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di Gian Carlo Zanon
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Quando parlo di “valori di sinistra” mi riferisco sempre agli ideali fondamentali della Rivoluzione francese che sono universali e quindi per propria natura includenti, che si oppongono ai disvalori della destra neoliberista, “religione, territorio/stato, famiglia” che sono per loro natura escludenti in quanto si riferiscono a una specifica identità di appartenenza che esclude i non appartenenti a una determinata religione, a un territorio, a una famiglia.
Per valori di sinistra intendo: a) libertà individuale responsabile e rispetto per la libertà altrui ben sintetizzata in una frase dello psichiatra Massimo Fagioli «La libertà è l’obbligo di essere esseri umani»; b) uguaglianza intesa come giustizia sociale; c) fratellanza intesa come solidarietà con tutto il genere umano.
Per disvalori della destra intendo: a) religione che, come disse in una intervista Gérard Biard, caporedattore del giornale Charlie Hebdo, è una negazione della democrazia. Perché Biard diceva, questo? «Perché è il senso stesso della democrazia. Sappiamo ormai che la democrazia è l’unico sistema di governo possibile. Senza laicità la democrazia non funziona. È la condizione della democrazia, che è un sistema politico che accetta di essere continuamente rimesso in questione. La religione, per sua natura, non accetta nessuna messa in questione. Una legge religiosa è per sua essenza immutabile. La religione, per sua natura, non è dunque compatibile con la democrazia.» b) dare un valore assoluto al territorio/stato in cui si nasce, pretendendo il potere di decidere chi può accedervi e chi no, si fonda su disvalori razzisti e quindi disumani. c) la famiglia, generalizzando, è quel microcosmo in cui si generano quei disvalori – religione, protezione del proprio territorio, proprietà privata, ecc. – che poi sono legittimati e ingigantiti dai dogmi della destra: dio, patria famiglia.
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È in questo modo di intendere il valore e il disvalore dell’altro da sé che sta il discrimine, il confine, lo spartiacque tra due modi di pensare, immaginare e percepire la società nel senso più ampio del termine. Se credo che l’altro da sé, come affermò Bergoglio,* non è un mio uguale perché non è battezzato, significa che assumo un disvalore di appartenenza e lo difendo; se l’altro da sé non può essere cittadino di un paese perché coloro che l’hanno generato non sono nati in quel paese, significa che assumo un disvalore di appartenenza e lo difendo; se all’altro da sé viene dato un valore umano diverso e viene giudicato in modo diverso perché non appartiene alla mia famiglia, significa che assumo un disvalore di appartenenza e lo difendo. Se scelgo il dogma, il razzismo, il familismo coatto, significa che, riguardo al senso dell’umano, ho problemi seri.
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