• Pasolini poesia, cenere e fango

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    L’autore di questa poesia (il Moro così preferisce autografarsi) ha capito, come noi della redazione del resto, la mistificazione culturale a causa della quale P.P. Pasolini è stato divinizzato non solo come intellettuale ma anche come uomo.

    «L’ho scritta – ci ha avvertito l’autore – dopo aver letto alcune strofe de  “Le ceneri di Gramsci” (…) ho cercato di smentire l’uomo in uno stile simile, di sicuro non ho le sue capacità (“di Pasolini” N.d.R.) in lingua Italiana, – l’autore non è di lingua italiana – ma ciò che conta è il valore morale e la verità che essa può comunicare.»

     

    I resti di Pasolini

     

    di A. E. O. (la Verità prevale e nulla prevale su di essa)

    Non è di novembre quest’improvvisa malinconia
    che il canto del merlo sotto la chioma
    colora di triste nostalgia,
    a cielo aperto in perfetta sintonia.

    Non e’ per te lo sguardo pallido della cima
    schiarita, laddove il Raut maestosamente si adagia,
    nemmeno la tristezza del freddo raggio di sole,
    ne’ il sospiro del cielo, ne’ la sua lacrima.

    Vicino appare novembre, distante la storia..
    Ceneri su resti sepolto l’orgoglio
    che i secoli trascinano il suo abominio..
    Impuri la terra e l’aria.

    Questo novembre che ormai senza ardore
    arriva e non ci abbaglia, si rinnega in lui
    la vita nella tua vita, in cui la notte si e’ denudata
    decisa a smarrire il tuo infido bagliore.

    Novembre in cui la morte si rinnova serena
    che nel cuore cieco, in te, ancora fu piu’ vicina,
    quando tu, ipocrita borghese, sfogavi il tuo amore morboso
    incurante dell’impetuoso dolore che nell’animo scatena.

    Nel grigiore, la vita che nulla di se’ qui brilla,
    ne’ contempla la morte che la fede
    di chi senza fede svende la misericordia;
    nulla divina, e la fa diventare lieta novella.

    Qui sepolto in miseri resti, tra i morti, giace
    non dico l’uomo quale peccatore,
    ma il peccato, la condanna e le sprecate opere.
    Giacciono nel buio, ma a che serve la luce!!!?

    Nella speranza: misericordia o castigo!?
    Due occhi, una lingua e due labbra,
    crede l’uomo forse che non ritornerà!?
    Polvere alla polvere, fango al fango.

    Qui giace, nel grembo, il gelido ricordo,
    qui finisce la strada fiorita contro vento
    dove l’abisso nella memoria sorto
    e l’urlo nell’urlo reso sordo.

    Penso all’uomo che fu, esso
    e sento dire: mio paterno stato traditore, ahimè!
    non ho tradito nessuno
    eccetto me stesso.

    L’infanzia in te e’ tradita;
    da te e’ stata corrotta, profanata,
    per quanto volevi sottrarre la dignità
    dell’anima, ti fu tolta la vita.

    Meschino, nel peccato vantato corsaro,
    lottavi contro il male borghese, nella falsità
    tu che odiavi il consumismo, compravi la dignità
    degli uomini e del futuro con l’inganno e col denaro.

    Uomini acerbi, nel casto dolore rimasti
    uomini, fortuiti di onore, ma derubati
    di cio’, che ironia della vita, non sono dotati
    nobili borghesi, traditori e pederasti..

    E che tu, nel tuo essere, incarnavi al massimo
    i loro difetti, e nel contraddirti ti fingevi uno del popolo;
    gente povera, ma un’altra che povera nel capire
    fa di te tuttora un divino blasfemo.

    Degrado morale, frutto aspro
    di un’orribile libertà da te promossa
    e che per te, mezzano del complotto,
    concimava il sapore di un inebriante stupro..

    Tuttavia, intorno ronza di boria il tuo ricordo
    come nella presunzione di una finta
    vittoria, nella morte di chi non aveva vita,
    che la farsa mette la platea in accordo.

    Ma, nello svanire dell’euforia di un’insana passione,
    rimane lo sdegno del non capire
    dove sta la gloria di chi senza valore,
    schiavo del vizio vanta libertà, coscienza e ragione..

    Tra orrore e folle desiderio
    l’inganno furtivamente tenta la vita
    quantomeno la congiura sventata
    prevale, impuramente, insano delirio.

