• Trattativa Stato-Finanza

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    Ripubblichiamo questo articolo scritto quasi un anno fa ancora di grande attualittà

     Intanto coloro che sanno e tacciono – giornalisti, politici, classe dirigente, ecc. –  si prestano ai giochi spostando l’attenzione dei cittadini che, pur rendendosi conto in modo più o meno confuso di ciò che accade intorno a loro, continuano a dare la propria fiducia al pifferaio di turno che li sa illudere.

    di Gian Carlo Zanon

    Come sappiamo il processo per la trattativa Stato-Mafia è iniziato. Processo da un certo punto di vista assurdo visto che il governo americano nel ‘43 decise di accordarsi proprio con i capi mafiosi siciliani per farsi aiutare durante lo sbarco in Sicilia dei loro contingenti. Anche la storia degli anni successivi vide esponenti del governo italiano, tessere accordi con la criminalità organizzata italo-americana nata nei paesi dell’entroterra siciliano e poi esportata nella terra promessa oltreoceano. Poi ci fu la Democrazia cristiana con Salvo Lima, poi stallieri malavitosi entrarono nelle stalle di un capo del governo, ecc. ecc.. In sostanza sappiamo perfettamente che alcuni uomini Stato, cioè coloro che hanno il dovere di opporsi al crimine organizzato,  sono rimasti quanto meno silentimentre altri uomini dell’apparato statale trattavano con i mafiosi.

    Anche la trattativa tra Stato e potere finanziario c’è sempre stata. E fin qui non vi è nulla di illecito né di illegale. Il potere finanziario era uno dei poteri che svolgeva il suo ruolo cercando di influenzare la politica italiana. Anche i sindacati lo hanno fatto e continuano a farlo. Ieri c’è stata la manifestazione unitaria dei tre sindacati maggiori i quali hanno chiesto al Governo Letta di accelerare la ripresa economica per ridare lavoro a chi non lo ha più e darlo a chi non lo ha mai avuto.

    E allora qual è il problema? Che c’è di male se gli esponenti dello stato, trattano sia con le organizzazioni sindacali sia con il potere finanziario?

    Forse per capire cosa c’è che non va dobbiamo guardare la vera natura delle cose, cioè il loro contenuto, e non la forma fatta di parole vuote e di atteggiamenti falsi, che mimano una realtà che in realtà non esiste. Ad esempio dire che in Italia viviamo in una democrazia non è vero. Non è vero perché non possiamo più scegliere neppure chi ci rappresenta in parlamento.  Non è vero perché persino i referendum vengono elusi. Non è vero perché la Costituzione che incardina il nostro sistema legislativo viene negata continuamente dai dati di fatto. Ora la si vuole anche modificare. La si vuole modificare seguendo le tacite direttive del potere finanziario.

    In questi giorni, un rapporto di analisi politica della banca d’affari J.P. Morgan, datato 28 maggio 2013, è apparso come d’incanto.  Il colosso finanziario statunitense è una di quelle società formalmente denunciate nel 2012 dal governo federale americano come responsabile della “crisi dei prestiti subprime” del 2008. Dal suo ufficio di Londra Malcolm Barr, uno dei principali estensori del rapporto, preferisce non rilasciare dichiarazioni, ma conferma tutto quanto è scritto nel documento.

    In quelle pagine si fa l’analisi delle “difficoltà democratiche” degli Stati meridionali europei: «Quando la crisi è iniziata ( e sorvola che è iniziata perché  creata anche dalla J.P. Morgan N.d.R.) (…) è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei Paesi del sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea. (…) I sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo. (…) I sistemi politici e costituzionali del sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei Parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; (…) la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo (…) Vi è una crescente consapevolezza della portata di questo problema, sia nel centro che nella periferia dell’Europa».

    Il documento, che è di una assoluta gravità  perché palesemente afferma che la finanza vuole o depurare i paesi del Sud Europa dalla democrazia e di diritti civili, naturalmente non è stato notato dai rappresentati del nostro governo. Probabilmente perché conoscendo da anni le intenzioni dei loro padroni …

    Ricordo un articolo L’Unità del 17 dicembre 2012. «Il vicesegretario del Pd Enrico Letta rientra oggi dagli Stati Uniti dove nei giorni scorsi ha tenuto una serie di incontri con personalità del mondo economico. – poco più avanti – Nel meeting svolto a Wall Street, presso Morgan e Stanley  Letta ha ribadito la volontà di mantenere gli impegni assunti con l’Europa attraverso il Six Pack e il Fiscal Compact. »

    Questo è ciò che ha scritto il giornale di partito, ed è già grave. Ma ciò che è grave che questa che possiamo chiamare una trattativa Stato-Poteri finanziari,  che già prefigurava un “governo Letta”, si è svolta in una sede privata e ciò che si è detto in realtà non è stato mai reso pubblico.

