• Jacopo, Elena, Luca: non è “dimenticanza”, è pulsione di annullamento

      0 commenti

    g&n b

     

    È successo di nuovo:

    Morta la bimba “dimenticata” in auto sotto il sole


    Nota d’agenzia «La piccola è stata liberata dopo quattro ore e ricoverata, in preda a convulsioni, nel reparto di rianimazione dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze. In nottata le sue condizioni sono migliorate. I conoscenti: «Una madre premurosa»

    E’ stata la mamma a dimenticare per quattro ore la figlia di 17 mesi in auto al sole. La bimba era stata poi ricoverata in gravi condizioni nel reparto di rianimazione dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, ma non ce l’ha fatta. I giornali parlano di un altro caso di «amnesia dissociativa». L’episodio, accaduto martedì a Vada una località a sud di Livorno, è simile a quello accaduto tre anni fa a Piacenza quando un padre dimenticò il figlioletto di due anni chiuso in auto che poi morì.»

     

    di Gian Carlo Zanon

     

    Ieri sera tornando a casa ho letto questa notizia di cronaca anonima su un giornale on-line anonimo:

     

    «PIACENZA – Un bambino di 2 anni, Luca Albanese, è stato trovato senza vita, poco prima delle 17, a bordo di un’auto posteggiata in Strada Borgoforte alla periferia est di Piacenza. Inutili i tentativi di rianimazione. Secondo le prime ricostruzioni degli investigatori sembra che il bimbo, chiuso dentro l’auto del padre lasciata sotto al sole, sia morto di caldo. Sono in corso accertamenti da parte dei carabinieri per accertare le cause del decesso. Secondo un’ipotesi non confermata, il papà avrebbe dovuto portare Luca all’asilo, ma lo ha dimenticato in macchina.»


    Questo e poco più c’era nell’articolo. Prima ho usato l’aggettivo anonimol’ho utilizzato non perché chi ha scritto il pezzo non lo ha firmato, o perché il giornale non avesse un titolo; ho scritto anonimo perché l’articolo era freddo e impersonale e attorno ad esso una pubblicità pulsante parlava di automobili convenienti e di cibi per animali domestici. Il verbo dimenticare era la ciliegina sulla torta. In quell’articolo il verbo viene usato acriticamente, come se “dimenticare” un bambino equivalesse a dimenticare un oggetto qualunque.

     

    Naturalmente il pensiero va a casi precedenti, come quelli in qui morirono Elena e Jacopo. Anche lì i giornali usarono il verbo “dimenticare”.

    «La madre del bambino morto a Passignano è una brava psicologa dell’infanzia, il padre è sempre stato un uomo tutto d’un pezzo, gli amici lo chiamano ‘l’orologio svizzero’ per quanto è preciso, pignolo, scrupoloso.» Questa è un frase che fu raccolta dai giornalisti dopo la morte del piccolo Jacopo anch’egli “dimenticato”, come accaduto ieri, dal padre nell’automobile, sotto il sole.

    Ricordo che allora (facevo cronaca in un altro giornale) notai una similitudine caratteriale tra il padre di Elena morta pochi giorni prima settimana prima all’ospedale di Ancona e il padre di Jacopo. Ricordo un video in cui la madre del bambino affermò in un tristemente famoso video: : «Quello che è successo a Lucio può capitare a ognuno di noi, perché non ci si ferma mai e lui non si fermava (…) Tutto doveva essere perfetto».

    Tutti abbiamo avuto un collega o un amico che era tanto perfetto nelle cose materiali quanto ‘disattento’ nei rapporti umani. Forse molti di noi non lo hanno pensato, né hanno tradotto questa evidenza in pensiero verbale. Forse non ne hanno mai neppure parlato, e come si può parlare male di una persona che non arriva mai in ritardo, che si ricorda le date, i numeri di telefono, che è sempre puntuale come un “orologio svizzero”. Però, forse, alcuni, forse quelli meno perfetti, avranno sentito un non so che di gelido stando vicino a queste persone; un piccolo fastidio invisibile, che non permetteva di amarle fino in fondo oppure di star loro accanto sentendosi a proprio agio. Forse i più attenti si saranno anche accorti che molto spesso la “perfezione” era accompagnata da una assoluta insensibilità affettiva.

    Ebbene troppo spesso sono proprio queste persone che poi “dimenticano” gli esseri umani che stanno loro accanto. Questi individui, così lucidi,  così perfetti, quando succede un dramma vengono definiti da vicini di casa, parenti, amici, mogli, parroci della parrocchia, “padre esemplare, brava persona, educata e … perfetta”.

