• Quattro gradi di giudizio: Confessione, assoluzione, penitenza, comunione – Nuove Linee guida del processo per crimini efferati

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    di Giulia De Baudi

     

    Díkē, (Δίκη), la divinità greca che incarna la giustizia, sarà disgustata per il modo in cui oggi viene usato il suo nome. Visto che le sorelle Eunomie, che dovrebbero patrocinare le buone leggi, non difendono il suo buon nome, prima o poi scatenerà le Erinni sue sorellastre, liberandole dall’Erebo dove Apollo alla nascita della ragione patriarcale le costrinse per le loro intemperanze.

    In realtà la poverina, dopo il periodo arcaico, non è stata mai trattata come si doveva: per lei non ci fu mai posto tra le dodici divinità dell’Olimpo e, come una povera Cenerentola, Díkē dovette ogni volta elemosinare dal padre Zeus la punizione per i tracotanti incalliti. A volte, come nel caso del matricidio di Clitennestra da parte di Oreste, dovette ingoiare il rospo, mutare la legge e piegarsi al maschilismo di Apollo, il fratello. Col passare dei secoli i sacri vincoli che la legavano alla madre Themis (Θέμις)  vennero sciolti e Díkē divenne un simulacro vuoto riempito di volta in volta da leggi creontiche funzionali al potere. Certamente ci furono anche per lei i tempi belli delle rivoluzioni in cui gli esseri umani, ricordandosi aver appartenuto alla stirpe generata dagli dei, la rispettavano, e stilavano nuove leggi sotto la sua attenta dettatura … ma poi di nuovo si ritornava al vecchio …

    Ora la giustizia è migrata in altri luoghi meno acconci alla sua caratura etica … ma si è dovuta adattare perché il nostro popolo di poeti, artisti, eroi, di santi, pensatori, ladri, faccendieri, corruttori, ecc., si è arricchito di un nuovo aggettivo: giudicanti!

     

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    Come ho già scritto nel mio articolo Erano tutti bravi padri di famiglia, chi ancora pensasse che i processi penali prevedano 3 soli gradi di giudizio si deve far curare perché soffre di reminiscenze compulsive. I gradi di giudizio sono molti di più, e, almeno per quanto riguarda i convincimenti finali, sono molto più autorevoli di quelli che si svolgono: il primo nel Tribunale ordinario/ Corte d’Assise, il secondo alla Corte d’Appello e il terzo grado presso la Corte di Cassazione.

    Oltre ai giudizi definitivi stilati nei bar nazionali, sulle bacheche di Face Book talk e di Twitter, la ritroviamo invecchiata e imbolsita nei talk show televisivi dove anchorman devastati da nei decidono le sorti di assassini e di innocenti. Inoltre è stato è tornato in voga il pulpito cattolico dove novelli Savonarola decretano sentenze definitive.

    Dopo la predica domenicale, nella chiesa brianzola trasformata in scenario da udienza preliminare da don Corinno Scotti,  il parroco di Brembate “assolveva”, in quanto “papà” l’uomo accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio, nonché gran consumatore domenicale di ostie consacrate nella parrocchia che diede i natali a Pacelli.

    Ma ora ci si è messo anche don Nicolini il prete che ha seguito in questi mesi nel lavoro esterno al carcere, l’assassina di Cogne: Anna Maria Franzoni: «La conoscenza di Anna Maria Franzoni, maturata in questi mesi di lavoro esterno al carcere, mi ha rafforzato nella sensazione che sia innocente». Ha affermato don Giovanni Nicolini, prete dossettiano e parroco della chiesa Sant’Antonio di Padova, sede della cooperativa sociale Siamo Qua, dove la Franzoni si è recata dall’ottobre del 2013 fino a giovedì scorso, quando le è stata riconosciuta la detenzione ai domiciliari.

     

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    don Giovanni Nicolini e Anna Maria Franzoni

    Quindi “fan culo” agli uomini del RIS che hanno lavorato mesi sul caso “Cogne”; “Ecchisenefrega” degli investigatori e dei magistrati che hanno speso una parte della propria esistenza per  acclarare quanto accaduto quel mattino in cui la Franzoni assassinò suo figlio;  “checeneimporta” anche dei giudici che hanno, certamente non a cuor leggero, condannato quella donna, giudicandola colpevole di un orrendo delitto.

    Neppure gli anchorman di Porta a Porta e di Maurizio Costanzo Show, non si erano spinti a tanto. Invece il Nicolini che ha frequentato per alcuni mesi l’assassina – che dimostrando una “considerevole sanità mentale”, poche ore dopo il ritrovamento del cadavere del bambino chiedeva al marito, “me ne fai fare un altro” – ha deciso che quella donna è innocente.

     

    Trasmissione Porta a Porta sul delitto di Cogne

     

    Ma, in fondo, dal suo punto di vista, don Giovanni Nicolini ha ragione, e ora vi spiego anche perché.

