• Il bambino della sinistra e la Chiesa – Pensieri attorno al fenomeno della pederastia clericale

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    Chiesa, Sinistra e pedofilia

    Intervento del docente di filosofia Fulvio Iannaco in presentazione

    del nuovo libro di Federico Tulli: Chiesa e pedofilia, il caso italiano.

    Feltrinelli Appia 30 maggio 2014

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    di Fulvio Iannaco

    Jorge Maria Bergoglio qualche giorno fa, sul volo di ritorno dal suo viaggio in Medio Oriente, ha detto: «Un sacerdote che compie un abuso, tradisce il corpo del Signore. Il prete deve portare il bambino o la bambina alla santità. E questo si fida di lui. Invece lui lo abusa. È gravissimo». È «un tradimento nei confronti di Dio grave quanto le messe nere…».

    Il cronista che ce lo racconta non sembra minimamente percepire l’orrore di queste parole pronunciate con l’abituale sorriso ebete e furbastro dal complice notorio dei colonnelli fascisti argentini.

    Quel così detto atto di pedofilia che per la legge e per ciascuno è un crimine gravissimo di un orco contro il corpo, la mente, la vita stessa di un bambino, per lui, che infatti non pronuncia una sola parola sulla sofferenza della vittima, è offesa sacrilega al “corpo”… di un presunto “Signore”, che nessuno mai vede. Nella mentalità di questo personaggio la «santità» dalla quale l’orco con il suo crimine distoglierebbe la vittima sarebbe infatti – e qui lo citiamo – «Compiere la volontà del Padre, darsi interamente all’amore di Dio, rinnegare qualsiasi amore per le “creature”, e il mondo sensibile e intelligibile». Consegnarsi insomma a un dominio alieno.


    L’orco per Bergoglio, è dunque un ostacolo fastidioso ad un progetto strutturato di dominio dei corpi e delle menti degli uomini sul quale da secoli il pensiero religioso basa la propria sopravvivenza e i propri disgustosi privilegi.
    Ma noi siamo convinti che occorre anche denunciare con chiarezza una ambiguità nella quale rischiano di cadere anche i laici che pure criticano severamente le prassi vaticane.

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    Non portare quella critica alla radice ideologica di quei pensieri e comportamenti potrebbe infatti permettere di ipotizzare che potrebbe esistere un pensiero religioso diverso da quello. Che potrebbe darsi cioè la realtà storica di una prassi ecclesiale che, anziché «comprendere proteggere e perdonare» gli orchi, si facesse intransigente difensore delle leggi dello Stato. Semplicemente cioè li cercasse e li denunciasse ai carabinieri.
    Senza contrastare alla radice la struttura di pensiero che sta alla base di quel dominio ideologico, ciò è del tutto impossibile. Il pensiero che ammette e quindi poi perdona l’orco, come peccatore piuttosto che criminale e gravissimo psicopatico qual’è, è il pensiero religioso giudaico cristiano cattolico in quanto tale. La struttura più intima della tolleranza e complicità ecclesiastica degli orchi va rintracciata nelle caratteristiche ideologiche basiche e costitutive di esso.

     

    COPERTINA TULLI 2Per proseguire in una critica radicale ci serve dunque affrontare e tentare di comprendere la questione di che cos’è e su cosa si basa il pensiero religioso e, da esso, il – così detto – concetto di «Male».
    Il pensiero religioso infatti si basa su un due: sulla dicotomia Bene versus Male. L’impossibilità di proporsi e realizzare una conoscenza evoluta e valida della realtà psichica umana ha costituito – e qui cito – la sua «fede nella immodificabilità della realtà umana che sarebbe così come è ora fin dall’inizio di una creazione creduta opera di un non materiale non pensabile da parte della stessa opera creata, [esso] … può soltanto credere e non pensare… l’esistenza umana si accompagna alla credenza nell’esistenza di ciò che non è umano. [.] La ragione che non percepisce, non sente, non vede, non pensa le cose pensabili oltre la manifestazione percepibile… non si è separata dal pensiero religioso perché non ha scoperto l’origine di se stessa… il pensiero religioso ha sempre creduto nella scissione tra materia evidente e spirito delle manifestazioni non percepibili».
    Così ci diceva Massimo Fagioli nel suo intervento a Napoli l’8 novembre 1999.

    La ragione – non comprendendo, non sentendo, non vedendo, non pensando – “crea” un due, e “crea”, fuori di sé, un diverso da sé, trascendente e mostruosamente non umano.
    Quel buono e quel cattivo concreto di ogni giorno che ognuno conosce direttamente nel proprio mondo concreto – un uomo “buono” un uomo “cattivo”, un cibo “buono” un cibo “cattivo”-, quegli aggettivi che indicano in realtà qualità di cose e comportamenti, li pone – i filosofi direbbero anche li “sussume” – in uno scenario trascendente infinito, sostantivizzandoli, cioè rendendoli autonome “cose” come Bene e Male divenuti delirantemente autonomi “oggetti” metafisici.


