• Israele, l’utopia tradita – Lettera

      0 commenti

    va

     

    La lettera

     

    Vi seguo da tempo e ho notato che finora, a parte un piccolo accenno sull’articolo Jeanne Pucelli a margine del tema sull’identificazione col carnefice, già esplorato  da Liliana Cavani in un suo piccolo saggio che fa da prefazione al libro Il portiere di notte, uscito dopo il film, non avete scritto nulla sul genocidio del popolo palestinese, o, se preferite, la pseudo guerra tra Israele e Palestina.

     

    So che in questo vostro luogo non verrò accusata di antisemitismo se mi esprimo con queste modalità. Mi sono messa a scrivere solo perché volevo dire due cose molto semplici che, penso, non possono essere smentite da nessuna persona dotata di onestà intellettuale. È chiaro che l’antisemitismo, quando è tale, va condannato sempre con fermezza. È chiaro anche che non si deve confondere per antisemitismo il rifiuto netto della politica di Benjamin Netanyahu,  ma per condannarlo efficacemente è opportuno non confonderlo con altro.

    In questi giorni mi sono trovata spesso a discutere con alcune persone, che ritenevo dotate di onestà intellettuale, che mi hanno detto chiaramente che sono antisemita. Altre persone, quando ho detto chiaramente che l’articolo apparso su Il Manifesto, che quasi accusava il governo di Israele della morte dei tre ragazzi ebrei, non mi convinceva affatto, mi hanno detto che ero complice di genocidio.

    Ma possibile che non si possa parlare con un po’ di buon senso di questa tragedia? Anche su questo tema si assumono atteggiamenti da stadio in cui o stai con una tifoseria o stai con l’altra. Per uscire da questo impasse faccio un po’ di riflessioni che penso siano condivisibili

     

    a)Mi sembra sia chiaro a tutti che l’informazione mediatica italiana stia dalla parte del più forte.

     

    b)Penso che la maggioranza degli israeliani, anche se non lo ammetteranno mai,  voglia occupare tutta la Cisgiordania. I programmi di incentivazione demografica parlano chiaro. Anche gli atlanti storici che evidenziano il lento ma inesorabile land grabbing da parte di Israele parlano chiaro.

     

    d)Penso che i capi di Ḥamās siano venuti a conoscenza, a fatto avvenuto, del luogo in cui i tre ragazzi israeliani sono stati ammazzati. Questo non significa che io pensi che l’ordine sia venuto da Ḥamās.

     

    c)Penso, ma non ne sono sicura, che, generalizzando, i palestinesi siano guidate da forze che vedono nel martirio l’unico modo per mantenere il potere.

     

    d)Mentre mi è sufficientemente chiara la strategia del governo israeliano che rappresenta la volontà politica della maggioranza degli israeliani di Israele, non capisco la “strategia” suicida di Ḥamās. Qualcuno me lo spieghi. Per favore!

     

    e)Infine penso che, a parte il caso del Presidente boliviano Evo Morales, non ci sia nessuna volontà politica che voglia seriamente porsi in mezzo tra palestinesi e israeliani per fermare ciò che sta accadendo. Non c’è per vari motivi il primo tra questi è la forza economica degli israeliani soprattutto in America.

     

    Detto questo spero che qualcuno mi spieghi ciò che io non so, e che senza l’aiuto di persone dotate di onestà intellettuale non potrò mai sapere. Un’ultima cosa : io ovviamente non sono neutrale, di solito mi schiero con chi  ritengo più debole. È una mia “tara genetica” di cui non conosco la genesi; “un’anomalia della specie”, che a quanto ho potuto notare nella mia ancor breve esistenza, è una sindrome molto rara che si manifesta nei primi anni di vita ma poi di solito, tranne che in individui particolarmente ostinati, scompare .

    Manuela F. – 20 luglio 2014

     

    maxresdefault1

    La risposta

    Cara Manuela, non abbiamo scritto nulla perché il tema è delicato. Abbiamo già dedicato un articolo molto duro sulla questione palestinese e lo abbiamo ripubblicato alla morte dei tre ragazzi israeliani. (leggi qui)

    Come ho, e abbiamo, più volte ripetuto, ci sentiamo abbastanza protetti dall’accusa di antisemitismo, come da quella di antisionismo, per il fatto che nelle nostre pagine – oltre a decine di articoli sulla shoah – si è cercato di fare una ricerca più obiettiva possibile su ciò che io definisco “questione palestinese”. Ho chiaro che gli Israeliani sentano come propria la terra da essi occupata a ridosso della seconda guerra mondiale. Era ed è la loro utopia, quella della terra promessa … il problema è che gliela aveva promessa il dio degli eserciti che li aveva “infeudati” in quei luoghi più o meno come fece Leone IX che infeudò i normanni di Roberto il Guiscardo in Sicilia: “quella terra è vostra, andate a prendervela”.  Penso al film Exodus e penso che, secondo me, un’utopia realizzabile è stata tradita.

    Ho chiaro anche che i palestinesi abbiamo nei confronti di quella terra gli stessi sentimenti degli israeliani. Non ho chiaro però il motivo per cui una persona, come dici tu intellettualmente onesta, possa pensare che sia giusto che la Cisgiordania, dal 1968 in poi,  possa essere occupata una zolla dietro l’altra dalla colonizzazione israeliana, sempre utilizzando ragioni di sicurezza nazionale legittimate però dalla paranoia di alcuni dirigenti politici palestinesi che credono da cinquant’anni di poter rioccupare quelle terre con il terrorismo.

    Valzer_con_Bashir

    Inoltre, dato che ho rifiutato la religione e la cultura in cui mi sono trovato a nascere e i suoi maestri del non pensiero, non capisco chi difende quella parte di cultura israelitica impregnata di religione. Ad esempio trovo che la volontà di sposarsi solo tra ebrei sia di fatto un orrore sociale. E non me ne frega niente delle tradizioni, dell’identità di appartenenza  e di tutte quella cazzate che servono solo a coprire vuoti identitari interiori.

    Dall’altro lato ci sono i palestinesi che in gran parte accettano un destino dettato loro dai mullah  che hanno perduto il senso dell’esistenza. Quando dico queste cose mi sento anche dire che è così perché ad ogni palestinese, a volte ancor prima di nascere, è stato strappato per mano israeliana un padre , un fratello, un compagno. Mi rendo conto che parlare in questo modo senza essere direttamente coinvolti è facile. Ma che devo fare? Che devo fare se non combattere le mie battaglie quotidiane contro ciò che ritengo disumano utilizzando il mio pensiero e i miei strumenti?

    Un’ultima cosa : qualcuno mi potrebbe spiegare il motivo per cui quando un combattente palestinese viene preso dagli israeliani si dice che è stato catturato e fatto prigioniero un terrorista e invece quando un combattente israeliano viene preso dai palestinesi si dice che un soldato è stato rapito ed è tenuto in ostaggio?

    Gian Carlo Zanon

    1 agosto 2014

    Articoli correlati

    Scrivi un commento