• Le derive misogine del Pci – Dalla Resistenza a Maria Goretti

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    Abbiamo pensato di invitare i nostri autori, ma anche i nostri lettori, a partecipare ad una ricerca sulla sinistra, focalizzando l’analisi sul periodo che va dalla fondazione del Pci, 1921, a tutt’oggi.
    Per rimanere fedeli al sottotitolo del nostro sito – “Diario polifonico” – abbiamo pensato di proporre l’immagine, di un “mosaico polifonico” in divenire, su cui ognuno può creare una parte di questa storia partendo dalla propria sapienza personale. Non pensiamo certamente a un mosaico concluso in tutte le sue parti, ma un’immagine storica della sinistra vista dal punto di vista soggettivo di chi porrà le proprie tessere in questo scenario.

    Oggi pubblichiamo un articolo di Sonia Marzetti

     

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    Dalla Resistenza a Maria Goretti

     

    di Sonia Marzetti

     

    Quella che viene definita “Resistenza” viene fatta cominciare dall’armistizio di Cassibile (8 settembre 1943) e terminare con la fine della guerra di liberazione italiana (25 aprile 1945).
    I libri di storia sono fonti imprescindibili di date e dati, e la loro lettura e studio sono indispensabili per la comprensione e la dialettica tra il presente e i momenti del passato. Ma non bastano ed occorre una ricerca serrata che potrebbe essere chiamata “contaminazione” tra le varie aree di studio (storia, economia, letteratura e non solo) per ricostruire e “dialogare” con donne e uomini dai quali ci divide il tempo cronologico.

    Capita così, appunto, di trovare un libro dal titolo Gli irregolari – Amori comunisti al tempo della Guerra fredda, di Anna Tonelli (Laterza editore).

    1a

    Anna Tonelli fa partire il suo lavoro dal periodo antecedente la Guerra Fredda, che comprende il ventennio fascista e la Resistenza. Della Resistenza, ci piace riprendere la definizione che ne diede Bruno Trentin e cioè che la Resistenza in Italia è stata “partecipazione civile” diversa dal “maquis” francese.

    Trentin, nato e cresciuto in Francia, accompagna, appena adolescente, il padre Silvio che rientra in Italia, dopo la caduta del fascismo, ponendogli la condizione che questo viaggio non venisse considerato, per lui, la scelta di restare nel paese d’origine della sua famiglia. Solo dopo decide di rimanere, per l’autenticità dei sentimenti di ribellione di tanti uomini e donne con i quali era entrato in contatto, attraverso i quali ritrova intatto e totale il suo sogno di adolescente, che già in Francia aveva aderito all’antifascismo più profondo.

    In Italia, l’antifascismo non è mai stato vinto, dal delitto Matteotti in poi e al momento dell’armistizio viene rappresentato, di fronte all’inconsistenza di chi avrebbe dovuto governare, attraverso il rifiuto del fascismo e del nazismo di tantissimi donne e uomini, che si verifica in tanti modi diversi, dalla salita sulle montagne alle attività di “non partecipazione” nelle città occupate, come accade a Roma.

    Le donne, dopo venti anni di dittatura fascista che le voleva incolonnate negli esercizi ginnici, attività propedeutica per poi diventare genitrici di tanti figli, danno vita e spessore al rifiuto ed alla resistenza attraverso gli atti quotidiani.

    Forse è una immagine poetica (ma chi può escludere la poesia dalla storia?) ma sembra proprio questa la cifra della Resistenza, un mondo cioè visto con gli occhi delle donne, dove non c’è (ancora) alcuna strategia militare, ma il rifiuto quotidiano che può cambiare le cose. In quel periodo, prevale una scelta “irrazionale” non più solo delle donne ma anche degli uomini, non più ubbidienti soldatini ma persone che in ogni momento della loro giornata vivono e sono consapevoli della scelta fatta.

    É qualcosa di spontaneo e, appunto, una scelta di vita.

    Insopportabile, probabilmente, per chi è abituato e vuole praticare solo la gestione del potere. L’ombra del partito comunista copre questo movimento ma stavolta le stesse donne, che avevano sentito parlare del comunismo come teoria dell’uguaglianza, si avvedono di quanto sta accadendo. Ma se rifiutare il fascismo e il nazismo è vitale, rifiutare il comunismo in cui si è creduto, di cui senza dubbio ci si è innamorati, richiede un coraggio che forse i tempi storici non permettono.

    Anna Tonelli scandisce alcuni passaggi dei rapporti affettivi tra alcuni dei massimi dirigenti comunisti dopo la liberazione.

     

    SANTANCHE', MINETTI? ANCHE IOTTI NON VINSE UN CONCORSO

    Nessuno, ovviamente, vuole giudicare gli affetti tra uomo e donna, ma il miscuglio tra ideologia e rapporti umani, oltre che creare momenti dolorosi, diventano un trattato sull’ipocrisia. I rapporti non finiscono con le separazioni ma vengono cancellati sia nell’ambito affettivo sia in quello lavorativo; si cerca di cancellare anche il passato, come se non fosse mai essere esistito, tanto da annullare non solo gli affetti delle donne (perché, ovviamente, sono le donne che pagano in prima persona) ma anche le loro storie politiche, mentre le nuove compagne devono nascondersi perché “irregolari”. Ovviamente, poi, la legge de “La fattoria degli animali” di George Orwell che stabilisce “tutti gli animali sono uguali ma i maiali sono più uguali degli altri” trova sempre applicazione e le “irregolari” possono avere davanti a loro un percorso di “benevolenza” mentre per le altre non ci sarà speranza.

