• Il pensiero umano non è artificiale, “l’intelligenza artificiale” non è umana

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    di Gian Carlo Zanon

    «La visione antropologica che sottende la ricerca svolta nel volume, infatti è legata alla Teoria della nascita proposta da Massimo Fagioli fin dal 1972. Essa anzitutto fonde il pensiero al corpo, agli affetti e alle emozioni, contestando il dominio della ragione sul pensiero umano; inoltre propone un’idea di benessere legata alla cultura, alla conoscenza e alla qualità dei rapporti interpersonali, sfere queste, che caratterizzano la nostra specie e la cui realizzazione non è legata al calcolo razionale e all’utile pratico».

    L’economista Andrea Ventura così scrive nella prefazione della raccolta di mini saggi da lui curata che titola Pensiero umano e intelligenza artificiale – Rischi, opportunità e trasformazioni sociali, marcando così idealmente territori e intenti di questa ricerca compiuta da economisti, artisti visivi, musicisti, psichiatri, psicologi, matematici, giornalisti, esperti a livello internazionale di sostenibilità ambientale, sicurezza energetica, eccetera.

    Si parte dal saggio della psichiatra Caterina Medici  – che percorre l’idea dell’intelligenza artificiale dalle narrazioni mitiche ebraiche e greche fino alla fantascienza distopica di Philip K. Dick – e si finisce con  il giornalista Federico Tulli che, dal punto di vista dell’informazione mediatica, spiega molto bene quali siano i benefici e quali siano invece le possibili distorsioni cognitive dovute al sistema e quali siano i rischi per la democrazia dovuti alla gestione di questi strumenti artificiali.

    Carlo Zaghi nel suo saggio Etica dell’IA e tutela dei diritti fondamentali  leva ogni dubbio sull’‘eticità artificiale’: «L’idea che l’IA sia frutto di uno sviluppo scientifico e tecnologico ‘neutrale’ dovrebbe essere considerata ingannevole, dal momento che ogni applicazione tecnologica riflette, oltre l’economia, la cultura e la struttura di potere della società in cui nasce e si sviluppa».

    Ogni applicazione che si crede donata gratuitamente per la gioia del consumatore in realtà ha sempre uno scopo ben preciso, per esempio quello di carpire «I dati personali (che) possono essere utilizzati per la ‘profilazione’ degli utenti delle piattaforme, consentendo analisi della situazione economica personale, dell’affidabilità creditizia, dello stato di salute, del rendimento professionale, degli orientamenti culturali, delle abitudini al consumo, degli interessi personali, del comportamento e degli spostamenti, per la creazione di ‘profili’ personalizzati». Tutto ciò consente di far sapere a chi di dovere chi sei, dove sei, come la pensi, quanti soldi hai, eccetera. Il sogno distopico del Grande Fratello orwelliano si è già realizzato. Le società che gestiscono le piattaforme digitali, partendo dai dati personali, accrescono costantemente  «il proprio potere predittivo in ogni campo della vita sociale ed economica, e con ciò la capacità di influenzare direttamente o indirettamente opinioni, tendenza e scelte di enormi masse di persone».  Praticamente, grazie alle informazioni e alle tecniche di manipolazione subliminale sanno al 99% come ti potresti comportare domani in risposta a un accadimento, come voterai ai referendum eccetera.

    La tendenza a considerare l’essere umano come un androide programmato geneticamente e legato esclusivamente ai bisogni primari atti alla sua sopravvivenza e alla sopravvivenza della specie, porta a fantasticarlo come una rana decerebrata che risponde ancora a stimoli esclusivamente fisici o al cane di Pavlov con le sue risposte coatte e condizionate. E, siccome il sistema non può essere smentito, si cerca di “decerebrare”  l’intero genere umano… i risultati sono già evidentissimi.

    «Il problema – scrive sempre Carlo Zaghi –  non riguarda tanto la possibilità che l’essere umano sia dominato dalla potenza delle cosiddette ‘macchine intelligenti’, quanto piuttosto il fatto che l’essere umano venga assimilato a una macchina, ridotto cioè a un oggetto capace solo di ragionamento logico e razionale.  In questo capovolgimento non è la macchina che sostituisce l’uomo, ma l’essere umano che, pensato solo razionale, viene considerato esso stesso una macchina. Come afferma Fagioli “il corpo sano, la soddisfazione dei bisogni, da soli, fanno un mostro, un perfetto robot” (…) confondere la soddisfazione dei bisogni con la dimensione delle esigenze umane, applicando i sistemi di IA ad ambiti propri delle relazioni sociali, sembra stia portando solo a un maggior sfruttamento del lavoro e a palesi violazioni dei diritti umani, senza neppure generare una crescita di ricchezza materiale».

    L’IA deve quindi essere al servizio dell’essere umano e non viceversa. L’essere umano deve utilizzare l’IA per il proprio e per l’altrui benessere ovvero deve essergli utile per sviluppare la propria realizzazione umana tendendo, come scrive Alessio Ancillai «all’idea possibile di un mondo equo, sostenibile e sicuro, soprattutto per le generazioni future».

    È necessario quindi guarire da un “difetto di pensiero” generatore di un «‘antico vizio di forma’, che consiste – scrive Dori Montanaro – nell’implicita assunzione di una presunta superiorità del pensiero razionale, con il quale erroneamente l’intelligenza umana vien fatta coincidere, rispetto ad altre dimensioni del pensiero. L’IA, riproducendone i meccanismi, rappresenterebbe, quindi, la forma ideale di pensiero, ripulito da tutti quegli aspetti, deboli e fallaci, legati alla dimensione affettiva e sensibile». Un vero e proprio scenario sociale distopico alla Philip K. Dick in cui l’anaffettività è la condizione umana auspicabile.

    In questo volume sono illustrate anche le funzioni dell’IA sia già utilizzate sia utilizzabili in un prossimo futuro, in ogni ambito: industria, agricoltura, giornalismo, arte visiva, musica, medicina, psichiatria, economia, sostenibilità ambientale, insegnamento. Non esiste ormai un ambito in cui la tecnologia non supporti il lavoro della specie umana.

    Ma prima di demonizzare una macchina manovrata da esseri umani e prima di accettare il destino di essere degli androidi che reagiscono solo a input generati da ‘macchine intelligenti’, è necessario comprendere «cosa sia l’intelligenza umana e in che cosa essa si distingua da quelle funzioni che utilmente possono essere svolte dalle macchine» (Andrea Ventura).  E questo volume risponde a queste domande universali.

    Le tesi degli autori convergono tutte su un punto importante: l’utilizzo della tecnologia ‘intelligente’ è necessaria per lo sviluppo della società e quindi ben venga il suo utilizzo in ogni campo… però utilizziamola restando umani.

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    20 settembre 2023

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