• Prostituzione e negazione della realtà umana. Lettera aperta di una donna che per tre anni si è prostituita in Danimarca

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    «Regolamentare e tassare la prostituzione come nei Paesi civili, riaprendo le case chiuse. Ne sono sempre più convinto». Così il segretario della Lega, Matteo Salvini, su Twitter 19 giugno 2018

    di Gian Carlo Zanon

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    Ogni tanto qualche parlamentare italiota, facendo garrire la bandiera del “mestiere più antico del mondo”, cerca di legalizzare la prostituzione e di riaprire i bordelli, rigorosamente per soli uomini, per permettere ai maschi della specie di “sfogarsi”. Qualcuno ha persino affermato che questo “sfogo” mitigherebbe la violenza contro le donne. Cioè un buon padre di famiglia, che a pagamento defeca i propri umori dentro una donna che fa “il mestiere più antico del mondo”, poi tornerà a casa calmo, beato e contento perché “sfogandosi” avrà dato sfogo alla sua rabbia repressa che attraverso quella valvola di sfogo sarà, momentaneamente, svanita.

    Questa è la cultura bellezza. Lo abbiamo già approfondito largamente in alcuni articoli (leggi qui).

    «Il primo provvedimento che proporremo una volta al governo è la legalizzazione e la tassazione della prostituzione» strillava a gennaio il padano Salvini dal palco in piazza San Silvestro a Roma. Ma non è il solo ovviamente Pd, M5s, Scelta Civica, Forza Italia, insomma tutti si danno da fare per abolire la legge Merlin del 1958 che vieta la prostituzione.

    Come scrivevo tempo fa «in verità un uomo che va con una prostituta è un disabile, un disabile mentale.» Ritengo ancora che lo sia anche se la nostra cultura, rendendo socialmente congruo lo sfruttamento di un corpo altrui di fatto afferma che fare violenza ad un essere umano, usando i genitali, è normale. Purché lo si paghi è normale. Poco importa se quell’essere umano è costretto a subire quella violenza per molti motivi che vanno dalla schiavitù vera e propria, alla povertà, alla volontà, malata, di fare male a se stessi. Basta “non sapere” il cliente è “contento” e tutto è risolto.

    Quella donna non è un essere umano, è solo un pezzo di carne viva da consumare. L’idea che quel corpo contenga un’identità umana, e che quell’identità umana  non possa essere presa in affitto non sfiora nemmeno le piccole menti dei “clienti” e dei politici che vedono nel “cliente” solo un possibile votante. La visione è sempre parziale e l’oligofrenia impera. Anche alcuni movimenti neo-femministi, affermano che la prostituzione volontaria è “una rottura di catene” oppure “un lavoro come un altro che va regolamento”.

     

    E così ogni volta che ci si avvicina al voto il dibattito sulla reintroduzione di una regolamentazione della prostituzione in Italia si riaccende: si parla di permettere alle prostitute di iscriversi all’Inps, pagare le tasse e i contributi. Le si “difende” dicendo che così facendo si renderebbe più sicuro questo “mestiere” sempre esposto a gravi pericoli. Ci sono persino sindaci che hanno proposto l’introduzione di specifiche aree “di tolleranza”, dove far passeggiare le “passeggiatrici”.

    Nessuno si è posto il problema dell’identità umana e sessuale di queste donne, che con la prostituzione viene completamente distrutta.

     

    Nel 1999 la Svezia introdusse delle pene per chi usufruisce di prestazioni sessuali a pagamento. In questo modo, si cercò di punire solamente il cliente ma non la prostituta. Secondo i dati del governo svedese, pubblicati nel 2010, dal 1998 al 2008 la prostituzione su strada è diminuita del 50 per cento. È un passo ma il discorso sulla sessualità è primariamente culturale.

    In Germania la prostituzione dal 2002 è invece perfettamente legale ed esistono anche apposite applicazioni su internet per confrontare i prezzi e scegliere la migliore lavoratrice sessuale che rispecchi i propri gusti.

    Un’inchiesta del Telegraph ha denunciato il reale stato delle cose in Germania «Le prostitute non hanno un contratto di lavoro, né la pensione. Le assicurazioni sanitarie chiedono parcelle esorbitanti a causa della pericolosità dell’attività per la salute. Da quando la legge è passata, solo 44 sex workers si sono registrate per accedere ai benefit previsti per la categoria. In più, la legalizzazione ha portato un aumento enorme dell’offerta di sesso a pagamento e a un forte calo dei prezzi. Come riportato da Der Spiegel, il rilancio al ribasso dovuto alla competizione porta le ragazze ad accettare a prezzi sempre più stracciati pratiche sempre più pericolose, come sesso senza preservativo, sadomaso e gang bang. Le condizioni nei bordelli più squallidi e in quelli a prezzo fisso sono spaventose. Alcune donne lavorano anche 20 ore al giorno, dormendo nelle stanze in cui si prostituiscono, ricorrendo alle droghe e all’alcol per sostenersi e diventandone dipendenti.»

