• Realtà parallele – Il visconte dimezzato

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    di Salvo Carfì

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    Qualche settimana fa ho riletto Il visconte dimezzato di Italo calvino. L’opera dello scrittore nato a Cuba nel ’23 è difficilmente catalogabile, sfugge alle classiche categorie … io la definisco una favola e la potrei regalare ad un bambino di sei sette anni come ad un vecchio di novanta.

     

    … c’era una volta Medardo, Visconte di Terralba, che partito con lo scudo crociato a cavallo di un caval per combattere contro i turchi, durante la sua prima battaglia, viene ferito e dimezzato da una palla di cannone. Del povero Medardo viene ritrovata una sola parte. Pensando che la parte sinistra fosse andata distrutta i medici del campo si danno da fare riuscendo a rabberciare ciò che rimane del Visconte. E così, quello che fu il prode, Medardo, o meglio, la metà di ciò egli fu, se ne tornò nel suo castello in quel di Terralba.

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    Purtroppo la porzione del Visconte, che i villici avevano soprannominato il Gramo, non aveva preso bene quel frazionamento e siccome la sua vita era stata fatalmente dimezzata egli pretendeva di donare la sua stessa sorte a tutto ciò che incontrava. La sua cattiveria causò persino la morte per crepacuore del padre.

    Intanto la parte sinistra del Visconte Medardo, creduta perduta in battaglia, era tornata e guarda caso si era innamorata proprio di Pamela una contadinella tutta pepe sulla quale il Gramo aveva già buttato il suo unico occhio arcigno.

    Non vi sto a raccontare i particolari ma la Pamela tanto disse e tanto fece che si sposò entrambi i pezzi del Visconte che poi fece ricucire insieme dal dottor Trelawney. Inutile dire che come in ogni fiaba che si rispetti poi tutti vissero felici e contenti … con la lingua in mezzo ai denti.

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    Carina la fiaba nooo? Si certo carina e molto semplice e molto intelligente …

    Beh, forse tanto semplice non è, visto che i critici hanno sempre e solo parlato di una rappresentazione del Bene e del Male che, secondo loro, coesisterebbero in ogni essere umano e quindi anche in Medardo. Ecco a questi critici che scrivono ripetendo come pappagalli la dottrina cattolica che hanno appreso nelle sagrestie delle chiese «bisognerebbe strappare, ad uno ad uno, ogni ditino della mano con cui scrivono». Così diceva al suo uditorio Pietro il Rosso l’orango protagonista de Una relazione per un’Accademia di Franz Kafka, rammaricandosi per alcune critiche insulse.

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    Io non voglio arrivare a tanto, anche perché troppe dita dovrei tranciare, però questo modo manicheo di pensare agli esseri umani mi disturba alquanto. Ma come fare a far intendere a questi decelebrati che il concetto del Bene e il Male che sarebbe radicato in ogni essere umano a causa del peccato originale non è altro che una stupida credenza religiosa?

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    Eppure Calvino racconta bene la fiaba … però è vero che per capire le favole bisogna essere molto intelligenti … e questi critici …!

     

    Questi non sanno neppure leggere: il Visconte Medardo viene scisso da una cannonata turca. Quindi è un accadimento esogeno che provoca la scissione e la relativa cattiveria del Gramo. Lui non era cattivo prima che qualcuno lo facesse divenire schizofrenico. È solo dopo la scissione che interviene la terribile anaffettività di Medardo, anaffettività curata e guarita da Pamela la contadinella tutto pepe e dal medico sapiente ed umano.

     

    Quindi, dice inconsapevolmente Calvino, non solo la cattiveria è dovuta non ad un ‘male’ interno ma ad una noxa esterna che generando un uomo ‘dimezzato’, incompleto, fa ammalare, ma questa scissione si può anche guarire. Ciò che fa Pamela, l’immagine femminile, è rifondere insieme ciò che è stato scisso. Quindi se esiste per tutti gli uomini la possibilità di perdere nei marosi del rapporto con l’altro da sé l’unità ontologica con cui veniamo alla luce, esiste anche la possibilità di ritrovarla … magari tra le braccia di una bella contadinella.

     

     

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