenti semantici sono funzionali a chi li usa per i propri fini.

    Quindi i cardini sui quali si basano le pretese di Israele di egemonia culturale e territoriale provengono solo e unicamente dalla tradizione religiosa ebraica e dai miti fondativi del popolo ebraico. Tradizioni religiose funzionali alla supremazia del popolo ebraico sugli altri popoli. Tradizioni culturali e riti e «prescrizioni rituali che puntano – come scrive Emmanuel Carrère nel suo saggio Il regno –  soprattutto a separare i figli di Israele dagli altri popoli»

    «Il dio degli ebrei – scrive sempre Carrère – ha dato a Israele una Legge piena di divieti che gli proibisce di avere rapporti con altri popoli. (…) gli ebrei sanno di essere un popolo superiore eletto dal vero dio.»

    Ovviamente a nessuna persona sana di mente verrebbe in mente di creare una nuova diaspora ebraica che coinvolgerebbe circa dieci milioni di persone. Quello che si chiede però è di rispettare le disposizioni dell’ONU sulla spartizione del territorio palestinese del 1947.

    Ma Si chiede soprattutto agli israeliani tutti di smetterla di credere di essere un popolo eletto a cui il Yahweh elòhe Sêbā’ôt,  ovvero “l’invincibile signore degli eserciti” di cui parla Malachia nel Salmo1:6, ha donato la terra promessa, perché questo non “è ciò che è” ma “un volere che sia”.

    Castiglione delle Stiviere 5 novembre 2023

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