    Con il mito della ribellione di Lucifero e della sua precipitazione, e poi con quello del peccato di Eva e la Caduta e Cacciata si evidenziava che il Male sta nella disobbedienza all’ordine posto nel Creato dal Creatore, in ciò che venne detto “concupiscenza”, che è non nella creazione ma proprio della natura umana dopo la Caduta.
    Feuerbach, eroicamente, provò a rifiutarla quella scissione, a dire che il creatore inconsapevole del trascendente è l’uomo stesso. Ma non aveva una scoperta scientifica, né la realtà umana personale che sarebbe stata necessaria per uno scontro del genere. E fu sconfitto e dimenticato.
    L’archetipo di quanto ci interessa, in un mondo non più mitologico ma storico nel quale gli uomini cominciavano ad avere qualche fiducia in più nelle proprie possibilità intellettuali, è certamente in Platone.
    Nella Repubblica infatti Platone fu il primo a parlarci delle aspirazioni dell’uomo come “concupiscenza”. Il cavallo nero che trascina verso il basso la biga alata dell’anima.

     

    Governo: Renzi alla messa con moglie e figlia

    Il modello si costituisce da allora: una naturale tendenza porterebbe l’uomo verso la realtà del mondo in cui vive, verso la realtà materiale, tale tendenza contrasta la spinta del cavallo bianco che porterebbe l’uomo verso la Verità. La spinta verso il basso, cedere ad essa, è la… “concupiscenza”, è il Male, tale per ignoranza delle Essenze Sublimi.
    Ci impedisce l’ascesa al Sommo Bene cui la Ragione ci guiderebbe.
    Il cristianesimo con Agostino trarrà proprio da qui il proprio modello. Per Agostino i rapporti sessuali erano stati originalmente – nel disegno creativo di Dio – soggetti alla ragione cioè alla procreazione, come per tutte le altre specie create. Fu solo dopo il Peccato Originale che l’atto sessuale implicò concupiscenza. Perdendo il proprio scopo divino di partecipazione all’opera della Creazione e alla volontà del Creatore, si ridusse a un appagamento futilmente transitorio (come più avanti dirà bene anche Schopenhauer), senza più alcuno scopo ordinato a una teleologia razionale. Come tale, Male e Peccato.


    Creati nella e dalla materia, dopo la Caduta, discendenti e identici ad Adamo, siamo dunque tutti come lui e per nostra natura peccatori concupiscenti. Con Agostino l’umanità è Massa damnationis, e tutti popoliamo la Civitas Diaboli. Solo la Ragione – l’Amor Dei intellectualis di Spinoza, o l’Itinerario Mentis in Deo di Bonaventura – può strapparci a quella schiavitù, illuminare la nostra mente a ciò che veramente è, il Sommo Bene che è Dio. A cercare quella Santità che diceva Bergoglio sull’aereo.


    Lo confermarono poi Cartesio, Spinoza Leibniz…
    E anche Kant… Da illuminista dirà di voler liberare l’uomo da uno “stato di minorità”, ma poi dirà anche che nell’uomo, un “legno storto”, vi è costitutivamente un “male radicale”, una corruzione della natura che lo spinge ad agire solo per soddisfare i propri impulsi sensibili del tutto simili a quelle degli animali. «Qualcosa che la gente comune si raffigura con i tratti del diavolo, qualcosa di ineliminabile, che l’uomo non ha certo la possibilità di cancellare con le sue sole forze. L’estirpazione di esso richiede l’intervento di Dio».

    La teologia cattolica ha sempre rivendicato a sé coerenza e coincidenza con una tradizione filosofica e un pensiero razionale di tal fatta. Non c’è contraddizione fra Ragione e Religione. Le due Erre che vogliono dominare ancora la nostra cultura.
    Ed è da qui che discende allora, “logicamente”, la loro “comprensione” e l’indulgenza per gli orchi: è perché siamo tutti peccatori. Il mostruoso è nella nostra natura – di tutti noi – in conseguenza della Caduta: Senza la Ragione e Grazia di Dio il mostruoso ci caratterizza e ineluttabilmente ci domina.

