• La preistoria narrata dai bambini : “e i pesci … diventarono uccelli”.

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    Siamo orgogliosi di pubblicare su I giorni e le notti questo importante lavoro svolto, incredibilmente, da bambini di una seconda elementare. Il lavoro è stato  realizzato dagli alunni della classe III B – Scuola Elementare A. Manzoni – 43° Circolo Didattico di Roma, seguiti e incoraggiati dall’insegnante: Aurora Capitani.

     

    Come scritto, tra le righe dell’introduzione, fu la passione dei bambini per la conoscenza della preistoria a far si che questo lavoro venisse realizzato: «Da piccoli scienziati ci siamo posti il compito di cercare risposte. Ci siamo documentati con libri, film, interviste… abbiamo intuito e forse compreso che la nostra realtà mentale è tale per una evoluzione, per una “mutazione genetica”»

     

    In questo lavoro collettivo gli alunni sono divenuti artisti; pittori, scultori … anche poeti: «Gli esseri umani possono invece diventare poeti perché sanno costringere le parole a raccontare non solo ciò che si è percepito con i cinque sensi ma inventano immagini per raccontare il loro mondo interiore.»

     

    Non diciamo null’altro per non togliere al lettore l’emozione per la scoperta di questo mondo fatto da piccoli esseri umani ‘mutanti’, che ci fa ben sperare nel futuro dell’umanità.

     

    Gian Carlo Zanon

     

     

    Racconti della Preistoria

     

    Lavoro realizzato dagli alunni della classe III B – Scuola Elementare A. Manzoni -43° Circolo Didattico di Roma

                                                     

    Insegnante: Aurora Capitani

     

    “Ogni villaggio è un microcosmo che tende a riprodurre il macrocosmo dell’umanità intera, anche se in proporzioni un po’ diverse”

     Luigi Cavalli Sforza 2011

     

     

     

     

    INTRODUZIONE

     

    I racconti della Preistoria

     

    In seconda elementare abbiamo effettuato una lunga ricerca sull’origine della vita:

    “Dal mare la filogenesi… i pesci diventarono uccelli”. A settembre, oramai

    eravamo in terza, l’interesse, l’attesa per lo studio degli uomini primitivi erano

    fortissimi. Alcune specie di primati chissà perché e come ad un certo punto erano

    diventati esseri umani. Il 7 dicembre abbiamo avuto la fortuna di poter visitare la

    mostra “Homo Sapiens” al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Tantissime erano le

    nostre domande, molteplici le curiosità da soddisfare: che differenza c’è tra un

    animale, un mammifero e un essere umano? Quando nel tempo e come siamo

    diventati esseri umani? Quali sono le caratteristiche specifiche della specie umana?

    Da piccoli scienziati ci siamo posti il compito di cercare risposte. Ci siamo

    documentati con libri, film, interviste… abbiamo intuito e forse compreso che la

    nostra realtà mentale è tale per una evoluzione, per una “mutazione genetica”…

    Questo ci è stato spiegato anche dagli operatori della mostra; tornati in classe

    abbiamo cercato di riflettere su tutte le informazioni apprese. Con la fantasia

    abbiamo cercato di elaborare i contenuti studiati; questi sono diventati testi

    collettivi: “I racconti della Preistoria”.

    Questi scritti sono colorati dalle immagini che siamo riusciti ad inventare, narrando

    di quando l’uomo, davanti al fuoco, non è più scappato come gli animali ma ha

    cercato di conoscerlo; di quando, oltre la capacità di costruire strumenti utili alla

    sua sopravvivenza: ciopper, amigdala, clava, ha realizzato una umanissima ricerca

    del senso del bello.

    Allora ha dipinto mirabilmente le pareti delle caverne, scolpito immagini di donne,

    veneri panciute, costruito abitazioni decorate con i teschi degli orsi più grandi

    adornato il suo corpo con collane di piume, di conchiglie e semi e colorato con

    l’ocra delle terre la sua pelle. Incredibilmente proprio compiendo questi gesti così

    inutili la vita umana è diventata palese. Abbiamo studiato che l’uomo si distingue

    dagli animali per tante caratteristiche fisiche: la stazione eretta, il pollice della mano

    che si oppone a tutte le altre dita, ma la caratteristica più importante posseduta

    dall’uomo è il linguaggio articolato perché quello del pappagallo non è parola:

    ripete soltanto il suono, senza pensare, senza la fantasia, senza le idee.

    Gli esseri umani possono invece diventare poeti perché sanno costringere le parole a

    raccontare non solo ciò che si è percepito con i cinque sensi ma inventano immagini

    per raccontare il loro mondo interiore.

     

    L’UOMO ERETTO

     

    L’uomo tornava dalla foresta armato di ciopper, carico di carne e bastoni anneriti dal

    fuoco dell’ultimo incendio.

    Camminava a fatica tra le rocce che portavano alla sua caverna.

    Nel buio la donna aspettava e quando udì il rumore dei passi gli andò incontro.

    Da poco accucciata, aveva partorito il suo bel bambino e l’uomo aveva osservato e

    non aveva compreso la magia di quella donna.

    Stupito il cacciatore aveva portato doni alla donna: bastoni anneriti che sulla roccia

    lasciavano un segno strano.

    Nella caverna, illuminate dal fuoco, le ombre ballavano alle fiamme.

    Il bambino sulla pelliccia dormiva sonni felici.

    La donna raccolse il bastone annerito e guardò, con occhi di lampo le pareti della

    caverna: ebbe l’idea.

    L’uomo aveva camminato chissà quante distanze per portare carne alla donna e

    quello strano bastone annerito…

    Per la donna che aveva partorito un piccolo nuovo.

    L’uomo sempre per la caccia ripartiva e tanti soli e lune piene si rincorrevano nella

    grande pianura celeste.

    La donna rimaneva da sola e forse per scacciare le grandi solitudini disegnava col

    nero dei bastoni sulle pareti della caverna, incredibili linee che narravano di bufali e

    grandi bisonti, gazzelle e branchi di antilopi in fuga…

    E impronte di tante mani rosse.

     

     

    IO E IL MIO PICCOLO

     

    …Vorrei che il mio neonato, che soltanto vagisce, raccontasse il mondo incantato del

    mare, pancia della sua mamma.

    Perché lui non è un animale.

    Vorrei, nelle interminabili serate, i racconti delle meraviglie che lui ha vissuto.

    Il mio piccolo delle meraviglie.

    Le ombre penetrano nella caverna, il cielo ormai è nero, vedo scintille che guizzano

    come pesci infuocati.

    Forse ora cadranno sulle chiome della foresta.

    Io sono al sicuro con il mio neonato, archi di roccia sono sulla mia testa.

    Ora il mio piccolo parla con il suo vagito.

    So che vuole il mio latte, lo coccolo, chi parla dentro di me?

     

    L’origine della ninna nanna…

     

    IL CANTO

     

    Quella voce

    è il suono

    che calma la pena

    che volge al sorriso

    il grido del volto bambino

    quel suono, donna, è il tuo canto.

