• Federico Caffè e l’ombra di Padre Sergij

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    di Gian Carlo Zanon

    «La sera si fa lunga senza coloro che amiamo»

     

    Federico Caffé

    La vita intima degli esseri umani è un enigma. Spesso sappiamo di loro solo attraverso le loro azioni. In parte anche da ciò che dicono e scrivono … se non c’è scissione tra il loro pensiero verbale e le loro azioni. Bruno Amoroso in questo singolare libro sull’amico, e mentore, Federico Caffè, per giungere al nucleo della sua essenza umana, sfiora delicatamente i pensieri dell’economista sparito un giorno di primavera dell’87.

    I depressi sanno quanto sono insidiose le primavere. E leggendo questo libro si sente aleggiare una sorta di mal de vivre  esistenziale che copre come un leggero manto l’uomo Caffè. «Dopo quell’incontro (con Giorgio Ruffolo N.d.R.) capii che nella mia vita si erano ormai prodotte rigidezze che ponevano limiti invalicabili alla comprensione e all’esperienza».

    Attraverso questa frase, che sapientemente Amoroso pone alla fine del suo libro, Federico Caffè dice, malinconicamente, di qualcosa che ha perduto; e questo pensiero, che incontra nel proprio Io, descrive molto bene la depressione di un uomo che si rende conto di un “limite invalicabile” costruito inconsciamente negli anni per imbrigliare l’infinito divenire dell’Io. E questo fatale incontro con se stesso può essere annullato, e poi dimenticato da un’infinità di persone, ma non da Federico Caffè.

    Il filosofo Pietro Barcellona nella sua prefazione al libro accenna all’amore che Caffè aveva per la letteratura russa. Senza dubbio l’economista conosceva tutta l’opera di Tolstòj; certamente conosceva il personaggio che lo scrittore russo descrive in  Padre Sergij: un aristocratico che per tutta la vita combatte contro il suo smisurato orgoglio – ma forse contro la propria irrequieta e vitale identità umana – il quale finisce in Siberia servo tra servi. La sua lotta contro l’essere è tragica e lo spinge continuamente alla sparizione e – rinunciando al proprio nome – all’annullamento della propria nascita. Anche Caffè lascia i documenti che attestano il suo nome sul comodino prima di scomparire.

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    Questa è naturalmente una interpretazione di chi scrive, suffragata da innumerevoli tracce sparse nel testo di Amoroso.

    Il libro però non è stato scritto per svelare il “segreto di Federico Caffè sparito nel nulla”. L’autore vuole raccontare la realtà umana e professionale di Caffè attraverso le sue lezioni, attraverso il suo pensiero taciuto ai più, attraverso il suo girovagare per le periferie romane quasi fosse L’uomo della folla del racconto di E.A.Poe.

    Il testo si snoda tra i cieli della Danimarca e le periferie romane; tra le lezioni che Caffè teneva nelle Università danesi  e le passeggiate spesso silenziose che Amoroso e Caffè facevano insieme; tra le lettere che Caffè scrisse all’amico confinato nel Nord del mondo e i loro ‘riti domestici’ che scaldano il cuore. Si perché quello che emerge da questo libro è soprattutto l’affetto che dava vita ad un rapporto molto profondo legando a doppi fili i due uomini che avevano scelto di vivere l’economia con passione pagandone il prezzo.

    Scrive Barcellona nella prefazione : «In Federico Caffè  (Amoroso N.d.R.) fa rivivere l’intimità intellettuale e affettiva che lo legava al maestro e mostra gli aspetti più personali che lo rendono un intellettuale anomalo rispetto al tempo in cui è vissuto».

    Amoroso e Caffè parlavano una loro “lingua segreta”, molto spesso silente, e cercavano ogni giorno di riunificare nel pensiero economico  “sentimenti e conoscenze” per dare al mestiere dell’economista un senso che solo l’investimento del proprio essere per l’altro da sé può dare.

    La lotta di Caffè contro le teorie economiche neoliberiste del laisserfaire  e contro le baronie universitarie è entrata nella leggenda. Lui, insieme a quello degli altri “innominabili” del mondo accademico (Augusto Graziani e Paolo Sylos Labini) negli anni settanta fu tenuto al margine; i suoi articoli in Italia uscivano quasi esclusivamente su Il manifesto e  i suoi libri venivano pubblicati solo da piccole case editrici.

    Per un ecomomista aristocratico come Caffè tutto ciò era una ferita che continuamente veniva riaperta. E per l’uomo Caffè un’economia che non tenesse conto dell’essere umano in quanto tale era intollerabile. Per lui , come ha scritto Amoroso, «L’essere umani è un imperativo che deve precedere, sempre, qualunque altro».

    12 gennaio 2012

    Scheda

    Autore Bruno Amoroso

    Titolo: Federico Caffè – Le riflessioni della stanza rossa.

    Editore: Castelvecchi

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