• Obesità : disturbo psicologico o sindrome genetica ereditaria?

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    di Gian Carlo Zanon

    Le stupidaggini sui comportamenti giovanili, inserite in un tweed – in seguito eliminato – da una esponente del centro destra che inserisce l’obesità e l’anoressia tra le “devianze”, intendendo, come sottolineato da La Repubblica, le stesse come “comportamenti che violano le norme”, mi lasciano basito. Mi lasciano invece perplesso le sue ulteriori esternazioni pubbliche a proposito sia dell’obesità di sua madre, sia della sua obesità giovanile «A monte c’è un problema di metabolismo molto lento, che ha portato anche me a essere obesa da ragazza». Nello stesso messaggio però si contraddice due volte «Soffre di obesità da quando, più giovane, ebbe una depressione perché era rimasta senza lavoro a crescere sola due figlie. (…) .Come l’ho combattuto io? Con lo sport

    Chiunque, se si sofferma un attimo a pensare ai significati che vengono trasmessi  sia dalla frattura logica sulla “devianza”, sia dalla pezza che ha voluto mettere, noterà la discrasia disfunzionale tra le due interpretazioni sulla eziopatogenesi dell’obesità: la prima è un’interpretazione organicistica: il “metabolismo molto lento”, la seconda interpretazione è psichiatrica “Soffre di obesità da quando, più giovane, ebbe una depressione”.

    Lascio perdere il metodo meloniano di cura attraverso l’attività sportiva, che è una proposizione demenziale  – il depresso non va a correre e il “metabolismo molto lento” non cambia facendo sport –  e mi focalizzo sia sui “paradigmi scientifici” stile “bar dello sport” e/o “salone di parrucchiera”, che anche in questo caso hanno sostituito persino il buon senso comune e l’analisi empirica della realtà, sia sui dati provenienti dal mondo scientifico.

    Perché sono proprio queste interpretazioni diametralmente opposte che, tanto o poco che sia, alimentano la confusione culturale sulle cause, sulla sintomatologia dell’obesità, e su una possibile cura:

    a) l’obesità è un sintomo che si origina a causa di un fattore quasi esclusivamente organico, per esempio una disfunzione tiroidea se non addirittura a base genetica e quindi ereditaria, come suggerisce un recente report pubblicato su Nature dal titolo esplicativo “The genetics of obesity: from discovery” in cui si stima che l’obesità ereditaria è compresa tra il 40% e il 70%.

    b) l’obesità è un sintomo la cui cause ambientali vanno cercate in ambito quasi esclusivamente psicologico, come affermano le due psicologhe e la chirurga che hanno redatto il libro “Obesità e sovrappeso” edito da L’asino d’Oro.

    «Premettiamo che – scrivono le autrici Rita Marrana, Gioia Piazzi, Laura Thouverai – in questo testo verranno escluse dalla trattazione le obesità secondarie, dovute a cause mediche note e precisamente individuabili, come alcune sindromi genetiche (ad esempio la  sindrome  di Prader-Willi, la sindrome di Alström) , malattie endocrine (ad esempio disordini ipofisari, disturbi della tiroide, insulinoma) e associazione di farmaci (cortisonici e antidepressivi, antipsicotici e antiepilettici). Anche se può sembrare sorprendente, solo il 2 – 5% delle obesità rientra in queste categorie, per il restante 95 – 98% delle persone con eccesso ponderale (eccessivo accumulo di grasso corporeo – N.d.R.) si devono cercare altre cause.»  Come suggeriscono le autrici nel loro saggio sull’obesità, si devono cercare altre cause di natura psicologica.

    Converrete con me che se valutiamo la forbice massima tra le due interpretazioni del fenomeno  – il 2% e il 75% –  siamo di fronte a due giudizi medici sul fenomeno obesità che stanno agli antipodi. La domanda, a cui non voglio rispondere per non entrare in  una polemica inutile, è: come possono esistere due interpretazioni scientifiche così divergenti?

    Come scrivono le autrici citate per quanto riguarda lo stato delle cose si usa il metodo che definirei pilatesco: «Attualmente, per spiegare l’insorgenza di tali condizioni, si predilige fare riferimento a un modello multifattoriale che vede coesistere fattori genetici e ambientali»… ma allora ha ragione la pasionaria di FdI che nel suo post amalgama la depressione della mamma e il “metabolismo molto lento”.  Metabolismo che, “essendo ereditario”, ha condizionato geneticamente entrambe… ma lei, la pasionaria, si è curata facendo sport… vabbè.

    Che fare dunque? Come orizzontarsi su di questo fenomeno? Certo si potrebbe fare pari e patta centrando le cause dell’obesità tra i due numeri… dunque la metà tra 2% e 75% fa circa il 36%… ma non mi sembra un metodo molto scientifico… non mi rimane che il metodo intuitivo, il metodo empirico e il metodo esperienziale.

    Utilizzando queste metodologie soggettive, e quindi “devianti”, posso affermare che giudico il fenomeno obesità allo stesso modo delle autrici del libro citato, perché le persone obese che conosco hanno, al 99%, problemi psichici più o meno evidenti… inoltre non vedo come un gene ereditario possa spingere le persone ad alzarsi di notte per svuotare il frigorifero; non capisco neppure come un gene ereditario possa generare autolesionismi e disturbi alimentari, infine non capisco perché quando le persone decidono di dimagrire o decidono di sottoporsi a risoluzioni impattanti come il restringimento dello stomaco, i geni ereditari non insorgano per impedir loro di ribellarsi a ciò che loro, i geni ereditari, obbligano a fare: ingrassare.

    Non capisco nemmeno come facciano ad individuare il gene dell’obesità… lo vedono? Oppure, attingendo dai propri retropensieri, lo deducono? Affermano che l’obesità è ereditaria perché vedono i figli seguire il destino pachidermico dei genitori? Ma non hanno mai sentito parlare di identificazione con figure genitoriali – auspicate dall’imbecille viennese – a causa delle quali i figli tendono ad imitare padri e madri ben felici che i figli si identifichino con i modelli da loro fisicamente rappresentati ?  Mi ricordo sempre il famoso “e mangia bello de mamma!”.

    Certamente il problema è complesso… e quindi… e quindi intanto leggo dalla quarta di copertina:  «Le autrici del volume arrivano alla constatazione che il comportamento alimentare che porta a un sovrappeso è solo la punta dell’iceberg di qualcosa da indagare nel pensiero non cosciente: un’alterazione dell’identità di una persona, avvenuta precocemente, di cui spesso l’eccesso ponderale è l’unico sintomo. Un corpo in cui nascondersi, che si è ingigantito non solo per sentirsi meno malati, ma per sentire meno» e mi ci ritrovo.

    27 agosto 2022

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