    Ricordo che dopo la morte di Elena e Jacopo, ricercai una risposta nelle dichiarazioni di psicologi e psichiatri, incontrate nei media, per cercar di capire cosa può succedere nella mente di queste persone, che “dimenticano” i figli in macchina causandone la morte.

    Luigi Cancrini, il 23 maggio 2010 sulle pagine de L’Unità, scrisse, (citando il solito Freud, padre, secondo lui, “della moderna psicoterapia”)  di lapsus e amnesie, che sarebbero, sempre secondo Cancrini, “un segno importante del nostro livello di maturità personale.”.

     

    L’eminente psichiatra scrisse anche che tutti noi, che ci consideriamo sani di mente, possiamo essere improvvisamente: «Travolti dalle isole di follia che sono sempre in agguato. Dentro tutti noi e dentro ognuno di noi.» Quindi, secondo Cancrini,  “dimenticare” il proprio figlio in macchina è “un segno importante di maturità personale”. Forse lo psichiatra mentre scriveva è stato “travolto da un’isola di follia che sta sempre in agguato” …  

    A queste tragiche affermazioni seguì una lettera, non certamente “anonima”, di una ex allieva del dottor Cancrini, Irene Calesini, psichiatra e psicologa clinica:

    «Caro dott. Cancrini, no, non sono d’accordo: non ci sono isole di follia in agguato dentro ciascuno di noi, pronte a riemergere e a travolgere appena si lascia andare il controllo. Non è “normale” perdere completamente il rapporto con un essere umano, sino a renderlo non esistente e quindi “dimenticarlo”, come fosse un oggetto. Stimato professore, come psichiatra del 21° secolo non può non sapere che si chiama pulsione di annullamento ed è malattia della mente. Non può non conoscere la teoria della nascita umana, del prof. Massimo Fagioli (…) “mio figlio di 11 anni, davanti alla TV mi ha chiesto: “mamma, è vero quello che dicono, che è normale quello che è successo?” No, non è normale. É tempo di dare altre risposte e gli psichiatri hanno grandi responsabilità in questo.»

    g&n bam

    Ho ritrovato anche l’articolo del Corriere della Sera, 19 maggio 2010,  in cui Mauro Covavich scriveva :

    « …sappiamo, forse è l’unica cosa certa, che non si è trattato di dimenticanza. Semmai abbiamo la sensazione di avere a che fare con la madre di tutte le rimozioni, la scandalosa, violenta irruzione del Sacro, quel misterium tremendum in presenza del quale restiamo atterriti e affascinati.(…) È come se ieri fosse piovuto di nuovo, ancora una volta, il monolite di 2001 Odissea nello spazio, non c’è nessun accesso interpretativo per questo blocco di granito. È un evento impenetrabile, conviene averne rispetto, osservarlo da ragguardevole distanza e rinunciare alle spiegazioni.»

     
    C’era anche una risposta importante alle affermazioni di Covacich, pubblicata sempre sul Corriere, di due psicoterapeuti di Roma, Giovanni Del Missier, psichiatra, Maria Pia Albrizio, psicologa clinica. Ricordo che in quella lettera i due psicoterapeuti rifiutavano l’idea espressa da Covacich:

    « … Come psicoterapeuti non crediamo a Covacich che, ricorrendo all’immagine del monolite di 2001 Odissea nello spazio, afferma “È’ un evento impenetrabile” e “non c’è nessun accesso interpretativo” (…) e pensiamo al contrario che la ricerca scientifica debba approfondire la questione.(…) Al riguardo segnaliamo che la comprensione della Pulsione di annullamento, proposta nel 1972 dallo psichiatra Massimo Fagioli in Istinto di morte e conoscenza (…) potrebbe contribuire a rendere praticabile una ricerca sulla patologia mentale, affettiva e cognitiva, alla base del fenomeno umano (e non sacro) dell’assenza  e delle sue tragiche conseguenze.»

    Scommetto che tra qualche giorno, forse già da oggi, il caso di Luca, ucciso dalla “dimenticanza” del padre, verrà trattato alla stesso modo dai soliti psico-star intervistati da informatori mediatici “anonimi”, eludendo ciò che allora questi psicoterapeuti, che fanno riferimento alla pulsione di annullamento, scoperta negli anni ’60 dallo psichiatra Massimo Fagioli, scrissero: la causa queste “dimenticanze” ha un nome: anaffettività causata dalla pulsione di annullamento.