    La moglie di Luigi Longo, Teresa Noce, giudicata impietosamente e soprattutto “sempre” brutta oltre che comunista e povera (tra i motivi più o meno allusi che conducono al divorzio Longo ci sono anche tali “eleganti” motivazioni) viene a sapere della decisione da parte del Tribunale di San Marino (in Italia non era ancora previsto) dai giornali. Non le verrà perdonato e verrà, alla fine, allontanata dal partito per aver parlato del divorzio “a sua insaputa” con un giornale borghese come “Il Corriere della sera”.

    Nel 1950, Enrico Berlinguer propone come immagine alla quale le donne comuniste devono ispirarsi la figura di Maria Goretti, proclamata santa proprio quell’anno. Il fatto che abbia parlato della santa paragonandola a Irma Bandiera, partigiana di Bologna, torturata e uccisa dai fascisti perché non aveva denunciato i partigiani, non diminuisce lo sbigottimento di fronte al confronto, anzi. Ci fa capire meglio lo straniamento che seguirà le parole di Luciano Violante sui “ragazzi di Salò”, qualche decennio dopo.

    Al momento del discorso di Berlinguer, sembrano passati molto più di cinque anni dalla fine della Resistenza. Il comunismo è molto veloce nel riacchiappare il potere, ma è un “falso movimento” all’indietro, che per la sua “doppiezza” e “insincerità’” creerà sfiducia, malessere e immobilità.

    Ribellarsi, per le donne, vuol dire aumentare, se possibile, la condanna e assai più del divorzio pesa l’allontanamento, l’essere inascoltate o a malapena sopportate. Il pensiero corre alla vita e al suicidio della giornalista de L’Unità Francesca Nobili (conosciuta con lo pseudonimo di Francesca Spada) che si uccise a Napoli nel 1961, ed Ermanno Rea nel suo libro Mistero Napoletano ci racconta una storia crudele, tutta dentro il partito comunista.

    Scrive Teresa Vergalli nel suo libro Storie di una staffetta partigiana (Editori Riuniti University Press – pagg. 261-263): «Durante quegli anni novaresi (primi anni cinquanta del secolo scorso – N.d.R.) ho conosciuto un po’ da vicino Nilde Iotti e Palmiro Togliatti…C’erano stati incontri in riunioni e convegni, incontri senza storia. Soltanto una volta, quando a Roma con noi c’era anche sua cugina … eravamo per strada e senza volere ho sentito che Nilde le confidava, con tono molto compiaciuto, di aver avuto un complimento da Togliatti per il suo modo di vestire. Lui addirittura l’aveva additata alle altre dirigenti come esempio da seguire, riferendosi al suo colletto bianco. Probabilmente era un primo approccio galante…
    Com’è che non ritrovo niente, qualcosa di interessante? (negli incontri con Nilde Iotti e Palmiro Togliatti durante le tre estati passate insieme – N.d.R.)… Insomma non c’è stata confidenza, comunicazione o feeling. Avrei voluto che Togliatti mi chiedesse qualcosa della mia vita, della mia famiglia. Avrei voluto che si ricordasse almeno un po’ di quel mio intervento al congresso dei giovani comunisti al quale sembrava essere stato attento. Gli avrei parlato di mio padre o di cosa avevamo fatto nella resistenza.

    Penso addirittura che nemmeno la Iotti, sapesse qualcosa di me, se non la qualifica. Anzi … mi ha fatto pensare che Nilde ci avesse assimilato (l’autrice di riferisce a se stessa ed al suo compagno N.d.R.) a quei compagni reggiani che avevano condannato come riprovevole la sua relazione con Togliatti. In effetti non eravamo cosi bacchettoni, anzi, la loro felicità ci rendeva contenti. Se avessimo potuto conversare, avremmo forse detto che era tempo di mettere il divorzio tra le conquiste da perseguire… Oggi a distanza, mi dispiace dire che non siamo stati mai visti. Non so gli altri, ma noi due eravamo trasparenti. Loro non ci vedevano e non avevano voglia di conoscerci né di farsi conoscere, avvolti come erano da uno scafandro di riservatezza e di educata formalità.»

    É una descrizione piena di pudore che rappresenta la freddezza della “coppia” Togliatti-Iotti; ma l’autenticità del sentire di Teresa Vergalli e l’esigenza di scriverne vengono confermate dalla stessa Iotti in una intervista rilasciata a Oriana Fallaci nel 1962, riportata nel libro della Tonielli: «Si deve capire che il nostro partito è composto di gente semplice: si temeva che (rendere pubblica la relazione tra la Iotti e Togliatti – N.d.R) danneggiasse il partito e così ci fu una specie di difesa del partito».
    Tanta “strategia” si rivelerà anche inutile quando poi, come ricordato da Emma Bonino, lo stesso mondo cattolico avrebbe votato in gran parte per l’approvazione dello stesso divorzio prima e, successivamente, dell’aborto.