     

     

    IL CIOPPER

     

    L’uomo della radura pensava:

    “E’ triste quando muore un animale, non c’è più la sua corsa.

    La natura è così, io ho fame voglio mangiare.

    Le bestie cercano di non farsi vedere, ma io striscio nell’erba e silenzioso come il

    serpente raggiungo la capretta e lancio il mio ciopper che fischia come il vento tra i

    rami e la capretta si schianta con l’ultimo belato lagnoso.”

     

     

    IL FUOCO

     

    Accadde che tutti i più giovani cacciatori partirono nella notte in cerca di prede.

    L’inverno stava già arrivando con le sue fitte bufere di neve che rendevano l’aria

    bianca e pesante da respirare.

    Il gruppo di uomini al rumore dei tuoni era tramortito dalla paura e quando la luce dei

    lampi invadeva improvvisa la radura, mostrava anche i volti degli uomini stravolti dal

    terrore.

    Ed ecco improvviso il fuoco del cielo schiantarsi sugli arbusti e questi si incendiano.

    Un fuoco enorme invade la radura e tutti gli animali, in fuga, scappano all’impazzata,

    anche gli uomini scappano.

    Lui , il più giovane, rimane immobile a sentire, a pensare…

    A pensare che quella cosa è luce,

    è bella,

    è colore,

    è movimento,

    è calore,

    è arma potente se fa scappare tutti gli animali.

    Il giovane cacciatore si avvicina, vuole prendere il fuoco per portarlo alla caverna,

    alla sua gente, alla sua donna.

    Il cacciatore con le sue mani raccoglie le braci ardenti, e intoccabile il dolore sul suo

    corpo, è forte più del morso dell’orso.

    Allora raccoglie un lungo ramo ed infuoca soltanto la punta.

    Ci vuole una giusta distanza, ora il fuoco può essere trasportato.

    L’uomo non ha paura.

    Quando arriva il giorno, gli uomini vedono la radura annerita e vuota che scotta

    ancora i loro piedi nudi.

     

     

     

    IL VECCHIO

     

    Nessuno si ricordava di averlo visto giovane.

    Nessuno conosceva tutte le sue avventure…

    Lui camminava gobbo per i tanti anni che si erano addormentati sulle sue spalle.

    Nessuno osava mettere in discussione le sue parole perché preziose, sapevano

    proteggere la vita della sua tribù.

    Lui conosceva i segreti degli animali, fiutava il loro passaggio e conosceva il modo

    per catturarli.

    Conosceva il carattere delle erbe, delle foglie e dei funghi.

    Alcune erbe avevano un cattivo carattere.

    Lui conosceva le erbe per curare, quelle da mangiare e altre velenose che

    conducevano verso il sonno che mai più avrebbe fatto aprire gli occhi alla luce del

    giorno.

    La sua pelle era scura e grinzosa, la sua espressione era quella di uno che annusa e

    scruta tutte le cose intorno.

     

     

    LA DONNA CON IL CIOPPER

     

    Il ciopper era l’arma dei giovani cacciatori, la temibile pietra scheggiata che gli abili

    uomini lanciavano con grande precisione tra gli occhi di cerbiatti, antilopi e caprioli.

    La giovane donna si era seduta ed osservava attentamente l’arma appuntita.

    Desiderava anche lei andare a caccia, anche lei voleva arrivare tra la sua gente con

    l’orgoglio di una preda catturata per sfamare i bambini della caverna.

    Lei osservava le sue lunghissime gambe perfette per la corsa!

     

    … … …

     

    Gli uomini la scacceranno, non vorranno che lei sia cacciatrice.

    Lei insisterà, sa che ce la può fare.

    Gli uomini, non sanno neanche il perché, non la vorranno mandare, pensano che sia

    debole, che si possa ferire…

    Rimane silenziosa nella grotta, non cancella il suo desiderio e immagina meravigliosi

    bufali, enormi mammut, cavalli straordinari nelle infinite praterie e la sua mano con

    gesti leggeri dipinge la roccia.

     

     

    LA SENTINELLA

     

    La notte era buia e paurosa.

    Si udivano lontani gli ululati di lupi affamati e lamenti di gufi: “U U U”.

    Strani fruscii spaventano la sentinella.

    Tutti dormono, ammucchiati nella grotta.

    La sentinella si guarda intorno, nel grande buio quello è l’unico punto illuminato.

     

     

    LA VIAGGIATRICE

     

    Le nenie ed i grugniti del grande saggio l’avevano intristita e stizzita.

    Lei osservava il volo degli uccelli, le forme degli stormi in movimento sembravano frecce che indicavano un sentiero.

    Ogni giorno osservava le cime dell’ultimo orizzonte oltre la pianura, oltre i boschi delle colline, oltre le nevi ed i ghiacciai, oltre…

    Oltre le nebbie cercava…

     

    Una mattina, all’alba, le era capitato di osservare sulla spiaggia tracce strane mai viste di bipedi in cammino. Le impronte erano piatte e non lasciavano indovinare la forma dei piedi.

    Lei si domandava: “A chi apparterranno questi piedi stranieri?”

    Voleva partire, ma allontanarsi dalle spiagge conosciute, dai suoi compagni che erano pure divertenti, che la facevano sentire al sicuro.

     

     

    A questo punto si accende una grande discussione.

     

    I ragazzi non si accordano sul finale del racconto ed ognuno propone il suo:

     

    La donna però è curiosa, è una donna particolare e parte una sera di freddo inverno alla ricerca di nuove tribù.

    Adriana

     

    Dopo tanto tempo decide di partire perché i suoi amici la trattavano male e si era stancata di fare la schiava agli uomini.

    Alessio

     

    Lei, la donna non è protetta se andrà da sola. Allora si riprende e dice ai suoi amici molto divertenti, di andare con lei.

    Essi accettano ed insieme saranno protetti tutti quanti.

    Matteo

     

    La donna parte con gli amici perché vuole scoprire altre tribù e per convincerli disse loro che non li voleva lasciare da soli e che avrebbero avuto una nuova vita.

    Filippo

     

    Dopo aver pensato tanto tempo, la donna andò. Partì per conoscere tribù più evolute e nuova gente che magari era più gentile,

    divertente e anche viaggiatrice, e forse avrebbe fatto una nuova vita.

    Marlen

     

    Dopo tanto tempo e dopo che ha tanto pensato, la donna non parte più perché senza i suoi amici più forti non riuscirà a proteggersi e a lottare.

    Andrea

     

    Secondo me lei non parte. Dopo aver tanto pensato rinuncia e chiede ai suoi compagni di cacciare via il saggio del villaggio: era diventato troppo fastidioso.

    Quindi lascia cadere il fagottino a terra e lo dona ai suoi compagni cacciatori. Dona anche le selci e quanto altro aveva preparato per partire.

    Beatrice

     

    Lei decise di non partire perché sa che gli mancheranno i suoi compagni e senza di loro non si sarebbe mai allontanata.

