• Il tuo volto è la porta d’oro per accedere all’invisibile

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    cop Maselli - Copia

    di Gian Carlo Zanon

     

    Phós : Nella camera oscura/irrompe la luce,/ portandoti con sé.// Nell’immagine rivelata,  poi riappari //avvolta di luce.

     

    Sabato 23 novembre sarà inaugurata, presso L’Istituto di Istruzione Superiore Statale Leon Battista Alberti di Roma,la mostra fotografica The mingling of civilizationsLa geografia dei volti di Massimo Maselli.

     

    L’immagine che presenta la mostra parla di sguardi, di occhi aperti sulla realtà, e il testo che l’accompagna, scritto da Lorenzo Maselli, poeticamente narra di  “tempi del vivere” , di “geografie del forse”  che si possono incontrare, a volte,  in un’istantanea.

     

    È il miracolo dell’arte fotografica capace di svelare il pensiero/immagine latente di chi, in un angolo di strada, dietro una finestra socchiusa, e soprattutto in un volto, ritrova, in un vissuto/immagine di quel momento, una parte di sé a lui stesso sconosciuta eppur presente. Ma, come scrive l’autore del testo che potrete leggere dopo questo, anche questo è un “inganno”  perché  chi cerca di «di ritrovare se stesso», trova «sempre l’altro

     

    «Il tuo volto è la mia immagine interna» dicono da sempre i poeti in mille e mille modi diversi all’altro da sé, agglutinando le parole di uso comune come nessuno.

     

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    «Bisogna abbandonare la concezione tradizionale della percezione come passibilità meccanicamente fedele del dato osservato. La percezione non coglie solo la struttura oggettiva ma fa un’immediata alchimia che poi non sarebbe altro che il risultato del rapporto tra oggetto e soggetto che guarda».  Così affermava lo psicologo e storico dell’arte Rudolf Arnheim.

    Ed è questo sguardo sincretico che fa di una piatta figura un’immagine fotografica “parlante”  «la prospettiva di partenza, il punto di vista dal quale si guarda all’intera faccenda.»

     

     

     L’artista, con la poetica che gli è propria fa una dialettica con la realtà: ciò che è dato come puro fenomeno percettivo viene smontato esteticamente e rimontato poeticamente. La poiésis è innanzitutto un fare in senso creativo, nel senso che è l’unico modo per rendere “visibile”, o quantomeno più comprensibile, ciò che pur esistendo è invisibile.

     

     Le risoluzioni approvate nel 787 d. C. dal Secondo Concilio di Nicea rifonda, regolandola e codificandola, la rappresentazione dell’immagine della divinità cristiana. Questa ratifica del Concilio niciano mette fine all’iconoclastia iniziata quasi sessant’anni prima con l’editto dell’imperatore d’Oriente Leone III l’Isaurico. Il concilio,  convocato su richiesta di papa Adriano I e dall’Imperatrice d’Oriente Irene per deliberare sul culto delle immagini, deliberò: e l’icona, ovvero il volto di Cristo, divenne “la porta per accedere all’Invisibile”.

     

    L’Invisibile, per i monoteisti, è un attributo della divinità. I cristiani, da quel momento, potranno, secondo quanto deciso al Concilio di Nicea, rappresentare l’Invisibile.

     

    Gli artisti, credenti o pensanti che siano, ognuno con ciò che gli è più congeniale, scrittura,  pittura, fotografia, rappresentano l’invisibile. Ogni moto psichico umano è invisibile: l’odio è invisibile, il desiderio è invisibile, l’affetto è invisibile, l’anafettività è invisibile. La materia su cui appare l’immagine, carta ed inchiostro, tela e pigmento, ecc., è la  “porta per accedere all’invisibile”. Invisibile che anche se è pensato con la “i” minuscola rimane sempre e comunque  misterioso, e sconosciuto. Questo anche perché l’altro da sé non è un monolite, ma un essere in perenne movimento interiore che è invisibile … e l’arte è l’illusione di fermare un’istante di quel movimento. La fotografia dell’artista ferma l’istante arricchendo di senso la realtà avvolta di luce.

