• L’enigma dell’Altro – I suoni dell’umano

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    di Gian Carlo Zanon

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    I suoni dell’umano

    Erano i primi di gennaio 2010. L’Epifania. Si stava li, ad ascoltare, gli echi delle canzoncine natalizie … poi, improvvisamente, l’eco silente dei tamburi uditi da anni in lontananza si è avvicinato, ed il rullio scomposto era quello della rabbia, della cieca rivolta, della distruzione, della vendetta che chiama altra vendetta, del sangue, sempre rosso, che scorreva vorticoso dentro e fuori le pelli dalle mille sfumature di colore.

    Anche questa volta la ribellione nasceva lontano dai centri dove vive quella che chiamano società civile. La lotta contro chi nega l’identità umana agli intoccabili che vivono in Italia, scaturiva dopo l’ennesimo oltraggio. Allora, come a Los Angeles, Londra, Parigi, la ribellione nasceva nelle zone di mezzo, quelle zone dove si sopravvive ai bordi dell’umano, dove da una parte c’è la cosiddetta ‘società civile’ e dall’altra quella genericamente viene definita in modo arrogante – da chi ha l’odio per l’altro radicato nel pensiero – natura animale, inumano, non razionale, anche irrazionale.

     

    I Neri, così li chiamano a Rosarno, vivevano, fuori dal tessuto sociale, in casolari e vecchie fabbriche abbandonate, separati dagli altri. In questo modo si potevano pensare come “nemici invisibili”, come bestie da soma, come schiavi da sfruttare. Questo succede quando viene negata l’umanità ad un essere umano. Quando viene negata anche la minima similitudine umana con sé stessi.

    Questa sacrosanta rivolta, nata per affermare la propria dignità umana di esseri umani venuti da lontano, non solo per una sopravvivenza materiale ma anche alla ricerca di una propria identità individuale, spesso negata anche nel proprio paese di origine, si è subito spenta nel fallimento.

    Dopo pochi giorni le ruspe erano già in azione per cancellare materialmente ciò che, in modo delirante, era stato già annullato psichicamente: l’esistenza di esseri umani resi schiavi dai caporali delle ‘ndrine di Rosarno. Un epitaffio, che spinge le parole ad assumere il passato remoto, si stampa nella mia mente: qui vinse la criminalità organizzata che, dopo essersi violentemente saziata parassitando gli immigrati, si liberò di loro in modo ancor più violento.

     

    Rosarno fu un microcosmo, che ben rappresentò il macrocosmo della globalizzazione, dove lo sfruttamento parassitario di pochi esseri umani bramosi su molti esseri umani incerti della propria identità umana, è portato a livelli inimmaginabili in una società civile.

    ‘Società civile’ tronfia della propria ‘democrazia’ costruita sulla pelle dei diseredati, gli ultimi di quella, cosiddetta, scala sociale al cui culmine siedono coloro che avendo da tempo perduto la propria umanità, ora, per riempire il vuoto dell’essere, spogliano altri esseri umani di cose materiali e identità umana, saccheggiando i territori appartenenti all’umanità intera e devastando il pianeta terra.

    Sappiamo perfettamente che la migrazione ha a monte il colonialismo che è allo stesso tempo il prototipo e la causa primaria della migrazione. Sappiamo perfettamente che il“colonialismo sotterraneo” si nasconde sotto una parola che ci è stata presentata come la panacea di tutti i mali e delle separazioni tra individui lontani spazialmente tra loro: la globalizzazione.

     

    Globalizzazione

     

    Solo da pochi anni i più onesti ed avveduti si sono resi conto che la globalizzazione è stata utilizzata da pochi per lo sfruttamento di molti. Sappiamo perfettamente che i globalizzatori, vale a dire le corporations, non solo statunitensi, hanno in mano, soprattutto in Africa e nel Medio Oriente, le ricche riserve naturali che potrebbero dare ricchezza e possibilità di realizzazione di identità a tutti quegli esseri umani che vediamo fare i lavori umili e degradanti nei territori in cui viviamo. Il problema del lavoro è molteplice e complesso, ma è un dato di fatto che spesso un ingegnere africano è costretto a fare il manovale in Europa. E questo è decisamente un fatto di diseguaglianza assoluta.