    Giorgia

     

    La donna partì per scoprire altre tribù. Era curiosa di sapere a chi appartenevano quelle orme.

    Davide

     

    Lei partirà, dispiaciuta di sentire la loro mancanza, ma partirà lo stesso.

    Riccardo

     

    I giorni trascorrevano lenti, lei rinunciò al suo sogno pensando che sarebbe morta, magari uccisa dagli animali feroci, oppure morta di fame.

    Alessandro

     

    Dopo tanto tempo e dopo tanto pensare, la donna parte perché si è stancata del vecchio saggio che non le permette di fare quello che desidera.

    Non vuole ubbidire a quelle leggi-regole che la infastidiscono.

    Giulia

     

    Dopo aver pensato, lei non partì perché era triste e non sicura, d’inverno avrebbe avuto freddo senza il fuoco.

    Sebastian

     

    Lei parte con i suoi amici perché voleva conoscere altre tribù più evolute. E lei ebbe il coraggio di dirlo al vecchio saggio.

    Sara

     

    Lei, dopo aver tanto pensato, parte in compagnia dei suoi compagni più forti che la seguono per farla arrivare sana e salva a quella tribù straniera dai piedi piatti perché erano ricoperti da pelli.

    Flavia

     

    Dopo aver pensato, la donna volle partire perché era curiosa, volle sapere di chi fossero quelle impronte straniere.

    Sabrina

     

    Lei non partì. Avrebbe voluto però partire con gli amici. Lei i compagni li ama e non si vuole allontanare. Lascia il suo fagotto tra le rocce e ritorna alla caverna dai suoi amici.

    Romina

     

    La donna partì perché il vecchio saggio l’aveva stancata e non volle più tornare. Andò con gli animali seguendo i loro percorsi.

    Nicholas

     

    Lascia il fagotto in cui teneva le sue cose, abbracciò i suoi amici e chiese scusa al saggio. Non partì mai.

    Federico

     

     

    LA NOTTE SUL CACCIATORE

     

    La caccia quel giorno era stata impossibile, la mandria tanto attesa non s’era vista; il

    tempo a passi di lentissima tartaruga aveva sgocciolato via tutta la luce del giorno ed

    ora le loro ombre si allungavano ad ogni passo e la vita del grande fuoco, nel cielo,

    sembrava sempre più rossa dietro le ultime montagne.

    Alle loro spalle la grande ala di una notte aquila, avvolgeva i cacciatori diventando

    sempre più scura.

    In quel momento e per un istante tutto era silenzio e la vita poteva diventare pesante

    nel petto degli uomini.

    Nel buio vedevano soltanto piccole scintille tremanti.

    Avranno pensato che quelle scintille fossero piccoli ciottoli luminosi che indicavano

    una strada…

    La stanchezza indeboliva le loro gambe ed ognuno avrà cercato i piedi di un albero

    per rannicchiarsi e riposare, protetto da una chioma folta che lo riparava dal peso di

    quella notte stellata.

     

     

     

    AL SOLE

     

    Sei luce che fa chiudere gli occhi

    luce che fa pensare

    luce che fa vedere.

    Sole che permetti con la nascita l’inizio del tempo.

    Sole che sei energia che muovi la vita ti saluto.

    Compari ogni giorno e scaldi gli uomini e tutta la Terra.

    Il tuo spirito la notte scompare.

    Sei la palla di fuoco che fa rivivere il giorno.

    Sempre uguale eppure sempre diverso.

    Ti alzi e diventi sempre più rosso ed infuocato.

    Fai germogliare, fiorire e maturare frutti di ogni specie.

    Poi, piano ti allontani, diventi pallido e stanco, diminuisce la tua luce e rabbrividisci

    nel freddo.

    Ogni animale allora si nasconde e l’uomo aspetta con speranza, che tu risorga

    vittorioso sul buio.

     

     

    UNA STORIA… FORSE SOLTANTO UN SOGNO

     

    Tanti cavalli erano entrati in un fitto bosco. Essi erano circondati dai lupi.

    I cavalli scapparono e per salvarsi la vita si buttarono in acqua.

    Andarono giù giù giù. A un certo punto gli spuntò una coda “ricciata” e delle

    branchie. Erano diventati cavallucci marini.

    Federico

     

     

    LA GRANDE ARTISTA

     

    Per passione, lei che era un’artista, disegnava le storie che il cacciatore ogni sera

    attorno al fuoco raccontava.

    Disegnava, perché non sapeva scrivere, si arrampicava sulle volte rocciose della

    caverna e dipingeva con la terra ed il carbone immagini fantastiche di cavalli in corsa,

    unicorni che rincorrevano arieti, uri, cerbiatti e una mucca che piangeva…

     

    Dopo migliaia di anni, una bambina di 8 anni, andava a visitare antiche grotte con il

    suo papà speleologo; per caso entrò in un cunicolo e poi in una grotta ampia e

    gridò: “Toros!”.

    Quale fu lo stupore di suo padre, quando la raggiunse, nel vedere le pareti di quella

    grotta interamente affrescate da meravigliose immagini dipinte da antichissime mani

    sapienti.

     

     

    I BUFALI AL PASCOLO

     

    Branchi di bufali pascolano nelle macchie paludose ed immense.

    Quelle bestie sembrano miti per il pastore che avrebbe dovuto condurli al pascolo.

     

     

    IL SUONO

    Era già sera, lui camminava lungo gli argini del fiume, per pescare i salmoni che

    grandi e lucenti, andavano contro corrente affaticati, verso la montagna, per

    accoppiarsi nei ruscelli dove l’acqua è trasparente.

    Nella sua sacca di pelliccia, cucita con strisce di cuoio, c’erano arpioni ed armi di

    osso, zagaglie di legno con incisioni di linee colorate, che forse ricordavano le onde

    del grande fiume.

    Il pescatore avanzava a fatica tra le siepi ed i cespugli, tra le canne e i giunchi.

    Di tanto in tanto si fermava in ascolto…

    Era il verso di un uccello?

    Delle oche selvatiche?

    Erano forse i castori affaccendati?

    Il suono cambiava dolce o acuto, a tratti più grave e sommesso, talvolta era un fischio

    lunghissimo…

    L’uomo aveva sulla sua pelle il brivido provocato dal vento che soffiava forte e si

    infilava tra le canne ed i giunchi.

    Il vento filtrava dentro le cavità di ogni giunco e suonava musiche dolci;

    memorie di lamenti lontani…

    Lui era a tratti inquieto, quasi triste…

    Aveva dimenticato i pesci e i morsi della fame.

    Ora ascoltava

    attento osservava.

    Improvvisamente prese una canna vuota

    forse volle essere vento.

    Come per magia nascose la sua voce nel respiro e cavalcò il tempo volando sui

    silenzi con le pause.

    Soffiava nella canna , giocava con l’aria…

    Fu allora che sentì la melodia.

    Il suono era musica e lui un artista?

