• La Malattia invisibile – La dodicesima vittima

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    di Gian Carlo Zanon

    La parola omicidio viene dal latino homicidium ed è una parola composta da homo, uomo, e cidium, dal verbo caêdere che significa tagliare, abbattere ed, estensivamente, uccidere, immolare.

    La cronaca nera italiana ogni giorno dà notizia di efferati omicidi che turbano le coscienze dei cittadini preoccupati di veder sorgere improvvisamente accanto a loro la mano criminale di un assassino.

    Spesso l’omicida, a meno che non si tratti di un delitto da ascrivere alla criminalità comune o organizzata, viene descritto dai conoscenti come una persona per bene, con un comportamento civile e ineccepibile, vedi il caso degli assassini di Sara Scazzi.

    Con questa nuova rubrica ci vorremmo occupare ed analizzare con l’aiuto di criminologi e psichiatri, di questi omicidi ‘assurdi’ e naturalmente incomprensibili per una persona comune, senza seguire la cronaca, ma investigando nel presente e nel passato, le cause ed i fenomeni collaterali che fanno da corollario a questi crimini contro la persona. Si cercherà inoltre di inquadrali del punto storico cercando nella criminologia delle similitudini antecedenti.

    Molti scrittori famosi sono stati affascinati dagli episodi di cronaca nera. Ne citiamo solo due, Fedor Dostoïevski, e Albert Camus. Camus inizia la carriera giornalistica come redattore di cronaca nera e da un fatto di cronaca crea Lo Straniero. Anche Delitto e Castigo e La Mite di Dostoïevski affondano nelle cronache del tempo. In questi romanzi l’annientamento di un essere umano viene proposto al lettore nella sua disumana assurdità, in modo religioso dallo scrittore russo e da un punto di vista ateo dal premio Nobel francese.

    Da questi romanzi, che resistono al giudizio del tempo, emergono domande pregnanti, ed inevase, che chiedono i perché dell’omicidio – nel caso de La Mite una latente istigazione al suicidio – .

    Anche noi naturalmente ci chiediamo quali possono essere i moventi inconsci che spingono gli assassini e i loro complici ad efferati delitti che inquietano l’opinione pubblica.

     

    Sia gli assassinii come quello di Avetrana, dove la sedicenne Sarah Scazzi viene barbaramente uccisa in ambito familiare, che il massacro di Oslo da parte Anders Behring Brievik, sfuggono ad una logica razionale.

    Nonostante la cultura, inquinata dal freudismo e dal pensiero religioso sulla nascita perversa dell’essere umano, continui a ripetere compulsivamente che siamo tutti possibili assassini e che solo i precetti religiosi e la gabbia del super-io possono fermare la nostra mano omicida, qualsiasi persona di buon senso, in fondo sa che queste storielle del peccato originale e della stigmate giudaico/cristiano di Caino che uccide Abele, sono, come diceva Albert Einstein, «incarnazioni delle più infantili superstizioni».

     

    La cronaca racconta che individui definiti dai vicini di casa ‘normali’, ad un certo punto, ma solo dopo aver seguito per mesi una logica delirante, uccidono altri esseri umani come se niente fosse e senza provare orrore per ciò che stanno commettendo. Ricordiamo i due omicidi di Novi Ligure, con Erika che affonda per ben ottantotto volte il coltello nel corpo della madre e il massacro di Erba dove Olindo e consorte dopo gli omicidi vanno a farsi una pizza.

     

    Erika Di Nardo e Omar al momento dell’arresto

     

    Ebbene queste persone anche se a causa della ‘invisibilità della malattia’ e delle legislazioni contorte vengono definite “capaci di intendere e di volere”, perché al momento dell’omicidio non mostravano un comportamento alterato, in realtà nascondono psicopatologie gravissime.

    Questi esseri umani che hanno perduto la mente, sempre condannati a pene giudiziarie perché al momento dell’omicidio erano in grado di intendere e di volere, non possono essere pensati come persone sane di mente che ad un certo momento perdono il ben dell’intelletto. Una persona sana di mente non dà ottantotto coltellate alla madre e poi dice freddamente alle forze dell’ordine che sono stati due extracomunitari ad ucciderla. C’è qualcosa che non quadra, ma che cosa?

