• Gli intellettuali di sinistra, il Pci togliattiano … e i suoi derivati

      0 commenti

    Italo-

    di  Gian Carlo Zanon

     –

    I clangori della battaglia tra l’orda renziana e il drappello dei “professori” di sinistra si vanno lentamente spegnendo lasciando nell’aria lo stucchevole sapore del déjà vu.

    Marco Revelli l’8 aprile, in un pregevole editoriale pubblicato su Il Manifesto,  raccontava da par suo del «dissidio a sinistra che dura da 70anni» tra chi predilige l’azione e chi il pensiero, tra chi prefirisce il fare e chi invece preferisce riflettere. Dissidio che, scrive Revelli, va dal Gorgia platonico a Mussolini e dall’«intellettuale dei miei stivali di craxiana memoria al renzismo di oggi».

    Stranamente però nel suo excursus storico, e nonostante che il titolo dell’articolo parli di “70anni”, Revelli passa d’un balzo dal Mussolini che definiva Gobetti un «insulso intel­let­tuale»  al Craxi/ Ghino di Tacco dell’epiteto contro Galli della Loggia, saltando a piè pari quel Togliatti/Roderigo di Castiglia gran fustigatore di intellettuali che, non adeguandosi alle veline staliniane, venivano tacciati di “disfattismo” e messi all’indice.

    Come ha detto in un incontro Mauro Canali, autore del saggio Il tradimento , in un recente incontro (che potete vedere cliccando i link posti in calce a questo articolo) il Migliore era un “politico raffinato” e quindi, anche se lo pensava, non avrebbe mai detto, come fece Josef Goebbels, «Quando sento parlare di cultura metto mano alla pistola».  No, lui era “un politico raffinato”.

    Lui, il Migliore, o usava le armi della denigrazione e della menzogna o le armi le faceva usare agli altri, come quando nel 1937 fu mandato dall’apparato sovietico in Spagna per far fallire la ribellione dei Republicanos, perché altrimenti gli accordi segreti tra Hitler e Stalin, che culminarono con la spartizione della Polonia tra Urss e Germania, non avrebbero avuto seguito. Certamente non ci sono ancora – e sottolineo ancora – le prove certe – come d’altronde non ce ne sono ancora sulla morte di Gramsci – ma sta di fatto che in quel periodo Togliatti era un agente staliniano mandato in Spagna per risolvere il “problema” dei  trozkisti e degli anarchici. Problema che egli risolse brillantemente ordinando quell’eccidio che porta il nome di “semana sangrienta”. Tutto questo, anche se ha poco a che fare con il “problema” che il Migliore ebbe con intellettuali di razza come Vittorini e Calvino che non volevano suonare pifferi per il Pci, evidenzia il credo stalinista di Togliatti che vedeva il partito comunista come un enorme alveare dove l’individuo aveva la sua ragion d’essere solo in funzione dell’apparato.  Come d’altronde ha ricordato il Ministro Boschi al Presidente del Senato Grasso che aveva osato dissentire.

    Queste cose il George Orwell trozkista, scampato miracolosamente alla morte che gli avevano riservato i compagnucci del Partito comunista spagnolo, stalinista, le sapeva molto bene visto che nel 1949 pubblicherà il suo libro 1984 in cui le derive del sistema nazi-staliniano vengono immaginate in tutto il loro orrore.

     

    1984

    Non ci dobbiamo quindi meravigliare se i nipotini di Togliatti – i novelli gendarmi dell’apparato ora al governo nella banda Renzi – pensano ancora in termini di apparato e di ortodossia. Ci dovremmo invece meravigliare quando questi personaggi dell’apparato, adoratori dell’ortodossia di partito, che non amano né la dialettica politica, né l’identità degli intellettuali, né tantomeno l’onestà intellettuale, vengono pensati come gente di sinistra anziché essere percepiti nella loro vera essenza.

    17 aprile 2014

    Non perdetevi il dibattito su Togliatti presente nei due video: (prima parte qui) (seconda parte qui)

    Articoli Correlati

    Scrivi un commento