     

     

     

    LABORATORIO DI MUSICA

     

    La maestra ci ha fatto ascoltare brani di musica classica per flauti, violini, archi, arpe,

    pianoforte…

    Ci siamo resi conto che i ritmi diversi erano proprio determinati dal tempo delle

    pause che il suono degli strumenti faceva…

    Anche noi abbiamo prodotto il fischio quando riuscivamo a “nascondere le voci nel

    soffio del respiro”…

     

     

    LABORATORIO

     

    LE COLLANE DI CRO-MAGNON

    Erano giorni e giorni che affluivano in classe ogni sorta di materiali: conchiglie, semi

    di girasole, semi di zucca, fiori secchi colorati, penne, petali, funghi secchi, cortecce,

    palle cucche, ossa di coniglio, lupini e fagioli…

    L’obiettivo era di realizzare una collana simile a quelle costruite dagli Homo Sapiens

    di Cro-Magnon e forse anche dall’uomo di Neanderthal.

    I nostri genitori ci avevano non solo rifornito di tutto, ma alcuni, con piccoli trapani

    avevano realizzato i buchi sulle cose più dure.

    Ognuno di noi possedeva un grande ago ed un lungo filo di spago.

    I giorni passavano, il materiale cresceva ed il nostro entusiasmo altrettanto e di più.

    Finalmente è arrivato il mitico e meraviglioso giorno, eravamo tutti emozionati, i

    banchi formavano un unico lunghissimo tavolo su cui in bella mostra c’erano

    scodelle, vassoi pieni di materiale diverso.

    Eravamo così eccitati a prendere ogni cosa per la nostra collana, che il bozzetto è

    stato costruito forse con troppa fretta.

    In ogni caso, abbiamo infilato l’ago e realizzato la nostra collana.

    Ce la siamo anche misurata al collo, facevano una bellissima figura!

    Ora tutte le collane sono appese alle pareti della classe…

    Che bella giornata!

     

     

     

    LABORATORIO

     

    DESCRIZIONE DEL NOSTRO PLASTICO DEL PALEOLITICO

     

    In classe, abbiamo costruito un plastico del paleolitico.

    All’orizzonte ci sono delle catene montuose, sui versanti rocciosi della montagna

    stanno pascolando due grassi mammut e crescono boschi e alberi di rododendro, pino

    mugo, pini, larici, abeti, querce, castagni, faggi e spuntano le stelle alpine.

    Sulle cime ci sono i ghiacciai che rilucono al sole.

    A fianco alla catena montuosa c’è un vulcano in attività che da un momento all’altro

    potrebbe eruttare lava e lapilli infuocati. Alle pendici della montagna si trova la

    vegetazione più abbondante: è pieno di cespugli.

    Ci sono molte caverne dove vivono gli uomini di un grande clan, gli orsi pelosi.

    Nelle caverne gli uomini vivono in gruppo, durante il giorno c’è una sentinella che fa

    la guardia alla grotta.

    Gli altri uomini stanno vicino al mare o lungo il fiume.

    Un uomo si sta allenando per andare a caccia con il suo amico già pronto con l’arma

    in mano.

    Alcune donne stanno raccogliendo le aragoste, granchi, paguretti…

    Altre stanno partorendo, alcune si riposano sedute.

    Una donna incinta ha un fagotto sulle spalle, lei sta camminando per la spiaggia.

    Attorno ad un focolare un saggio sta raccontando fantastiche storie ad una donna

    incuriosita.

     

    Beatrice

     

     

     

    IL PAESAGGIO CAMBIA

     

    L’aria è secca ma le temperature sono cambiate; i ghiacci e le nevi si stanno

    sciogliendo.

    Ovunque ruscelli e torrenti scrosciano e scorrono con acque limpide che scorrono tra

    i sassi.

    Le genti della tribù si guardano attoniti: gli animali sono tutti scappati verso il Nord

    cercando le nevi. Le renne, i rinoceronti lanosi, i mammut sono tutti andati ed i più

    bravi cacciatori armati di lance sono anch’essi andati alla loro ricerca.

    La gran parte della tribù rimane nella pianura che costeggia il grande lago, si inventa

    un altro modo di vivere.

    Davide insieme a Maria da un piccolo tronco, scavando e scavando nel suo interno

    hanno inventato, forse, la prima imbarcazione: una canoa che galleggia e può

    viaggiare in acqua…

    Hanno messo un uomo sulla canoa che con un grosso bastone dirige l’imbarcazione e

    trasporta pesci e frutta.

    Anche Adriana, Alessio, Elena hanno costruito altre barche che in bella mostra

    navigano nella laguna.

    Ora che gli uomini si sono fermati sulle pianeggianti rive del lago, proprio vicino alla

    foce del grande fiume, hanno l’esigenza di abitazioni più resistenti e così le capanne

    sono scomparse e Alessandro, Giulia, Romina, Flavia, Marlen e Matteo hanno

    preparato mucchi di mattoni di argilla, poi hanno costruito muri per i recinti ed

    abitazioni più resistenti anche se il loro tetto è di paglia.

    Sabrina, Giorgia, Flavia hanno creato immagini di pastori che conducono gli animali

    ormai addomesticati al pascolo o al riparo nei recinti.

    Perché sicuramente qualcuno di loro una volta avrà trovato cuccioli selvatici che ha

    aiutato a crescere…

    Moltissimi di noi: Nicholas, Sara, Federico, Sebastian, Andrea, Filippo, hanno aiutato

    la maestra a togliere i grandi alberi del Paleolitico per liberare la terra e come i primi

    agricoltori, sul das hanno seminato erbe, piante e cereali…

    Molti di noi hanno recintato il loro orto…

    Nasce ora la proprietà privata?

    Se così fosse nascerebbe forse anche l’idea del nemico, qualcuno da cui dovrò

    difendere le mie cose, la mia terra.

    … Questo è il cambiamento del nostro plastico che rappresenta il passaggio dal

    periodo Paleolitico al Mesolitico al Neolitico.

     

     

    LABORATORIO

     

    IL PLASTICO DELL’ERA PALEOLITICA MESOLITICA E NEOLITICA

     

    Noi in classe abbiamo rappresentato l’ambiente paleolitico.

    C’è una catena montuosa che termina con un vulcano, sulla terza montagna scorre un

    fiume che butta le sue acque al mare; sui versanti rocciosi crescono boschi di pini,

    sulle cime ci sono i trasparenti ghiacciai.

    Alle pendici ci sono grotte buie e nere, in una grotta c’è davanti un sasso ricoperto di

    muschio, ci vivono orsi e scoiattoli e in un’altra grotta c’è un bambino vicino ad un

    gatto nero.

    Inizialmente sul nostro plastico avevamo costruito una capanna ma poi ci abbiamo

    costruito una casa con un tetto di paglia.

    Gli abitanti del villaggio sono rappresentati mentre svolgono lavori diversi tra loro:

    cacciatori, raccoglitori…

    Ci sono animali nei recinti come cinghiali, lupi…

    Due amici con archi e frecce si esercitano per la caccia, altri seminano orti di

    proprietà privata; un uomo striscia tra le foglie, l’altro tira l’arma.