     

    Da qui deriva la teoria cattolica – raramente pronunciata, ma sempre orribilmente sottintesa – che la colpa e provocazione stia nella vittima: nel bambino che non ha ancora raggiunto l’età della Ragione. Tutto natura, pre-razionale (solo dopo arriverà la Confermazione della Cresima nell'”età del discernimento”) è proprio lui il colpevole seduttore e tentatore. Al quale l’orco non riuscirebbe a resistere, per una propria ahimé comprensibile, fragilità “troppo umana”.
    Così confermerà poi Freud: il bambino è “polimorfo perverso”.
    Così sosterranno poi anche Foucault e Cohn Bendit.

    La colpa dunque è ontologicamente nella natura stessa dell’uomo. E come tale la descriverà poi anche il cattolicissimo Heidegger: nell’uomo c’è il nulla abissale dell’esistenza inautentica cui unica fuoruscita sarebbe l'”eroe” nazista che sa “essere per la morte”.
    Essendo tutti – proprio tutti – ontologicamente peccatori, e per l’attività instancabile del Maligno – “realtà personale”, e non figura simbolica, come tutti i papi hanno tenuto a confermare – allora tutto è possibile che sia! Ci vuole quindi comprensione e Perdono. “Sono umano – aveva già detto già tanto tempo prima il personaggio di Terenzio nell’Heauton Timoroumenos – dunque nulla di umano mi può essere estraneo”.

     

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    E se l’immagine dell’umano viene così costituita in duemila anni di Logos, ecco che ne discende – “logicamente” – la necessità e missione – storica e metastorica – della Chiesa, del Papa, del Clero, di tutto quel mostruoso apparato complesso e pervasivo, in quanto esso solo è mediatore indispensabile – da qui “Pontifex” il “costruttore di ponti” – con un dio che ti ha condannato alla dannazione fin dai tempi di Adamo e di Eva: solo loro infatti possono somministrare il Perdono, trasmettere la Grazia. Salvarci, ma non in cambio di niente…
    Nemica irriducibile dell’irrazionale e soprattutto dei bambini e delle donne, quell’antropologia sa mascherare la propria crudeltà dietro ipocriti e melliflui atteggiamenti e su una gigantesca menzogna: l’uomo uguale ad Adamo è carne destinata alla putrefazione, peccato, concupiscenza. Per scampare all’Inferno può solo sottomettersi, come aveva detto San Cipriano: Extra Ecclesiam nulla salus. Non c’è alcuna salvezza per lui senza la Chiesa!


    Con un tale patrimonio ideologico alle spalle aspettarsi qualcosa di diverso da Jorge Maria Bergoglio e dai suoi reggicoda, beh! sarebbe proprio una grossa ingenuità!
    E come si può pensare che siano sottoposti come noi alle leggi dello Stato, fatte da semplici uomini come siamo noi. Che debbano anche loro come noi guadagnarsi il pane col sudore della fronte?

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    Ma la Sinistra?!?

    La Sinistra quasi tutta oggi è cieca davanti a tutto ciò – che pure ha tutti gli strumenti per conoscere – ed elegge addirittura papa Bergoglio a proprio modello e campione!
    La Sinistra da quando storicamente è esistita e fino a poco fa si era sempre basata su tutt’altra antropologia e su un modo di pensare opposto, e proprio per questo era sempre stata laica e anzi addirittura anche più spesso schiettamente e ferocemente anticlericale. Di attacchi alla sempre evidente mellifluità falsità e corruzione dei preti aveva sempre riempito le pagine satiriche dei propri giornali, il suo contrasto a tutte le ricorrenti alleanze antipopolari fra il trono e l’altare, alle ripugnanti complicità clerico-fasciste, era sempre stato estremamente deciso.
    Le brigate internazionali in Spagna sparavano sulle truppe dei legionari fascisti che, benedetti dai cappellani di Mussolini e Franco, avevano una croce ben in vista sulla loro divisa, i partigiani nella Resistenza giustiziavano senza alcuna esitazione i preti collaborazionisti.


    Nella visione della Sinistra non certamente dio, ma l’oppressione sociale, il dominio, la diseguaglianza, il concreto e storico sfruttamento di uomini e donne e bambini, gestito da uomini in carne ed ossa non meno concreti, aveva reso gli uomini miseri, tristi e infelici.
    E non certamente il peccato originale, ma la diseguaglianza e la disperazione li aveva resi “cattivi”.
    La Sinistra sosteneva che il cambiamento degli uomini è possibile. Con il cambiamento delle condizioni della loro esistenza.
    Per liberare gli uomini da un’oppressione storicamente determinatasi, occorreva organizzare una azione storica, difficile ma non impossibile, e attraverso questa azione, intelligente e pertinace, attraverso periodi di alterne fortune, passi avanti e sconfitte – ma sempre imparando dai propri stessi errori – anche l’attuale forma del dominio – come era sempre accaduto nella storia in precedenza – sarebbe alla fine stata superata. Il sole dell’avvenire avrebbe illuminato il mondo.

