John Perkins speaking with the Venezuelan Deputy Minister of Foreign Affairs on his first night on board in Venezuela – 23 giugno 2014
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La realtà è un mosaico di suoni complesso, con luci ed ombre. Un mosaico sempre incompleto a causa di tessere mancanti o rese invisibili da individui che auspicano una “visione carente”. Inoltre l’esistenza di un velo di anaffettività che opacizza persino la realtà oggettiva ne compromette la complessità della visione e dell’ascolto, smorzandone gli echi, eliminando gli angoli aguzzi che, ferendo il “normale annullamento” totale o parziale, potrebbero aprire insostituibili squarci da cui intravedere una verità più profonda.
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Se spostiamo lo sguardo su quella parte del mosaico che narra i recenti rivolgimenti sociali e politici del Venezuela veniamo accecati dalla furibonda tifoseria tranchant dei pro e contro Maduro, dei pro e contro Chàvez e il chavismo ecc. ecc..
Tutto ciò non aiuta a comprendere né cosa accade realmente in Venezuela nè chi sono in realtà gli attuali attori locali che lottano soprattutto per il controllo delle risorse petrolifere.
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Per non entrare a far parte di queste fazioni in guerra fra loro per far valere la loro percezione sulla questione venezuelana abbiamo deciso di pubblicare due tessere importanti che se non spiegano pienamente il fenomeno venezuelano perlomeno ne delineano alcuni aspetti peculiari.
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La prima tessera è un racconto di vita vissuta di Loretta Emiri scritto nel 1997, pubblicato qui sotto (www.igiornielenotti.it) , in cui si narra la per noi incredibile “sostanza” sociale venezuelana.
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La seconda tessera è attinata dal libro Confessioni di un sicario dell’economia di John Perkins pubblicato per la prima volta negli USA nel 1984 e solo nel 2005 in Italia. I paragrafi che pubblichiamo fanno parte del capitolo 33. Il Venezuela salvato da Saddam. Da questo capitolo possiamo capire ancor meglio come la storia soprattutto quella del secondo dopoguerra, sia guidata dalle corporations, o se preferite dalle lobbies. Una storia tutta da rileggere e da osservare giornalmente nel suo farsi distruttivo per la democrazia. Se guardiamo alla Grecia e al Venezuela e se leggiamo gli ordini contenuti nei report delle banche come questo della J.P. Morgan (leggi qui) possiamo capire quanto è capillarmente opprimente lo sforzo delle banche private sulla politica dei paesi con un alto debito pubblico. Le banche e le corporations tengono in pugno tutta la politica mondiale compresa ovviamente quella USA.
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Perkins in questo libro svela ciò che tutti sapevano sullo strapotere economico di pochi a danno di pochi ma non potevano dimostrare. Ogni sua affermazione è confermata e documentata da una fitta di note ed è quindi impossibile banalizzare o addirittura negare ciò che egli denuncia. Inoltre il libro è una tessera importante per capire anche il fenomeno del terrorismo e dell’odio delle vittime verso chi li ha da sempre trattati come animali da vendere, comprare, annichilire, addomesticare, evangelizzare.
G. C. Zanon – 2 settembre 2017
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Confessioni di un sicario dell’economia
Brano tratto dal cap. 33. Il Venezuela salvato da Saddam.
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John Perkins
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Osservavo il Venezuela da anni. Era un esempio classico di paese passato dalle stalle alle stelle grazie al petrolio. Era anche un modello del subbuglio fomentato dalla ricchezza derivante dal petrolio, dello squilibrio tra ricchi e poveri e di un paese spudoratamente sfruttato dalla corporatocrazia. (1) Era diventato il simbolo di un luogo dove gli SDE (2) vecchio stile, come me, si univano alla nuova versione manageriale dei sicari.
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I fatti che lessi sul giornale quel giorno a Ground Zero erano un risultato diretto delle elezioni del 1998, quando i poveri senza voce del Venezuela avevano scelto a stragrande maggioranza Hugo Chàvez come loro presidente. Questi adottò immediatamente misure drastiche, assumendo il controllo dei tribunali e di altre istituzioni e sciogliendo il parlamento venezuelano. Denunciò gli Stati Uniti per il loro “spudorato imperialismo”, si pronunciò energicamente contro la globalizzazione e introdusse una legge sugli idrocarburi che ricordava, persino nel nome, quella che Jaime Roldós aveva varato in Ecuador poco prima che il suo aeroplano precipitasse. La legge raddoppiava le tasse imposte alle compagnie petrolifere straniere.
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Poi Chàvez sfidò la tradizionale indipendenza della compagnia petrolifera statale, Petróleos de Venezuela, sostituendone i vertici con persone di sua fiducia.–
Il petrolio venezuelano è fondamentale per le economie di tutto il mondo. Nel 2002 la nazione era il quarto esportatore di petrolio e il terzo fornitore degli Stati Uniti per importanza. Petróleos de Venezuela, con quarantamila dipendenti e vendite annue per 50 miliardi di dollari, fornisce l’80% dei proventi che il paese ricava dalle esportazioni. È di gran lunga il fattore più importante dell’economia venezuelana assumendone il controllo, Jaime Roldós si era imposto da protagonista sulla scena internazionale.
