• Gli angeli della tortura e della morte. I cappellani cattolici argentini accusati di crimini contro l’umanità

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    di Gian Carlo Zanon

    Nonostante che i giornali italiani ignorino totalmente – sarebbe meglio dire annullino – o fingano di ignorare ciò che accadde e ciò che non accade nel paese natale di Francesco I, c’è chi continua il suo lavoro di denuncia dei crimini perpetrati in seno alla Chiesa cattolica.
    La redazione di Left (12 settembre 2015) a margine dell’articolo di Federico Tulli, A chi giova la morte del prete che “odiava “ i bambini, in cui il giornalista narra della “morte per cause naturali” del vescovo pedofilo Józef Wesołowski, inserisce un piccolo articolo, dello stesso autore, in cui si parla dei preti argentini che assistevano spiritualmente i torturatori di Stato e li aiutavano ad estorcere le confessioni ai “demoni rossi”.
    L’articolo di Tulli, Chi confessava i torturatori, parla del “caso dei 102” cappellani militari denunciati da Lucas Bilbao e da Ariel Lede alla Procura argentina dei Crimini contro l’umanità. (qui trovate l’elenco dei nomi dei cappellani denunciati)

    Lo storico Lucas Bilbao e il sociologo Ariel Lede , più di un anno fa sono venuti in possesso dei diari del provinciale Victorio Bonamín, nonché provicario militare responsabile di tutti i cappellani operanti durante ciò che finalmente viene chiamata con il proprio nome: “dittatura militare, civile e religiosa”. «I diari privati che il provicario militare Victorio Bonamín scrisse tra il 1975 e il 1976, – scrivono Lede e Bilbao – contengono orme dell’accostamento della Chiesa al terrorismo di Stato, della sua conoscenza dei campi di concentramento e della sua giustificazione della tortura».

    Diego Martínez, su Pagina 12 in un articolo dal titolo eloquente, Las sotanas del terrorismo de Estado, (Le sottane del terrorismo di Stato) scrive: «Mentre papa Francesco chiede perdono in nome della Chiesa Cattolica per i crimini contro i nativi durante la cosiddetta “conquista dell’América”, i cappellani militari che parteciparono al terrorismo di Stato sfruttano impuniti e in silenzio i loro ultimi anni di vita.

    A dieci anni dalla riapertura delle cause per delitti di lesa umanità, l’unico condannato è Christian von Wernich, ex cappellano della polizia di Ramón Camps, che non ha mai ricevuto nessuna sanzione canonica da parte della Chiesa. Nonostante che la Corte Suprema de Giustizia abbia confermato la sentenza all’ergastolo, egli ostenta la sua condizione di sacerdote nella prigione di Marcos Paz senza che a nessun vescovo gli si alzi un pelo.»

    Questa è la verità di quanto sta accadendo nella Chiesa cattolica, il resto sono baggianate agiografiche dei nostri informatori mediatici.

    14 settembre 2015

    Il 25 settembre uscirà il libro di Federico Tulli “Figli rubati, L’Italia, la Chiesa e la dittatura fascista in Argentina”

    Inserisco qui di seguito un articolo di Lucas Bilbao e Ariel Lede, apparso su Tiempo.infonews che ho tradotto forse troppo velocemente. Chi volesse leggere l’originale in castigliano lo può trovare qui.

    1 Bonamin

    Victorio Bonamín

    Argentina: a 39 anni dall’inizio della dittatura Militare, civile e religiosa

    por Ariel Lede e Lucas Bilbao

    La componente religiosa non fu un fattore meno importante della repressione militare, della politica o dell’economica. In caso contrario, senza l’apporto della Chiesa la dittatura militare non avrebbe raggiunto l’orrore e l’estensione temporale a cui giunse

    É controproducente, a 39 anni dall’inizio della dittatura militare più feroce della storia argentina, continuare a parlare contro la Chiesa cattolica salvaguardando il silenzio che ancora nasconde i suoi compromessi per i crimini di lesa l’umanità. Che essa dia informazioni, che apra i suoi archivi, che smetta di proteggere i preti denunciati o che faccia una reale autocritica, sono azioni che hanno poco senso per una Chiesa che non ha nessuna intenzione di fare ciò che in più di 30 anni di democrazia non ha mai fatto .