    Don Mauro Inzoli, al secolo Don Mercedes Benz,  vicino a Roberto Formigoni, non potrà più mettere piede nella diocesi di Crema, dov’è stato parroco fino al 2010. La sentenza della Congregazione per la Dottrina della Fede ha stabilito che il prete ciellino abusava di minori. L’organo giudicante,  ha emanato un decreto con cui si infligge «una ‘pena medicinale perpetua’ nei confronti di don Inzoli».

    La notizia della “condanna” l’ha data il Vescovo di Crema, Oscar Cantoni: «La Congregazione della Dottrina della fede, su incarico di Papa Francesco, mi ha fatto pervenire un decreto con il quale infligge una ‘pena medicinale perpetua’ nei confronti di don Inzoli». Nel comunicato diramato si parla della ‘pena medicinale perpetua’ accreditategli per il «conseguente scandalo» suscitato dalla «gravità dei comportamenti»: Il prete pederasta che ha rovinato al vita ai bambini, è «stato invitato a una vita di preghiera e di umile riservatezza». Udite, udite, in cosa consiste la ‘pena medicinale perpetua’:  «Don Mauro non potrà celebrare in pubblico l’Eucaristia e gli altri Sacramenti, né predicare». Inoltre «non potrà svolgere accompagnamento spirituale nei confronti dei minori» Dovrà «inoltre intraprendere, per almeno cinque anni, un’adeguata psicoterapia.» Praticamente una pena paragonabile ai lavori forzati!!!! SOB!!!!

    Anche Josef Wesolowski, l’arcivescovo che mentre era nunzio apostolico a Santo Domingo, ha violentato molti minorenni, ha subito una “dura condanna”:  nei giorni scorsi durante il primo grado di giudizio del processo canonico è stato condannato allo stato laicale. Terribile condanna!!! Io è una vita che mi sono autocondannata allo stato laicale!!!

    La giornalista domenicana Nuria Peria accusa il Vaticano di non aver fatto il possibile per prevenire gli abusi e, anzi di aver dato la possibilità al nunzio di lasciare Santo Domingo, insabbiando i suoi misfatti. «La nostra inchiesta è partita più di un anno fa – spiega Peria – quando abbiamo ricevuto la denuncia dal proprietario di un ristorante nella zona del Male-con, dove il nunzio era solito andare. In un primo momento non sapevano chi fosse e lo vedevano solo come uno straniero degenerato. Finché un giorno l’hanno riconosciuto su un giornale e hanno capito di chi si trattasse. Per le nostre ricerche ci sono voluti molti mesi, finché non siamo rimasti sorpresi con l’annuncio che aveva lasciato il Paese perché aveva cessato di ricoprire la carica. Un tentativo di nascondere la vera ragione del trasferimento».

     

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    Solo dopo che l’intervista ai bambini violentati è stata pubblicata dai media del mondo intero (qui video intervista) – tranne che nella diocesi del Vaticano Italia naturalmente – il Vaticano ha preso provvedimenti contro Josef Wesolowski «La chiesa – afferma Nuria Peria – che ora ammette di sapere, lo ha lasciato andar via dal Paese. Cercando così di nascondere la verità e aiutandolo a fuggire dalla giustizia dominicana».

    Queste sono le condanne che rispettose delle “Nuove linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici”, emanate nel Maggio 2012, di fatto condannano i criminali pederasti a quattro ave maria e tre pater noster e cercano di sottrarli alla giustizia dei paesi in cui sono stati commessi i crimini.

    A quanto pare il delirio di onnipotenza dei clerici li costringe alla certezza  per la quale un essere umano, macchiatosi di crimini efferati, può, attraverso i loro quattro gradi di giudizio,  -confessione, assoluzione, penitenza, comunione – purificarsi completamente.

    D’altronde anche Medea, che uccise i suoi figli e la sua rivale in amore, venne assolta e salvata dal padre Elios che la sottrasse alla giustizia del sangue.

    Il deus ex machina divino quindi esiste anche nei miti ancestrali , e Medea non si era neppure pentita  … come la Franzoni che, a quanto dice il suo “avvocato del diavolo” in tonaca, ha un solo cruccio: « (…) è tormentata da qualcosa che ha subìto non secondo giustizia». Chissà cosa vuol dire? Forse avrebbe voluto essere giustiziata … o assunta in cielo!!!

     

    annamaria-franzo

     

    Eppure, come stava scritto sul Corriere due giorni fa, a Ripoli, il paesello dove Anna Maria Franzoni è ritornata a vivere “normalmente” con i figli sopravvisuti e il marito, tutti sanno chi è in realtà questa donna. Lo sa anche Monia del negozio degli alimentari che ce lo dice sorridendo: «Lo sanno tutti, Annamaria è sempre stata un’ottima cuoca».

    30 giugno 2014

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