• Memorie di un viaggio – Los cantos y El Libro

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     Adriano Meis

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    AREQUIPA

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    Da ieri ho ripreso contatto con il mondo. Sono arrivato ad Arequipa in serata dopo un viaggio in pullman di 48 ore, non ne potevo più … ma ne è valsa la pena. Viaggiare con i nativi è l’unico modo per capire un almeno un po’ le culture locali. Certo, la mia compagna di viaggio punk, che è rimasta in coma per tutto il viaggio con la musica a palla ficcata nelle orecchie,  non mi ha certo aiutato, ma in fondo Dolores non era poi male … era solo un ossimoro vivente, con quel nome poi … Dolores.

     

    Qui invece tutto perfetto: una bellissima stanza a La Casa de Melgar , hotel ricavato da un edificio del 1700 tutto costruito con le caratteristiche rocce vulcaniche bianche sillar. Credo che mi fermerò qualche giorno visto che c’è anche la connessione wireless che funziona benissimo.

     

     

    Ho trovato anche – non ci speravo più – un e-mail di Lei. In realtà, solo poche frasi … molto impersonali, sempre meglio di niente … ma ormai ho deciso resto ancora per un po’ in Perù, fortuna che non avevo prenotato il viaggio di ritorno in aereo …

     

    Ed eccomi ad Arequipa, 2700 metri e 700.000 abitanti che vivono all’ombra di due vulcani El Misti 5288 mt) e il selvaggio Chachani (6075 mt). Penso che Arequipa sia la seconda città del Perù … poi controllo. Il nome della città significa “situato dietro la vetta”: ari-vetta  e quipa-che sta dietro.

     

     

    Arequipa ha dato i natali al premio Nobel per la letteratura 2010 Mario Vargas Llosa; molto amato qui, dal momento che la sua immagine è esposta un po’ dappertutto accanto a Tupac Amaru l’ultimo sovrano inca che si ribellò agli spagnoli.

    Llosa nel 1987 pubblicò un interessante romanzo, El Ablador – tradotto in italiano con il titolo di Il narratore ambulante – . Questo romanzo mi aiutò a capire meglio la funzione degli aedi, non solo quelli greci, ma di tutti i cantori, i cantastorie, i pupari ecc., i quali, raccontando favole, miti e leggende svolgevano anche un’importante funzione linguistica; inoltre, contestualmente, davano sotto banco insegnamenti etici che creavano norme condivise dal popolo. Norme e leggi che, come narra Llosa, non erano cristallizzate da dogmi, ma mutavano con il divenire del pensiero umano nel tempo.

    Tutto ciò non è più presente nostra cultura inquinata dal dogma monoteista.  Per la religione occidentale la legge è unica ed immutabile perché è stata dettata dalla divinità ebraica ad uno dei suoi molteplici profeti: un christos , un unto dal signore, il più allucinato: Mosé.

    I greci, che non erano stinchi di santo, nemmeno nel loro peggiore incubo si sarebbero sognati di dare la possibilità ad una divinità di dettare loro le leggi. Certo, è vero,  esisteva la dea della giustizia, Diké, e le sue aiutanti le terribili Erinni, ma esse erano le protettrici delle leggi interne umane e non coloro che le scrivevano, e poi siamo sempre lì queste erano rappresentazioni di moti interni e non leggi un dio creduto esistente ed onnipresente.

     

    Le Erinni, personificazione dei sensi di colpa

     

    E anche quando Antigone afferma che sono gli dei a salvaguardare le leggi non scritte esistenti da sempre, ella parla delle divinità upoctonie cioè di leggi sotterranee, alias l’ethos interno di ogni essere umano.

     

    Il dio ebraico ‘appare’ – in realtà è un’altra mitica allucinazione uditiva –  e ordina ad Abramo di uccidere il figlio Isacco; ed egli non ha nemmeno un piccolo dubbio, né una crisi, ubbidisce ciecamente, e parte per raggiungere il luogo del sacrificio.

    Abramo,  come scrive Auerbach in Mimesis, si sposta in uno spazio reificato. Ciò che sta attorno a questo padre che si appresta ad assassinare il proprio figlio «non tollera nemmeno un aggettivo: sono servi , legna coltello, asino, e niente più senza epiteti».Gli oggetti e gli esseri umani non vengono distinti, come nella crisi psicotica dello schizofrenico. Ciò che è umano non ha contenuto, tempo, storia, affetti, è solo un reale al quale è stato tolto il senso.