    L’insieme dei reclami debbono essere indirizzate alla Magistratura: è lo Stato attraverso le sue sentenze giudiziarie, che possiede maggiori capacità per costruire e legittimare un resoconto storico della responsabilità dei crimini, sostenendo il lungo lavoro educativo e chiarificatore dell’ Organismo per i Diritti umani. Finora, il processo di verità e giustizia ha iniziato negli anni ‘80, frenato negli anni ’90 e riaperto nel 2004, ha mantenuto la Chiesa impunita. Fino a dicembre 2014, i preti cattolici rappresentavano meno dell’1% delle 2624 persone imputate e dei 552 condannati per delitti di lesa umanità. Solo un cappellano della polizia è stato condannato, mentre uno dell’esercito è stato assolto, un altro è fuggito e due sono imputati. I rimanenti sono morti impuniti o sono prossimi ad esserlo.

    Partecipazione necessaria. La dittatura che occupò il potere tra il 1976 e il 1983 fu civile-militare e anche ecclesiastica. La sua componente religiosa non fu molto meno fondamentale rispetto alla repressione militare, politica o economica. La profondità e l’estensione temporale a cui giunse la dittatura e la violenza impiegata, non sarebbe stata raggiunta senza la legittimazione religiosa al governo militare, e questo ha avuto un grande impatto sull’immaginario politico e sociale.

    Il giorno che seguì il rovesciamento del governo costituzionale, l’Episcopato, attraverso il suo presidente Adolfo Tortolo, segnalò che la Chiesa “coopererà positivamente alla restaurazione dell’autentico spirito nazionale” (quotidiano La Nacion, 25/3/1976). Però questa legittimazione non rimase solo su un livello di discorso pubblico dei vescovi. Uno strumento chiave fu il lavoro che realizzarono i cappellani militari, rinforzando la coscienza dei genocidi.

    Il termine “complicità” già da tempo non ha più senso per spiegare la condotta della Chiesa. A livello istituzionale, la sua responsabilità per la nascita, per il sostentamento e per la riproduzione del terrorismo di Stato fu una “necessaria partecipazione”: quella collaborazione fu “essenziale” per poter commettere il delitto o, più precisamente, senza la quale nessun crimine avrebbe potuto essere eseguito nel modo in cui fu commesso. Non si tratta di un “coautore”, che realizzò un contributo di poco inferiore, ma di un collaboratore necessario per l’obiettivo finale degli autori.

    La Chiesa, attraverso il suo Vicariato militare, si trasformò in un un ingranaggio della macchina repressiva. La dimensione religiosa fu presente presente con differenti intensità: convincendo della pericolosità ideologica e materiale del “nemico sovversivo”, intensificando le idee di “crisi morale” e “guerra giusta”, eccitando le forze armate a prendere il potere, accompagnando le loro azioni repressive, avallando teologicamente i metodi illegali e sollecitando i detenuti alla delazione e al tradimento. E in un tempo storico di più lungo termine, questa dimensione si osservò nell’addestramento militare che, dagli anni ‘60, fondeva il nazional-cattolicesimo e la Dottrina della Sicurezza Nazionale.

    Potere spirituale. È la magistratura l’unica istituzione qualificato per identificare e provare la “necessaria partecipazione” dei cappellani in questi crimini. Perché sostenere questa pregiudiziale come ipotesi di lavoro iniziale? Perché in ogni unità militare, i cappellani occupavano una posizione “paritaria” e di influenza influenza per i capi militari e il resto dei soldati. esercitarono una forma di potere spirituale che, a causa di tale natura, ebbe sulla condotta dei militari un risultato altrettanto efficace o più efficace che la stessa disciplina militare.

    Partendo da lì il repressore Juan Bautista Sasiaiñ gloricherà i risultati dei “campeggio militare religiosa”, perché, secondo la sua visione “in tre giorni conseguivano i risultati degli ufficiali di un anno” (diario personale di Bonamín, 1975/04/06). Contando su quel clima Videla dichiarò che per dare il via alle azioni dei militari contò sulla partecipazione dei cappellani nel quadro di un “rapporto di amicizia e di collaborazione” (rivista Cambio 16, 12/02/2012). In questo modello di condotta, avvicinandosi nell’ESMA (luogo di detenzione e tortura) i “tempi delle spade” (la soluzione finale), il Vicariato riuscì a effettuare, ad esempio, la richiesta in cui si chiedeva che un cappellano fosse sempre presente durante la notte. Dei tre capellani che aveva al momento, Alberto Zanchetta accettò di andare “tre volte alla settimana” (diario personale di Bonamín 1975/06/18).

