• Web e Robot, religione e morale … copia e incolla

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    di Salvo Cotroneo

     

    Avete letto il titolo? Beh non prendetevela con me, sono ‘idee’ che ho incontrato sui giornali. Due articoli, pubblicati entrambi il 12 giugno, uno da L’Unità e l’altro dal Corriere, a firma Pippo Russo il primo e Carlo Formenti il secondo aprono scenari ‘apocalittici’. Ascoltate i titoli: “La morale dei robot”  e “Non avrai altro dio fuori del web”.

    Minchia, poi dice che uno si suicida facendo harakiri con la lupara .

     

    Ma andiamo per ordine altrimenti nenti si capisce. Cominciamo dal primo che per par condicio, è una martellata sui cabasisi come il secondo. Allora dicevamo che il titolo è “La morale dei robot”. E già questo potrebbe far dubitare sulla sanità mentale di chi ha fatto questa scelta fatale; ma poi uno pensa “sarà il solito titolo per attirare l’attenzione del lettore” e invece poi si legge il sottotitolo “Come l’uso delle macchine ci deresponsabilizza” e rimane basito … come dicono qui a Roma dove mi sono trasferito dopo il divorzio da quella zoccola di mia moglie. Ora ex moglie.

     

    Ma non è che uno è incazzato per conto suo e poi butta la propria incazzatura sul primo malcapitato che incontra. Non è così perché questo articolo è veramente demenziale. Ma andiamo avanti: «Cosa dobbiamo augurarci dal punto di vista etico in caso di intelligenze artificiali con ‘emozioni’» … emozioni? Mò le macchine c’hanno le ‘emozioni’? ma se non ce le hanno neppure la maggior parte dei ministri del cosiddetto Governo tecnico, e non fatevi confondere dalle lacrime della Fornero: quelle erano delle perdite idrauliche funzionali al suo discorso.

    Poi continuando a leggere l’articolo mi rendo conto che questi stanno proprio messi male. Certo uno mi potrà dire che quando gli esperti dell’Economist, che hanno aperto questo tema,l lo hanno fatto solo a livello metaforico. Ma non è così. Leggendo l’articolo ci si rende conto che quando questi … signori parlano della responsabilità del robot ci credono veramente.

    Frasi come  «Demandiamo alla tecnologia un numero sempre più sofisticato di operazioni» e quindi ci deresponsabilizziamo, o «Quanto dobbiamo fidarci delle macchine? E fino a che punto possiamo chiedere loro di sostituire l’operato umano senza compromettere l’equilibrio di responsabilità morale su cui si fondano le nostre scelte?» o sono refusi tipografici sfuggiti ai correttori di bozze, o sono deliri fantascientifici.

     

     

     

    Poi andando leggendo si capisce il fine ultimo di questo articolo: «La storia di copertina dell’Economist  prende a riferimento un campo ben preciso, e certo il più controverso possibile fra quelli in cui vengono impiegate le macchine lasciando loro ampio grado d’autonomia: il campo bellico. L’utilizzo dei droni, sempre più frequente nelle operazioni belliche, ha già posto la questione. Esso minimizza i rischi per la parte militare che porta l’attacco, ma massimizza l’eventualità di danni collaterali.»
    Insomma, se muore qualcuno in più o qualcuno in meno chissenefrega tanto l’uomo non ha la responsabilità di ciò che fanno le ‘bombe intelligenti’.

     

     

     

    Per fortuna che alla fine dell’articolo il giornalista si preoccupa un po’ «E questo è il dato davvero preoccupante». Non è preoccupante è criminale.

     

    L’altro articolo come accennato parla di una fantomatica alienazione religiosa nei confronti del Web: “La rete telematica, paradossale surrogato della religione”  è il sottotitolo dell’articolo di Carlo Formenti. Il giornalista deve avere la glicemia religiosa a mille visto che tutto l’articolo è imbevuto di un misticismo abnorme.

    Certo chi, nonostante l’età della ragione, ha assunto la storia del paradiso terrestre come verità storica, fa un po’ di fatica a capire che le religioni non sono altro che favolette o, se vogliamo proprio nobilitarle, sono da considerare alla stessa stregua dei miti greci, celtici, ecc..