    Per uscire dalla trappola del, mors tua vita mea, non basta più la teoria marxista che può aver avuto una sua valenza storica ma che deve essere superata perché la realtà sociale mondiale si è fatta molteplice e complessa; quindi è indispensabile ripartire dalla realtà umana – non considerata dal pensiero di Marx – che è uguale per ogni individuo al momento della nascita ma che in seguito si può anche ammalare, creando quel discrimine tra chi ha conservato e realizzato questo stato originario e chi lo ha perduto; discrimine che è l’unica vera diseguaglianza tra esseri umani; diseguaglianza che non essendo originaria ma dovuta al “ruolo patogeno dei rapporti umani” può essere curata.

     

    Un essere umano proveniente da un altro paese, con suoni vocali diversi e diversa fisionomia, può essere a noi simile nell’umanità del suo pensiero profondo, molto, molto di più di un fratello, diventato razzista, che porta lo stesso cognome e che è stato allattato dalla stessa madre, ma che ha perduto, l’umanità originaria della nascita; un fratello che si è ‘scordato’ di essere un individuo che ha un senso nella comunità umana. E questo è un dato di realtà che non è possibile negare.

     

    Per comprendere il razzismo – che è percezione delirante che annulla la retà immateriale dell’altro da sé e che genera sentimenti di odio e di disprezzo, solo perché parla in un modo diverso ed è nato in un luogo diverso – non possiamo nemmeno rifarci al pensiero gandhiano sulla non violenza.

    Gandhi non ha capito nulla sull’uguaglianza primaria tra esseri umani e della sua perdita che genera l’alienazione religiosa, malattia invisibile agli occhi dei più. Credere religiosamente che, una volta attenuate le diseguaglianze di casta, l’essere umano possa ‘guarire’ dalla bramosia e dall’odio, che genera lo sfruttamento del forte sul debole, e quindi il dominio dell’uomo sulla donna, significa essere rimasti ciechi sulla verità della realtà umana.

    India : distruzioni di case per le lotte ‘religiose’

     

    Nel 2002 gruppi di fondamentalisti Indù misero a ferro e fuoco alcune regioni dell’India massacrando migliaia di Mussulmani e violentando migliaia di donne. Il fallimento del gandhismo nella società indiana, è palese. Il Mahatma Gandhi viene venerato come un santo con candele, incenso e altri accessori rituali, ma, la sua “grande anima” e le sue parole che attiravano migliaia di persone, ora non hanno più peso, sono solo un’altra utopia, vale a dire, secondo una possibile traduzione della parola ‘utopia’, un non-luogo, un’isola che non c’è.

     

    Non parliamo poi, della credenza religiosa assunta dogmaticamente come unico ente morale capace di fermare, o anche solo di attenuare, il problema razzista: è un menzogna palese. Sappiamo perfettamente, ce lo hanno insegnato nel catechismo e lo ribadisce continuamente anche il signor Ratzinger, che la cultura che esclude dall’umanità individui “non eletti”, quelli che non hanno un patto con il dio giudaico e cristiano, nasce con il monoteismo, circa centinaia di anni fa, e continua a invadere le monti ottuse. (*)

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    Ne è un epigone il sopraccitato papa tedesco il quale dalle televisioni del mondo afferma che il non credente alla divinità che lui ha nella mente non ha dignità umana.  Già nel 1494, in occasione della discussione di Valladolid, la chiesa decise che gli indiani dell’America non avevano un’anima, come viene intesa dai cristiani, così i conquistadores poterono sterminarli o renderli schiavi senza sensi di colpa.

    Questo genocidio toccherà circa 70 milioni di indiani sfruttati ed uccisi in molti secoli, soprattutto nelle miniere o nelle encomiendas dei fazenderos. E questo delirio religioso, unito all’utilitarismo razionale, non è solo storia lontana nel tempo, ma attraverso connivenze silenti tra potere temporale e potere religioso, o per meglio dire tra potere economico manovrato dall’Opus Dei e le immancabili corporations statunitensi, tiene in ostaggio opprimendo ancora parte dei paesi del Sud del mondo.

    Il credo religioso anche al suo interno è generatore di differenze e discriminazioni: pensiamo, alla chiesa cattolica e ortodossa la quale non permette al genere femminile di assurgere al sacerdozio. In ultima analisi, le suore sono considerate alla stessa stregua di serve da sfruttare: serve del dio cristiano e quindi di coloro che ne sono la voce, gli unti dal Signore, gli eletti.

    Scrivono mentendo: «Wojtyla si schierava con forza contro la guerra e lo sterminio dei popoli». E come lo faceva? Ma è chiaro, no? Lottava contro lo sterminio dei popoli apparendo al balcone a braccetto con Pinochet, il massacratore di eretici comunisti cileni, ma, anche, come scrive Michel Onfray, ‘non accorgendosi’, del massacro dell’etnia Tutsi in Ruanda da parte dei cattolici Hutu fomentati dal clero locale, e chiedendo poi, per lettera il 23 aprile 1998, al presidente del paese africano, di sospendere le pene per gli Hutu colpevoli di genocidio. E anche questo criminale, come il suo maestro Pio XII, lo vogliono far santo.