    I cappellani si convertirono in collaboratori necessari che alleviavano la coscienza dei genocidi, ossessionati dai problemi che causava l’applicazione della tortura e dei metodi repressivi illegali. Le preoccupazioni del vescovo Bonamín – capo dei cappellani – rispetto alla tortura si concentrarono su come dissipare i problemi di coscienza che nei militare lasciava la “guerra giusta” e su come definire “regole chiare” per far in modo che i cappellani potessero trasmetterle nei loro luoghi di azione. A tal fine servirono le conferenze che pronunciò.
    In una di queste conferenze, dopo il suo discorso nel Collegio Militare Una volta, militare, registrò nel suo diario che gli si avvicinarono molti cadetti del 4° anno per “porgli delle domande, sull’etica della guerriglia (trattamento dei prigionieri … torture per ‘far cantare’)”. E nella scuola Lemos di Campo de Mayo “, su richiesta del direttore,” parlò agli ufficiali sulla “visione teologica e l’atteggiamento dell’esercito”, dopo che alcuni di loro “attaccarono alcuni guerriglieri, uccidendone due.” Con la stessa convinzione parlò dal pulpito “sulla tortura” ai sacerdoti che rivestivano ruoli nell’Operativo Indipendencia a Tucuman (diario personale di Bonamín04/06, 15/10/1975 e 22/04/1976).

    Come i capi. Cinque cappellani sono stati estradati in qualità di testimoni. In questi casi sono state richieste solo le informazioni che potevano ricordare a proposito delle vittime o eventi in esame. È ciò che è successo, per esempio, al segretario del Vicariato Emilio Grasselli dal processo alla giunta militare fino ad oggi. Egli seppe quello che stava accadendo in ambiente militare e fu un fondamentale anello di congiunzione con la Marina e redasse più di 2.500 schede tecniche di desaparecidos; tuttavia, la magistratura non gli ha fatto domande su altri. Questo è tutto ciò che si può fare?

    Altri sette sacerdoti divennero imputati, questo accadde grazie al fatto che essi furono segnalati da testimoni sopravvissuti che denunciarono la loro presenza nei centri di detenzione clandestini o in sessioni di interrogatorio e tortura. Però esiste vi è un insieme più ampio senza denunce, la cui presenza nei centri di tortura clandestini può essere dimostrata dai documenti, e su questo che si deve regolare la lente giudiziaria.

    Molti soldati sono stati accusati o condannati oltre come come autori materiali dei delitti, per delitti commessi dai loro subordinati nella zona o unità militare di cui furono responsabili, cioè, sotto la copertura della “autorità mediata”. Alle stesso modo (alieno da definizioni in materia giuridica) ci chiediamo se questo potesse essere applicato anche nel caso dei cappellani. Si può stabilire che questi avevano una “responsabilità” – anche se diversa – su ciò che accadeva nell’ambito della loro giurisdizione. In primo luogo perché, come abbiamo detto in precedenza, ha occupato una posizione di parità e di influenza.

    In secondo luogo, perché non furono semplici sacerdoti che visitavano i luoghi sporadicamente o casualmente, ma si trattò di funzionari di stato e nominati e pagati soprattutto per assistere “spiritualmente” un determinato gruppo di militari. Questo è un punto fondamentale. Il Vicariato ei suoi membri hanno una doppia pertinenza: la Chiesa e lo Stato. Si tratta di una istituzione ecclesiastica incorporata nella struttura dello Stato: la designazione del vicario nasce da un accordo tra il papa e il presidente, e le nomine di cappellani devono essere approvate dal Ministero della Difesa. È stato così fin dalla sua creazione nel 1957 fino ad oggi.

    Il dispiegamento dei suoi 400 cappellani nel periodo 1975-1983 fu sistematico e strategico: 1) i comandanti di ogni Forza mantennero un contatto fluido con i tre cappellani maggiori; 2) i generali che comandarono le cinque zone militari in cui venne diviso il piano di sterminio furono assistiti ciascuno da due cappellani; 3) l’80% dei responsabili delle aree, che ebbero a loro carico la repressione diretta, poterono contare sul sostegno dei religiosi. Infine, circa 100 sacerdoti esercitarono il loro lavoro pastorale dove funzionarono centri clandestini. Almeno dieci di loro sono ancora in vita, con un’età media di 70 anni. È evidente che possono conservare rilevanti informazioni relative a vittime, carnefici, fatti o bambini rapiti. É quindi indispensabile che vengano citati come testimoni o che vengano indagati. Essendo stata provata la loro presenza nei centri clandestini, la Magistratura ha uno strumento per saldare almeno in parte questo debito con la Memoria, la Verità e la Giustizia, prima che la morte termini di gemellarli all’impunità.

