• Recensione – I sentieri dei sogni

      0 commenti

    di Gian Carlo Zanon

     –

    «L’Australia è l’unica isola a essere un continente, e l’unico continente a essere anche una nazione. È stato il primo, e l’ultimo, continente a essere conquistato dal mare. L’unica nazione nata come prigione.»

     

    In questo modo, nelle prime pagine,  Bill Bryso  l’autore del libro  In un paese bruciato dal sole, presenta l’Australia. Già da questa premessa, si può intuire l’estraneità culturale  della civiltà occidentale per questo continente, ultimo ad essere conquistato dagli europei. Cook ne prese possesso il 21 agosto 1770 e, nel 1787, e così l’Inghilterra colonizzò l’ultimo continente scoperto dagli europei prima con gli abitanti delle patrie galere britanniche e poi svuotando i bassifondi delle sue città dagli ultimi.

    Può sembrare un delitto tutto ciò, ma è nulla a confronto alle migliaia di impiccagioni che nella ‘civile’ Gran Bretagna venivano eseguite per eliminare i poveri che, “criminalmente”, mendicavano o cacciavano di frodo per alimentarsi. In realtà, come scrive Bill Bryson, questa colonizzazione forzata servì alla corona inglese, più che a togliere di mezzo i criminali, a «sfoltire i ranghi del sottoproletariato». È ‘meraviglioso’ l’uso degli eufemismi.

     

    Ma, tutto sommato, in questo libro, l’autore si sofferma poco sulla storia del continente australiano, soprattutto nel descrivere la storia dei veri proprietari di questa terra: gli Aborigeni. È certamente vero che questo libro di viaggi può essere una vera miniera di informazioni per chi volesse, è il caso di dirlo, avventurarsi in questo “pianeta” dove vivono dieci delle specie animali più pericolose per gli esseri umani: squali, meduse, serpenti, coccodrilli, scorpioni, ragni ecc.. Ma queste sono solo piccoli ‘disagi’, infatti se proviamo a chiedere ad un’amica cosa l’ha affascinata nel suo viaggio in «questo paese bruciato dal sole» ci potrebbe rispondere: «il cielo basso, tanto basso da poterlo toccare con la mano; l’oceano, i suoi colori, le sue sfumature; la terra rossa, la gente che proviene da tutto il mondo. Le notti a Sydney, assediate dall’eco dei digeridoo. Questa è per me l’Australia, questa terra dove ho lasciato un pezzo di cuore».

     

    E qualcun altro potrebbe raccontare di essere rimasto per ore estasiato ad osservare l’Uluru, meglio conosciuto nella lingua dei colonizzatori come Ayer Rock; qualcun altro ancora potrebbe essere andato a ripercorrere  i sentieri di Croccodile Dundee, e così via.

     

     

    Così come il turista può usare il tempo del suo viaggio per scoprire ciò che meglio si attaglia al suo carattere, allo stesso modo ognuno può beneficiare di questo vademecum come meglio crede… appunto, a noi interessa la cultura del popolo aborigeno «il popolo dimenticato dell’Australia» e il suo, diciamo, usando sempre un eufemismo, ‘rapporto’ con i colonizzatori inglesi.

    D’altra parte molti di noi reputano il film di Werner Herzog Dove sognano le formiche verdi, che racconta il legame profondo che gli Aborigeni hanno con i sogni, un capolavoro, mentre altri preferiscono andare a vedere … che ne so: Vacanze di Natale?

     

    Comunque sia, un percorso conoscitivo nella cultura aborigena è sicuramente un’esperienza interessante, soprattutto attraverso la lettura dei testi di Theodor Strehlow, citato dall’autore a pagina 316. Purtroppo questo tipo di conoscenza non ha mai interessato, e continua a non interessare, i colonizzatori europei.  Scrive Bryson «Per la maggior parte degli europei gli aborigeni erano semplicemente qualcosa che si incontrava sul cammino, uno degli azzardi naturali, erano considerati come “creature ferali della giungla”: in poche parole non li consideravano come persone».