    “Dimenticare un mazzo di chiavi è amnesia, dimenticare un bambino è annullamento”. Leggi qui l’intervista a Massimo Fagioli

     

     

    Probabilmente i media scriveranno ancora cose simili a quelle che Lorenzo Mondo sulla Stampa il 29 maggio 2010 scriveva:

    «Possiamo cioè ipotizzare, con beneficio d’inventario, che i due genitori (il padre di Elena e quello di Jacopo N.d.R.) siano vittima di una frenesia che insidia le nostre esistenze: la preoccupazione per il lavoro, il mutuo da pagare, le vacanze da programmare (…) Tutto ciò che porta a obliterare i sentimenti e gli affetti, a non concedergli il primo posto nella nostra vita. Se colpa c’è, è in una disattenzione che si produce per gradi e viene da lontano, prima di manifestarsi nelle vampate omicide del solleone.»

     

    Mi chiedo perché Mondo allora usò il verbo “obliterare” e non il verbo“annullare”. Mai visto un sentimento trattato come un biglietto del tram.

    Anche Lorenzo Mondo volle annullare ciò che è pubblico da più di quaranta anni, e che lui chiamò “obliterare”, ovvero la “pulsione di annullamento”.

    Nel maggio 2010, lo psichiatra e psicoterapeuta Andrea Masini, allora professore di Psicologia Dinamica all’Università di Chieti, rispose con idee molto chiare su questi due eventi tragici. Ad un giornalista che gli domandò: «É dimenticanza? È un black-out improvviso?» Masini rispose:

    « No, è pulsione di annullamento, una parola, un concetto, una teoria, oggetto sempre più di molta attenzione e considerazione da parte del mondo psichiatrico e dei media. (…) La pulsione di annullamento è un’attività inconscia che rende l’altro non esistente, mai esistito e che porta all’anaffettività, per cui si perdono gli affetti ed il rapporto affettivo verso una bimba o un bimbo».

    5 Giugno 2013

    “Dimenticare un mazzo di chiavi è amnesia, dimenticare un bambino è annullamento”. Leggi qui l’intervista a Massimo Fagioli

    Aggiungiamo questo editoriale pubblicato il 14 giugno 2013  su La Stampa

    Dimenticare un bambino

    Non è come dimenticare un oggetto. C’è una teoria scientifica già nota da decenni in ambito psichiatrico in grado di orientare su tali comportamenti genitoriali

    Ludovica Costantino*

     –

    Sono medico, psichiatra , psicoterapeuta e lavoro da più di trent’anni con pazienti a volte molto gravi, mi ritengo pertanto qualificata ad intervenire per proporre dei chiarimenti a proposito di articoli apparsi recentemente, il 5-6 giugno sulla Stampa, Corriere della sera, Repubblica e Unità, che riportavano l’immensa tragedia del bimbo dimenticato in macchina dal padre e della bimba lasciata per distrazione nello scuolabus.

     

    Queste «assenze» e «vuoti», come giustamente ha sottolineato Paolo Di Stefano nel suo articolo «Quel buco nero che inghiotte il nostro essere genitori» sul Corriere della Sera del 5 giugno, hanno ormai una chiara e definita etiopatogenesi e sono comprensibili se ci si rivolge alla complessa teoria del professor Massimo Fagioli pubblicata in Istinto di morte e conoscenza agli inizi degli anni settanta.

     

    Queste dimensioni di vuoto-assenza improvvise sono riconducibili alla scoperta della «Pulsione di annullamento» e, per citare le stesse parole del professor Fagioli sull’ultimo numero della rivista Left: «Pulsione. Quando compare da sola è il fondamento della pazzia dell’essere umano: l’anaffettività». Ed è tale pulsione che determina questi vuoti-assenza che sono alla radice di simili comportamenti patologici che hanno dunque un volto che possiamo conoscere e quindi curare.

     

    Sarebbe opportuno, in questi casi drammatici, riferirsi a tale scoperta fondamentale nel campo della psichiatria, dal momento che è diffusa ormai in campo internazionale, è materia di studio nelle scuole di specializzazione delle Università e che moltissimi miei colleghi, che seguono questa teoria come me in Analisi collettiva da quasi quarant’anni, applicano con successo nella professione con i loro pazienti.

     

    * medico psichiatra e psicoterapeuta

    Pulsione di annullamento articoli correlati

    Scrivi un commento