    Se invece uno anziché pensare crede allora è chiaro che non può far altro che attribuire alla realtà dei “nessi strani” … propri degli schizofrenici, … gli schizofrenici mi scuseranno se li accomuno a quelli che credono che Adamo ed Eva,  Caino ed Abele siano persone realmente esistite, e che la fede possa essere “generata dalla tecnica” come dice il buon Formenti: «Contro le tesi che attribuiscono alla nostra civiltà un grado elevato e irreversibile di secolarizzazione, c’è però chi sostiene [lui e gli amichetti suoi dell’oratorio] che essa è al contrario inconsapevolmente immersa in uno stato di entusiasmo mistico, «posseduta» da una nuova fede generata dalla tecnica, cioè proprio dalla forza che viene indicata come il più potente agente della secolarizzazione.»

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    E prima aveva scritto «Nell’epoca attuale, che si vuole postmoderna e pratica il relativismo etico, il concetto si è ristretto, riducendosi banalmente a evocare lo scetticismo (occidentale) nei confronti dei dogmi religiosi.»

     

    Ci sarebbe da seguirlo passo passo questo articolo ma mi basta dire che parole come secolarizzazione, relativismo etico, servono solo da cortina fumogena per coprire il vuoto mentale di queste persone che scrivono solamente con lo scopo di mantenere uno status quo socialmente assurdo dove la religione la vince di gran lunga sull’intelligenza e sul buon senso.

     

    Adamo ed Eva in Medio Oriente

    La parola “secolarizzazione” si potrebbe tradurre semplicemente con “uscire dal delirio religioso e prendere rapporto con la realtà”. Quegli individui in gonnella che dicono di essere “usciti dal secolo”, o sono dei gran furbastri che nascondono la loro latente malattia mentale entrando in un’istituzione religiosa che la rende congrua, oppure sono dei veri deliranti che credono onnipotentemente di essere usciti dalla realtà.

    Cosa significhi poi “relativismo etico” qualcuno prima o poi me lo dovrà spiegare. Io conosco cos’è etico e cosa non lo è. E fare da spalla tragicomica ai potentati cattolici non è certamente etico. Come non è certamente etico usare ancora il signor Umberto Galimberti per scrivere la prefazione di un libro che impugna l’assurda tesi del dio/tecnologico. Ma forse questa tesi non è tanto assurda, visto che, chi crede alle fantasticherie giudaico/cristiane, Mosè che apre le acque del Mar Rosso, un certo Gesù che fa miracoli  destra e a sinistra, ecc., e poi va in chiesa a pregare davanti a santi e madonne, può benissimo credere anche che il suo computer sia una divinità cibernetica con tanto di sancta sanctorum fatta di cose elettroniche. Che problema c’è?

     

    Dicevamo di Umberto Galimberti … e ora tutto mi diventa chiaro … (avrò avuto un’illuminazione divina?). Si sa che il buon Galimberti è un copione compulsivo. Come scrisse il vice-direttore de Il Corriere della Sera, Pierluigi Battista: «Umberto Galimberti avrebbe potuto pur dedicare una parola al suo modo di scrivere, di riprendere i pensieri altrui, di (non) usare le virgolette regolamentari nelle citazioni, di (non) menzionare le fonti cui generosamente attinge per confezionare libri di grande successo. Avrebbe potuto, ma non ha voluto.”  Lo scrittore Francesco Bucci ha persino scritto sull’argomento un libro dal titolo molto eloquente Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale”.

    “mister copia e incolla” Umberto Galimberti

    E qui si chiude  il cerchio …  certo, tutto ha una ragione  … i credenti come il copione Galimberti anziché sforzarsi in po’ a pensare non fanno altro che fare compulsivamente un copia e incolla dei deliri religiosi che sentono in parrocchia: odono dal pulpito  “la Madonna è vergine nonostante sia rimasta incinta e nonostante abbia partorito e poi è stata assunta in cielo e siede alla destra di dio” e loro fanno copia e incolla. Ci sarebbe da morire dal ridere se non avessimo visto il capo del Governo correre a rendere omaggio al papa all’aeroporto. E invece eccoci qua circondati da feroci ed ipocriti parabolani che ci dicono cosa fare e cosa non fare attraverso leggi dello stato costruite facendo copia e incolla dalle veline dei vescovi.

     

    19 giugno 2013

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