    Recinti e case sono costruiti con mattoni d’argilla.

     

    Romina

     

     

    LABORATORIO

     

    RICOSTRUZIONE DI UNO SCAVO ARCHEOLOGICO

     

    Durante l’esperienza del campo scuola abbiamo potuto realizzare una attività

    laboratorio uno scavo archeologico con un lavoro di gruppo.

    Avevamo a disposizione una vasca trasparente ricolma di terra, in cui si

    intravedevano vari strati:

    la lettiera ovvero la terra più superficiale chiara, asciutta, sassosa, secca;

    l’humus, uno strato di terra scura, umida, morbida, dove poi abbiamo trovato anche

    qualche piccolo insetto.

    Uno strato ancora più profondo di colore bianco e sabbioso.

    Un righello per misurare la profondità degli strati: abbiamo potuto osservare che ogni

    strato misurava:

    la lettiera, da 0 a circa -4 cm. di profondità, l’humus misurava -8 circa, lo strato di

    sabbia misurava -12 cm. circa.

    Diciamo circa perché gli strati di terra non erano uniformi, lineari.

    Disponevamo ancora di cucchiai per lo scavo e di una scheda di rilevazione per al

    descrizione della terra, misurazione delle quote, descrizione di reperti ecc. (scheda

    che alleghiamo).

    Ci siamo messi a scavare come quando facevamo le buche al mare…

    – Noo, non così, attenti! Lo scavo deve procedere lentamente e in orizzontale. Attenti

    a non mischiare gli strati; ogni terra deve essere messa dentro un contenitore… –

    Queste erano le parole della nostra archeologa.

    Noi faticavamo a mantenere la calma perché come in una caccia al tesoro volevamo

    trovare subito i reperti.

    Abbiamo potuto osservare in ogni strato alcuni reperti che lentamente dovevamo far

    comparire.

    Infatti da ogni strato sono emerse immagini di reperti che noi delicatamente

    riponevamo nelle diverse buste. Alla fine abbiamo potuto concludere che il nostro

    scavo era stato perfetto perché i reperti di ogni strato erano sostanzialmente coevi.

     

     

    Tratto da: Storia illustrata dal mondo

     

    L’Arte Parietale

     

    Gli uomini di Cro-Magnon dipinsero sul fondo delle grotte le figure degli animali che essi cacciavano.

    Probabilmente furono i primi a scoprire l’uso dei colori. Anche se è possibile che i Neanderthal si decorassero il corpo con una polvere rossa detta ocra.

    Gli uomini di Cro-Magnon scolpirono nella pietra figure di donne molto grasse o incinta. Essi modellavano statue d’argilla e le facevano seccare sul fuoco o al sole.

    Abbiamo preso un pezzo di das poi abbiamo fatto una donna “venere”.

    La cosa più complicata era fare la pancia, le tette perché dovevamo fare anche il seno.

    Dopo, quando le veneri erano complete le abbiamo messe fuori la finestra ad asciugare sotto al sole.

    Ora le veneri stanno su un mobile.

    Nicholas

     

    Mi chiedevo come potesse essere una venere, quindi mi sono documentata: la sua mano toccava la sua grande pancia che forse aspettava un bambino e l’altra teneva una specie di corna di bisonte che, la venere, osservava attentamente quella corna.

    Non era facile fare una cosa del genere!

    Sabrina

     

    Mi ricordo che scolpivo senza sapere cosa costruire, non so neanche il perché ma non avevo un’idea.

    La venere mi veniva male io andavo di fretta! Poi ho scoperto che ci voleva molto tempo e allora con pazienza ho fatto una venere che faceva un inchino e addirittura si reggeva in piedi!

    Alessandro

     

    … Dovevamo cercare di scolpire il corpo della donna incinta, una pancia tondeggiante e cicciona.

    Non è stato molto facile! Io ce l’ho fatta e mi è anche venuta abbastanza bene, mi ha anche divertita!

    Flavia

     

    Mi ricordo di quando ho scolpito la venere, mi ricordo che quando dovevamo fare la venere con un cubo di argilla solo che solo che era molto ma molto difficile. Io ho combinato un pasticcio perché non riuscivo proprio a farla. Facevo tutte palline e impastavo e basta, la maestra era arrabbiata perché giocherellavo con il das, ecco per quale motivo me la ha tolta.

    Per fortuna c’è il libro con le foto.

    Federico

     

    Mi ricordo di quando abbiamo scolpito la venere pensavo che avrei sbagliato a farla ma poi ci sono riuscita: dovevamo ammorbidire il das, fare la forma della venere, lucidarla e farla asciugare.

    Carlotta

     

    Mi ricordo che la maestra Aurora non mi aiutava ma consigliava gli altri ma anche io aiutavo Sabrina a fargli venire bene la venere bella.

    Romina

     

    Ricordo dell’esperienza della venere quando i fianchi mi venivano troppo piccoli e la maestra mi diceva: allarga i fianchi! E aggiungevo tanto das ma i fianchi rimanevano più piccoli “basta!” mi dicevo, mi ero arresa!

    Ma con impegno finalmente la venere è riuscita benissimo e ne sono orgogliosa.

    Adriana

     

    Mi ricordo di quando abbiamo scolpito le veneri.

    Era una giornata non come tutte le altre, c’era un laboratorio, il laboratorio di donne panciute. La maestra ci dava degli strumenti e noi abbiamo incominciato con pazienza e precisione a modellare il das finché non diventassero veneri cioè donne panciute. L’abbiamo adornata e scolpito tutte le parti del corpo. Alla fine la maestra le ha messe ad asciugare.

    Erano davvero belle!

    Giulia

     

    Mi ricordo che non riuscivo a fare il collo e in due io ed Aurora alla fine dopo tanti tentativi ce l’abbiamo fatta e tutte le veneri erano pronte, mi ha detto che la mia era bella.

    Io sono stato molto soddisfatto del lavoro che ho fatto.

    Andrea

     

    Ricordo di quando abbiamo scolpito le nostre veneri, eravamo tutti eccitati. La maestra ha distribuito il das.

    Abbiamo iniziato a modellare la grande pancia. Alcuni di noi la facevano troppo in fretta e quindi la maestra diceva “la pancia non deve essere fatta così”. Infine con un aiuto abbiamo modellato veneri stupende e forse anche da fotografare…

    Giorgia

     

    Quando abbiamo scolpito le veneri avevamo molta difficoltà a fare le pance e a reggerle in piedi. C’è voluto molto impegno però ci siamo riusciti ed è stata una cosa fantastica, per questo ringrazio la maestra Aurora per averci fatto fare questo lavoro.

    Alessio

     

    Mi ricordo quando ho scolpito le veneri dovevamo fare la pancia grossa ma i fianchi stretti e le gambe in un certo modo. La maestra ci aveva distribuito un pezzo di argilla e una sorta di tavoletta.

