• “Dio è morto … liberi tutti” – Il Bene e il Male e altre categorie teologiche rottamate insieme alla divinità occidentale

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    di Gian Carlo Zanon

    «La libertà è il dovere di essere esseri umani» Massimo Fagioli

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    Qualche giorno fa (23 ottobre 2016) sul Corriere “La Lettura”, Mauro Bonazzi ha, bontà sua, riproposto il pippone filosofico inaugurato da Nietzsche: “Dio è morto … liberi tutti”.

    Il lungo titolo dell’articolo, che contiene la frase «La morte di Dio libera l’uomo o lo priva di ogni senso etico?», se preso alla lettera, darebbe per assolutamente certe, da parte del Bonazzi, la nascita della divinità della tradizione occidentale, la sua prematura morte, e la rottamazione dell’impalcatura teologica incardinata tra il Bene il Male maiuscolizzati.

    In realtà il dio del Bonazzi, anche se inficiato da promiscuità con la fede, è per lui, così mi sembra di aver capito, solo un concetto filosofico come lo sono “libertà” ed “etica”.

    Affermare però che l’assenza di questo “dio” implichi la mancanza di eticità, presuppone una visione della realtà umana assolutamente negativa.

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    Il Bonazzi non propone nulla di nuovo. Sono le solite elucubrazioni teo-filosofiche secondo le quali l’uomo sarebbe un “legno storto” (Kant), marchiato sin dal concepimento dal “peccato originale” (dottrina cristiana),  un essere mostruoso e bramoso (Agostino da Ippona) i cui embrioni peccaminosi sono in potenza il “puer scalfarianus”: «(…) l’innocenza dei bambini, il loro candore, la loro innata bontà (….) È un falso luogo comune. (…) Ma la bontà dei bambini non esiste. La predominante necessità d’ogni bambino è quella di conquistare il suo territorio, attirare su di sé l´attenzione di tutti, vincere tutte le gare, appropriarsi di tutto ciò che desidera. Togliendolo agli altri. Vincendo sugli altri. Sottomettendo gli altri.
    Questo è l’istinto primordiale, innato, esclusivo. E spetta a chi li educa insegnare a contenere l’istinto primordiale, a rispettare gli altri, la roba degli altri e addirittura a condividere la propria con gli altri.
    Questa disponibilità non è affatto innata ma indotta. Dalla cultura, dall’insegnamento degli adulti.»
    … degli adulti come Eugenio Scalfari che il 23 ottobre 2005 questo scriveva su Repubblica legando l’essenza dell’essere umano all’istinto animale.

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    Secondo il paradigma occidentale, di cui Scalfari è un portabandiera,religione cristiana e ragione illuministica salvano il genere umano dall’animalità costitutiva. Secondo questa ideologia l’essere umano non può essere libero né dalla religione né dalla ragione  perché queste sono le camicie di forza che lo costringono, in modo innaturale, a una socialità non cannibalesca, civile. Secondo questo delirio ideologico se non ci fossero religione e ragione gli esseri umani si divorerebbero l’uno con l’altro: homo homini lupus.

    Un paradigma che ovviamente offre la possibilità di una valvola di decompressione: la possibilità di realizzare la vera “autenticità dell’essere”, auspicata dal nazista Heidegger, che è la naturale sottomissione dell’altro da sé, utilizzando ciò che Max Weber chiamava “dualismo etico”. Mi spiego meglio: mentre il rapporto tra coloro che percepiscono se stessi come uguali viene regolato dalle leggi della ragione illuministica, l’opposto avviene al di fuori di esso dove si impongono la legge della forza e dell’arbitrio. È chiaro che il rispetto tribale dovuto a un modello prescelto, che potrebbe essere legato ad una lingua e a una cultura specifica ma anche unicamente al genere maschile, non è dovuto a chi non rientra nelle categorie che il modello esige. Basta vedere cosa è accaduto l’altro ieri a Goro e le continue violenze che subiscono le donne.