    È un brusio la vita, gioco, svago e apparenza
    sprecata contesa di beni e progenie.
    La vedi diventare stoppia, dilapidata
    vana reciproca iattanza.

    Ogni giorno diventa duro
    il nucleo del cuore nell’uomo.
    Sordo muto, cieco, vagante nel vuoto
    schiavo della vanità e del dio oro.

    Ma, nel loro silenzio, i morti parlano verità.
    I morti sentono e sanno cosa, noi vivi, ci aspetta..
    Raccontano dolore e angoscia di chi
    credeva ci fosse una sola vita.

    Effimera, torbida questa pace, lontana..
    Gelida fuori come il marmo,
    infuocata dentro fino al colmo,
    frutto di illusione umana.

    Fiori, rose e corona d’alloro
    indulge il desiderio nel culto..
    Nel rifare la vita di un morto
    cercano la salvezza loro.

    Ma tu, ora senza velo,
    anima inquieta sotto questa lastra
    la tua vista è acuta, salda;
    vedi senza cieche oltre il cielo.

    Ora vedi chiaro quello che c’era in te:
    ingenuità tradita dalla vita,
    l’illusione del tuo infecondo desiderio.
    Ora guardi all’aldilà, e sai che Lui esiste..

    Ora vedi quello che le tue mani
    hanno anticipato, vedi in fumo le tue vili opere
    che consideravi trionfo, ora vedi
    l’edulcorata nefandezza delle tue azioni.

    Una lastra bianca, come le bare dei bambini defunti,
    la tua, villania all’innocenza di anime pure
    che con ali di luce, ora volano lontano
    dal tuo fetido, désormais, senza timore o spaventi.

    Ma, nella Sua giustizia sono vani i loro presagi;
    o sono forse loro i dispensatori!? No, sono fuorviati
    ed altri ricalcheranno le loro orme, sviati.
    Non saranno trattati i buoni come i malvagi.

    Una lastra nuda, quale pagina di verità lasciata
    eccetto questa testimonianza di vuoto
    che i tuoi miseri resti quaggiù, sotto sassi, e un quadrato
    nulla estasiante nel buio di una tomba muta!

    Come poteva trovare la strada
    un uomo nelle tenebre dell’incredulità, sopito
    errando in ogni valle, traviato!
    Chi non cerca la Verità si perda!!

    Perversa l’anima dell’uomo che cerca luce
    nell’oscurità. Fu creata armoniosamente
    pura, ispirata devozione e empietà,
    perduto chi la corrompe e nella menzogna tace.

    Tra i due mondi, la tregua e’ d’inganno,
    i colpevoli, appaiati nei ceppi
    giuravano dianzi, che per loro
    non ci sarebbe stato declino!!

    Non hanno forse visto cosa ne è stato
    di coloro che tacevano di menzogna!
    Quello di cui si burlavano, oggi nella vergogna li trascina.
    La storia si ripete, assurda, per quanto l’uomo e’ tradito.

    I negromanti che ti hanno bandito,
    odiato, amato e accolto,
    dall’oscurità danno luce all’inganno.
    Ora, alla tua stirpe hanno consacrato il rito.

    Anime malefiche quanto Nerone e il Faraone,
    non gioveranno di alcuna pace
    onagri spaventati
    che fuggono davanti a un leone!

    L’ipocrisia fatta istituzione e castelli di fumo,
    la menzogna che venerano sta nel mezzo.
    Domani davanti a Lui polemizzeranno tra di loro
    quando ognuno, di se stesso risponderà l’animo.

    Ed io peccatore con me stesso, mi dissocio
    nel dire quello che e’ vano e falso
    dentro l’anima quanto si e’ perso!!
    Torno tra i vivi con un buon auspicio.

    Scende la sera, l’ambiguo silenzio congiunge,
    scende sui monti, sui cipressi torreggianti
    sul viale deserto, sui muri muti
    scende sul grande dolore che nelle urne cinge.

    Scende indifferente, fredda e acuta
    come su un fiume di ghiaccio lo sguardo della luna,
    come su un lago dove svaniscono le stelle
    nessun uomo può fuggire dalla morte risoluta.

    Regna la notte e cade sui petali rossi la rugiada
    nulla può cancellare la storia umana.
    Si tinse d’orrore l’autunno sbiadito
    sulla lama di una spada.

    © Pubblicato il 28 agosto 2019 – Tutti diritti appartengono all’Autore

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