    Sara

     

    Ricordo di quando abbiamo scolpito le nostre veneri io non riuscivo, pensavo di non farcela, ma la maestra mi ha iniziato ad aiutare e ci sono riuscito, è stato proprio divertente! E’ stato moto bello lavorare con il das e dargli i pugni forti per farlo morbido.

    Sebastian

     

    Abbiamo scolpito le nostre veneri.

    Mi ricordo che avevamo difficoltà a fare fianchi rotondi e a fare la pancia anch’essa rotonda. Mi ricordo anche che la maestra Aurora con la carta igienica, come se fosse un vestito, lo mise alla mia venere.

    Dopo tanti giorni alla mia si è spaccato un braccio!

    Beatrice

     

     

    Tratto da: Storie illustrate del mondo

     

    L’origine dell’uomo

     

    Questi uomini costruirono villaggi vicino alle terre coltivate e vi abitarono stabilmente.

    Nella terre aride e calde del Medio Oriente, il grano cresceva selvatico sulle colline, e gli uomini lo raccoglievano, come gli altri frutti, per mangiarlo. Lo portarono al campo e lo macinarono con due pietre.

    Alcuni chicchi caddero nel terreno vicino alle capanne e germogliarono. Gli uomini videro le piantine crescere dai semi caduti e provarono a seminarli nel terreno. Essi raccolsero il grano maturo.

    Nel cortile delle case c’era un forno nel quale le donne cuocevano il pane. Il forno era di fango e dentro si accendeva il fuoco.

     

     

     

    LABORATORIO DEL PANE PREISTORICO

     

    PROCEDIMENTO

     

    Versare quasi tutta la farina sul vassoio, a formare un vulcano.

     

    Fare un buco al centro della farina.

     

    Versare l’acqua e impastare la farina.

     

    Aggiungere l’acqua un po’ alla volta e impastare, impastare.

     

    Con il palmo della mano fare una piccola conca, aggiungere un pizzico di sale e versare un po’ d’olio continuando ad impastare.

     

    Con le mani stringere, non si devono formare grumi, la pasta deve sentire il calore del corpo, il calore serve a far lievitare il pane.

     

    Quando la pasta sarà fine, elastica, morbida, calda, si darà una forma.

     

    Prendere un panno, metterci una presa di farina e fare dei buchi al pane e coprirlo con il panno stesso.

     

     

    LABORATORIO DEL PANE

     

    Mentre facevo il pane, la parte che mi è piaciuta di più è stata “picchiare” l’impasto.

    Prendevo la pagnottella a pugni, la schiacciavo con il palmo della mano, la schiaffeggiavo, l’alzavo e la sbattevo sul tavolo.

    Per la forma ho scelto una venere ed una treccia che, una volta cotte, avevano un odorino…!

    Alessandro

     

    Oggi per la prima volta ho fatto il pane come si pensa lo facevano i nostri antenati.

    Con l’aiuto di mia nonna abbiamo preso una tavola di legno, abbiamo preso la farina formando una montagna, dopo aver fatto un buco al centro ho cominciato a versare dell’acqua pian piano.

    Poi abbiamo preso un pizzico di sale ed abbiamo cominciato ad impastare; prima pian piano per raccogliere la farina e poi sempre più forte fino a che l’impasto non è risultato abbastanza liscio.

    Dopo tutto quel lavoro ho creato una pallina un po’ schiacciata e l’ho incisa con un coltello, con l’aiuto della nonna l’abbiamo messa in forno sperando in un buon risultato.

    La parte che mi ha fatto divertire di più è stato impastare, impastare l’acqua con la farina e poi metterci tutta la mia forza per rendere quel impasto senza forma un bel panino.

    Filippo

     

     

    Facendo il pane mi è piaciuto modellarlo e dargli una forma. All’inizio ero indecisa tra una testa di cavallo o una casa, mi sono resa conto che la testa di cavallo rispetto alla casa mi veniva più grande, allora ho deciso di fare il cavallo.

    Mi è piaciuto anche impastare torcendo la pasta con tutte e due le mani e impastare con il palmo mettendo forza, come avevo visto fare dalla maestra a scuola.

    Beatrice

     

    Io insieme a mamma abbiamo fatto tanti tipi di pane, per esempio un panino chiuso con graffe, una ciambella con formine ed anche forme di animale.

    A me è piaciuto il momento nel quale mi sono tutto infarinato le mani ed inoltre, mentre stavo facendo il pane, mi è venuta voglia di mangiare un pezzettino per sentirne il sapore, ma mamma mi diceva: “Federico, non lo mangiare, non è cotto” ed io ho dato ascolto.

    Poi mamma ha iniziato a riscaldare il forno, io ero impaziente a mangiarlo, ma mamma mi diceva: ”Non lo puoi mangiare perché non è lievitato e lo devi portare a scuola” e io ho ridato ascolto.

    Mi sono divertito un mondo a fare il pane e l’unica cosa che non mi è piaciuta è che non ho potuto mangiare nemmeno una briciola.

    Federico

     

    Stamattina ho fatto per la prima volta il pane.

    Il lavoro che mi è piaciuto di più è stato quando la pagnotta, dopo averla lavorata, era pronta ed elastica e io avevo iniziato a fare la forma di un polpo con quattro tentacoli, mi piaceva molto!

    Dopo ho utilizzato gli strumenti per rendere la forma più bella.

    Quindi mamma ha messo la pagnotta a forma di polpo nel forno e da lì abbiamo aspettato un po’ di minuti…

    Finalmente è venuto fuori il pane cotto al punto giusto e non bruciato.

    Alessio

     

    Come laboratorio di Storia abbiamo fatto il pane con gli ingredienti ed i procedimenti.

    La maestra Aurora ci ha fatto vedere come si faceva il pane ed io l’ho impastato a scuola con Maria. Abbiamo messo la farina, il sale, l’acqua e l’olio e ci siamo divertiti molto a fare la forma.

    Domenica stavo con mamma ed ho finito di fare il pane.

    La forma del pane era a stella ed ho fatto anche i buchi con le dita.

    Mi è piaciuto molto mentre facevo la forma, mentre mettevo gli ingredienti e mentre impastavo con Maria.

    Davide

     

    Oggi io ho fatto il pane azzimo a casa di mia nonna ed i momenti che mi hanno emozionato di più sono: il primo è quando ho dato la forma alle pagnotte perché ho potuto farle come volevo; il secondo è stato quando ho visto le pagnotte uscire dal forno perché erano venute molto bene.

    Erano così buone che a casa se le sono litigate e per un pelo sono riuscita a portarle a scuola!

    Flavia

     

    Mentre lavoravo il pane mi sono divertita moltissimo.

    I momenti che mi sono piaciuti di più sono stati quando, dopo aver messo l’acqua nella conca un po’ per volta, ho incominciato ad impastare per fare in modo che la pasta diventasse fine, morbida, calda ed elastica e anche quando alla pagnotta ho dato la forma di quadrifoglio

    Giulia

     

    Venerdì 30 Marzo io e mamma abbiamo fatto il pane in casa.

    Il momento che mi è piaciuto di più del pane è stato di farlo insieme a mamma.

