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di Gian Carlo Zanon
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Il 29 luglio 1987 Thomas Sankara ad Addis Abeba pronunciò il famoso Discorso sul debito e la propria condanna a morte. Sankara suggerì l’istituzione di un nuovo fronte economico africano che fosse in grado di contrapporsi a quello europeo e statunitense. Cercò, invano, di convincere gli altri capi di Stato africani a rifiutarsi di pagare i debiti con le banche europee e statunitensi, da loro stesse creati, poiché era convinto che i soldi da restituire agli altri Stati potevano essere reinvestiti in riforme sanitarie e scolastiche. Se non li restituiamo, disse, loro non moriranno di fame, se li restituiamo noi continueremo ad essere i loro schiavi.
«Noi pensiamo che il debito si analizza prima di tutto dalla sua origine. Le origini del debito risalgono alle origini del colonialismo. Quelli che ci hanno prestato denaro, sono gli stessi che ci avevano colonizzato. Sono gli stessi che gestivano i nostri Stati e le nostre economie. Sono i colonizzatori che indebitavano l’Africa con i finanziatori internazionali che erano i loro fratelli e cugini. Noi non c’entravamo niente con questo debito. Quindi non possiamo pagarlo. Il debito è ancora il neocolonialismo con i colonizzatori trasformati in assistenti tecnici. Anzi, dovremmo invece dire “assassini tecnici”. Sono loro che ci hanno proposto i canali di finanziamento dei finanziatori. (…) Ci hanno presentato dei dossier e dei movimenti finanziari allettanti. Noi ci siamo indebitati per 50, 60 anni e più. Cioè siamo stati portati a compromettere i nostri popoli per 50 anni e più. Il debito nella sua forma attuale, controllata e dominata dall’imperialismo, è una riconquista dell’Africa sapientemente organizzata, in modo che la sua crescita e il suo sviluppo obbediscano a delle norme che ci sono completamente estranee. In modo che ognuno di noi diventi schiavo finanziario, cioè schiavo tout court, di quelli che hanno avuto l’opportunità, l’intelligenza, la furbizia, di investire da noi con l’obbligo di rimborso (…)».
Ho ascoltato questo discorso alla radio oggi e l’ho collegato sia a ciò che ha scritto sul n. 1 – 2023 di Micromega il giornalista Marco D’Eramo a proposito del nostro debito pubblico, sia all’incontro/dibattito sul “Regionalismo differenziato” tenutasi a Castiglione delle Stiviere ieri sera.
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D’Eramo scrive chiaramente che noi cittadini italiani siamo succubi di ciò che qualche decennio fa chiamavamo “impero americano” e che: «/…) sempre d’impero si tratta, cioè di limitazione di sovranità e di restringimento dell’ambito di azione della politica. Paletti assai rigidi sono posti alle possibilità di cambiamento.(…) L’impero statunitense (…) con il capitalismo neoliberale, è evidente che non permetterà mai una benché minima fuoriuscita da questo sistema: era la lezione che Enrico Berlinguer aveva tratto dalla vicenda cilena del 1973». D’Eramo si riferisce al fatto che dopo il golpe cileno voluto dagli USA, divenne palese il ricatto da parte del potentato neoliberista americano: chi esce dal sistema neoliberista subirà la sorte cilena… e Berlinguer decise di soccombere al ricatto mitigando le “pretese” di giustizia sociale col compromesso storico.
Ma le cose stanno ancor peggio di così, e gli interregni a-democratici di Monti e Draghi avrebbero dovuto farci capire ciò che D’Eramo scrive: «Un paese come l’Italia è suddito non solo dell’impero statunitense, ma anche della cosiddetta Trojka costituita da Commissione Europea, Banca centrale europea e fondo monetario internazionale. Se la tecnologia informatica è lo strumento del controllo e della sorveglianza fisica, materiale delle persone, il debito pubblico è invece l’equivalente economico di un braccialetto elettronico, Si è visto come il mitico spread funzione da guinzaglio, se non da museruola.» Questo perché, scrive D’Eramo, il nostro debito pubblico ora è pari al 150% del prodotto interno lordo. «Vuol dire che non ce lo scrolleremo mai di dosso (…) Detto in soldoni, viste queste sudditanze, il margine di governo di azione che resta al Governo italiano è limitato alla distribuzione di appalti e di nomine: il Presidente del consiglio ha, rispetto all’Italia, meno potere di quanto ne abbia un sindaco rispetto alla sua città».
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Questa drammatica situazione politica e sociale, che dovrebbe essere chiara a tutti, è invece negata, vuoi per ignoranza, vuoi per paura, vuoi per delinquenza da chi la cavalca e la gestisce per ragioni utilitaristiche personali. Il debito pubblico, la sua creazione – che è identica a quella di cui parlava Sankara – la sua gestione, è un fantasma sempre pronto a incarnarsi in fenomeni, come la “strategia del terrore di stato”, colpi di stato “innocui” alias governo dei tecnici, golpe Borghese, et similia.
Ed ecco che giungiamo subito alla questione del “Regionalismo differenziato” – già tacitamente pianificato dal 2001 durante il Governo Amato II di centrosinistra – auspicato, più o meno palesemente, da tutti i partiti pochi esclusi. Quindi se, come dice D’Eramo «il margine di governo di azione che resta al Governo italiano è limitato alla distribuzione di appalti e di nomine» e quindi al ruolo di passa carte, e se tutti i partiti non faranno opposizione allo smembramento dello Stato, favorendo così la logica neoliberista che impone la legge del più forte sul più debole, cosa significa? Significa che i burattinai di Wall Street vogliono lo smembramento dello Stato, e il suo consecutivo indebolimento, che con un eufemismo ora viene chiamato “Regionalismo differenziato”.
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Quali sono i margini in cui ci si può muovere politicamente? Fino a che ci sarà dato modo di esprimere la nostra visione sociale e politica, il margine è ogni forma di “lotta, senza armi, soltanto rivoluzione del pensiero e parola” (Cit. Massimo Fagioli).
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Quindi iniziare sempre partendo da un rapporto vero e reale con la realtà politica e sociale, e con lo stato delle cose reale. Stato delle cose reale che non è quello che omettono i politici di ogni partito/azienda italico ma che è quello indicato anche da Marco d’Eramo, da Erri De Luca, da Valeria Parrella e da Telmo Pievani sulla rivista di MicroMega intitolata “La sinistra è morta viva la sinistra?”. Aver chiara la situazione politica, non nasconderla e non nascondersela, e su una base di realtà, coraggiosamente combattere contro il disumano che avanza su ogni fronte – ambientale, sociale, politico, ecc., che si apre nei microcosmi più prossimi come nei macrocosmi internazionali… perché se è vero come si dice che “il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo”, è ancor più vero che il rifiuto anche di una sola persona di far compromessi, di chiudere gli occhi sulla realtà, di dire mezze verità, di cedere all’ingiustizia può diventare una rivoluzione… Rosa Park è lì a dimostrarlo.
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Parafrasando Sankara, se restituiamo il debito dovremo pagare anche per andare al cesso e per l’acqua dello sciacquone, se non lo restituiamo gli azionisti delle banche a cui ogni anno regaliamo 65miliardi di euro di interessi, senza che il debito pubblico cali, non moriranno di fame… d’altronde chi gioca in borsa sui destini degli esseri umani può anche perdere… n’est-ce-pas?
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6 Aprile 2023