    E allora per capire si deve scendere nel cuore della tenebra di queste persone apparentemente ‘normali’ e capire profondamente che come fondamento di ogni omicidio volontario c’è sempre l’annullamento psicopatologico delle qualità umane della vittima. L’omicida di questi efferati delitti prima di uccidere fisicamente un essere umano lo deve avere già annientato dentro di sé annullandone le qualità che caratterizzano l’umano. La persona da uccidere è già morta dentro di sé, solo delirando prima in questo modo, poi, la si potrà poi ucciderla ‘senza problemi’.

    Prendiamo un caso esemplare: nel settembre del 2011 Valentino Di Nunzio, uccide la madre colpendola ripetutamente con due coltelli: il primo si era spezzato nel corpo della vittima.

    Le prime parole dette dal Di Nunzio ai militari dell’Arma, intervenuti nel luogo dell’omicidio, sono state: «Ero da mio cugino, dovevamo vedere un film. Poi ho pensato “vado”. E sono tornato a casa.(…) I miei genitori mi opprimevano, non mi facevano uscire. –  Poi la solita frase schizofrenica per dare un senso a ciò che non ne ha  – Volevo andare al bar con mio padre, non mi ci ha portato».

    In quei giorni su Face Book spunta un cortometraggio (vedi il video), di cui il Di Nunzio è autore, regista e attore, della durata di nove minuti circa. In questo video il matricida, nelle vesti di un aspirante killer, declama: «La pazzia è vera, vera come la morte che è l’unica cosa che non ti tradisce.(…) È pazzesco come le persone riescano a pensare che un assassino sia qualcosa di lontano da loro. Invece no, io c’ero sempre stato… (…) Volevo un pollo da sgozzare. (…) Cercavo sangue, volevo ascoltare il suono della morte. (…) Tutti sono buoni a fa nascere qualcuno, ma a uccidere no, per uccidere ci vuole coraggio. (…) Mi sentivo un dio castigatore, nel mio giardino c’è sempre carne fresca da macellare».

    Questo agghiacciante cortometraggio, dal titolo La dodicesima vittima, oggi appare come l’evidente annuncio di una tragedia la quale, proprio per il fatto che era stata segnalata con questo video, si poteva evitare. Il giovane assassino, spiegò ai Carabinieri il suo legale Isidoro Malandra, era in cura psichiatrica da alcuni anni. Il medico che lo ‘curava’ ascoltato dagli inquirenti confermò il grave stato di salute mentale del giovane. Eppure a prima vista, come vedete nel video, sembra una persona normalissima.

    Certamente è troppo facile parlare con il senno di poi, però, forse, se il medico psichiatra avesse ‘ascoltato’ meglio la sofferenza del giovane e se fosse stato a conoscenza del cortometraggio, avrebbe potuto avvertire i congiunti. Avrebbe anche potuto, utilizzando quei pochi strumenti legali che ancora posseggono gli psichiatri, obbligarlo ad un TSO, cioè un ricovero coatto di 15 giorni, durante il quale verificare la probabile pericolosità del paziente, visto che, come disse lo psichiatra che lo aveva in cura, versava in un “grave stato di salute mentale”.

     

    Anche il professor Francesco Bruno, criminologo di fama, intervenendo sulla vicenda, sostenne la tesi della tragedia annunciata: «Che gli schizofrenici usino Internet per diffondere i messaggi farneticanti dipende dal contesto in cui viviamo: al giorno d’oggi, l’onnipresenza di questi strumenti rende la comunicazione digitale quella più immediata, la più facile da usare». Le dinamiche di questo delitto non sorprendono il criminologo che vede, nei comportamenti dell’assassino, tutti i sintomi della patologia schizofrenica. Anche la volontà di rendere palese la propria intenzionalità ha chiari risvolti clinici : «Spesso questi soggetti – spiegò il criminologo – fanno i loro annunci ma non vengono ascoltati. (…) Nel migliore dei casi, questi soggetti si tolgono la vita per non nuocere agli altri; nei casi più efferati, invece, la rabbia si sfoga proprio sulla madre».

