• La paga del sabato, il “voto utile”…e la ragazza di Bube?

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    di Giulia De Baudi


    L’induzione al del “voto utile” ormai è divenuta persecutoria. Come ribellarsi a questa logica razionale che, colpevolizzando coloro che si ribellano ad ogni vile compromesso che svilirebbe la propria realtà umana più profonda,  vorrebbe annullare ogni esigenza umana di rifiuto del disumano.

    “Vota Pd altrimenti vinceranno i fascisti che modificheranno la Costituzione”  mi dice un compagno… e il compagno è un uomo d’onore; “basta con queste utopie da Robin Hood irrealizzabili, pensiamo a fermare le destre”  mi dice un compagno… e il compagno è un uomo d’onore… sarà un uomo d’onore ma a me viene in mente una poesia di Montale  «Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/ l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco/ lo dichiari e risplenda come un croco/ perduto in mezzo a un polveroso prato./ (…) Non domandarci la formula che mondi possa aprirti/ sì qualche storta sillaba e secca come un ramo./ Codesto solo oggi possiamo dirti,/ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.»

    Ecco, io, noi, quantomeno sapendo ciò che non siamo e ciò che non vogliamo, riusciamo ad immaginare una società di donne e uomini felici. E anche se ancora una volta  la peste fascista «avrebbe svegliato i suoi topi per mandarli a morire in una città felice» portando la peste della cecità che non permette di distinguere il compagno dal camerata, non daremo il nostro voto a chi ha fatto cose di destra e dice di essere di sinistra. 

    Una società che, per paura dei fascisti, si accontenta del “padrone meno cattivo” che prima ti dà un calcio nel culo e poi la pacca paternalistica sulle spalle è una società in declino. Una società che ha perduto la speranza di trasformazione, del divenire del pensiero, della possibilità di realizzare le proprie utopie reali, che si è accontentata della paga del sabato data come elemosina dal padrone fascista è una società che vive costantemente con un cappio stretto alla gola e non può sopravvivere a lungo. Una società senza spina dorsale fatta da individui  molli che si adattano ad ogni superficie neoliberista e ecclesiastica dove la credenza della soprannaturale “mano invisibile”, che regola l’economia, e il dogma del sangue di San Gennaro vanno a braccetto è una società alla deriva.

    Una società in cui le persone non sognano, in cui i cittadini hanno perduto la capacità di immaginare, è una società di morti viventi.

    Io non voglio salire in questo vagone piombato del neoliberismo sempre più vorace che ti porta nelle sue fabbriche in cui sui cancelli campeggia la scritta IL LAVORO TI RENDERÀ LIBERO. Un neoliberismo sempre più vorace clonato dall’ideologia economica dei Chicago Boys di Pinochet istruiti prima nei collegi ecclesiastici e poi mandati a specializzarsi dal premio Nobel per l’economia Milton Friedman che insegnava loro che una economia florida è tale solo se il 40%  della popolazione vive sotto la soglia della povertà.  Un paradigma economico assurdo ormai fuori controllo… e nessuna “mano invisibile”, e nessun San Gennaro impedirà a questa società di andarsi a schiantare, con tutti gli “inconsapevoli” passeggeri, sul binario morto della crisi sistemica neoliberista prossima ventura.

    Lo avevano capito Beppe Fenoglio e Carlo Cassola come sarebbero andate le cose. I due scrittori erano entrati nel fitto della Resistenza e ne erano riemersi indenni dal punto di vita identitario, ovvero non ideologizzati, e quindi non accecati né dai «detrattori della Resistenza» né dai «sacerdoti d’una Resistenza agiografica ed edulcorata» che pretendevano la loro sudditanza.

    Beppe Fenoglio con il suo splendido romanzo La paga del Sabato descrive magistralmente il malessere della “normalità” vissuto dal protagonista. Ettore alla madre che lo incita a rientrare nei ranghi accettando un lavoro umiliante dato da un padrone ex fascista, urla rabbiosamente «Ricordatene sempre che io ho fatto la guerra, e la guerra mi ha cambiato, mi ha rotto l’abitudine a questa vita. Io lo capivo fin d’allora che non mi sarei poi ritrovato in questa vita qui (…) Mi facevano portare il calcestruzzo della betoniera là dove ce n’era bisogno, così tutto il giorno, tutto il giorno avanti e indietro col carrello». Gli facevano fare i “lavoretti” pagati due lire così da spezzargli non solo la schiena ma anche la spina dorsale identitaria. Vi ricorda qualcosa?

    Anche Bube, il protagonista del romanzo di Carlo Cassola, rifiuta ciò che sta succedendo attorno a lui. Bube nelle sezioni del partito sente parlare di insurrezione imminente, che è giusto ammazzare i fascisti, giusto vendicare i fratelli di strada assassinati, e lui quando vede cadere il proprio compagno ucciso da un carabiniere lo uccide a sua volta e accecato dal sangue uccide ancora. Deluso dai compagni di partito viene alla fine arrestato e condannato. Solo Mara, la fidanzata, non lo delude e aspetta che torni da lunghi anni di galera. Quando Bube uscirà si dovrà accontentare della “paga del sabato” ?.

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    Ora si chiede ancora ai Bube e agli Ettore di dare il voto utile, di accontentarsi della paga del sabato che il padrone dà come fosse un elemosina, perché il partito che prima parlava del sol dell’avvenire ora si è trasformato in un’azienda/partito, ovviamente neoliberista, che tiene buoni i lavoratori paventando un ordine sociale  fascio- ultraliberista a cui anche lui stesso aderisce…  ma in incognito senza mai rivelare la propria vera identità, senza farsi mai riconoscere.

    E “la ragazza di Bube”? La ragazza di Bube ha già rinunciato al matrimonio utile con uno di questi “bravi ragazzi” che votano utilmente… lei aspetta Bube ed Ettore che almeno sapevano ciò che non erano, ciò che non volevano… 

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    10 settembre 2022

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