    Afferma Auerbach «É come se Abramo, durante il viaggio, non avendo guardato né a destra né a sinistra, avesse soppresso ogni manifestazione di vita in sé e nei suoi compagni, eccettuato il movimento dei piedi.»

    Quindi, togliendo epiteti ed aggettivi, il racconto biblico diviene storia vera: «Il fine religioso determina però una pretesa assoluta di verità storica. La storia d’Abramo e d’Isacco non è documentata meglio di quelle mitica che narrano d’Ulisse, di Penelope e dell’Orestea. Sono tutte narrazioni mitologiche. Ma al narratore biblico, all’Eloista, è necessario credere alla verità oggettiva del sacrificio d’Abramo (…) l’esistenza delle norme religiose della vita riposa sulla verità di questa o di simili storie».

     

    Chi racconta simili storie, scriveAuerbach «è un bugiardo consapevole: non un bugiardo come Omero che mente per dar piacere, bensì un mentitore politico, ben consapevole del fine e che mentiva nell’interesse di una volontà di dominio. …..(il narratore) mirava alla verità. Guai a chi non credeva in essa.(…) Il mondo delle storie della sacra scrittura non s’accontenta di voler essere la vera realtà storica, ma afferma di essere l’unica vera (…) Le storie della sacra scrittura non si prodigano, come fa Omero, per attirarsi la simpatia, non ci lusingano per allietarci e incantarci; ci vogliono assoggettare, e, se ci rifiutiamo siamo dei ribelli».

     

     

    Sicuramente il mito di Abramo che sacrifica Isacco, se non fosse trattato in “senso biblico” come verità storica, ci parlerebbe di un tempo lontano quando i popoli semiti sacrificavano gli esseri umani. Di solito gli schiavi; ma Isacco non è figlio di una schiava, egli appartiene al popolo d’Israele. La leggenda di Abramo e Isacco quindi è un mito di passaggio in cui senso si innerva nella positiva trasformazione di una norma disumana. Ma non possono essere gli uomini a cambiare l’ethos di un popolo che ha fatto il patto (testamento significa patto) con il dio che in cambio di fedeltà lo ha prediletto. Deve essere dio a farlo … e dio dice di uccidere un bambino e lo si uccide … poi cambia idea e non lo si uccide più. Quando un profeta delirante dice al popolo d’Israel “andate e ammazzate tutti i maschi delle tribù nemiche” lo si fa … perché dio lo vuole … questo sta scritto nella bibbia, e questi sono i fondamenti del sistema filosofico cristiano.

     

    Anche gli inca facevano sacrifici umani: la ‘mummia’ di “Juanita la principessa di ghiaccio”, una bambina sacrificata nel XV secolo sulla vetta dell’Ampato, e che si può osservare vedere nel Museo Santuarios Andino di Arequipa, lo conferma.

     

     * * *

    Volevo rimanere a riposare per un paio di giorni ma domani all’alba (mi sono inserito all’ultimo momento con un gruppo di escursionisti che hanno una guida fidata) parto per il canyon de Colca. Il viaggio all’interno del canyon prevede una permanenza di almeno tre/quattro giorni … poi c’è il viaggio di andata e ritorno con sosta alle fonti termali di Chivay, quindi altri tre giorni.

    Ci si risente tra una settimana circa … se non mi mangiano i condor!

    Lei ha scritto; sta in Sicilia, a Girgenti, da sua madre … contrada Caos…

    Arequipa– 18 agosto 2012

     

    Continua …

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    • Isacco figlio di una schiava che non appartiene al popolo di Israele ?! Sara non sarebbe un’israelita ?

      E che ne è dell’idea ebraica di rifiuto dei sacrifici umani, contraria alla tradizione fenicio-cananea e prima a spostare la punizione della colpa su un “capro”, nel mondo del vicino oriente antico ?

      Abramo ubbidisce ciecamente perché così facevano i popoli dell’area; ubbidivano e gettavano i primogeniti nella bocca infuocata del dio moloch.
      Ma con il ‘mancato’ sacrificio di Isacco (che gli ebrei non a caso chiamano “legatura”, non “sacrificio”) inizia una nuova consuetudine sacrificale. Fine dei sacrifici umani. Perché lo decide dio o perché così hanno deciso gli ebrei ?

      Solo i cristiani rifondarono simbolicamente l’idea che un sacrificio umano, il Cristo in croce, serva a riscattare le colpe collettive.

