• Sconcerto e giudizio: lo stato delle cose nell’informazione mediatica e “le voci di fuori”

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    Di Giulia De Baudi

    Aprendo la finestra della rassegna stampa spesso si rimane sconcertati… io perlomeno rimango spesso sconcertata. In mezzo a molti articoli che, “a loro modo”, informano dello stato delle cose ve ne sono alcuni che sembrano sapientemente scelti per essere messi alla gogna di fronte ai quei pochi che sanno distinguere a prima vista l’oro della verità da quella paccottiglia indorata con cui era stato costruito il falcone maltese dell’omonimo romanzo di Dashiell Hammett.

    Tra alcuni di questi articoli pubblicati in questi giorni ce ne sono tre o quattro meriterebbero o il pubblico ludibrio o la forca mediatica e altri veramente sconcertanti.

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    Ad esempio quello di Pagina 99 del 23 aprile 2016, Una voce dal sen fuggita finalmente ritrovata , in cui tra lo sconcerto vengo informata che le persone afflitte da allucinazioni uditive ora non vengono più considerati schizofrenici ma semplicemente “uditori”. Scrive Maria Teresa Carbone, una relatrice del lungo articolo polifonico: «Perché, stando ai non molti dati reperibili in questo campo, a “sentire le voci” erano e sono in tanti, non necessariamente affetti da disagio mentale, anche se le “allucinazioni uditive” – questo il nome clinico – sono di solito considerate come un sintomo della schizofrenia.»

    Quindi assumo che se sei solo ad udire “le voci di fuori” ti pigliano per matto – o ti mettono al rogo come successe a Jeanne d’Arc – ma se si è in tanti non è più necessario tenere «nascosta la propria esperienza per timore di essere giudicati “matti”».  È sconcertante ma a quanto pare “la moltitudine legittima”… ne sanno qualcosa coloro che alla domenica e nelle feste comandate vanno in gruppo a cibarsi del corpo di un signore giustiziato più o meno duemila anni fa.

    Per queste persone considerate malate di mente dice l’articolo «la solitudine è finita. Nei numerosi gruppi di mutuo aiuto, gli uditori ritrovano storie simili alla loro. E mentre la paura cala, il confine tra salute e malattia si fa meno netto». Che bello!!!

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    A questo articolo fa eco un “rassicurante elzeviro”  di Massimo Cacciari La sana follia che aiuta a catturare la felicità – Da Lucrezio a Leon Battista Alberti e Dostoevskij, i classici considerano la malattia mentale anche come portatrice di bellezza e pienezza di vita. In questo articolo l’ex sindaco di Venezia, nonché “filosofo telegenico”, sradica completamente i confini tra salute mentale e malattia psichiatrica, accostando, senza far distinzioni, la malattia mentale all’epilessia del principe Myskin; alla straripante fantasia del don Quijote;  alla – visto che egli è solo una vittima innocente – “non so cosa” di Ippolito; all’arrapamento di Fedra per il figlio del marito; al delirio di Aiace che scambia un gregge di pecore per gli odiati rivali e ne fa scempio e poi si suicida; e infine alla pazzia delirante di Agape la invasata baccante che, nel mito rappresentato da Euripide nella sua tragedia Baccanti,  uccide il proprio figlio Penteo scambiandolo, nel suo delirio indotto dal nipote Diòniso, per un cucciolo di Leone. Mi viene il sospetto che quantomeno il Cacciari dovrebbe rileggersi un bel po’ di classici.

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    Finito il capitolo “quanta è bella la pazzia, siamo tutti pazzi” mi inoltro nella mediatica debordante agiografia di Francesco I, al secolo Mario Jorge Bergoglio, messa in campo da tutta “l’intellighenzia” del Bel Paese. Soprattutto da coloro che, nel loro delirio di riferimento, credono di essere di sinistra.

    Oggi su Repubblica va in scena l’ennesima puntata della telenovela In ginocchio con te dove troviamo l’élite mediatica italiana raccolta intorno al longevo Eugenio Scalfari per parlare della meravigliosa «rivoluzione cristiana e sulla Chiesa di papa Francesco».
    Nella “kermesse” condotta dall’onnipresente Lucia Annunziata, che sì è intitolata “Processo al potere” ma che, dice la conduttrice, «Più che un processo al potere è un’indagine sul potere», (ma allora cambia titolo)  Scalfari ripropone la sua ammirazione per Bergoglio «Papa Francesco è un papa rivoluzionario, il papa di una chiesa diversa, non temporalista ma missionaria» con la solita cantilena scalfariana che ascoltiamo da anni.

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    Dispiace però trovare tra i creatori dell’agiografia di Bergoglio anche persone di valore come lo storico Adriano Prosperi che però non è nuovo a queste prese di posizione leggi qui  –  che, come titola l’articolo Simonetta Fiori su Repubblica il 3 maggio 2016 «rimuove alcuni luoghi comuni sull’ordine religioso di papa Francesco». L’articolo di S. Fiori parla del «bellissimo libro di Adriano Prosperi sui primi gesuiti tra Cinquecento e Seicento “La vocazione”.»
    Parafrasando una frase dell’autrice dell’articolo, «il caso vuole — ma forse non è solo un caso» il libro, a quanto scrive S. Fiori è sia una glorificazione del ruolo dei gesuiti nella storia sia del gesuita Bergoglio.