     

    E l’istante, che è un’istantanea che muta  con il divenire del tempo che ci appartiene fino al finito, è un guado: alle spalle il passato conosciuto, fotografato, esperito, di fronte il futuro sconosciuto invisibile a cui dare senso animandolo. « animare la fotografia e l’altro di una nuova vita calata nel nostro divenire…»

     

    Solo in questo modo «l’Arte riacquista una sua “ragion geografica” che gli permette non certo di raggiungere la verità, ma di scandagliare sempre più a fondo la realtà.» e  «In questo, è forse la fotografia l’arte che ha dato i frutti migliori, nel corso degli anni. Con la macchina noi cristallizziamo un istante di per sé passato, non più vero, ma tanto più possibile

     

    Realtà, Verità , Movimento, Suono, Senso, nell’istante in cui coincidono, possono essere fermate in un’immagine? Forse si: ma poi l’immagine rivelata ci parlerà di un oltre sconosciuto a cui dare un Nome e un Volto e un Senso altro.

     

    cop Maselli

    The mingling of civilizations

     

    La geografia dei volti

     

     Il Tempo. Sin dalle origini, l’uomo, di fronte all’orrore dell’eternità, si è interrogato sulla natura del divenire di tutte le cose, sui passaggi, sulla vita e sulla morte, sui principii ultimi e le cause dell’essere. Siamo ossessionati dalla temporalità, e la cerchiamo di cogliere “in sé”, come entità pura, come materia e flusso originale di ogni ente…

     

    Anche l’Arte, certo, non solo la filosofia, ci ha lasciato le sue rappresentazioni dello scorrere inesorabile degli esseri nell’Essere; ma se c’è qualcosa che forse veramente separa il “pensiero filosofico” dal “pensiero poetante”, è la prospettiva di partenza, il punto di vista dal quale si guarda all’intera faccenda. L’artista ci offre spesso istantanee di un tempo possibile, senza ricercare necessariamente l’ineludibilità di un Tempo-a-sé, privo dell’orizzonte spaziale della realtà. In un certo senso, cadendo nell’Essere, l’Arte riacquista una sua “ragion geografica” che gli permette non certo di raggiungere la verità, ma di scandagliare sempre più a fondo la realtà.


    Nei suoi diari, Virginia Woolf si stupiva della varietà di storie possibili che ogni giorno ci capita di incontrare per strada, o in casa – nel mondo, insomma. Si stupiva dell’abisso di possibilità che permea le persone che vediamo, il modo in cui le vediamo, i luoghi in cui le vediamo, i momenti in cui le vediamo. Perché proprio lui si trova qua? come mai l’ho incontrato? cosa stava facendo prima di adesso?

     

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    In questo, è forse la fotografia l’arte che ha dato i frutti migliori, nel corso degli anni. Con la macchina noi cristallizziamo un istante di per sé passato, non più vero, ma tanto più possibile. Fermiamo un volto, un’espressione. Fuori dal Tempo, guardiamo ai tempi del vivere, e alle sue geografie del forse. Soprattutto per quanto riguarda il “ritratto” fotografico – perché ogni volto, ogni sguardo, ha, appunto, una sua geografia. È una mappa, traversata da storie di uomini e di terre lasciate e ritrovate, di scoperte inaspettate; ogni volto ha i suoi mari, le sue città, i suoi popoli e i suoi commerci, e come un portolano guida i naviganti che lo incrociano per strada attraverso gli approdi più sicuri e le sponde sconosciute. Ma è una geografia che si trasforma, acquista e perde parti, si sconvolge dall’interno – è quasi magmatica, ne esce un flusso continuo di mondi, e a noi spetta esplorarli. Il fotografo proprio questo fa, perlomeno quando ritrae uomini, e donne: ruba quella mappa; un po’ la snatura, questo è chiaro: ora è lì, ferma, singolare ma immobile, eppure proprio qui inizia il nostro lavoro su noi stessi. Quel flusso che prima vedevamo isolato su un viso, ora si mescola, dentro di noi, con tutti quelli degli altri volti catturati dalla macchina, si fonde in un unico fiume di immagini e parole, di storie da raccontare. Angelo Poliziano diceva che l’artista è come un’ape, che coglie il polline da mille fiori diversi per farne un suo miele – così è il fotografo, che costruisce se stesso rubando schegge di vita a chiunque incontri sulla sua strada.

