–
PACIFICO E MESTIZIA *
–
Loretta Emiri **
–
Pacifico
–
Qualche volta Scarpetta accompagnò il nonno fino all’orto: ricavato su terreno adiacente lo stabilimento dove aveva lavorato, a Pacifico era stato concesso di continuare a prendersene cura nonostante fosse ormai in pensione; e lo fece fin quando l’ampliamento della linea ferroviaria non mise fine al suo utile hobby. Altre volte lo seguiva nella sezione del Partito Repubblicano, per raggiungere la quale si passava davanti alla biglietteria dell’ottocentesco teatro comunale. Pacifico vi si recava, solo occasionalmente, per discutere di politica e giocare a carte. Dato che al suo interno funzionava un piccolo bar, non dimenticava mai di offrire qualcosa alla nipotina. A volte vi si realizzavano feste. Scarpetta ricorda un ampio salone, festoni di carta colorata, giocatori circondati da curiosi, bambini scorazzanti, adulti infervorati in discussioni. Il ricordo più nitido è quello di un anziano, magnetico signore con baffi e barba, che invece della cravatta portava al collo un fazzoletto nero annodato in modo da formare un grande fiocco; quando prendeva la parola lui, il più rispettoso e assoluto dei silenzi contagiava piccoli e adulti.
–
Apparteneva al nonno materno il primo libro di poesie che Scarpetta si ritrovò tra le mani quando era ancora una bambina. Un giorno Natalino invitò il suocero ad andare a pesca con lui. Gli aveva da poco affidato la custodia del cestino dei pesci, quando lo sorprese che ne ributtava alcuni in acqua. Sfoderando il suo disarmante sorriso, Pacifico provò a far capire al genero che quelli ancora vivi, aprendo e chiudendo la bocca, lo avevano chiamato invocando il suo aiuto e lui era stato incapace di negarlo. Mai più Natalino gli rinnovò l’invito di andare a pescare. Qualcosa che ancora intriga e fa sorridere Scarpetta è la passione sviscerata nutrita dal pacifico nonno nei confronti della box: attraverso i giornali ne accompagnava i risvolti e dei combattimenti trasmessi in televisione non ne perdeva uno; era uno spasso, allora, sentire il tenero vecchietto incitare il favorito di turno con esortazioni del tipo “forza, massacralo!”, “dacci dentro, gonfialo!”, “ammazzalo, ammazzalo!”.
–
Stava adempiendo a una qualche attività domestica, aveva un coltello in mano e parlava con la nipote, che si spaventò alquanto sentendolo balbettare e vedendo il coltello sfiorarle il viso: era stato colto dal primo attacco di trombosi. Pian piano la malattia lo debilitò, ma ebbe pur sempre accanto una moglie sollecita che si prendeva cura di lui. Morì nella sua casa, nel suo letto, assistito dalla sua donna; morì da vecchio, tranquillamente come era vissuto. Scarpetta interiorizzò senza traumi quel lutto famigliare, perché tempi e modalità le erano apparsi del tutto naturali. In un certo senso il nonno l’aveva preparata ad affrontare la realtà, avendolo spesso sentito ripetere che “tutto passa”. Ogni volta, nel pronunciare la frase, Pacifico cercava di assumere un’espressione austera, senza ottenerla perché il suo volto era incurabilmente solare; riusciva comunque a trasmettere il senso inappellabile della sentenza dando alla voce un timbro grave.
–
Mestizia
–
Lavorando tanto, la madre aveva poco tempo da dedicarle, ragion per cui Scarpetta era sovente a casa dei nonni. Stava bene con loro; se poi riusciva a dormirci provava una gioia ineffabile. Il primo a ritirarsi era il nonno ma, quando lo raggiungevano, era ancora sveglio che leggeva. Presa posizione al centro del letto, la piccola seguiva, attenta, le mosse della nonna: la vedeva uscire dalla camera e tornare con indosso la camicia da notte; Mestizia toglieva quindi le forcine e la crocchia diveniva lunga treccia, poi nera cascata; spazzolava a lungo i capelli con gesti morbidi e lenti; infine vi faceva cadere qualche goccia di profumo. Una grossa sveglia rotonda, di acciaio, scandiva il cerimoniale notturno. Spentasi la luce, Scarpetta si divertiva ad inspirare a fondo, trattenendo l’aria nei polmoni fino ad avvertire uno sbandamento, un principio di svenimento. Se è costretta ad affidare a una sveglia il compito di ridestarla, immancabilmente, il ticchettio ha il potere di riproporle l’odore dell’infanzia. Lenzuola lavate a mano, con cura e lisciva, riposte inserendo tra le pieghe sacchetti di lavanda essiccata. I lunghi capelli della nonna quali fili d’erba aromatica. Altre essenze impregnavano quell’epoca bambina, perché onestà e bontà profumano di pulito; anche il silenzio ha la sua fragranza. Scarpetta ricorda che i nonni si scambiavano poche parole: evidentemente non ne avevano bisogno dato che palpabile era l’intesa fra i due. Incentrata su stima e rispetto reciproci, e grazie a gesti semplici, posti insieme, quotidiani, la loro relazione era divenuta una rocca inespugnabile. All’interno di quella fortezza, di giorno Scarpetta si sentiva al sicuro, la notte faceva sogni d’oro.
