• Interstellar: Kubrick e Tarowskij o Il pianeta proibito?

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    di Lorenzo Sartori

    Christopher Nolan, regista famoso per la trilogia di film su Batman, ha fatto anche un paio di film interessanti indagando sulla psiche, Memento (2000), Inception (2010).
    Sono andato a vedere Interstellar, il suo ultimo film, dopo aver letto di come si fosse ispirato, o comunque confrontato, con due capolavori del cinema, 2001 Odissea nello Spazio (1968) di Kubrick e Solaris (1971) di Tarkowskij.
    La storia si svolge in un futuro molto prossimo, in cui una sciagura sta uccidendo anno dopo anno le specie di piante necessarie all’uomo per la sopravvivenza; questo è l’anno del mais. Lo scenario che appare curiosamente somiglia al MidWest americano durante la crisi del ‘29, quando i venti portarono sabbia dal Golfo del Messico sulle coltivazioni facendo perdere l’intera produzione americana e costringendo la popolazione ad una emigrazione interna. Forse una citazione del romanzo The Grapes of Wrath di John Steinbeck?

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    Cooper con la figlia alla fattoria


    Il protagonista, Matthew McConaughey /Cooper è un padre insoddisfatto, vedovo e con due figli: il figlio maggiore è dotato, ma il suo futuro è già scritto: dovrà fare il contadino come il padre, le università sono sparite con la crisi, l’umanità è giunta al grado zero della pura sopravvivenza. La figlia, intelligente, a scuola non si adatta al racconto di un passato distorto che trova sui libri di scuola. Ha una libreria personale che occupa un’intera parete della sua camera, cosa rara, in cui trova la realtà vera della storia.


    Ed è proprio dalla libreria che comincia il racconto. Lei dice al padre che c’è una presenza, che fa cadere i libri, e che non è un fantasma. Insieme capiscono che i libri non sono caduti a caso, ma segnano delle coordinate spaziali. Il padre parte alla ricerca del luogo origine del segnale, e si ritrova in una base della NASA, che si pensava fosse stata chiusa durante la crisi. Qui si scopre che Cooper era stato un’astronauta, l’unico rimasto sulla terra ad essere mai stato nello spazio. Gli viene chiesto di condurre una missione per recuperare le tre spedizioni che erano state mandate su pianeti simili al nostro a cercare la possibilità di vivere fuori dalla terra, sfruttando l’opportunità di percorrere distanze enormi attraverso un buco nero.

    Il buco nero, che da decenni affascina ed inquieta il mondo, non è però, secondo me, il punto più importante del film, nonostante scene incredibili che saldano (forse) il conto estetico con Kubrick e Tarkowskij.
    Il vero senso di questo film è di aver regolato i conti con un pensiero-non-pensiero, con la psicoanalisi di Sigismondo Freud.
    Mentre vedevo il film, mi risuonavano altre immagini, un’altra storia: quella de Il pianeta proibito (1956) di Fred MacLeod Wilcox.
    Lì quando l’astronave giungeva sul pianeta, i protagonisti scoprivano di essere rimasti i soli due sopravvissuti: uno scienziato, Mobius, e la figlia.
    Gli altri componenti della missione erano morti misteriosamente. La figlia, cresciuta sola con il padre, scopre nei salvatori l’esistenza del maschio adulto, che lui le aveva sempre descritto come un animale perverso, e non rimane indifferente: si fa cucire abiti nuovi per l’incontro con il capitano, e dopo un primo bacio di cui rimane un po’ perplessa, si lascia coinvolgere dal rapporto con lo sconosciuto. A quel punto, appare una tigre. Mobius aveva fatto vedere loro che lei aveva degli animali, opera della sua fantasia, con cui passava il tempo. La tigre assalta il comandante, che le spara uccidendola…

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    L’incontro tra i capitano e la figlia dello scienziato

    Tornato all’astronave, il capitano affronta l’assalto di una strana presenza, una bestia con le sembianze infernali e senza una forma fisica percepibile: quando Morbius si risveglia, la bestia scompare. Lo scienziato spiega ai salvatori che ciò che ha assaltato l’astronave è un mostro dell’ID, “elemento base della mente subcosciente”. La bestia è originata quindi dal mondo dei sogni, dalla realtà non cosciente e sempre malata dell’essere umano, in pieno stile freudiano.
    Dice Morbius quando gli raccontano dell’assalto all’astronave: “si è riscatenato”…

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    l’assalto della bestia all’astronave mentre lo scienziato dorme.

    Il film di Christopher Nolan, invece fa uscire dalla sala con una bella sensazione, perché nonostante segua la trama del Pianeta proibito, ha una visione della psiche e dei rapporti tra gli esseri umani completamente diversa, per esempio il tipo di rapporto tra Cooper e la figlia, che non voleva che il padre partisse. Affascinati sono anche gli slittamenti i spaziotemporali subiti dall’astronave nel buco nero: pochi giorni vissuti dal protagonista in questo spazio si trasformano sulla terra in decenni. Quando Cooper ritorna, la figlia è ormai vecchia. Diventata adulta, aveva lasciato fratello e fattoria ed era andata a lavorare alla base della NASA.

    Apparentemente era lei, più che il fratello, ad aver sentito l’”abbandono” del padre, ma quando lui torna e la trova attorniata dai parenti, lei gli fa capire che sta bene e gli suggerisce, piuttosto che stare lì a compatirla, di andare a recuperare l’unica donna che era sulla missione spaziale, che era atterrata su uno dei tre pianeti e lì rimasta sola. Il figlio, invece aveva perso ogni speranza e era rimasto alla fattoria, tirando su la tipica famiglia americana.

    Un unico dubbio, qualcosa di non risolto, che mi è tornato di nuovo, dopo la delusione di Inception: il film in cui Nolan raccontava della missione di un gruppo di mercenari pagati per entrare nella psiche di un industriale e fargli cambiare gli investimenti. In quel film la psiche umana era rappresentata da spazi reali che si piegavano e si contorcevano, come forse in un possibile sogno, più incubo che sogno. Viene alla mente l’immagine degli orologi che si deformano sciogliendosi di Dalì.

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    Il pianeta proibito, l’archivio

    Nel film Insterstellar, in una delle ultime scene in cui il padre entra nel buco nero e torna indietro nel tempo – era lui il fantasma che faceva cadere i libri in modo da scatenare il nuovo corso degli eventi – , la rappresentazione di questo spazio è incredibilmente simile all’enorme archivio della conoscenza che lo scienziato faceva vedere al capitano ne Il pianeta proibito.
    Possibile che non esista un modo di rappresentare la psiche che non siano i famosi cassetti di freudiana memoria, o una libreria, luoghi di accumulo di memorie coscienti senza alcuna possibilità di trasformazione?

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