    Ma c’era stato un punto di gravissima debolezza in questa visione. Un grande uomo dell’Ottocento aveva perso la propria ricerca dei suoi diciannove anni, e con l’intenzione di rivolgere contro l’economia politica una critica radicale dalla quale essa – nelle sue intenzioni – non si sarebbe mai più potuta risollevare, aveva finito per idealizzare l’economia politica. Il male – aveva pensato e detto – si celava nella proprietà privata dei mezzi di produzione: quando fossero state poste le basi di una produzione sociale, per tutta la società delle donne e degli uomini, le diseguaglianze sarebbero magicamente scomparse, con esse anche le stesse classi sociali, e da lì sarebbe sorto l’Avvento dell’Uomo Nuovo. Un errore mortale.


    Magari in un’altro momento potremmo anche – forse utilmente – chiederci quanto, nel profondo della loro mente, quei teorici e leader della Sinistra davvero credessero che il programma d’azione che sostenevano avrebbe davvero portato a quell’Uomo Nuovo Socialista al quale, come Lenin nelle sue lettere a Rosa, dicevano di tendere, ma certamente vi credettero – certo ingenuamente – milioni di donne e di uomini che li ascoltavano.
    Ma quando alla fine degli anni Ottanta, i grandi sistemi sociali che avevano basato il proprio progetto su questa teoria, uno dopo l’altro cominciarono a crollare su se stessi, tutto… tutto quel che ancora restava, in pochi anni finì.

     

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    Come Amalia Signorelli ha detto qualche settimana fa al Teatro Eliseo, nell’occasione della presentazione di un altro libro – “Le gambe della sinistra” di Elisabetta Amalfitano – pubblicato da poco dalla stessa casa editrice – L’Asino d’oro – che edita questo nuovo libro di Federico Tulli che oggi qui presentiamo, tanta Sinistra non seppe “elaborare il lutto”.
    Non fecero come sanno fare e fanno gli scienziati galileiani del “provando e riprovando”, dopo aver preso atto della incompletezza e fallacia di quella teoria e degli errori commessi, non si sforzarono di capirne bene fino in fondo le cause e le caratteristiche per potersi così volgere a nuove ricerche. Arroganti, non si guardarono attorno, e così non furono capaci di riconoscere il fatto che una ben solida teoria dell’uguaglianza naturale per nascita degli esseri umani, che fin dai suoi inizi aveva denunciato pubblicamente quell’errore mortale, pregna di conseguenze sociali e politiche evidenti a chiunque voglia vederle, era già da tempo disponibile per tutti.
    Eppure essa continuava ad espandersi in sempre nuove ricerche ed approfondimenti coinvolgendo un numero sempre più grande di donne e di uomini nella nostra società.

    Come fanno coloro che non faranno mai scoperte e rivoluzioni, perché hanno sempre paura dell’ignoto e del diverso, preferirono portare il proprio senso di colpa e di fallimento ai piedi del già noto e conosciuto: la bimillenaria antropologia cristiana e del logos occidentale. Che condanna l’uomo alla schiavitù eterna. Gli oppressi da guidare all’emancipazione e alla realizzazione divennero così miserabili da assistere.
    E cominciarono a dire che papa Bergoglio era la nuova luce della Sinistra.


    Così facendo, inginocchiandosi a Pietro, forse pensarono di salvare ciascuno il proprio personale ruolo e le proprie posizioni di rendita, nelle organizzazioni culturali, nei giornali. Così facendo evitarono di mettersi in scontro con gli avvelenatori che già da tempo come avvoltoi svolazzavano sulle loro teste e dentro di esse, i Freud, gli Heidegger, i Lacan, i Foucault, i Basaglia, tutti a ripetere la favoletta della carenza originaria e irrimediabile dell’uomo.


    Così facendo – e a una certa età può essere forse persino comprensibile, ma non obbligatorio! – presero posizione a contrastare tutto ciò che si muoveva già da tanto tempo ormai e diceva di una origine dell’uomo non perversa, di una possibilità di trasformazione reale per gli esseri umani, in questa vita che per tutti noi è tutto quanto abbiamo.


    Però, duecentomila copie dell’Unità vendute con a tutta pagina un disegno di Massimo Fagioli, più di 53mila voti a Ilaria Bonaccorsi in queste ultime elezioni europee, accanto a un lavoro di ricerca di migliaia di persone che continua da quasi quarant’anni e cresce e continua e si approfondisce senza sosta e si diffonde in ambienti sociali e culturali sempre più ampli, rendono possibile prevedere che prima o poi li ritroveremo tutti quanti accartocciati nella pattumiera della storia.

    Pubblicato il 23 giugno 2014 su Babylonpost

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