    Quindi, anziché cercare di conoscere la specificità di questi, altri, esseri umani, li uccidevano, come si ammazza un’animale che dà fastidio e… non serve a niente. E questo pensiero delirante è ancora ben presente nella ‘società civile’ australiana.

     

     

    Eppure questi esseri umani, rimasti separati per migliaia di anni dal resto del mondo, hanno saputo esprimere una cultura affascinante e più umana di coloro che si sono sempre creduti superiori per ‘razza’ e civiltà. I popoli autoctoni dell’Australia possiedono un sistema di credenze costruito accuratamente per molti secoli, funzionale alla loro società semi-nomade, la quale esprime una forte tendenza al rapporto interumano, sia tra uomo e donna, sia tra le diverse tribù.

     

     

    Sarebbe interessante trattare qui  questa ricerca ma per ovvi motivi non è possibile. Possiamo dire però , a grandi linee, che la cultura degli aborigeni è soprattutto totemica ma anche animistica e mitica. Arabo, vero? Per capirne di più si può leggere un piccolo libro: I sentieri dei sognidel già citato Theodor G. H. Strehlow . Editore Mimesis –  Euro 5 ,00

    È interessante osservare come questo modo di pensare degli aborigeni, che si esprime con una percezione, di sé e del mondo, mitologica/animistica, mitighi la scissione tra corpo e mente.

    Al contrario, nel pensiero occidentale,  la ragione e la religione monoteista si uniscono per togliere senso alla realtà, soprattutto a quella irrazionale umana. La filosofia occidentale, negando la possibilità di una conoscenza legata a passioni, sensazioni e persino all’esperienza empirica, non solo permette, ma legittima e trascina corpo e mente verso la scissione.

    Gli Aborigeni non hanno trasferito in cielo i loro esseri soprannaturali, non hanno, con la filosofia, disanimato il reale, non hanno smesso di permeare la natura di contenuti affettivi, non hanno perduto l’originalità e la specificità agli esseri umani. Per loro tutto l’esistente ha un’energia interna, un contenuto e il visibile, è solo una parte di un tutto; per il loro pensiero mitologico il movimento, dallo stormire delle fronde alla caduta di un sasso, è anche energia interna alla materia che si mostra allo sguardo.

    Diversamente dalle credenze dei monoteisti, per i quali l’anima è come un… prêt-à-porter, una “cosa” già preconfezionata, in mente dei  dalla notte dei tempi, che, a un certo punto si installa nel cromosoma che, forse, forse, poi, diverrà un essere umano, i popoli australiani hanno saputo creare e mantenere, una cultura che racconta di quel mondo umano interno fatto di affetti, immagini, sogni che il pensiero occidentale ha pensato bene di annullare perché… non serve a niente.

    Mi chiedo da sempre perché, coloro che invadono e colonizzano annichilendo culture millenarie, percepiscano lo sconosciuto, l’altro, il diverso da sé, sempre, quasi sempre, storicamente sempre, come ciò che non è.

    La visione dell’altro da sé, questo nuovo che irrompe negli occhi e nella mente scompaginando il quotidiano, può sgomentare ma, allo stesso tempo, ricorda, a donne e uomini, quanto l’abitudine è nemica del pensiero, quanto ottunde la mente togliendo senso alla realtà ancora non conosciuta. Nell’altro da sé, in questa immagine non familiare, sconosciuta, nel non definito, nell’incomprensibile, che turba e affascina, vi è, latente, il divenire del rapporto tra esseri umani uguali per nascita ma diversi per identità … e si dovrebbe sempre andare verso lo sconosciuto per spostare i confini delle possibilità umane.

    Scheda

    Autore Bill Bryson  

    Titolo: In un paese bruciato dal sole. L’Australia

    Editore: TEA

    Pp 372, Euro 7,30

    Per l’acquisto online

    http://www.ibs.it/code/9788850202843/bryson-bill/paese-bruciato-dal.html

    Scrivi un commento