    E, ovviamente, più ampi saranno gli orizzonti di questi volti, più numerosi i luoghi di questi fiori, tanto più ricca sarà questa “collezione di esistenze” che l’artista si costruisce. Siamo oggi gettati in un mondo talmente multietnico, che tale varietà pare quasi scontata, e ne scordiamo il valore addirittura magico di formazione che riveste per ciascuno di noi. Ma è forse il caso di recuperare quell’espressione meravigliosa che gli Inglesi usano per descrivere la nostra realtà – meltin’ pot, “pentola per sciogliere”. Era in principio il calderone adoperato dagli alchimisti per miscelare gli elementi e i metalli in cerca della combinazione perfetta, quella che avrebbe dato l’oro e nobilitato la materia. Non la trovarono mai – ma sperimentarono nondimeno l’incanto di riunire in una sola pozione tutto ciò che il loro universo offriva, ogni oggetto, ogni pietra, ogni cosa possibile; lo stesso incanto che prova il fotografo con la sua macchina in mano, ma con una differenza: che questi fa di se stesso il proprio calderone, il proprio terreno sperimentale, e cerca di ritrovare se stesso, trovando sempre l’altro.

    Perché, che lo si voglia o no, noi siamo crocevia, dove di notte si intravedono viaggiatori da ogni dove e per cui passano e trascorrono le vicende di persone e popoli lontani. In questa dimensione, allora, è forse possibile anche recuperare, dai tempi, il Tempo che tanto ci assilla. Dalle migliaia di singole storie che ci si aprono agli occhi ricavare una sola, enorme Commedia Umana, animare la fotografia e l’altro di una nuova vita calata nel nostro divenire…

     

    Schopenhauer vedeva nell’Arte un primo stadio di elevazione e liberazione del singolo dalla sua individualità (e volontà…); non possiamo certo dire se avesse o meno ragione – di sicuro, però, c’è questo: che se questa mostra ha un obiettivo, è quello di metterci a contatto con quante più storie possibili, e lasciare che il loro flusso di parole silenziose ci trascini fuori da noi stessi, in una regione di meravigliosa, splendida fusione con i tempi, e gli spazi, dell’Umanità.

     

    Lorenzo Maselli

    Scheda

    Inaugurazione mostra fotografica

    THE MINGLING OF CIVILIZATIONS / Photo Portraits by Massimo Maselli / An Eye For Beauty

    Organized by : Massimo Maselli Photos – Istituto di Istruzione Superiore Statale Leon Battista Alberti Roma

    Sponsor: Credito Bergamasco

    23 Novembre ore 18:00 

    Viale della Civiltà del Lavoro, 4 – Rome

     

    Viale della Civiltà del Lavoro, 4, Rome

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    Massimo Maselli. Nato a Cosenza nel 1961, vive e lavora a Roma.


    È docente dell’Istituto di Istruzione Superiore Statale “Leon Battista Alberti” di Roma. 