      E i greci con Ifigenia che hanno fatto ? E la consuetudine araba preislamica di seppellire le figlie femmine nella sabbia ? E gli spartani che gettavano i neonati dalla rupe ? O i romani nel Tevere ?

      Insomma, per accattivarsi la benevolenza divina o per motivi più prosaici la soppressione di esseri umani era diffusa e praticata ovunque.

      Ma, legge o non legge, la tradizione ebraica ha posto fine ai sacrifici umani. Vi pare poco ?!

      • Grazie per l’intervento e penso che tu abbia sicuramente ragione quando parli del passaggio dal sacrificio umano a quello animale.

        Inoltre mi scuso per l’errore: Isacco, che significa “sorriso di dio” è figlio di Sara la legittima moglie di Abramo. La schiava che da un figlio ad Abramo è Agar e il figlio è Ismaele. Abramo, dopo la nascita di Isacco, abbandona entrambi nel deserto dando loro un pane ed un otre d’acqua … come dire se siete fortunati , forse, ce la fate.

        Fabio mi lascia perplesso questo punto:
        “Perché lo decide dio o perché così hanno deciso gli ebrei?” Nel mito è dio che decide. Nella realtà storica sono chiaramente gli ebrei che lo decidono … non vedo come un’idea religiosa possa uccidere materialmente un essere umano. .. o forse non ho capito cosa intendi … se è così mi scuso in anticipo.

        Sul culto anpropofago cristiano mi trovi naturalmente molto d’accordo, anche perché è da quell’idea che nasce il concetto di martire che ancora flagella il Vicino Oriente.

        Grazie di nuovo per il tuo prezioso intervento che ci fa approfondire il tema del sacrificio nei secoli.

        Adriano Meis

        P.S. Ho già provveduto a correggere l’errore.

    • Ovviamente sono gli uomini che parlano e decidono, inventandosi la parola di un dio qualsiasi per dare forza al loro volere (sempre riconoscenti a Feuerbach !) ma quando scrivi “Ma non possono essere gli uomini a cambiare l’ethos di un popolo che ha fatto il patto (…) con il dio che in cambio di fedeltà lo ha prediletto. Deve essere dio a farlo … e dio dice di uccidere un bambino e lo si uccide … poi cambia idea e non lo si uccide più” poni la storia raccontata dal testo ebraico all’interno di una dimensione di variabilità ed imprevedibilità del capriccio divino: uccidi… non uccidere…

      Messa così la storia perde il suo significato a mio giudizio più significativo, cioè la definitiva rottura da parte ebraica con il sistema rituale precedente che prevedeva e imponeva sacrifici umani (riguardo ai cartaginesi ci sono racconti di storici romani, ma non mi risulta che esistano conferme di tipo archeologico, ma nel territorio dell’antica Fenicia esistono).

      Non so se ora mi sono spiegato meglio, spero di sì e mi scuso se prima ho postato un commento troppo sbrigativo.

      Fabio

    • Aggiungo che il “sacrificio di Isacco” nella tradizione islamica diventa il “sacrificio di Ismaele” (Sura 37, vers. 100-107). Curiosamente nessuno rinuncia alla primogenitura di un non-sacrificio !

      • Fabio … dunque … vediamo un po’ … io credo che bisogna intendersi sui termini.
        Primo: a quanto vedo siamo, ‘per grazia di dio’, entrambi atei. E questo è un punto importante per proseguire il discorso. Io parto come te dall’ assunto di Feuerbach. Quindi quando dico “dio fa questo, dio vuole questo” intendo sempre “secondo il credente dio fa questo , vuole quest’altro”. Forse si dovrebbe scrivere ma …
        Secondo punto la variabilità e l’imprevedibilità della storia.
        Io penso (e so per esperienza diretta) che la storia non procede linearmente, ma per balzi e fatali retrocessioni. Prendiamo ad esempio proprio la storia del popolo di Israele di cui ci giungono gli echi attraverso quel racconto mitizzato che è il Libro. Mito da interpretare naturalmente e non da prendere come storia vera. Se lo prendessimo come storia vera dovremmo credere ancora al sistema tolemaico o al fatto che Eva nasce da una costola di Adamo e deliri religiosi del genere.
        Quindi i racconti introdotti nella Bibbia non sono storia ma appartengono alla mitologia pregna di significati che dalla storia attinge la cronaca … trasformandola funzionalmente.
        Detto questo, a grandi linee, la storia di Israele rappresenta bene l’imprevedibilità della storia e delle sue varianti agite o subite da quel popolo che ha la caratteristica di rimanere coeso nonostante la diaspora e le conseguenti persecuzioni di cui i pogrom e la shoah sono solo la punta del iceberg.
        Un esempio: dodici di tribù vengono riunite sotto un’unica divinità (nascita del monoteismo) poi ritornano ai vecchi dei: l’episodio di Mosè che torna dal Sinai e trova la sua gente che adora il vitello d’oro narra questo fatto. Come il mito di Caino ed Abele narra il passaggio dalla pastorizia nomade all’agricoltura stanziale. E come il mito di Aronne ed Isacco narra della fine dei sacrifici umani. Detto questo non possiamo certo pensare che nella storia questi passaggi siano avvenuti in pochi mesi o in pochi anni. L’esistenza dei nomadi nelle nostre città e la transumanza dimostrano come questo passaggio sia tuttora in fieri.
        Ci sarebbero da dire mille cose ma lo spazio per i commenti è limitato.
        Fabio che ne pensi di trasformare questa nostra dialettica in un articolo? Sarebbe interessante
        Comunque grazie per i tuoi preziosi approfondimenti … che fanno pensare
        Adriano Meis

