• … si fa sera … poesie … Ghiannis Ritsos

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    Crisòtemi

    […]

    Di pomeriggio tardi, inverno e estate, nel giardino, o qui alla finestra, sotto
    l’influsso della stella della sera, sollevavo la mano sinistra
    a sfiorarmi le labbra, lentamente, con cura, distrattamente, torno
    torno,
    come per aiutare il formarsi d’una parola sconosciuta o come
    dovessi
    inviare a qualcuno un bacio procrastinato.

    A quei tempi,
    spesso, passeggiando da sola in giardino, capitava
    che mi s’avvicinasse alle spalle senza far rumore la luna,

    e d’improvviso
    mi tappasse con le mani gli occhi domandando: “Chi sono?”.
    “Non so, non so”, rispondevo perché lo richiedesse.
    Ma lei non ripeteva la domanda. Disserrava le dita. Mi voltavo.
    Faccia a faccia, noi due. La sua guancia fresca
    contro la mia guancia; e il suo sorriso pieno – glielo strappavo e
    via di corsa;
    lei mi rincorreva intorno alla fontana.

    Una notte
    mi sorprese sul fatto mia madre: “Con chi stai parlando?”.
    “Rincorrevo il gatto per impedirgli di mangiare i pesci rossi”,

    risposi. “Stupida”,
    disse mia madre; “non crescerai mai”. Proprio in quel mentre,
    il gatto mi si strusciò davvero sui piedi. Un grande pesce rosso
    si lanciò fuori dalla fontana. Il gatto l’afferrò
    e si nascose tra le rose. Gridai. Lo rincorsi –
    (temevo che mi mangiasse una mano della luna); mia madre mi
    credette.


    Avviene sempre così. Non sappiamo più come comportarci,
    come parlare, a chi, e che cosa dire. Restiamo soli
    con invisibili travagli, in guerre invisibili, senza vittoria né sconfitta,
    con una moltitudine di invisibili nemici o, semmai, di ostilità. E
    nel contempo
    con una folla d’alleati – invisibili anch’essi – come la luna
    del vecchio giardino, come il pesce rosso … e il gatto.

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