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    A questo punto ci si sarebbe da chiedersi: ma i freni etici, impostici dal dio cristiano e dalla ragione occidentale, come mai non hanno mai funzionato? E chiedendoci questo scopriremmo che è proprio la ragione utilitaristica e la religione occidentale a dare l’alibi ai violenti che dominano i più deboli e i non violenti proponendo come vera una realtà umana devastata dalla bramosia, dall’istinto animale e dal peccato. Ciò che i grandi maître à penser propongono alla cultura egemone è una realtà umana istintuale, animalesca e colpevole che va ammaestrata, purificata dal peccato e immobilizzata dalla camicia di forza interiorizzata e dalle cinghie della ragione e della religione. Siamo alla follia … ciò che i grandi maître à penser propongono alla cultura egemone è un delirio, una percezione delirante che distorce la realtà umana.

    Ma la distorsione non è casuale: in questo modo si deresponsabilizza l’essere umano togliendogli la libertà di essere se stesso perché quel “se stesso istintuale” è “pericoloso per gli altri”. E il cerchio del sistema teo-filosofico si chiude  offrendo ai tiranni di turno l’alibi per dominare le folle: il fine è un cittadino ammaestrato, un suddito ripettoso delle regole, al quale viene tolta la partecipazione politica perché la democrazia partecipata è pericolosa e ingovernabile. Non è un caso se Eugenio Scalfari è per quel sì allo smenbramento della Carta costituzionale che annullerebbe la partecipazione politica del cittadino trasformandolo così in semplice spettatore.

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    In realtà la libertà non può essere mai separata dalla responsabilità. Si è liberi solo quando si è responsabili del proprio essere. Il malato di mente e il religioso fondamentalista non è interamente responsabile delle proprie azioni e quindi quando la loro alienazione diviene un pericolo per se stessi o per gli altri  essi vanno privati della libertà e curati … non legati a letti di contenzione, rinchiusi a Guantanamo o uccisi come cani, no, vanno curati. Ma prima bisogna assumere come certezza il nesso tra fondamentalismo religioso o ideologico e la malattia mentale.

    L’essere etico, colui che sa dell’esistenza dell’umano già pochi istanti dopo la nascita, (1) perché sa distinguere la realtà umana dalla natura non umana, sarà poi colei/colui che assumerà la responsabilità del proprio essere verso l’altro da sé uguale e diverso, e ciò lo renderà libero.

    Chi perderà questa certezza neonatale non sarà libero finché non ritroverà quel sé stesso avuto e poi perduto.

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    «Ho sempre avvertito la  perdita di qualcosa –/ la primissima sensazione che ricordo/ è una privazione  – di cosa non sapevo -//(…) oggi (…) mi scopro ancora a cercare piano/ i miei palazzi trafugati -»

     Emily Dickinson

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    27 ottobre 2017

     

    (1) Il riferimento è alla Teoria della nascita dello psichiatra Massimo Fagioli

    Vedi anche:

    http://guzman-tierno.blogspot.it/2015/04/teoria-della-nascita.html

    https://simonamaggiorelli.com/tag/teoria-della-nascita/

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    Teoria della nascita – La Teoria della nascita è stata scoperta ed elaborata dallo psichiatra Massimo Fagioli. Nel 1971 lo psichiatra pubblicò “Istinto di morte e conoscenza”, un libro fondamentale che descrive la scoperta e il momento in cui la realtà biologica del feto si trasforma in realtà umana. Quando la luce colpisce la retina avviene l’inizio della vita psichica del corpo del neonato poiché è proprio lo stimolo luminoso ad attivare la sostanza cerebrale e, allo stesso tempo, la memoria fantasia della sensazione avuta dal feto al contatto della pelle con il liquido amniotico, quindi il pensiero per immagini dell’esistenza dell’altro essere umano uguale a se stesso.

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