    • Non so che dire, a parte.. Abramo e Isacco, non Aronne; ma naturalmente questo è irrilevante, sto solo scherzando !

      Non so che dire perché non ho alcuna obiezione da fare a quello che dici nel tuo ultimo commento, ma forse non sono riuscito a spiegarmi nel post precedente.

      Non ho parlato della variabilità e imprevedibilità “della storia” in senso ampio e generale, ma del ‘capriccio divino’. Quindi parlo di “quella” precisa storia, di quel racconto che dice di un sacrificio NON fatto. Il nome stesso “sacrificio” di Isacco ha origini cristiane e non è un caso.

      Il punto è che il dio fatuo e volubile che uccide o non uccide per un suo capriccio (questo era il senso che mi sembrava di poter leggere nel tuo articolo) rimanda ad una visione molto fatalista del soggetto uomo in preda a forze superiori che decidono il suo destino e che pretendono anche il suo sangue in sacrificio. E non è già più ebraico; forse proprio qui – in questo racconto – si apre tutta un’altra dimensione del rapporto uomo-dio e anche del rapporto uomo-uomo.

      Da una parte l’uomo ebreo rifiuta i sacrifici umani (e quindi le altre divinità circonvicine che ancora li pretendevano) dall’altra si chiarisce il Patto tra il dio biblico e il popolo ebraico: l’uno lo elegge a suo dio, l’altro lo elegge a suo popolo e non ne chiede il sangue.

      Poi ti devo correggere ancora, scusami. Le dodici tribù non si riuniscono sotto un unico dio. La storia dell’unificazione sotto Saul, David e Salomone
      per quanto mitica è sicuramente di epoca precedente il VI secolo a.C. ed esistono reperti archeologici risalenti al VI o forse anche al V sec. in cui si inneggia a Jahvé e “alla sua Anat”. Evidentemente per un israelita del tempo era normale pensare che il dio degli ebrei avesse moglie; il vero monoteismo, anche presso gli ebrei, non è esistito fino a tempi relativamente più tardi. Al più si può parlare, per la storia più antica del popolo ebraico, di enoteismo cioè della superiorità del dio ebraico rispetto alle altre divinità, ma questo forse era piuttosto comune. Ognuno aveva un dio mejo dell’altri, è ovvio !

      Sulla tua proposta: ne sono lusingato e potrebbe essere interessante, ma come la vorresti impostare ?

      Fabio

      • tutto molto interessante …

        ti scrivo la mia email giancizeta@gmail.com

        la puoi trovare anche a destra del giornale

        Così possiamo parlare in privato

        A grandi linee prenderei ciò che abbiamo già scritto , gli darei una piccola sistemata, (tu la tua parte ed io la mia) ma non troppo perché vorrei far riamanere la dialettica con i suoi toni anche un po’ aspri, la amplieri ancora ma non troppo e poi, supervisionata e firmata da entrambi, la pubblicherei. Secondo me può venire fuori una cosa interessante e finalmente con la freschezza del non ‘politicamente corretto’.

        Ciao A.Meis

        Ps: mi sto conservando i testi

    • A pensarci direi che non mi pare sia argomento adatto ad un articolo; bisognerebbe entrare in argomenti molto specialistici. I commenti mi sembra che siano più che sufficienti.

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