    Lei lavora ed io non la vedo quasi mai e poi l’ho rifatto domenica.

    Romina

     

    Oggi ho fatto il pane a casa mia.

    L’esperienza più bella della lavorazione del pane è stata quando dovevamo fare una forma alla pagnotta.

    Mi è piaciuto perché io dovevo fare una forma che volevo ed io infatti l’ho fatta molto buffa!

    Sembrava proprio un pesce palla!!!

    Sabrina

     

    Domenica pomeriggio io e papà abbiamo fatto il pane.

    E’ stata un’esperienza fantastica e appiccicosa. Infatti avevamo pasta dappertutto.

    La cosa che mi è piaciuta di più è stata quando abbiamo aggiunto l’olio e la pasta è diventata scivolosa tanto che mi sfuggiva dalle mani.

    Giorgia

     

    Sabato, nel primo pomeriggio, la casa era un delirio e io pensavo: “Il pane, quando lo faccio?”. Mi vergognavo di dirlo alla mamma, poi però mi sono fatta coraggio e gliel’ho detto e lei, con un po’ di fatica, mi ha fatto andare da Giulia, la mia amica.

    Arrivata, ho iniziato a fare il pane: ho costruito una montagna di farina, ho aggiunto acqua, olio, sale e ho impastato.

    Le ho dato una forma e l’ho lasciata riposare.

    Il momento che mi è piaciuto di più è stato fare i buchi nella pasta, perché la forma diventava più bella. Che giornata!

    Adriana

     

     

    UNA RIFLESSIONE IMPORTANTE

     

    La fiaba, la favola, la leggenda, il mito, la storia.

     

    LA FIABA

    E’ una storia in cui agiscono personaggi immaginari.

    E’ un racconto di pura fantasia

    C’era una volta una bambina dai capelli neri come l’ebano, le gote rosse e la pelle bianca come la

    neve, si chiamava Biancaneve…

     

    LA FAVOLA

    E’ un racconto di fantasia.

    Spesso i protagonisti sono animali umanizzati.

    La favola ha lo scopo di insegnare qualcosa.

    C’era una volta un lupo che aveva un osso nella gola. Una gru dal lungo collo tolse l’osso…

    Nessuno la ringraziò.

     

    LA LEGGENDA

    E’ un racconto in cui si mescolano elementi di fantasia e di realtà.

    Nelle grandi praterie del Nord America viveva un piccolo cacciatore di nome Oka-hei-hei. Un

    giorno in cui nessun animale aveva attraversato la sua strada, piangendo si addormentò e sognò il

    grande bisonte bianco.

     

    IL MITO

    Da sempre l’uomo ha avuto il desidero di conoscere il mento e le cose e persone che lo hanno

    circondato.

    Da sempre si è posto la domanda: chi ha fatto il mondo? E il mare? Perché piove? Perché arriva la

    notte?

    E siccome che scienziato non era, ha inventato le risposte, cioè i miti.

    Perché il mare è salato?

    Un marinaio incontrò un vecchio che gli regalò un macinino magico.

    Questo macinino aveva il potere di macinare ogni cosa senza fermarsi mai.

    Il marinaio cominciò a macinare il sale. Una tempesta trascinò il macinino nel mare, dove ancora

    si trova e continua a macinare sale. Ecco perché il mare è ancora oggi così salato.

     

    LA STORIA

    La storia dell’umanità è cominciata migliaia di anni fa; è un insieme di fatti ed avvenimenti che

    succedono nel tempo ed accadono nello spazio.

    Quattordici milioni di anni fa il Ramapitecus viveva nelle foreste africane, aveva il volto ricoperto

    di peli.

    I paleontologi hanno ritrovato resti fossili per ricostruire il suo scheletro…

     

     

    COME MAI GLI UOMINI HANNO PERSO LA CODA

     

    Sulla Terra milioni e milioni di anni fa vivevano piccole creature, il loro corpo era

    ricoperto di un folto pelo rossiccio, si arrampicavano con grande agilità sugli alberi

    delle foreste preistoriche.

    Per aggrapparsi meglio ai rami possedevano il pollice opponibile alle altre dita e i

    loro piedi erano prensili, la loro coda era lunga e arrotondata ed anch’essa era

    prensile.

    Allattavano i loro cuccioli e li aiutavano a crescere e a difendersi.

    Abbiamo chiamato queste creature Ramapitechi.

    Questi animali vivevano in gruppi e giocavano dalla mattina alla sera ad

    acchiapparella fin sopra i rami più alti, a fare le altalene con le liane.

    Gioca oggi, gioca domani, un nuovo gioco dovevano inventare. Ci fu qualcuno che

    per fare una buona colazione, prese con le mani i pidocchi dalla testa di un amico e si

    faceva scorpacciate; tutti lo imitavano.

    Qualcuno invece prese una noce di cocco e, indovinate un po’, come una palla la

    lanciò, la testa di qualcuno forse fracassò.

    Quel gioco ebbe un gran successo, in tutta la foresta risuonarono i fischi delle noci di

    cocco che i Ramapitechi si tiravano continuamente.

    Ma per non prendere le noci in piena faccia (che cadevano anche i denti!) dovevano

    diventare bravissimi a pigliare la noce o almeno a schivarla!

    Le loro mani erano sempre i movimento e le code non servivano quasi più.

    I novi piccoli svilupparono così mani sempre più prensili, capaci di prendere,

    rompere, afferrare, accarezzare.

    E le code?

    Sempre più offese si ritirarono fino a sparire.

     

    Alessandro, Adriana, Marlen, Nicholas, Sabrina

     

     

     

    IL MISTERO DELLO ZOO

     

    C’era una volta, tanto tempo fa, un giovane e molto famoso mago dal carattere

    bizzarro e triste, sul suo cappello rilucevano arcobaleni, i suoi occhi scrutavano

    sempre l’orizzonte.

    Il suo abito era scuro come il buio della notte e si copriva con un mantello giallo

    sabbia.

    Lui era il padrone di un’isola completamente deserta ma ricoperta di magnifici

    banani, palme di cocco, alberi di papaya.

    Sul’isola scorreva un fiume di acqua dolce, un mare sempre calmo circondava quella

    terra.

    Nel silenzio si udiva soltanto il vento che muoveva le fronde degli alberi.

    Il mago viveva nella solitudine.

    Spesso sull’isola approdavano uomini e donne che la tempesta aveva disperso in

    mare. Il mago allora buttava nei loro occhi la sabbia del mantello e li trasformava in

    animali: voleva costruire uno zoo per studiare l’evoluzione.

    Comparivano alle parole magiche: Ale, Ali, trasformatevi in animali!

    Le trilobiti, i pesci, gli anfibi, i rettili ed i mammiferi, gli uccelli.

    L’animale preferito del mago era la scimmia che si arrampicava sui banani ed era

    golosa.

    Nessuno più riusciva a trovare gli uomini e le donne dispersi, sembravano scomparsi

    nel nulla.

