• L’uomo nel diluvio – L’uomo e l’artista : lo strappo tra benessere materiale ed esigenze umane

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    di Gian Carlo Zanon

    L’uomo avvolto da un perfetto gessato, che all’inizio dello spettacolo appare silenzioso reggendo un enorme orologio, può fare pensare per pochi minuti a chissà quale opera d’avanguardia teatrale. Lo smarrimento dura solo il tempo necessario all’attore per spogliarsi e rimanere in mutande e canottiera sul palcoscenico.

    Così inizia L’uomo nel diluvio scritto e messo in scena da Simone Amendola e Valerio Malorni che è anche il protagonista del monologo.

     

    Ho sempre pensato che ogni forma d’arte fosse una domanda posta dall’autore all’altro da sé che vedrà, leggerà, ascolterà, penserà, sognerà la sua opera.

     

    «Ci sarà un diluvio. Hai trenta secondi per decidere chi salvare … chi salveresti?» Chiede il protagonista fissando uno spettatore. Già chi salvare? E qui non c’è più la leggenda di Mosè. C’è di mezzo la vita di un artista che se vuole dare alla sua bimba il benessere materiale e salvarla dal diluvio della recessione economica deve rinunciare alla propria arte e finire “come quei giocatori che non hanno vinto mai” di cui parla De Gregori. Un grande dilemma in cui si sono dibattute per anni generazioni di artisti.

    Le note e il testo di Amara terra mia che per alcuni minuti accompagnano il monologo dell’attore che narra il proprio vissuto di essere doppiamente sradicato dalla sua arte e dai suoi affetti, sottolineano bene lo strappo che lacera l’Io in profondità.

     

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    Non voglio svelare oltre la trama dello spettacolo di Amendola e Malorni tutto giocato sulla pericolosissima linea del metateatro che separa ed unisce l’attore alla realtà e alla finzione.

    Posso però dire che tra ironia e sarcasmo un grande Valerio Malorni porta lo spettatore a scorgere la soglia dell’emigrazione e del fallimento affettivo per poi deviare verso la realizzazione umana ed artistica.

    «Per me i luoghi comuni – scriveva il poeta caraibico Edoard Glissantsono luoghi in cui un pensiero del mondo conferma un altro pensiero del mondo.»

    Parafrasando Camus posso dire che il protagonista del monologo nel peggiore dei suoi inverni incontra una invincibile primavera; la incontra dove non se la sarebbe mai aspettata; la trova in chi non se lo sarebbe mai aspettato. Ritrova la sua primavera artistica negli occhi di chi la sa riconoscere al di là delle lingue create per separare.

    Forse la causa di tutto ciò la si deve cercare in quella “stranezza” di cui parla il mago Cotrone ne I giganti della montagna di Pirandello «Basta che una cosa sia in noi, in noi ben viva, e si rappresenta da sé, per virtù spontanea della sua stessa vita» Si forse è così … io so solo che alla fine fine il diluvio che doveva distruggere tutto si trasforma in gocce di pianto liberatorio e nelle note di Singin’ in the Rain … e se vi capita non perdetelo per niente al mondo.

    Un grazie immenso e un immenso abbraccio ai protagonisti di questa avventura artistica che ha raccolto molti premi e successi di pubblico e di critica:

    Roma – Garbatella – Casetta rossa – 6 luglio 2015

    L’uomo del diluvio

    Con : Valerio Malorni

    Idea, testo e regia : Simone Amendola e Valerio Malorni

    Organizzazione : Floriana Pinto Longo

    Una produzione Blu Desk

    postato il 7 luglio alle ore 0,17

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