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Di Giulia De Baudi
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L’alimentazione responsabile è etica perché non annulla l’altro da sé che c’è e che verrà.
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“La Terra non ci è stata lasciata in eredità dai nostri padri, ma ci è stata data in prestito dai nostri figli”
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Sta girando da qualche giorno un articolo dal titolo eloquente Perché non c’è nulla di etico nella vita di un vegano firmato da Matteo Lenardon ( leggi qui). Nella testata come potete vedere troneggia il marchio Adidas.
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La multinazionale che fa da cornice a questo pamphlet – che si scaglia contro una astratta quanto inesistente veganità al cubo – qualche anno fa finì sulle pagine dei quotidiani mondiali (leggi qui e qui) e Il FQuotidiano siglò così il suo articolo che parlava proprio dell’etica sbandierata che nasconde un infame ingiustizia sociale: Un reportage dell’Independent inchioda Adidas e le “Olimpiadi etiche”.
Il FQ nell’articolo citava il corrispondente dal sudest asiatico dell’Independent Kathy Marks: “una serie di fabbriche dove mancano i basilari diritti: i lavoratori sono sfruttati, lavorano fino a 65 ore la settimana per paghe da miseria, subiscono abusi verbali e fisici, sono costretti a fare straordinari anche non pagati e vengono puniti se non raggiungono gli obiettivi di produzione”.
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Al Lenardon sembra dar fastidio in particolar modo anche l’idea di eticità che egli fatuamente irride.
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«Etica, infatti, è la parola del futuro. E quindi del nostro presente. Il lavoro è etico. La musica è etica. Lo sono le tasse. Anche le banche, ormai, sono etiche.»
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Sembra quasi che gli repella la Banca Etica che è la più sicura banca italiana. Lo so per esperienza diretta.
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«“Etica” – ci dice il Lenardone dall’alto del pulpito firmato dalla multinazionale che l’etica non sa neppure cosa sia – è diventata la parola con cui definire noi stessi e chi ci circonda. Dividiamo le persone in buone o cattive a seconda di quanto rispecchiano la nostra idea di “etica”. Ma cosa si intende esattamente con “etica”? Tutti i più grandi pensatori della storia hanno scritto e dibattuto sul suo significato. Da Aristotele a Socrate, fino a Confucio. Da Tommaso D’Aquino a Kant, fino a Giulia Innocenzi. Nessuno, prima di lei, aveva però mai trovato una definizione precisa e sintetica di “etica”.
Etica, sostiene la collaboratrice di Santoro nel suo libro “Tritacarne”, significa non uccidere gli animali.»
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Ecco come questo galantuomo liquida la giornalista colpevole del reato di alimentazione responsabile.
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I “vegani” – che per il Lenardon sono un monolite di identici in tutto e per tutto – «sono infatti ossessionati dalla parola “etica”.»
Ma pensa te, che cattivi questi vegani, molto meglio coloro di etica non se ne curano o non sanno neppure cosa sia. Gente come il Lenardon che scribacchia su un foglio siglato da una firma infamante fottendosene altamente di etica. Etica che, tra l’altro, come significato primario – “ethos” – sta a significare “società”: chi non ha a cuore l’etica se ne frega della società ed è quindi di fatto un asociale.
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Del resto dell’articolo non me ne curo perché è talmente insignificante che non vale la pena controbattere. Di fatto l’articolo è servilmente creato per le multinazionali che vedono, non nel fenomeno vegano ma nell’alimentazione responsabile, lo spettro della non massificazione dei loro sporchi guadagni costi quello che costi.
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23 settembre 2017
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