    Naturalmente la malattia mentale si aggrava quando è proprio la famiglia che tende a nascondere stati patologici di questo tipo, a minimizzarli, a renderli psicologicamente congrui, ed a etichettarli come un gioco. Infatti al cortometraggio parteciparono sia il padre che il cugino dell’omicida.

    Malesseri profondi, a volte vere e proprie malattie mentali come la schizofrenia del matricida di Pescara, che nessuno vede, diagnostica, cura, spesso si risolvono drammaticamente.

    Per capire bene lo stato delle cose della psichiatria in Italia si deve tornare a una trentina di anni fa quando, grazie al movimento demagogico dell’Anti-psichiatria e ad una legge generata da questa ideologia, che erroneamente continua ad essere chiamata ‘Legge Basaglia’, i matti cessarono di essere matti. Schizofrenici, psicotici cronici, depressi gravi, catatonici, come d’incanto finirono di essere tali e divennero ‘ribelli’ ad una società ingiusta e alienante, e quindi vittime discriminate. I malati di mente divennero profeti di una verità sociale, non accettata dai ‘normali’ e quindi ‘assolti’ dalla pazzia e naturalmente rilasciati dai manicomi. Manicomi che spesso erano dei lager per un sistema che vedeva politici e medici corrotti adoperarsi per il fallimento delle strutture pubbliche a favore di quelle private che sono, allora come ora, spesso dei lager.

     

    Come dicevamo, Camus, che negli anni ’30 era giornalista di cronaca, frequentava i tribunali penali. Forse è in quei luoghi di tragedia, dove ‘l’assurdo’ si manifesta assumendo corpo e immagine, che prende forma la sua ricerca sui motivi che possono spingere un essere umano ad uccidere un suo simile. Certamente egli comprese che in quei delitti, così efferati, c’era qualcosa di strano, qualcosa di invisibile che chiamerà ‘assurdo’.

     

    A mio parere l’assurdo di cui parla Camus ha la propria matrice nel nichilismo, nel ‘fare il nulla’, vale a dire agire la pulsione di annullamento, (scoperta dallo psichiatra Massimo Fagioli) che determina, in modo delirante, la ‘non esistenza’ dell’altro facendo perdere al malato il rapporto profondo con la realtà umana. La pulsione di annullamento, che è “essere per la sparizione dell’altro”, fa diventare gli esseri umani ‘assurdi’, cioè anaffettivi. Camus forse intuì, senza però giungere al pensiero verbale,  che per uccidere un essere umano bisogna prima averlo ‘ucciso psichicamente’ ma anche, simultaneamente, aver ‘ucciso’ l’umano dentro di sé, essere morti dentro, che significa scindersi in modo delirante – e quindi ‘assurdo’ – eliminando la propria essenza umana primigenia che è “essere in quanto rapporto con l’altro”.  – Per questo leggere attentamente l’episodio de Lo straniero nel quale il protagonista scarica la pistola addosso ad un ragazzo arabo perché “accecato dal sole”-

     

    Marcello Mastroianni nel film Lo straniero di Visconti

    La parola ‘assurdo’ ha la sua origine etimologica nel fonema absurdus, che significa dissonante, stonato, ma anche incongruo e, estensivamente, senza senso. ‘L’assurdo’, per Camus, è qualcosa che, invisibilmente presente, a volte diviene palese in alcuni esseri umani. L’uomo ‘assurdo’ non è più umano perché si è ammalato, quindi questa anaffettività è qualcosa di non originario nell’essere umano.

     

    È da questi assunti che si vorrebbe partire per investigare i fatti di cronaca nera che appaiono giornalmente sui giornali: cercare di comprendere i moventi ‘assurdi’ ed incongrui, per una società civile, che spingono degli esseri umani che hanno perduto la propria umanità a compiere stragi ed efferati omicidi.

     

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    20 maggio 2012

     

     

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      Se non altro è una “risposta ” che, toglie dalla solitudine, una intera generazione e quindi è una possibilità, anche di ricerca del perchè accadono tante cose (…apparentemente strane e… delusive!). in tutti i campi dello scibile …dalla politica all’arte e così …via!
      Mi viene di raccontare il sogno che ho fatto un momento prima di svegliarmi, suppongo: …entro nell’atrio di un cinema ed un …sorcio dal pelo grigio scuro …scappa via!

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