    Quale pittore il suo esordio espositivo è avvenuto nel 1996 con la partecipazione al XXIII Premio Sulmona – Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea su invito del Prof. Giorgio Di Genova. Il critico d’arte Guglielmo Gigliotti, curatore delle personali “Ombre del Sacro” (2006) e “La ragione che rischiara” (2007), nonché della collettiva TIMELESS (2007), ha scritto riguardo l’opera di Maselli: “…forme e figure, colori e campiture si fanno portatori di valori strettamente ancorati al problema di un linguaggio pittorico che sia anche veicolo di pensiero. Di qui l’interesse per il potenziale enigmatico della forma, per la sua capacità di farsi sintesi emblematica. E di qui anche la tendenza alla focalizzazione di icastiche raffigurazioni dal forte e al contempo elementare valore simbolico. Ogni forma viene a caricarsi di silenzi e suggestioni, di rimandi visivi consci e riscontri invisivi inconsci che fanno della forma qualcosa che la stessa forma non potrebbe mai contenere.

     

    2013, assume la direzione artistica del Laboratorio teatrale “Leon Battista Alberti” di Roma ed esegue, nell’ambito dello stesso, insieme ai maestri Brunivo Buttarelli e Max Marra, la scenografia per “Napoli Buenos Aires andata e ritorno” di F. Pannullo e F. Scialdone. Dal 2012 comincia a lavorare al progetto fotografico THE MINGLING OF CIVILIZATIONS / An Eye For Beauty. Sempre nel 2012, la partecipazione alla 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia / Per il 150° dell’Unità d’Italia, a cura di Vittorio Sgarbi, Palazzo delle Esposizioni – Sala Nervi, Torino; Acquisizioni 2011, a cura di Claudio Rizzi, Civico Museo Parisi-Valle, Maccagno (VA); realizza, in collaborazione con il Laboratorio teatrale “Leon Battista Alberti” di Roma, la scenografia de “I Menecmi” di Plauto, Teatro Anfitrione, Roma. 2011, VI Edizione Rassegna Biennale d’Arte Contemporanea Magna Grecia, a cura di Teodolinda Coltellaro; Arte, Sublimazione e Trasfigurazione, Chie Art Gallery – Milano, a cura di Gianni Ottaviani; realizza per il Laboratorio teatrale “Alberti” la scenografia “Da Giovedì a Giovedì” di De Benedetti, Teatro Anfitrione, Roma. 2010-11: TIME PASSAGES (B. Buttarelli, M. Marra, M. Maselli, P. Verga), a cura di Omar Calabrese, Magazzini del Sale, Palazzo Pubblico, Siena. 2010, “Tempo di Passione – 15 Artisti per la Via Crucis“, a cura di Angelo Pagliaro, Galleria d’Arte “Il Castello”, Maddaloni (CE); “La tua opera per un bambino“, II edizione, Asta benefica, Palazzo Durini, Milano; realizza per il Laboratorio teatrale “Alberti” la scenografia per “Le malade imaginaire” di Moliere, Teatro Anfitrione, Roma. Nel 2009, “1000 Artisti a Palazzo“, Vetrina d’arte contemporanea, a cura di Luciano Caramel, Palazzo Arese Borromeo, Cesano Maderno (MI); “Preferisco il rumore dell’arte – Omaggio a Ugo Nespolo“, a cura di Valentina Tovaglia, Antica Pretura di Castell’Arquato (PC); “Berlino … Palestina, Messico, quando cadrà il prossimo muro?