• Sentenza storica: non è omicidio è “amnesia dissociativa” . Lo psichiatra Fagioli: «Ma “dissociativa”, “dissociazione”, chiama schizofrenia.»

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    di Gian Carlo Zanon

    Il 27 settembre scorso il gip Elena Stoppini ha prosciolto Andrea Albanese, il padre che nel giugno del 2013 “dimenticò” il figlio di due anni in auto provocandone la morte, ritenendolo incapace di intendere e volere. Il piccolo Luca fu trovato morto per asfissia dopo 8 ore passate chiuso nell’auto. Il proscioglimento è dovuto all’accettazione da parte del magistrato dei contenuti delle relazioni degli psichiatri d’accusa e difesa, concordi nel dichiarare che Albanese era in preda a una “amnesia dissociativa” quando lasciò il bimbo chiuso nell’abitacolo, anziché portarlo all’asilo.

    La sentenza è storica perché è un primo tiepido passo verso la comprensione, da parte della Magistratura, dei veri contenuti di casi giudiziari in cui la pulsione di annullamento (1) gioca un ruolo fondamentale nella dinamica di eventi tragici come quello di cui mi sto occupando.

    La sentenza è storica perché altri due casi con le identiche caratteristiche, la morte, nel 2011, della piccola Elena Petrizzi e di Jacopo Riganelli, di soli 11 mesi, si sono risolti con la condanna rispettivamente a 8 mesi e a 16 mesi di reclusione per omicidio colposo. Entrambi i condannati hanno patteggiato la pena, godendo delle attenuanti.

     

    In una intervista di Elisa Finocchiaro pubblicata su Articolo 21, (leggi per intero qui) lo psichiatra Massimo Fagioli, afferma: «Anche nel caso di questa sentenza, i magistrati sono più avanti degli stessi psichiatri. Il termine amnesia dissociativa non dice tutta la verità, perché l’amnesia è una cosa molto normale, tutti noi ci dimentichiamo delle cose. Ma “dissociativa”, “dissociazione”, chiama schizofrenia. In questo caso parliamo invece di un uomo che svolge tranquillamente tutte le attività “normali” e materiali. Questi psichiatri fanno una diagnosi che oscilla tra termini che richiamano la normalità e termini che hanno a che fare con la malattia mentale manifesta, cosa che non riguarda Albanese.


    I magistrati con la definizione “incapace di intendere e di volere” fanno dunque tutto quello che è nelle loro possibilità.
    La poca profondità sta invece nella psichiatria che non offre loro nuovi termini. La coscienza di quest’uomo funziona senza problemi, è la mente senza coscienza che non funziona. (…) Dimenticarsi le chiavi o la borsa è una questione di rapporto con la realtà materiale, mentre la memoria indica il rapporto con la realtà umana. Laddove quest’ultimo rapporto fallisce, parliamo di malattia mentale. Dimenticare le chiavi è normale, dimenticare un bambino è malattia, è annullamento

     

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    E poco più aventi aggiunge «La pulsione di annullamento nei confronti di un bambino è anaffettività; anaffettività per la quale il bambino diventa come le chiavi della macchina e per la quale viene, appunto, annullata la sua realtà umana di bambino.»
    E alla domanda della giornalista che gli chiede: «Davvero queste tragedie potrebbero capitare a tutti?» Lo psichiatra risponde: «Mi dispiace questa non è cosa che può capitare a tutti come vorrebbero dire, questa è malattia mentale, è annullamento del bambino in quanto essere umano.
    Posso capire questa affermazione se fatta da Albanese, ma è grave che cose del genere vengano dette da psichiatri. Spesso si sente dire di persone apparentemente normalissime che improvvisamente uccidono moglie e figli. Si tratta di malattia grave che convive con una normalità di comportamenti. Perché non si tratta di malattia della coscienza, ma di malattia della mente senza coscienza

    Tesi già sostenuta nel maggio del 2011 da Irene Calesini, psichiatra e psicologa clinica che rispondendo ad un articolo apparso il 23 maggio 23 maggio su L’Unità a firma dello psichiatra Luigi Cancrini, il quale dichiarò che tutti noi, potremmo essere improvvisamente «travolti dalle isole di follia che sono sempre in agguato. Dentro tutti noi e dentro ognuno di noi.» scriveva: «Caro dott. Cancrini, no, non sono d’accordo: non ci sono isole di follia in agguato dentro ciascuno di noi, pronte a riemergere e a travolgere appena si lascia andare il controllo. Non è “normale” perdere completamente il rapporto con un essere umano, sino renderlo non esistente e quindi “dimenticarlo”, come fosse un oggetto. Stimato professore, come psichiatra del 21° secolo non può non sapere che si chiama pulsione di annullamento ed è malattia della mente. Non può non conoscere la teoria della nascita umana, del prof. Massimo Fagioli (…) “mio figlio di 11 anni, davanti alla TV mi ha chiesto: “mamma, è vero quello che dicono, che è normale quello che è successo?” No, non è normale. É tempo di dare altre risposte e gli psichiatri hanno grandi responsabilità in questo.»

    In occasione dei due eventi tragici del 2011, anche altri psichiatri e psicologi parlarono sui media della pulsione di annullamento citando Massimi Fagioli: Andrea Masini, professore di Psicologia Dinamica all’Università di Chieti, Giovanni Del Missier, psichiatra, Maria Pia Albrizio, psicologa clinica, tra i tanti.

    Note

    (1) Pulsione di annullamento: Faccio riferimento alla “Teoria della nascita” dello psichiatra Massimo Fagioli

     

    15 ottobre 2014

    Leggi qui un articolo, «Jacopo e Elena: non è dimenticanza, è ‘pulsione di annullamento’» pubblicato il 30 maggio 2011 su Dazebao New

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