    Se è vero ciò che dà ad intendere S. Fiori,  i gesuiti, secondo A. Prosperi, mostravano nei confronti degli eretici «molto amore», e la loro era una «conversazione amichevole». Non erano giudici ma medici che curavano «le ferite dell’anima» … dei corpi bruciati sui roghi chissenefrega!!!

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    Certo c’erano dei piccolissimi effetti collaterali  «Intendiamoci: erano tempi di guerra di religione e anche i gesuiti dovettero trafficare pesantemente contro i nemici eretici.» Che ”meraviglioso” eufemismo «trafficare pesantemente contro i nemici eretici» visto che, per secoli e secoli, contro gli eretici si “trafficava” usando metodi che hanno fatto scuola tra i torturatori. Tra questi torturatori c’è anche il sacerdote argentino Christian Von Wernich il mostro del Pozo de Quilmes che il gesuita Bergoglio in qualità di vescovo non ha mai sanzionato e che continua a svolgere la sue funzioni sacerdotali anche nella nelle patrie galere argentine.  Come potete leggere qui sotto un “cable” di Wikileaks rivela l’imbarazzo del cardinale Bergoglio alla notizia della condanna di Christian Von Wernich.

    wiki bergoglio

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    Ma Prosperi non si interessa della storia recente, e a lui piace Ignazio di Loyola, il “gran persuasore” capace di «entrare con l’altro e uscire con se stesso». Dell’identità dell’altro chissenefrega!!!

    Un altro aspetto valorizzato dal libro di Prosperi , scrive S. Fiori è l’invenzione dei Collegi, «luoghi di alta educazione per ragazzi di buona famiglia». Avete presente la nostra classe dirigente? Ecco i Montezemolo vengono da lì. Provate a leggere di questa esperienza di un ragazzo che ha vissuto alcuni anni in uno di questi meravigliosi Collegi dei Gesuiti.

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    Ma la ciliegina sulla torta è la descrizione della totale obbedienza a cui sono sottoposti  tutti coloro che vogliono appartenere all’élite gesuita. Adriano Prosperi, scrive S. Fiori, però «sceglie un’altra strada che lo porta a rappresentarli come “un élite di militanti votati all’obbedienza assoluta”».

    «Ma questa attitudine finisce per richiamare un’altra analogia invalsa nel secolo scorso e tuttora resistente: l’accostamento ai rivoluzionari novecenteschi. “È stata Sabina Pavone a farmi notare che Emmanuel Carrère nel Regno attribuisce a Pjatakov la frase: “Se il partito lo richiede, un vero bolscevico è disposto a credere che il nero sia bianco e il bianco nero”. In realtà era una delle Regole di Ignazio di Loyola”». Infatti molti dirigenti del Pci-Pd vengono dai collegi gesuiti, e questo partito ha da sempre preteso da parte degli adepti l’obbedienza “cadaverica” giungendo a  definire il bianco come nero e viceversa.

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    L’autrice della recensione al libro di Prosperi scrive che «anche la pratica dell’autocritica viene vista come elemento comune a gesuiti e comunisti nella costruzione dell’uomo nuovo.» … e siccome la regola dell’obbedienza era  descritta da Ignazio di Loyola con locuzione latina perinde ac cadaver  che, tradotta letteralmente, significa “allo stesso modo di un cadavere” , suppongo che  l’uomo nuovo auspicato da Adriano Prosperi sia un cadavere ubbidiente, o se preferite un essere senza quelle passioni, quelle esigenze identitarie e senza quel NO del rifiuto che definiscono l’umanità. Penso proprio che ci sia da rimanere sconcertati …

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    6 maggio 2016

    • Brava Giulia Di Baudi, ottime riflessioni , acute e soprattutto controcorrente come si addice agli spiriti liberi…

    • Personalmente non credo che il papa attuale sia meglio o peggio degli altri.
      Per quanto mi riguarda se veramente la chiesa cattolica avesse a cuore la sorte dei poveri, nel senso più ampio del termine, si sarebbe “spogliata” di una buona parte del suo cospicuo patrimonio per adempiere alla sua missione… vi pare che l’abbia fatto… a me no!
      Credere in Dio è, ai miei occhi, alla stregua di credere in Superman o l’uomo ragno.
      Solo che se dico che ho visto Superman volare ed atterrare nel mio balcone e riferisco pure di averci scambiato due parole allora o mi sto prendendo burla del mio interlocutore oppure sono fuori di testa; se, invece, dico che in spiaggia un ramo che stava prendendo fuoco mi ha parlato e quella era la voce di Dio allora… allora trovo delle persone, e non poche, pronte a credere per davvero a quello che ho detto… vi pare mai possibile?

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