     

    ll massacro dell’etnia Tutsi in Ruanda

    Come ho scritto nell’articolo precedente, Misoxenia, per fare ricerca sul senso profondo del razzismo, non si può usare la parola xenofobia che significa paura per lo straniero. Le parole devono sempre impregnarsi dei colori del senso. Ciascuna deve essere una scintilla che accende la ricerca. Le parole, quando si posano sulle cose, devono rivelare la sostanza della materia pregna di immagini invisibili.

    Non si può usare questa parola, xenofobia, perché non contiene in sé il senso del razzismo che in verità significa percezione delirante verso l’altro da sé legittimata, da una cultura millenaria, dalla religione giudaico-cristiana e dalla politica serva del potere finanziario.

    Agostino da Ippona, il ‘santo’ padre della chiesa cattolica, scriveva: «ama e fa quello che vuoi».  E il grande Agostino voleva e scriveva che: «lo schiavo serva con uno zelo che faccia contento Dio. Ogni schiavo è tale per il suo bene perché è Dio che ha disposto così». Altro che libertà.

     

    Si devono fare vere ricerche storiche per scoprire la verità vera. Studiare la storia criminale del cristianesimo, quella che fu e quella che è, non le agiografie dei fedeli deliranti. Non ci può essere nessuna dialettica con le istituzioni religiose perché altrimenti si entra nel loro delirio. Parlare con un individuo convinto di essere uscito dal secolo equivale a parlare normalmente con un pazzo che dice di essere un marziano.

    Non ci può essere negoziazione neppure con la cultura religiosa la quale confonde la vita con la morte, vuole far accoppiare gli esseri umani come degli animali perché, secondo il loro delirio, l’unico fine del rapporto sessuale è e deve essere la procreazione.

    Il razzismo sta montando tragicamente. Questo problema sorge da molto lontano, forse da sempre, dal momento in cui qualcuno, alla vista del diverso da sé, ha annullato la sua realtà umana, per un difetto di pensiero che dice: il diverso da me è meno umano di me; il diverso è, come diceva Aristotele parlando delle donne, “un’anomalia della specie”.

    Per i greci coloro che non parlavano la loro stessa lingua erano barbari, cioè coloro che non parlano ma balbettano. L’idea, il concetto di un popolo eletto e della predestinazione ha attraversato la storia da David a San Agostino, da Calvino a Hitler, da Mussolini a Borghezio. Storicamente, quindi, le radici culturali del razzismo stanno nel pensiero occidentale il quale ha legittimato la pulsione di annullamento contro il diverso, lo sconosciuto; stanno, quindi, anche ben radicate nella religione giudaico-cristiana.

    La violenza razzista della religione giudaico-cristiana giunge da molto lontano: ha inizio quando un popolo di nomadi pastori diviene stanziale e agricoltore; inizia da quando le dodici tribù di Israele si riunirono decidendo di annullare i vecchi dei, che davano un’identità tribale ad ognuna di loro.

    Per amalgamare questo nuovo assetto sociale scelsero un solo dio, un dio senza immagine. Scelsero un dio terribile e minaccioso: il dio degli eserciti che li proteggerà da chi non è Giudeo. Da quel momento il popolo di Israele, che aveva scelto quel dio, disse che era stato prescelto da quel dio. La Sacra alleanza con questa divinità imperscrutabile li preservava da qualsiasi calamità, purché essi osservassero i precetti che naturalmente giungevano loro per bocca di qualche sacerdote o urlati da qualche profeta invasato.

    Gli ebrei potevano aver successo e gloria che tradotto in termini pratici significa vittoria in battaglia, massacri, stupri, schiavitù per i vinti e sfruttamento sugli altri popoli. Ed ecco fatta l’invenzione del razzismo: pulsione di annullamento trionfante e bramosia verso l’altro da sé, tradotta in cultura, etica, morale, legge scritta.

    Ed è contro questa cultura millenaria, che striscia invisibile assumendo ogni volta forme diverse, che è necessario battersi ogni giorno se si vuole veramente affrontare la tragedia dell’esclusione dell’altro da sé legittimata dalle leggi dello Stato. Questa cultura che ha attraversato gli oceani del tempo ora vive e si arricchisce nei suoi epigoni, i conniventi con la religione cristiana; i conniventi i quali non sono solo i nostri governanti, non sono solo i vecchi della Democrazia Cristiana ma anche, guarda caso, un Togliatti e un Craxi “uomini di sinistra” che vollero fortemente, e fortemente sottoscrissero, il Concordato fascista con il Vaticano.