“, Contemporary Art Gallery, Roma; “Gli artisti per la Costituzione“, a cura di Cristina Mosillo e Franco Nudi, Centro Studi Fondazione Varrone, Palazzo Potenziani, Rieti; realizza nell’ambito del Laboratorio teatrale “Alberti” la scenografia per “La locandiera” di Carlo Goldoni, Teatro Anfitrione, Roma. Nel 2008, “Témenos“, a cura di Gianni Resti, Palazzo Chigi Zondadari, San Quirico d’Orcia (SI); “Repubblica e Costituzione“, Mostra d’arte per i 60 anni della Costituzione, a cura di Claudio Crescentini, Archivio Centrale dello Stato, Roma. Nel 2007, la personale “La ragione che rischiara“, Palazzo Chigi Zondadari, San Quirico d’Orcia (SI), a cura di Guglielmo Gigliotti. Le collettive: “Profondamente. Dedicato a Sigmund Freud” nel 150° della nascita, a cura di Mimma Pasqua, Biblioteca Dèrgano Bovisa, Milano; “Timeless – Omaggio a Leon Battista Alberti“, a cura di Guglielmo Gigliotti, Archivio Centrale dello Stato, Roma; “Biblia Pauperum” – IV RASSEGNA DI ARTE SACRA, promossa dal Museo Diocesano di Jesi, Sez. Fiocchi, a cura di Armando Ginesi e Vittorio Magnanelli, Palazzo della Signoria, Jesi (AN). Nel 2006, la personale “Ombre del Sacro“, Galleria “Il Castello” Centro d’Arte, Maddaloni (CE) a cura di Guglielmo Gigliotti. La partecipazione al 45° PREMIO SUZZARA, Sezione a libera partecipazione, Scuola di Arti & Mestieri “F. Bertazzoni”, Suzzara (MN). La partecipazione al PREMIO MUSEO G. BARGELLINI, IX edizione, MUSEO D’ARTE DELLE GENERAZIONI DEL ‘900, Pieve di Cento (BO), nonché alla collettiva “60×60+360“, a cura di Nicola Dimitri, YOUNG MUSEUM di Palazzo Ducale di Revere (MN) ed alla XXIII Rassegna Nazionale di Disegno “Giovanni Segantini”, a cura di Alessandro Savelli, Nova Milanese (MI). Ancora l’intervento a “13×17 PadiglioneItalia“, nell’ambito del 57° PREMIO MICHETTI Laboratorio Italia, a cura di Philippe Daverio, Palazzo San Domenico, Francavilla al Mare (CH). Del 2005 si segnalano la partecipazione alla I BIENNALE INTERNAZIONALE D’ARTE TISVA di Ankara (Turchia) ed alla III BIENNALE INTERNAZIONALE DELLA MAGNA GRECIA di San Demetrio Corone (CS), dove risulta tra i premiati. La partecipazione all’Evento Internazionale d’Arte “Grigi(Oro)“, a cura di Flavia Zanetti, Galleria OfficinArte, Magliaso (Lugano-CH). Nel 2004, la partecipazione al progetto internazionale di mail art “Al caro Giorgio – Cartoline d’artista per Giorgio Gaber“, a cura di Giacomo Lodetti e Gianni Ottaviani, Storica Libreria Bocca, Milano. Inoltre, “Aquiloni nei cieli dell’arte“, a cura di Teodolinda Coltellaro, Lamezia Terme (CZ). Progetta per l’Istituto Statale “Sandro Pertini” di Roma “Uno spazio per la poesia“, piccolo teatro all’aperto. Nell’ambito di questo progetto, nello stesso anno, viene inaugurato il mosaico 200×600 “La casa dei doganieri di Eugenio Montale“, disegnato dall’artista e realizzato dalla Scuola mosaicisti di Spilimbergo (PN), su finanziamento della Provincia di Roma. Opera site specific: giardino dell’Istituto Statale “Sandro Pertini” di Roma. Nel 2003 tiene la personale “La magia della luce“, Galleria “Arte@parte” Paola (CS), a cura di Attilio Lauria.

    È presente nelle seguenti collezioni pubbliche e private: ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Roma, MUSEO CIVICO DI TAVERNA “Mattia Preti” Sezione Arte Contemporanea, Taverna (CZ); Collezione AEROPORTO CIVILE DI LAMEZIA TERME, Sala Vip, Lamezia Terme (CZ); WORLD MUSEUM (Barindelli Swatch Collection), Palazzo Arese Jacini, Cesano Maderno (MI); Collezione d’Arte dello STUDIO VESPASIA, Milano; MiM (Museum in Motion) di San Pietro in Cerro (PC).

    Web site: www.massimomaselli.com

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