    Incredibile pensare che si potesse poi tenere veramente nascosto quello che era in realtà noto a molti: basti pensare, oltre al libro di Ermanno Rea già citato, solo per fare alcuni esempi, al film La terrazza di Ettore Scola o al libro Il comunista di Guido Morselli.

     

    8Dopo tanta angustia, il pensiero si rivolge ad un’altra grande donna della Resistenza italiana, e cioè Joyce Lussu di cui, con una splendida prefazione di Giulia Ingrao che la attualizza senza santificarla, è stato riproposto per la casa editrice L’Asino d’oro il libro Portrait, libro autobiografico in cui la Lussu, ci dimostra la sua capacità di reinventarsi la vita come traduttrice di poeti come Nazim Hikmet e Agostinho Neto.

    Viene da pensare che la formazione azionista, tanto avversata ancora recentemente dai capi del maggior partito di sinistra italiano, il cui nome è cambiato tante volte, sia riuscita a salvaguardare la dignità della donna.

    Viene ancora da pensare alla negazione che il Partito comunista italiano ha fatto nei confronti di una scoperta di una teoria scientifica (1) , di una ricerca che riguarda la nascita degli esseri umani e di una prassi che si chiama Analisi collettiva, che si potevano realizzare solo nei nostri anni e nel nostro tempo, dopo la seconda guerra mondiale, dopo gli orrori delle ideologie, quando, per la prima volta, è diventata possibile e concreta la libertà dai bisogni primari vagheggiata a partire dalla Rivoluzione Francese e proseguita per tutto l’ottocento. Idea di libertà che non aveva mai avuto il coraggio di affrancarsi dalla mentalità religiosa che, come scrive la dr.ssa Gatti nel numero 33/2014 di Left,(2) opera da sempre in direzione antiscientifica. L’uguaglianza degli esseri umani alla nascita, del pensiero che nasce dalla realtà biologica, rappresentano una certezza che, oggi, negare è incomprensibile. Tanto varrebbe curare nel 2014 una polmonite con i salassi anziché con gli antibiotici.

    Una ultima riflessione: il dibattito tra destra e sinistra, a partire dal libro di Norberto Bobbio, è argomento attualissimo. Viene da dire che, per alcune situazioni come quelle descritte dalla Tonelli, in effetti è proprio difficile spendere parole sulla differenza tra “quella” sinistra e la destra. Ma proprio da tale innegabile considerazione viene da pensare che la sinistra, e la scelta di essere di sinistra partendo dalla teoria di Massimo Fagioli, che al contrario del marxismo riguarda l’identità degli esseri umani e non le forme di produttività, è ben viva e tutta da vivere.

    Il libro della Tonelli, nonostante rappresenti momenti dolorosi, ancor oggi riesce a dare un senso di speranza quando cita nella introduzione Antonio Gramsci che nei Quaderni del carcere, commentando la filosofia di De Man, aveva sottolineato come «i sentimenti popolari» non debbano essere «ritenuti qualcosa di trascurabile e di inerte nel movimento storico» ma uno scambio imprescindibile tra «governanti e governati, tra diretti e dirigenti» per realizzare «la vita di insieme che sola è la forza sociale». Non possiamo che concordare con l’autrice, sull’insegnamento inascoltato dagli ideologi del PCI.
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    Note

    (1) Il riferimento è alla “Teoria della nascita” di Massimo Fagioli, descritta nella sua tetralogia pubblicata da L’Asino d’Oro edizioni e sviluppata dal 1972 in poi in innumerevoli scritti tra cui gli articoli che ogni settimana, dal 2006 in poi, appaiono sul settimanale Left.

    (2) Maria Gabriella Gatti, left n. 33, 30 agosto 2014, pag. 15.

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    • troppe le cose da dire….non ultima la mia casuale conoscenza di Joyce Lussu…tenne una relazione nel mio paese sui simboli della violenza che lo fece tremare …io scoppiai di entusiasmo quando sentii quelle parole…
      Tra le cose dette una parte della relazione parlava della croce come simbolo di violenza…fu una “chicca” che scateno’ la reazione del peggior bigottume paesano…
      Riguardo all’analisi collettiva ci sono stato per anni e ne so più di qualcosa..ma questa è una storia troppo lunga che va a coincidere con l’introduzione alla” marionetta e il burattino” del 1981,Agosto se non ricordo male…
      la nascita?….per me è un sorriso dimenticato…per fortuna non del tutto…
      buon proseguimento….Valerio

    • ….solo un precisazione…la nascita è più di un sogno…è un sorriso tra sonno è veglia…che ti ricordare chi sei….

      ari Valerio

    • questi articoli, le risposte e l’atmosfera interna agli scritti e racconti hanno il dono più bello della parola ill contenuto umano

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