• Diario di bordo: le lacrime dello zar Nicola II e la parabola su Einstein e l’esistenza di dio

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    di Giulia De Baudi

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    È bello avere del tempo libero da dedicare alle proprie esigenze esistenziali. Più l’esigenza di realizzare se stessi diviene una priorità assoluta, – ovviamente non nel senso dell’“autenticità dell’essere” di nazi-heideggeriana, memoria –  più i bisogni si riducono alla mera sopravvivenza fisica.

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    A questo proposito leggevo proprio  ieri di Santôka un poeta giapponese (1882-1940) che dedicò la sua esistenza alla poesia haiku viaggiando a piedi e vivendo solo di elemosina e sakè. La sua esigenza? Scrivere condensando il suo vissuto esistenziale in poesie di tre strofe.

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    Spunta dalla radio

    una canzone di quando

    stavo diventando grande

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    Ai teorici della decrescita piacerebbe molto Santôka, agli “atei come me” sicuramente

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    In profondità io vado

    in profondità io vado

    montagne verdi

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    A proposito di ateismo, ieri ho risposto ad un “my Face.book friend” che aveva postato una favoletta moral-religiosa in cui un personaggio, che incarnava Albert Einstein liceale, dimostrava l’esistenza di Dio al suo professore rappresentato come un “bieco positivista”.

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    «Il male non esiste signore, – diceva durante una lezione questo improbabile giovane Albert al professore – o perlomeno non esiste di per sé; il male è semplicemente l’assenza di Dio. Come per il freddo o il buio, è una parola che l’uomo ha inventato per descrivere l’assenza di Dio. Dio non ha creato il male. Il male è il risultato di ciò che avviene quando l’uomo non ha l’amore di Dio nella sua vita. È come il freddo che si sente quando manca il calore, o il buio che si percepisce quando non c’è luce».

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    Un perfetto sillogismo aristotelico a uso e consumo dei credenti i quali, credendo anche questa favola verità storica, trovano un sostegno al loro precario equilibrio mentale che si regge su credenze magico-religiose. Ma le strade dell’alienazione religiose sono infinite e portano sempre alla tragedia.

    Basterebbe  un minimo rapporto con la realtà per chiudere definitivamente con il monoteismo facendo così finire tragedie immani come il terrorismo islamico o l’ascesa di Trump che è stato votato soprattutto dalla parte più cristianamente intransigente americana.

    Infatti un sano rapporto con la realtà, che prevede un minimo di pensiero critico, avrebbe portato questa mio Face book friend a pensare non alla verità della favoletta ma all’impossibilità di registrare un colloquio del genere. Ma non gliene faccio una colpa, il suo credo è “culturalmente congruo”: milioni di persone credono che le parabole di Gesù siano storia vera.

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    Le favole però, se ben interpretate, possono dire qualcosa di vero: infatti, come dice il personaggio che incarna Einstein nella favoletta religiosa, il male non esiste, esiste la malattia mentale. Un individuo è crudele, sadico, cattivo, perché è malato. La malattia ha la sua eziopatogenesi nel rapporto interumano deludente. Di conseguenza la malattia mentale si può curare solo attraverso un rapporto interumano non deludente che restituisca la realtà psichica neonatale perduta , ovvero la speranza-certezza dell’esistenza di un altro essere umano uguale-diverso da sé. (*)

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    Non colpevolizzo il mio face book friend perché questa credenza si è cronicizzata nella nostra cultura. Tanto cronicizzata da essere presente nella mente di tutti coloro che scelgono di rinunciare all’amore per l’umanità a favore di un’inesistenza che mette al riparo menti fragili dall’ennesima delusione che potrebbe portarli anche a palesare il loro malessere esistenziale, ma anche, nei casi più gravi, a rendere evidente loro malattia.

    Così stanno tranquilli, sedati, compensati come se avessero preso un tranquillante. Quel dio creato a loro immagine e somiglianza non delude … mai visto nessuno deludere se stesso.  Il loro dio non li delude e come potrebbe, egli fa “ciò che è giusto”; e “ciò che è giusto” lo decide chi immagina quel dio facendolo muovere ed agire e parlare nel suo teatrino privato come una marionetta. Una marionetta che in realtà è tirata dai fili del proprio pensiero difettoso. Anche l’interpretazione della commediola messa in scena nel teatro mundi celebrale è riservata al regista/sceneggiatore e quindi non può che coincidere con il pensiero del credente. A Roma della gente che sragiona così dicono: “se la cantano e se la sonano da soli”.

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    Aveva ragione Marx quando definiva la religione “l’oppio dei popoli”. La religione monoteistica funziona e crea assuefazione esattamente come una droga: la si assume quando non si è in grado di affrontare la realtà, crea dipendenza, la dipendenza si cronicizza, ecc. ecc.. A volte si vedono le statue della madonna o dello zar Nicola II piangere. (Leggi qui sur Le Figaro)

    I sintomi sono un vuoto interiore sempre più grande che si crede di riempire con l’annullamento della realtà umana in favore di una “realtà inesistente”. È un circolo vizioso, più si annulla l’umanità “deludente”, più si crea il vuoto interiore. Più si crea il vuoto interiore più “lo si riempie” con quel dio, di cui sopra, “non delude”.

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    Dal diario del 8 marzo 2017

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    Nota

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    (*) Mi riferisco alla Teoria della nascita di Massimo Fagioli esplicitata nella sua tetralogia , il quale cinquant’anni fa, aveva intuito che ciò che comunemente viene definito  “il male”, in realtà era solo assenza di umanità nell’essere umano.

    La malattia mentale è assenza. Ma non assenza di dio, che non esistendo non può essere assente, ma assenza dell’umano in un essere umano. Assenza di affetti, vuoto interiore causato dalla pulsione di annullamento che crea l’alienazione religiosa che “fa di ciò che è ciò che non è, e di ciò che non è ciò che è”. Un ebreo, un nero, non è un animale come pensavano razzisti e nazifascisti, ma lo diventa nel momento in cui con la pulsione di annullamento fa di ciò che è ciò che non è. Dio non esiste ma esiste nel momento in cui con la pulsione di annullamento fa  “di ciò che non è ciò che è”.

    L’alienazione religiosa è il substrato psichico del pensiero magico di ogni religione esistente. Ogni cultura religiosa è funzionale ai centri di potere della società in cui si esplica, quindi è il potente che crea le divinità a propria immagine e somiglianza.  (Leggi qui il mito ebraico di David) 

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    Sull’alienazione religiosa, i suoi effetti collaterali e derivati leggi qui 

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