    Nessuno mai riuscì a scoprire il mistero delle sparizioni.

    L’isola rimase nella nebbia del mistero.

     

     

    Sara, Davide, Romina, Sebastian, Matteo

     

     

    LA PULCE E IL RICCIO

     

    In una foresta fitta di abeti e altissimi pini, viveva in una tana umida e buia un riccio

    che, siccome era stato abbandonato dalla madre, non si fidava più di nessuno.

    I suoi aculei erano sempre appuntiti come cristalli e lui si sentiva forte e coraggioso.

    Spesso faceva scherzi fastidiosi agli scoiattoli, ai vermi e anche ai riccetti più piccoli

    e morbidi. Spaventava persino i serpenti con la sua armatura e anche le volpi più

    aggressive non riuscivano a morderlo perché gli aculei bucavano loro il palato.

    Tutto gli animali scappavano alla vista del riccio sempre armato.

    Un giorno una pulce disse: “Che confusione! Ora ci penso io!”.

    Tutti gli altri animali la prendevano in giro perché troppo piccola e quindi incapace di

    affrontare il riccio.

    La pulce invece, quasi invisibile, si infilò tra gli aculei e penetrò fino alla pelle viva e

    lì cominciò a pungere rabbiosamente.

    Il riccio non vedeva il suo nemico ma sentiva il dolore delle punture che lo facevano

    scatenare e rotolare in una danza furiosa, fino a che non svenne per il prurito.

    Solo allora la pulce volò via.

    Spesso i piccoli riescono a vedere la soluzione dei problemi meglio dei grandi armati

    di tanta sapienza.

     

    Giulia, Giorgia, Federico, Alessio, Filippo.

     

     

     

    PERCHÉ ARRIVA IL FREDDO SULLA TERRA

     

    In un tempo lontano lontano all’inizio della generazione della Terra…

    Nel cielo dominava assoluto lo spirito della luce: il Sole.

    Lui splendeva sulla Terra ed ogni giorno si vantava della sua forza, della sua

    lucentezza, dei suoi raggi dorati e della sua grandezza.

    Il Sole era spavaldo e sulla Terra faceva sempre molto caldo.

    I giganti dei mari, dei laghi e dei fiumi sudavano e sbuffavano continuamente; il loro

    alito si alzava verso il cielo formando delle piccole nuvolette.

    Le nuvolette, come fossero bambini, giocavano e correvano dietro alle montagne e

    per le valli.

    Il Sole, che era padrone del cielo, era geloso del suo territorio e voleva disintegrare le

    nuvole.

    Le nuvole bambine, quando lo vennero a sapere, reagirono: si strinsero tutte insieme

    per formare una gigantesca nuvolona spessa e nera come la notte che non arrivava

    mai.

    La nuvola come una muraglia coprì la luce del Sole.

    Sulla Terra non arrivavano più i raggi caldi.

    La ninfa della Terra tremava dal freddo nella penombra e le sue vesti diventavano

    bianche di neve e di ghiaccio.

    Per lungo tempo il freddo dominò la Terra.

    Tutto era ghiaccio e silenzio paralizzante.

    Lo spirito del Vento, amico della Terra, passò di lì ed accarezzandola sentì il gelo e si

    accorse che le nuvole la stavano soffocando.

    Saltò sul suo destriero e, soffiando più di un gigante, spinse le nuvole verso

    l’orizzonte e le fece sparpagliare in fiocchi leggeri.

    Il Sole si rianimò e riscaldò di nuovo la Terra.

    Da quel giorno arrivò sia la notte, sia il giorno, sia le fredde stagioni che quelle calde.

     

    Beatrice, Riccardo, Carlotta, Andrea, Flavia

     

     leggi qui la seconda parte

    La maggior parte dei commenti potete leggerli nella seconda parte

    Postato il 24 settembre 2012

     

    • Complimenti!
      Complimenti ai bambini e alla maestra Aurora.
      Se avessi avuto una tale maestra, oggi forse sarei una scrittrice di racconti per bambini.
      Leggere questi racconti mi ha trasportato in un mondo magico, mi ha fatto sognare, ma alla fine mi sono resa conto anche del grande lavoro che c’è dietro questi scritti e questi bellissimi disegni.
      Continuate cosi’!!

    • Scorrendo le pagine di questo meraviglioso lavoro ho percepito la curiosità, la fantasia, l’entusiasmo, che hanno guidato questi bambini, accompagnati ed incoraggiati dalla bravissima maestra Aurora, alla scoperta delle origini dell’uomo e dell’animo umano.
      Un esempio di come la scuola dovrebbe essere (e in alcuni fortunati casi, come questo, è!) e una grande emozione che sono stata felicissima di condividere!
      Grazie bimbi! Grazie Aurora!!

    • Sembra impossibile che sia stato scritto da ragazzini di terza elementare…ma soprattutto pensare che ci siano maestre con tanto entusiasmo e voglia di insegnare ai bambini l’arte di studiare con fantasia!!!COMPLIMENTI!

    • La dote più grande di chi insegna non è conoscere o sapere informazioni. La dote più grande è “emozionare raccontando” . Chi insegna Emozionando sa far esplodere la creatività e l’immaginazione di qualsiasi bambino o ragazzo. E sa cogliere da quell’esplosione la ricchezza. Questa docente è riuscita a dar voce ai suoi bambini con grande capacità e professionalità. In questo triste caos contemporaneo in cui la scuola è stata gettata, le dobbiamo dire grazie, mille e mille volte ancora……..

    • Sono felice che il mio duro lavoro, il nostro duro lavoro, sia stato pubblicato .
      Ringrazio molto Giancarlo che ci ha permesso di pubblicare il nostro libro,ma devo i miei ringraziamenti alla maestra Aurora che ci ha dato il “supporto” per finire alla meglio questo libro
      Alessandro

    • Forse è questo il mondo migliore?

    • Lavoro bellissimo, svolto da bambini fantastici e con l’aiuto di una bravissima maestra… Complimenti ragazzi!!!!

      Martina

    • Questi bambini porteranno il ricordo di questa esperienza per tutta la vita. E siccome hanno svolto un lavoro bellissimo, farà loro tanto bene. Certo che di maestre comne Aurora ce ne vorrebbero molte! Penso che questo lavoro dovrebbe essere riprodotto e portato in tutte le scuole. Chissà che il granello di senape non riproduca frutti abbondanti!!!! Brava AURORA!

      • Si Maria Teresa, questo lavoro va mostrato a quante più persone possibili per far in modo che ad altri bambini venga data la possibilità di fare un’esperienza del genere … certo però che Aurora è irripetibile … e si può riprodurre solo ciò che ha creato … ciò che ha fatto con i suoi bambini è veramente eccezionale.

        Gian Carlo Zanon

        • Magari si potessero ripetere persone come Aurore!!!! Avremmo risolto tutte le brutture del mondo, tutti i dolori. Io mi sento privilegiata ad averla incontrata sulla strada della mia vita ( non facile ma ugualmente bella e degna di essere vissuta ).

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