• L’Angelo … e la “Marchesa Von O.” di Heinrich Von Kleist

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    1angelo

    di Gian Carlo Zanon

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    A Roma, su una nuda parete della chiesa di Monteverde Vecchio, c’è un affresco di Igino De Luca. Il dipinto rappresenta un tema molto presente nell’iconografia cristiana: “l’annunciazione”,  ovvero l’Angelo che informa la Madonna dell’avvenuto concepimento. Questo racconto evangelico che dai credenti viene definito, giustamente, un mistero, è da centinaia di anni rappresentato nell’arte pittorica. Pensiamo alla stupenda interpretazione di Antonello da Messina che raffigura la presenza invisibile di qualcuno un angelo? – di fronte ad una bellissima immagine femminile che accenna un quasi impercettibile rifiuto.

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    Gli angeli ‘annunciatori’ vengono da sempre rappresentati anche in letteratura, ricordiamo il breve ma intenso racconto La marchesa Von O. di H. Von Kleist, che questo mistero cristiano potrebbe svelare. La tradizione giudaico- cristiana ha raccontato, sin dagli scritti vetero-testamentari, degli angeli, questi  esseri straordinari, situandoli a metà strada tra il divino e l’umano.

    Poi l’arte occidentale, mutuando le immagini dalla cultura greco-romana, – Ermes e Mercurio – li ha rappresentati in espressioni verbali o visive: schiere di angeli in lotta contro i demoni, arcangeli annunciatori, angeli ribelli divenuti demoni, ecc.. E ancora: Giacobbe che lotta tutta la notte con l’angelo, rappresentazione della lotta senza fine tra sonno, regno dell’irrazionale, e veglia, dominio della ragione.

    Il mito dell’angelo che ferma il braccio assassino di Abramo ci parla invece del passaggio dai sacrifici umani a quelli animali; e ancora le favole raccontate ai bambini: angeli custodi che sin dalla nascita si installano negli esseri umani per difenderli dal ‘maligno’.

    Queste favole sono ben presenti nella nostra tradizione, tutto ciò ci viene insegnato sin da piccoli. Ma c’è di più: questi angeli in forma di semidei erano già ben presenti nei miti greci: ángelos, che significa messaggero, era un epiteto di Hermes in quanto egli era il messaggero degli dei. Ma vi è una sostanziale, e per un ateo incomprensibile, differenza: la trascrizione biblica e neotestamentaria viene data come realtà, verità assoluta, dogmatica, mentre il mito viene ascritto nelle categorie di favola, leggenda, rappresentazione.

    Se pensiamo che qualche anno fa il professor De Mattei, allora vicedirettore de CNR, dichiarò: «Non sarà convinto che il mondo è stato creato in sette giorni? «Credo però che Adamo ed Eva siano personaggi storici e siano i progenitori dell’ umanità.» dobbiamo renderci conto del livello culturale in cui siamo immersi … ma questo è un altro discorso.

    Dicevamo delle somiglianze tra religione cristiana e mito greco: il mito dei Titani che vengono cacciati dai Giganti, spronati da Zeus, nell’oscurità dell’Erebo e quello della ribellione di Prometeo fanno indubbiamente riecheggiare le immagini dei diavoli cacciati nell’inferno dalle schiere angeliche comandate da Dio (genitivo di Zeus: dios) e il peccato di orgoglio di Lucifero.

    Però, pensandoci bene, nel racconto biblico la lotta tra le schiere luciferine e quelle angeliche è una divinomachia che esclude gli esseri umani, mentre nella mitologia greca gli dei sono sempre in stretto contatto con i mortali: li seducono, come Zeus seduce varie donne; danno loro il fuoco e la tecnica come fa Atena con Prometeo.

    Invece nella mitologia cristiana è tutto più complicato: tra la divinità monoteista e gli esseri umani c’è un messaggero, un angelo, che annuncia il concepimento; c’è un angelo che ordina la distruzione di Sodoma e Gomorra, bambini compresi; c’è un angelo che ferma la mano assassina di Abramo ecc. ecc..

    In realtà nel mito greco arcaico esiste qualcuno che assomiglia ad un angelo: Eros. Certo è un pochino più sessuato di un angelo, Psyké ne sa qualcosa, a lei nessuno è venuto ad annunciare il suo concepimento, il tutto è avvenuto naturalmente, nel buio della notte, e dopo nove mesi esatti è nata una bambina, Voluttà.