    Il documento della J.P. Morgan, chiaramente esprime ciò che l’élite finanziaria internazionale pensa sulla democrazia dei paesi europei. Già negli anni Settanta la Trilaterale aveva pubblicato un rapporto nel quale si denunciava un “eccesso di democrazia”. E ora mentre assistiamo all’accelerazione dello svuotamento delle sovranità nazionali, i poteri finanziari, senza neppure darsi la pena di occultarlo, dicono a nuora perché lo intenda suocera, che vogliono eliminare le costituzioni in quanto esse sono l’ultimo baluardo  della democrazia che impedisce loro di appropriarsi del potere assoluto.

    In Italia dopo il dopoguerra abbiamo avuto il miracolo economico, alcuni diritti civili come il divorzio e l’aborto, lo stato sociale, lo Statuto dei lavoratori. Esisteva un compromesso sociale e democratico tra capitale e lavoro. Oggi, ci dicono quelli della  J.P. Morgan, che tutto ciò è un problema. La democrazia è il problema. Infatti oggi si sta discutendo della riforma della Costituzione italiana.

    Nel documento della J.P Morgan è scritto a chiare lettere la strategia con cui la finanza mondiale vuole imporsi nei paesi dell’Eurozona: la dismissione delle Costituzioni antifasciste e delle tutele con cui le Carte costituzionali garantiscono in materia di lavoro.

    Mentre le lobby, il capitalismo e la finanza globalizzati, persino il potere cattolico, hanno chi ben li rappresenta e li “difende” dal volgo, i cittadini nonostante che in democrazia dovrebbero avere il potere, non lo hanno perché nessun partito li rappresenta e li difende dalla prevaricazione continua del potere finanziario.

    Naturalmente se i lupi della finanza osano mostrare impunemente le loro zanne è perché è partito l’attacco finale alla democrazia dei paesi del Sud Europa. La crisi cavalcata dal potere finanziario sta accelerando vistosamente. Il gorgo gira sempre più vorticosamente e, come un maelström  di dimensioni apocalittiche, sta risucchiando le sovranità nazionali come fossero barche a cui il creatore del gorgo ha tolto quel timone che, permettendo loro di deviare, le salverebbe.

    Intanto coloro che sanno e tacciono – giornalisti, politici, classe dirigente, ecc. –  si prestano ai giochi spostando l’attenzione dei cittadini che, pur rendendosi conto in modo più o meno confuso di ciò che accade intorno a loro, continuano a dare la propria fiducia al pifferaio di turno che li sa illudere.

    Cose importanti come la tassazione delle rendite finanziarie, i diritti civili, la fecondazione eterologa, la cittadinanza agli immigrati, il conflitto di interessi, la  difesa del bene pubblico, pur essendo importanti divengono ormai cose di poco conto in confronto a ciò che sta accadendo sul fronte che vede schierati da una parte la democrazia e dall’altra la dittatura della finanza globalizzata. Prima andrebbe salvata la democrazia e poi andrebbe rafforzata con ulteriori diritti civili.

    L’Italia è a rischio default e Letta e Alfano continuano a litigare su Iva e Imu, intanto nel Pd c’è la guerra per lo scranno più alto. Secondo le stime di Mediobanca, servirà una manovra correttiva miliardaria per evitare un collasso economico dell’Italia in autunno. L’allarme lanciato ieri dai sindacati è chiaro: siamo vicini all’esplosione di una bomba sociale: il Tesoro non ha ancora sbloccato il miliardo di euro promesso per finanziare la cassa integrazione in deroga … non so più come dirlo …stiamo camminando sopra un vulcano sostenuti solo da un ponte di cartone … la cattiva notizia è che ci stanno togliendo anche quello.

    Chissà se si farà mai un processo per la trattativa occulta Stato-Finanza …

    23 giugno 2013

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