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Molti venezuelani lo videro come un segno del destino, il coronamento di un processo iniziato ottant’anni prima. Il 14 dicembre 1922, nei pressi di Maracaibo si era verificata un’enorme eruzione di petrolio. Centomila barili di greggio schizzarono in aria ogni giorno per i tre giorni successivi e quest’unico evento geologico cambiò il Venezuela per sempre. Nel 1930 il paese era diventato il maggior esportatore di petrolio al mondo e i venezuelani vedevano nell’oro nero la soluzione a tutti i loro problemi.
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Nei quarant’anni successivi, i proventi del petrolio permisero al Venezuela di evolversi da una delle nazioni più povere del mondo a una delle più ricche dell’America Latina. Tutte le statistiche vitali del paese migliorarono: sanità, istruzione, occupazione, longevità e sopravvivenza infantile.
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Le imprese prosperavano.
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Durante l’embargo petrolifero imposto dall’OPEC nel 1973, i prezzi del petrolio salirono alle stelle e il bilancio nazionale venezuelano quadruplicò. Gli SDE entrarono in azione. Le banche internazionali sommersero il paese di prestiti volti a finanziare grandiosi progetti infrastrutturali e industriali e i grattacieli più alti del continente. Poi, negli anni Ottanta, arrivarono i sicari di tipo manageriale.
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Era un’occasione ideale per farsi le ossa. La classe media venezuelana era diventata ragguardevole e forniva un mercato maturo per tutta una serie di prodotti, ma c’erano ancora ampie sacche di poveri da impiegare a basso costo nelle fabbriche.
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Poi i prezzi del petrolio crollarono e il Venezuela non fu più in grado di saldare quei debiti. Nel 1989 l’FMI (il Fondo Monetario Internazionale che è una banca privata N.d.R.) impose rigide misure d’austerità e fece pressione su Caracas perché favorisse la corporatocrazia in molti altri modi. I venezuelani reagirono con violenza e nei disordini rimasero uccise più di duecento persone. L’illusione del petrolio come fonte inesauribile di sostentamento si era infranta. Tra il 1978 e il 2003 il reddito pro capite venezuelano è precipitato di oltre il 40%.
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Con l’aumentare della povertà, crebbe anche il risentimento. Si crearono forti divisioni, con la classe media in lotta contro i poveri. Come spesso accade nei paesi la cui autonomia dipende dalla produzione petrolifera, la situazione demografica mutò radicalmente. La crisi economica si fece sentire soprattutto sulla classe media e molti finirono nelle file dei poveri.
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Qresta nuova situazione spianò la strada a Chàvez, e al conflitto con Washington. Una volta in carica, il nuovo presidente assunse provvedimenti che sfidavano l’amministrazione Bush. Subito prima degli attentati dell’11 settembre, Washington stava considerando il da farsi. Gli SDE avevano fallito; era ora di mandare gli sciacalli? (3) poi l’11 settembre cambiò ogni priorità. Il presidente Bush e i suoi consiglieri si concentrarono sulla necessità di chiamare a raccolta la comunità internazionale perché sostenesse le attività militari americane in Afghanistan e un’invasione dell’Iraq. Come se non bastasse, l’economia statunitense era nel mezzo di una recessione. La questione venezuelana fu rinviata. Comunque, era ovvio che a un certo punto Bush e sarebbero arrivati ai ferri corti. Con gli approvvigionamenti di petrolio dell’Iraq e di altri paesi mediorientali in pericolo, Washington non si poteva permettere di ignorare a lungo il Venezuela.
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La passeggiata per Ground Zero e Wall Street, l’incontro con quel vecchio afgano e le notizie dal Venezuela di Chàvez mi condussero a un punto che evitavo da anni e mi costrinsero a considerare attentamente le conseguenze di ciò che avevo fatto negli ultimi trent’anni. Non potevo negare il ruolo che avevo svolto, o il fatto che il mio operato di SDE avesse ora influssi molto negativi sulla generazione di mia figlia. Sapevo di non poter più rinviare un impegno concreto volto a espiare ciò che avevo fatto. Dovevo dire la verità sulla mia vita, in un modo che aiutasse la gente ad aprire gli occhi sulla corporatocrazia e a comprendere perché tanta parte del mondo ci odia.
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Note
(1) Per “corporatocrazia” si intende il potere che le corporations, soprattutto quelle americane, hanno sul funzionamento dell’economia mondiale.
(2) SDE è una sigla che indica i “sicari dell’economia”. I sicari dell’economia, di cui John Perkins, l’autore del libro faceva parte, sono un élite di professionisti che hanno il compito di orientare la modernizzazione dei paesi in via di sviluppo verso un continuo processo di indebitamento e di asservimento agli interessi delle multi nazionali. Il piano Marshall del 5 giugno del 1947 fu tutto questo: “aiutare” con ingenti investimenti L’Italia per renderla per sempre economicamente debitrice delle banche private americane. È ciò che si chiama debito pubblico.
(3) Gli “sciacalli” sono i killer che devono eliminare fisicamente chi si ostina a non accettare le “regole” delle corporation. Dove gli SDE falliscono la loro opera di mediazione/corruzione tra corporation e politici locali in intervengono i killer. Vedi il caso italiano di Enrico Mattei.
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