    Traduzione di Gian Carlo Zanon

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    • ciao giancarlo. sappiamo di troppe, forse non di tutte, ma sicuramente di tante atrocità ,comesse dal potere politico, militare religioso ed economico ,in terra argentina.
      ma non sappiamo , o sicuramente ci illudiamo di non sapere, per quieto vivere,o peggio per lo sdegno che ci soffoca solo all’idea che ciò sia potuto accadere, con la complicità di un’intera nazione.
      e nascondiamo a noi stessi come se ciò fosse possibile in modo quasi infantile ,il fatto piu inquietante; l’indiferrenza del popolo a tanta barbarie.
      ce lo chiediamo spesso, …….. ma far finta di non capire, di non vedere, in fondo è piu discreto e ci risparmia dolorose………”emozioni”. ma la verità sta là, è scritta a lettere cubitali nelle pagine piu nere della storia dell’umanità.
      testardo e paranoico come sono continuo lo stesso a chiedere e a chiedermi; dove cazzo stava il popolo?! il popolo argentino!
      e che cazzo stava facendo di cosi urgente?? mentre nelle loro case, nei loro cortili,nelle loro strade,nei loro quartieri,nelle loro fabriche nelle loro scuole ,e perfino nei cieli e nel mare della loro patria ,decine,centinaia, migliaia di macellai facevano a pezzi i loro figli……………..

      • Già dove cazzo stava il popolo? Penso, l’ho anche scritto più volte, che la risposta sta nell’anaffettività e nella pulsione di annullamento che la determina. Il 28 di febbraio presentiamo quel progetto di cui ti avevo parlato alle Carozzerie Not (Roma –Testaccio). Il titolo del progetto è “I passeggeri”. I passeggeri sono coloro che abbiamo nella mente. In questo caso sono i desaparecidos che abitano la mia mente da quando, estate ’80, venni a sapere della loro esistenza. Essi esistono perché sono i passeggeri che io, tu, e migliaia di altre persone portano con sé. Non appena siamo venuti a conoscenza della loro assenza li abbiamo salvati dall’oblio e camminano insieme a noi e come “il compagnio segreto” di Conrad ci indicano la strada per realizzare la nostra identità umana . Sono parte di noi perché non li abbiamo annullati. La moltitudine lo ha fatto!
        Parlando di questo lavoro con una persona scampata per un soffio alla sparizione, mi ha detto che quando torna in Argentina e parla con qualcuno dei desaparecidos questi lo guardano attoniti come si guarda una persona che ha detto una stranezza. L’annullamento continua e continuerà sempre finché non verrà indicata culturalmente la causa che ha portato agli orrori di questo e di altri genocidi. La causa è la pulsione di annullamento che elimina l’umano dall’essere umano. Poi sfruttarlo, torturarlo, umiliarlo, stuprarlo, ucciderlo è solo una conseguenza logica. Pulsione d’annullamento che da linfa all’alienazione religiosa che prende forma nelle religioni monoteiste che sono le prime responsabile di questi orrori: «In Argentina lo ripeto – rispose Videla che gli chiedeva cosa stava accadendo in Argentina – non abbiamo niente da occultare e niente di che vergognarci, perché giustamente questo accadde in difesa dei diritti umani del popolo argentino gravemente minacciato per una aggressione nella quale il terrorismo sovversivo pretendeva cambiare il nostro sistema di vita, un sistema di vita inspirato giustamente in una visione cristiana del mondo … » E i terroristi islamici non fanno quel che fanno per ripristinare lo Stato Islamico?

        Videla nel suo primo intervento pubblico parlò di annichilimento, e in questa parla c’è tutto il suo programma dettatogli dalla Chiesa cattolica e da capitale americano.
        La verità sugli accadimenti e già tutta scritta nelle sentenze dei tribunali. Ma la maggior parte delle persone, “il popolo”, preferisce ammirare supinamente il papa alla televisione … ed è infinitamente più comodo prendersela con il cosiddetto clandestino che con chi li sfrutta ogni giorno.
        Questo è, storicamente, il popolo Antonio, ma non per questo dobbiamo farcene una ragione , io da almeno quarant’anni sto sulla barricata e lavoro per ampliare almeno di un millimetro i confini dell’umano e vedo che anche tu … ma non è un lavoro è qualcosa che i miei “compagni segreti” mi costringono a fare …

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