    Per lottare contro l’inumanità dell’ideologia razzista, non serve la morale cristiana, che parla di un’eguaglianza metafisica post mortem, dove solo allora“gli ultimi saranno i primi”, né le teoria marxista, né la prassi gandhiana ancorate a realtà storiche ormai dissolte.

    Come ho già detto per conoscere e reagire a questa disumanità serve fare una ricerca storica, scientifica… interdisciplinare, sulle cause che portano gli esseri umani a divenire nemici di altri esseri umani. La ricerca e la sua verbalizzazione porta alla conoscenza e alla sua espansione culturale che poi diventa certezza e percezione profonda della realtà per chi vuole vedere, conoscere e poi ribellarsi.

    Serve una teoria scientifica che sappia dire con certezza di questa uguaglianza umana primaria e della malattia psichica che fa perdere questa certezza di eguaglianza. Certezza che alla nascita è presente nel pensiero del neonato come idea-speranza dell’esistenza dell’umano; idea-speranza che può essere confermata, dalla madre-altro da sé, totalmente, o solo parzialmente o anche, spesso, delusa.

    Il rapporto con il diverso da sé si gioca nei primi mesi di vita, “quando l’odio e l’amore sono così certi”, perché il neonato non comprende le parole che dicono, mentendo, “quanto ti voglio bene”, egli non comprende  i significati del suono, egli sente il senso di quei suoni con il corpo…e se c’è menzogna si ammala, perde la speranza di rapporto con l’esser umano diverso da sé. Il diverso da sé sarà nel suo pensiero  colui che lo ha deluso: il nemico.

    Scoperta la causa della malattia si può fare in modo che “l’agente patogeno”, che gli ha tolto la speranza negli esseri umani, facendo ammalare la sua mente, abbia un volto, un nome.  E il vero nemico allora sarà, non il diverso da sé, ma chi delude. Sarà colui che, dissociando con parole doppie, vuole colonizzare la mente. Sarà il signor Ratzinger che parla di amore per i popoli e poi, proibendo l’usi dei preservativi, condanna a morte per AIDS milioni di esseri umani del Sud del mondo.

    Il clandestino, lo straniero, l’immigrato, la donna per l’uomo e l’uomo per la donna: ogni individuo diverso da sé usa un linguaggio “barbaro”, un linguaggio apparentemente alieno alla nostra conoscenza sensibile, razionale, però, aprendo gli occhi sull’invisibile, potremmo renderci conto di come questo linguaggio non è solo verbale, ma è soprattutto rappresentazione: movimento del corpo, colori, odori, suoni, immagini, sensazioni. In sintesi linguaggio preverbale.

    La difficoltà di conoscere, o meglio di riconoscere, l’altro come essere umano simile a noi, fa molto spesso – storicamente sempre – scattare una percezione delirante che lo allontana ancor più dalla nostra comprensione, sino a giungere all’odio e all’annullamento.

    Ciò che è definito “inconoscibile” viene fatto sparire nei ghetti, in luoghi invisibili, purché non perturbi la nostra abitudinaria visione della realtà, la nostra percezione sugli esseri umani pre-stabilita. Per il nostro mondo ragionevole, il diverso da sé, rappresenta ciò che non è ragione, l’irrazionale, lo sconosciuto. E questo forse è il cimento: avere un’identità umana tale da potersi lasciare andare a questo sconosciuto, e ricreare quel rapporto dei primi mesi di vita, spesso dimenticato, con l’altro da sé, quando il linguaggio verbale non aveva alcun senso. E così, forse, scopriremo, con la pelle,  che la similitudine fra esseri umani non è data dallo stesso colore della pelle né, tanto meno, dalla stessa lingua.

    21 luglio 2012

    (*) Nota aggiunta il 17 luglio 2016 dalla Redazione: «Fino al “paradosso schizofrenico» del monoteismo, per cui il dio è unico, però ognuno ha il suo, diverso per ebrei, cristiani, musulmani… per cui arrivano a costruire identità religiose, che esistono soltanto per l’annullamento, per eliminazione dell’altro. E certo il razzismo è figlio di tutto questo.» Massimo Fagioli – Non ci sono razze per gli esseri umani l’eguaglianza è assolutaArticolo a cura di I.B. apparso Left n. 29 2016 –

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