    Ma Alessandro Valdinesi del M5s queste cose non le sa o non gli fanno né caldo né freddo visto che nel 2014 ha postato un discorsetto serio serio in cui porta alta la bandiera della prostituzione legalizzata. Questo perché secondo lui «(…) l’abolizione della legge Merlin, in primis si toglierebbe molto denaro alle attività mafiose, considerando che il giro di affari in Italia si aggira sui 20 miliardi di Euro all’anno che andrebbero nelle casse dello stato, non ci sarebbe più traffico di essere umani, le donne sarebbero più curate e ci sarebbe molto più controllo per prevenire malattie infettive.»

     

    E delle donne trattate come animali?  Chissenefrega vero mio caro pentastellato!!!

     

    Posto qui sotto un articolo di Tanja Rahm una donna che dopo aver passato tre anni in differenti bordelli danesi riuscendo ad uscire da quell’inferno a 23 anni ed è diventata sessuologa.

    18 aprile 2017

    Lettera al cliente 

    Caro acquirente di sesso, se pensi che io mi sia mai sentita attratta da te ti sbagli di grosso. Non ho mai avuto il desiderio di andare al lavoro, neppure una volta. L’unica cosa che avevo in mente era fare soldi, in fretta.

    Non confondere questo con i “soldi facili”: non è mai stato facile. Veloce, sì. Perché io ho imparato rapidamente i molti trucchi per farti venire il più presto possibile, di modo che tu ti togliessi da sopra di me, da sotto di me o da dietro di me.

    E no, non mi hai mai eccitata durante la faccenda. Ero una grande attrice. Per anni ho avuto l’opportunità di esercitarmi gratis. In effetti, la cosa ricade sotto il concetto di “multi-tasking”. Perché mentre tu giacevi là, i miei pensieri erano sempre da qualche altra parte. Una qualche parte in cui non avevo a che fare con te che succhiavi via il rispetto di me stessa, senza impiegare neppure 10 secondi per renderti conto di cosa la situazione era in realtà, o per guardarmi negli occhi.

    Se hai pensato che mi stavi facendo un favore pagandomi per 30 minuti o per un’ora, ti sbagliavi. Preferivo averti dentro e fuori nel minor tempo possibile. Quando hai creduto di essere il mio nobile salvatore, chiedendo come mai una ragazza carina come me stava in un posto come quello, hai subito perso l’aureola con la frase successiva che mi chiedeva di stare sdraiata sulla schiena, e poi hai messo il maggior impegno possibile a tastare il mio corpo con le mani. A dire il vero, avrei preferito che tu ti fossi messo sulla schiena e mi avessi lasciato fare il mio lavoro.

    Quando hai pensato che potevi incrementare la tua mascolinità portandomi all’orgasmo, sappi che fingevo. Avrei potuto vincere una medaglia d’oro da quanto bene fingevo. Fingevo così tanto che la receptionist quasi cadeva dalla sua sedia dal ridere. Che ti aspettavi? Forse quel giorno eri il numero tre, o il numero cinque, o il numero otto.

    Credevi sul serio che io fossi in grado di eccitarmi mentalmente o fisicamente facendo sesso con uomini che non avevo scelto? Non è mai successo. I miei genitali bruciavano, per il lubrificante e i preservativi. Ed ero stanca. Così stanca che spesso dovevo stare attenta a non chiudere gli occhi per la paura di addormentarmi mentre continuavo a gemere automaticamente.

    Se hai pensato di pagare per la lealtà o le due chiacchiere, pensaci un’altra volta. Io avevo interesse zero per le tue scuse. Non me fregava nulla che tua moglie avesse dolori pelvici e che tu non potevi stare senza sesso, ne’ di qualsiasi altra patetica scusa hai offerto per essere venuto a comprare sesso da me. Quando hai pensato che io ti capivo e provavo simpatia per te, era tutta una balla. Non avevo altro che disprezzo nei tuoi confronti e allo stesso tempo tu distruggevi qualcosa dentro di me. Tu seminavi il dubbio, in me, il dubbio che tutti gli uomini fossero cinici e sleali come tu eri.

    Quando hai lodato la mia apparenza, il mio corpo o le mie abilità sessuali, sarebbe stato lo stesso se tu mi avessi vomitato addosso. Tu non vedevi la persona dietro la maschera. Tu vedevi solo quello che confermava la tua illusione di una donna eccitante provvista di un insaziabile desiderio sessuale.

    In realtà, tu non hai mai detto quel che pensavi io volessi sentire. Invece, hai detto quel che tu stesso avevi bisogno di sentire. Dire quello era necessario a preservare la tua illusione e al prevenirti dal riflettere sul come ero finita là a vent’anni di età. Di base, non te importava nulla. Perché tu avevi un solo scopo, che era quello di dimostrare il tuo potere pagandomi per usare il mio corpo come più ti piaceva.