–
Trottandole dietro, riusciva ad accompagnare Mestizia nelle lunghe camminate che la portavano in visita al padre, fin quando non morì, poi a cugini e fratelli. Non arrivavano a mani vuote: un pacchetto di caffè o una bottiglia di Marsala erano doni preziosi, soprattutto per chi viveva in luoghi isolati. La bambina non si lamentava delle scarpinate, addirittura le piacevano: procedendo in mezzo alla campagna, ammirandola, scambiandosi osservazioni, nonna e nipote seminarono la loro relazione e raccolsero un’intesa complice. Lungo la strada si fermavano a salutare contadini e comari. Alcune volte visitarono luoghi in cui Mestizia aveva lavorato: la villa dell’ammiraglio cui lavava i panni; il molino dove rammendava sacchi; il frantoio d’olive in cui provvedeva alla manutenzione di utensili. Che fossero ex datori di lavoro, vecchi amici o solo conoscenti, era emozionante vedere come l’accoglievano, mostrando tutti di nutrire per lei stima e rispetto. Sovente le escursioni di nonna e nipote erano finalizzate alla raccolta di erbe commestibili, chiamate genericamente cicoria. Campanula rapunculus invece è il termine scientifico del raponzolo: campanulacea perenne con fiori violetti in lunga pannocchia, di cui si mangiano sia le foglie che la radice carnosa. Serviti crudi e conditi ad insalata, Scarpetta andava matta per i raponzoli. Munita di coltello riservato per quell’uso, dalla lama stretta e appuntita, e di un fazzolettone blu con filetti bianchi e rossi, dove riponeva le erbe, a volte Mestizia andava da sola a raccogliere i raponzoli al fine di godersi la faccia sorpresa e felice che la nipote avrebbe fatto vedendoli giungere in tavola.
–
Per sbarcare il lunario aveva svolto mansioni umili; invece, attraverso non remunerate attività Mestizia accumulò un tesoro fatto di relazioni umane e sociali. Era molto divertente per Scarpetta seguire la nonna quando, con l’aiuto di Pacifico, andava ad installare tendaggi nelle case di giovani coppie in procinto di sposarsi. Non si faceva pagare; in compenso, mentre lei non sapeva più dove conservare bomboniere, i nipoti crescevano mangiando confetti. Spesso Mestizia faceva “le notti”, cioè assisteva malati che giungevano dalle frazioni e non avevano parenti in città. Anche in questi casi non chiedeva compensi; però quelle persone, grate, periodicamente l’avrebbero visitata portandole in dono prodotti della campagna. In ospedale operavano le suore; anche le più acide o burbere la presero a benvolere, usandole piccole attenzioni. La maggior parte delle donne sapeva farla, ma la pasta all’uovo che usciva dalle mani di Mestizia era qualcosa di veramente speciale. In occasione di feste e ricorrenze ne preparava di più per offrirla alle suore; non ci è dato sapere se le sante donne erano gentili con lei perché ricevevano la pasta in dono, oppure se con essa Mestizia contraccambiava le loro premure. Nei casi in cui riceveva ordinazioni per Prime Comunioni o Cresime, il solito pagamento in natura era accompagnato dall’invito a partecipare, con marito al seguito, alla cerimonia religiosa e al pranzo susseguente.
–
Tutta la vita Mestizia si portò dietro il cruccio di non saper leggere e scrivere; quando la nipote cominciò ad andare a scuola le disse che, appena fosse stata in grado di farlo, doveva insegnaglielo. Mentre portava avanti esperienze di alfabetizzazione di adulti Yanomami, spesso Scarpetta riandò con il pensiero alla richiesta della nonna; ancor oggi il ricordo le causa disagio perché avrebbe dovuto, almeno, tentare di assecondarla. Sorride, invece, quando si sorprende a far uso di proverbi, di espressioni popolari, perché le è chiaro che la tradizione orale della nonna analfabeta ha avuto un ruolo determinante nella costruzione della propria identità.
–
Sul letto in cui dorme quando visita la madre, Scarpetta ha voluto mettere la coperta che Verner regalò a Mestizia. Lo scopo è quello di non smettere di pensare alla donna cui i tedeschi sottrassero il copriletto, di immaginare il contesto. La verosimiglianza della scena pensata deve servire a ricordare che l’atrocità della guerra è reale. Durante la stesura di questa novella, Scarpetta ha ottenuto che la madre rimodellasse per lei il vestito bianco di Mestizia bambina. Lunga e originale, la gonna che ne è venuta fuori è stata sottoposta a tintura; il colore bordeaux fa risaltare di più i motivi damascati della trama. La Cerqua è la località in cui Mestizia nacque, e dove sistematicamente tornava. Con il termine metàtesi si intende l’inversione nell’ordine di successione dei suoni di una parola. Cerqua è la metàtesi di quercia. Detta anche rovere, appartenente al genere delle Cupulifere, la quercia comune raggiunge grandi dimensioni e fornisce legno molto duro. Di persona forte, robusta, anche spiritualmente, si dice che è una quercia. Nella mente di Scarpetta, l’immagine della nonna materna è associata a una quercia possente, dal midollo prezioso e generose fronde.
–
* Il brano “Pacifico e Mestizia” è tratto dal romanzo breve Quando le amazzoni diventano nonne, Loretta Emiri, CPI/RR, Fermo, 2011.
** Loretta Emiri è nata in Umbria nel 1947. Nel 1977 si è stabilita in Roraima (Brasile) dove ha vissuto per anni con gli indios Yanomami. In seguito, organizzando corsi e incontri per maestri indigeni, ha avuto contatti con varie etnie e i loro leader. Ha pubblicato il Dicionário Yãnomamè-Português, il libro etno-fotografico Yanomami para brasileiro ver, la raccolta poetica Mulher entre três culturas, i volumi di racconti Amazzonia portatile e Amazzone in tempo reale (Premio Speciale della Giuria per la Saggistica del Premio Franz Kafka Italia 2013), il romanzo breve Quando le amazzoni diventano nonne. È anche autrice dell’inedito A passo di tartaruga, mentre del libro Se si riesce a sopravvivere a questa guerra non si muore più, anch’esso inedito, è la curatrice.
–