    Qui però vorremmo anche tentare di capire perché il daimon greco viene trasfigurato in angelo custode e che cosa rappresentava nel pensiero greco-romano questa entità interna.

    Seneca scriveva: «in ogni uomo virtuoso abita una divinità». E “divinità interna” è il significato primordiale di daimon. Ma cercare di spiegare il significato di daimon, in poche parole, è impossibile, anche perché il senso di questa parola nei secoli subisce varie trasformazioni di significato. Solo due parole per raccontare la sua evoluzione semantica attraverso i secoli: il daimon da divinità interna agli esseri umani si trasforma in dionisiaco e viene legato all’immediatezza dell’agire; in seguito diviene nume tutelare – Edipo a Colono –  per poi trasformarsi in ragione con la filosofia; infine, data la sua natura irrazionale e quindi non governabile, diviene demonio per i cristiani, il Male.

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    Scrive J.P.Vernant: «…questa psyche che costituisce per ogni uomo la trama del suo destino individuale, si presenta in forma di daimon, di un essere soprannaturale che conduce, in noi, un’esistenza indipendente».

    In parole povere, mentre per la credenza cristiana, in noi, c’è un dualismo tra Bene e Male, rappresentato da un diavolo e un angelo, nel politeismo greco, all’interno degli esseri umani, c’è solo il daimon, come dire che nell’essere umano non c’è scissione. Ma sia il daimon, sia l’angelo custode, sia il demonio interni, con lo scorrere dei secoli, sono stati pensati sempre più come entità a sé, non fuse al corpo. Fino a giungere alla completa dissociazione imperante soprattutto nei credenti cattolici.

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    Ma tutto questo non è sufficiente per comprendere perché questa entità, che ora possiamo chiamare, in termini fagioliani immagine interna, può divenire un’etica personale che non ha nulla a che fare né con la morale cristiana – dualismo bene o male – né, tanto meno, con il concetto di superio freudiano.

    Ma forse ci stiamo incartando in discorsi troppo difficili… ecco, c’è un film uscito qualche hanno fa, e che potete trovare cliccando QUI, che ci può aiutare a capire un po’ meglio questo immagine misteriosa: Angel-a di Luc Besson. Il film di Besson narra una grande storia d’amore tra Angela, una stupenda immagine femminile, e Andreas. Angel’a in realtà è un angelo venuto sulla terra a soccorrere  un ragazzo magrebino, ferito nel corpo – non ha l’uso di un braccio – e nell’anima, perché non è mai stato amato:  «non rifiutare il tuo corpo ferito (…) è difficile amare se nessuno ti rimanda l’immagine – gli dice Angela, e ancora – sono venuta per farti sapere chi sei, voglio insegnarti ad accettare te stesso».

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    E, da spettatori, nel buio viviamo questa passione d’amore come se fosse nostra, e … sentiamo le parole di Angela: «tu dentro sei un gran fico (…) è dalla tua parte femminile che ti viene la sensibilità. (…)“io sono il tuo riflesso, la tua immagine.» Poi, caduti nel sogno, chiediamo ad Angela: «chi sei, chi sei» per salvarci, per salvarla dall’indifferenza:  «Io non so più chi sono, io non so chi sono, non so da dove vengo» risponde disperata, la donna angelo tra le lacrime… e tra le lacrime cominciano ad accavallarsi le immagini delle ali di Eros che fugge da Psiche, dell’Atalante di Vigo, con quell’immagine femminile che fluttua nell’acqua. Le lacrime che scorrono sul viso sono le acque della Senna da dove Andres e la bellissima donna si immergono avvinghiati per poi riemergere, uno dopo l’altro, come…come se nascessero… solo in quel momento.

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    Angel-a di Luc Besson

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    … forse non sono riuscito a dire di questa immagine interna che rappresenta la realizzazione della propria identità umana, ma so che appartiene ad ogni essere umano e che succede, a volte, di riconoscerla nell’altro da sé. L’altro da sé … il “mio unico amore nato dal mio unico odio”… il suono del canto tragico di Shakespeare rimbomba nelle navate della chiesa affrescata. È tempo di uscire da qui, da questo luogo dove impera la credenza … pensando.

    dal Diario del 20 maggio 2009

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