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Crisòtemi
[…]
Di pomeriggio tardi, inverno e estate, nel giardino, o qui alla finestra, sotto
l’influsso della stella della sera, sollevavo la mano sinistra
a sfiorarmi le labbra, lentamente, con cura, distrattamente, torno
torno,
come per aiutare il formarsi d’una parola sconosciuta o come
dovessi
inviare a qualcuno un bacio procrastinato.
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A quei tempi,
spesso, passeggiando da sola in giardino, capitava
che mi s’avvicinasse alle spalle senza far rumore la luna,
e d’improvviso
mi tappasse con le mani gli occhi domandando: “Chi sono?”.
“Non so, non so”, rispondevo perché lo richiedesse.
Ma lei non ripeteva la domanda. Disserrava le dita. Mi voltavo.
Faccia a faccia, noi due. La sua guancia fresca
contro la mia guancia; e il suo sorriso pieno – glielo strappavo e
via di corsa;
lei mi rincorreva intorno alla fontana.
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