• Sinistritudine: storia di un sentimento …

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    di Gian Carlo Zanon

    pensieri a margine del libro Livorno 1921, il tormento di una nascita, a cura di Rita De Petra, pubblicato da Left come allegato al n. 18 della rivita

    A cavallo tra gli anni ‘40-‘50 la parola “negritudine”, (négritude), definiva l’insieme dei valori propri della tradizione culturale nera nelle sue diverse affermazioni ed espressioni artistiche. La parola fu usata per rivendicare la dignità e il valore della cultura e dell’“identità nera” in confronto alla civiltà e alla tradizione dei ‘bianchi’. La costruzione storico-ideale del movimento, nato nelle colonie francofone, a cui aderirono intellettuali di grande valore come L.S. Senghor e A. Césaire, non annullava la secolare esperienza di dolore vissuta sia nell’era dello schiavismo che nel colonialismo coevo, ma la rivendicava, con vigore, come proprio originale patrimonio identitario.

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    Potrei affermare, che dopo cent’anni dalla Fondazione del Pci, poco è rimasto di quel “sentimento della sinistra”, se non un vago, ma resistente, ideale utopico che raccoglie in sé quel “sentirsi di sinistra”, che oggi potrei definire con un neologismo: “sinistritutine”. Il suffisso “itudine” viene solitamente usato per definire uno stato dell’essere – solitudine, attitudine –, una qualità intrinseca e quindi un valore interiore. Qui questo neologismo esprimerebbe la qualità mentale cosciente e non cosciente, di chi rivendica sia la storia della sinistra che una nascita umana “di sinistra”. Il filosofo Giampiero Minasi, in questo libro ricorda quanto sia fondamentale confrontarsi con il pensiero dello psichiatra «(…) Massimo Fagioli che ha scoperto nella nascita umana una dinamica universale assolutamente fisiologica, uguale per donne e uomini di ogni latitudine, che demolisce in radice ogni creazionismo religioso, ogni razzismo e superiorità di genere, (…)».

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    Creazionismo religioso, razzismo, e superiorità di un essere umano su un altro essere umano, non fanno certamente parte dei fondamentali della sinistra e quindi sono diametralmente opposti al concetto di “Ius nativitatis” ben espresso in un editoriale di Matteo Fago pubblicato il 1 luglio 2017 su Left: è alla nascita, scriveva Fago, che si determina, per diritto di nascita, l’uguaglianza, idea base della sinistra: «La nascita, l’origine del pensiero come reazione allo stimolo luminoso assolutamente nuovo, quella dinamica di formazione del primo pensiero di rapporto con il mondo e di certezza dell’esistenza di un altro essere umano e del rapporto con esso, è l’uguaglianza di fondo. È una dinamica che riguarda tutti. È universale. Ovunque si nasca, da chiunque si nasca. La dinamica della nascita è qualcosa che accade necessariamente e in cui il feto che nasce realizza il primo pensiero di rapporto con il mondo nel rapporto con una realtà non umana. la luce. È una dinamica universale perché per tutti è così.»

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    Inutile dire che la Teoria della nascita di Massimo Fagioli, riapre la millenaria questione sulla credenza di una “natura umana naturalmente perversa” liberando – come afferma  l’economista Andrea Ventura nell’intervista di Rita De Petra –  l’umanità da una cultura che ancor oggi propone il dogma di un irrazionale animalesco o demoniaco presente nell’interiorem hominem: «L’assimilazione dell’irrazionale con ciò che di violento e bestiale ci sarebbe negli uomini, che poi si salvano potenziando la ragione, è una delle idee più devastanti che siano state proposte in Occidente».  Un piccolo grande contributo alle idee che sovraintendono la “sinistritudine”, lo dà  questo inserto di LEFT, che conferma la storia personale e sociale di chi “nato di sinistra” – con tutte le implicazioni resistenziali che questa nascita comporta – vuole continuare a far vivere in sé la “sinistritudine”, ovvero quel sentimento avuto in dono alla nascita, che lega ogni essere umano a un’intransigenza etica che rifiuta la diseguaglianza e  l’ingiustizia sociale ed esige una libertà intesa come «obbligo di essere esseri umani» cit. M. Fagioli.

    Finisco con un tema fondamentale per la sinistra, ripreso in questo libro da Giampiero Minasi: il tema dell’alienazione religiosa. «Sarebbe oggi ingeneroso – scrive giustamente Minasi – rimproverare a Marx l’incomprensione delle dinamiche psichiche da cui ha origine l’alienazione religiosa». Nondimeno penso che adesso questa questione sia ineludibile in quanto non ritengo possibile che si possano «trovare convergenze o anche alleanze programmatiche coi cattolici» a meno che questi individui si siano liberati dall’alienazione religiosa, ovvero da quell’insidioso «difetto di pensiero» inconscio, che fa di ciò che è, ciò che non è e di ciò che non è, ciò che è: per esempio fa di un feto, alle prime settimane di vita,  un neonato, e della realtà psichica un’anima data, nell’attimo della fecondazione, in ‘comodato d’uso gratuito’ da un ente soprannaturale ai mortali i quali, nell’istante della morte, gliela dovranno rendere pressoché intatta.

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    Questa potrebbe sembrare, in politica, una assurda intransigenza, ma in effetti è una condicio sine qua non , e questo perché – e la  storia del cattocomunismo ce lo dice da cent’anni- una alleanza, anche inconscia, col monoteismo, vanifica di fatto i fondamenti della sinistra: annulla l’uguaglianza della nascita tra esseri umani (*) e annulla la libertà del pensiero che, se incatenato dall’alienazione religiosa, soggiace alla credenza producendo catastrofi sociali.

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    «Si potrebbe aggiungere che, in un certo senso, il conflitto tra “Stato e Chiesa” simbolizza il conflit­to tra ogni sistema di idee cristallizzate, che rappresentano una fase passata della storia, e le necessità pratiche attuali. Lotta tra conservazione e rivoluzione, ecc., tra il pensato e il nuovo pensiero, tra il vec­chio che non vuol morire e il nuovo che vuol vivere, ecc.»

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    Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 6 (VIII)  

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    Castiglione delle Stiviere, 2 febbraio 2021.

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    (*) Qui in particolare mi riferisco all’affermazione di J.M. Bergoglio nell’Udienza generale dell’8 gennaio 2014: «Non è una formalità! È un atto che tocca in profondità la nostra esistenza. Non è lo stesso, un bambino battezzato o un bambino non battezzato: non è lo stesso. Non è lo stesso una persona battezzata o una persona non battezzata».

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