    Quando appariva una goccia di sangue sul preservativo non era perché mi erano appena venute le mestruazioni. Era perché il mio corpo era una macchina, una macchina che non doveva interrompersi per il ciclo mensile, perciò inserivo una spugna in vagina quando avevo le mestruazioni: per essere in grado di continuare fra le lenzuola.

    E no, non sono andata a casa dopo che tu hai finito. Ho continuato a lavorare, dicendo al cliente successivo la stessa identica storia che avevi sentito tu. Ma tu eri così preso dalla tua frenesia che una piccola goccia di sangue mestruale non ti ha fermato.

    Quando arrivavi con oggetti, lingerie, costumi o giocattoli, e volevi il gioco di ruolo erotico, la mia macchina interiore prendeva il controllo. Io ero disgustata da te e dalle tue spesso malate fantasie. Lo stesso vale per le volte in cui hai sorriso e mi hai detto che dimostravo 17 anni. Non aiutava che tu ne avessi 50, 60, 70 o fossi ancora più vecchio.

    Quando hai regolarmente violato i miei limiti, sia baciandomi, o inserendo le tue dita dentro di me, o togliendoti il condom, lo hai fatto sapendo perfettamente che era contro le regole. Stavi esaminando la mia capacità di dire di no. E te la godevi. Quando non obiettavo abbastanza chiaramente, o quando spesso semplicemente ignoravo la cosa, tu la usavi in modo perverso per mostrare quanto potere avevi e come potevi oltrepassare i miei limiti.

    Quando infine ti dicevo di andartene e chiarivo che non volevo più averti come cliente se non potevi rispettare le regole, tu insultavi me e il mio ruolo come prostituta. Eri condiscendente, minaccioso e cafone.

    Quando tu compri sesso, ciò dice molto di te, della tua umanità e della tua sessualità. Per me, è un segno della tua debolezza, anche se tu la confondi con un senso malato di potere e status.

    Tu pensi di avere un diritto. Voglio dire, le prostitute sono là fuori comunque, giusto? Ma loro sono prostitute solo perché uomini come te sono messi di traverso a una relazione sana e rispettosa fra uomini e donne.

    Le prostitute esistono solo perché uomini come te sentono di avere il diritto di soddisfare le loro urgenze sessuali usando gli orifizi dei corpi di altre persone.

    Le prostitute esistono perché tu e i tuoi pari pensate che la vostra sessualità richieda l’accesso al sesso quando vi pare e piace.

    Le prostitute esistono perché tu sei un misogino e perché sei più preoccupato dei tuoi bisogni sessuali che delle relazioni in cui la tua sessualità potrebbe davvero fiorire.

    Quando compri sesso, ciò rivela che non hai trovato il fulcro all’interno della tua stessa sessualità. Mi dispiace per te, davvero. Rivela che sei così mediocre da pensare che il sesso giri tutto attorno all’eiaculare nella vagina di un’estranea. E se una non è portata di mano, il luogo dove puoi pagare una donna sconosciuta per poterti svuotare in una gomma mentre sei dentro di lei non è mai più lontano di giù in strada.

    Che uomo insignificante e frustrato devi essere. Un uomo incapace di creare relazioni profonde e intime, in cui la connessione scorre più profondamente della tua sola eiaculazione.

    Un uomo che esprime i suoi sentimenti tramite i suoi orgasmi, che non ha la capacità di verbalizzarli, ma preferisce canalizzarli tramiti i suoi genitali per liberarsene. Che mascolinità fiacca. Un uomo che sia tale non si degraderebbe mai pagando per il sesso.

    No so fin dove la tua umanità arrivi, ma io credo nel bene nelle persone, anche in te. So che, nel profondo, hai una coscienza. So che ti sei chiesto in silenzio se quel che facevi era eticamente e moralmente giustificabile. Io so anche che difendi le tue azioni e che è probabile tu pensi di avermi trattata bene, di essere stato gentile, di non aver inteso violare i miei limiti o di non averlo proprio fatto. Ma, la sai una cosa? Questo si chiama evitare le tue responsabilità.

    Tu non stai affrontando la realtà. Tu illudi te stesso pensando che le persone che compri non sono comprate. Non sono forzate alla prostituzione. Forse pensi persino di avermi fatto un favore e di avermi concesso una pausa parlando del tempo o massaggiandomi un pochino prima di penetrarmi. Tutto quel che hai fatto è stato confermarmi che non valevo nulla di più, che ero una macchina, la cui funzione principale era permettere ad altri di sfruttare la mia sessualità.

    Io ho avuto molte esperienze nella prostituzione. Ciò mi mette in grado di scriverti questa lettera. Ma è una lettera che avrei preferito molto non scrivere. Queste sono esperienze che vorrei aver evitato.

    Tu, naturalmente, pensi a te stesso come a uno dei clienti gentili, ma non esistono clienti gentili. Esistono solo quelli che confermano alle donne la visione negativa che esse hanno di se stesse.

    Sinceramente, Tanja Rahm

     

    Postato sul blog lunanuvola il 14 aprile 2016 – traduzione di trad. Maria G. Di Rienzo,

     

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