• Ho visto “Tango per la libertà” la fiction di Rai1 tratta dal libro “Niente asilo politico” di Enrico Calamai e …

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    di Gian Carlo Zanon

    Ci sono voluti tre giorni per incazzarmi. Poi mi sono incazzato. Lunedì e martedì su Rai1 è andata in scena una fiction dal titolo Tango per la libertà “liberamente ispirata” , dicevano i titoli, al libro di Enrico Calamai Niente asilo politico. Il libro, rimasto nella soffitta dell’editore per ben dieci anni dalla prima edizione ora, finalmente, è tornato in libreria.
    Vi dico subito che la mia incazzatura è dovuta al modo in cui il diario, che l’ex viceconsole argentino ha reso pubblico dopo un «un silenzio durato oltre vent’anni, nel quale tutto si è andato oscurando» è stato, a mio giudizio, intenzionalmente svilito.

    Ho letto che questa “cosa”, dai media definita una “miserie televisiva”, nasce da un soggetto di Nicola Lusuardi e Francesco Scardamaglia responsabili insieme a Eleonora Cimpanelli, Antonio Manca e Andrea Porporati anche della sceneggiatura. So che la sceneggiatura era stata data in visione al grande regista italo argentino Marco Bechis: Garage Olimpo, Hjios, Alambrado . So che egli aveva proposto delle modifiche che non sono state gradite dai produttori, e so che alla fine la regia è stata affidata ad un altro regista il quale penso abbia seguito pedissequamente il copione e le direttive della produzione. Pare che in Rai si usi far così.

    Nella fiction televisiva, artisticamente imbarazzante, (sono riusciti a rovinare persino il tango argentino) poco rimane del diario dell’ex viceconsole argentino: rimane e viene messo in evidenza l’ordine di negare l’asilo politico anche agli italiani residenti in Argentina e vi sono delle sequenze che narrano abbastanza bene (ma senza il pathos di Garage Olimpo) il modo in cui venivano trattati i giovani, sequestrati illegalmente e torturati, prima di farli salire sui “voli della morte” che li avrebbero portati sopra l’Oceano Atlantico per essere gettati nudi e vivi in mare. Tutto il resto non solo viene omesso, ma anche svuotato di senso e distorto a uso e consumo … della politica attenta a nascondere verità scomode pericolose per chi la foraggia? Non si sa ma spesso si raccontano mezze verità non per mostrare ma per nascondere.

     

    Nella fiction di Rai1, girata, montata e interpretata come una soap opera, la verità sul ruolo della Chiesa cattolica argentina durante la dittatura viene alterato. Gli autori – attraverso la figura di un “eroico vescovo”, che nella fiction viene assassinato perché ha intenzione di denunciare la sparizione di alcuni giovani – propagandano un’immagine dei gerarchi cattolici che è falsa. È falsa perché il genocidio argentino fu voluto dalle corportions americane e auspicato dalla Chiesa cattolica: come scrissero due ricercatori argentini, Ariel Lede e Lucas Bilbao, (leggi qui) «la dittatura fu militare, civile e religiosa» e ci sono le sentenze che lo confermano. (leggi qui)

    Anche l’immagine di Enrico Calamai viene depauperata perché nella finzione egli viene mostrato come un uomo che lotta per salvare la donna di cui è innamorato e il salvataggio degli altri esseri umani – presente nella fiction e accaduto anche nella realtà – rimane troppo in penombra. Alla fine ciò che rimane allo spettatore medio è l’happy end – forse la parte peggiore del film – in cui tutto si risolve positivamente  in un modo assurdo.

    Ora che, scrivendo, la mia incazzatura si è un po’ placata, posso anche dire che forse la fiction potrebbe essere servita per accendere una scintilla nel pensiero di quelle persone particolarmente sensibili che da questo minuscolo stimolo potrebbero partire per fare una propria ricerca sulla verità storica … oggi sono molto ottimista.

    Subito dopo la fine della dittatura, 1983, si cercò di alterare la verità su quanto era accaduto mettendo nel tritacarne propagandistico vittime e carnefici, eroi ed infami, per far sì che non si potessero più distinguere gli uni e gli altri. È una modalità che continua ad essere usata da molti revisionisti storici italiani per raccontare la Resistenza.
    In Argentina Ernesto Sabato presidente della CONADEP, la Commissione che si occupò delle ricerche e delle denunce relative ai desaparecidos, produsse un dossier, chiamato Nunca más, in cui con la “teoría de los dos demonios” equiparava le vittime del genocidio, che definiva terroristi di sinistra, ai loro carnefici delle forze armate nazionali: «Durante gli anni ‘70 – scrisse Sabato – l’Argentina fu sconvolta dal un terrore che proveniva sia dalla estrema destra sia dalla estrema sinistra.(…) accadde anche in Italia: che per molti anni dovette soffrire sia la spietata azione delle formazioni fasciste sia quella delle Brigate Rosse o gruppi simili». Sabato paragona la lotta armata italiana tra fascisti e gruppi di estrema sinistra, in realtà mai realmente avvenuta, a ciò che accadde in Argentina. Chi ha scritto queste cose, o è un cretino o è in malafede.

    Ma Ernesto Sabato è non è la sola pedina mossa per disarticolare la verità confondendo le vittime con i carnefici. Nel settembre 2000 il presidente della Conferenza episcopale argentina Estanislao Esteban Karlic, arcivescovo di Paraná, a Cordoba (Argentina), che secondo BishopAccountability.org è colpevole di aver obbligato al silenzio alcune vittime di pedofilia ecclesiastica, mette sullo stesso piano i giovani argentini torturati e gettati dagli aerei nell’Atlantico, definendoli “guerriglieri”, e coloro che attuarono una “illegittima repressione” ovvero mandanti, istigatori e esecutori delle torture e del genocidio. Il “male della violenza” secondo quanto dice l’arcivescovo, è unicamente “frutto di ideologie di segno opposto” . (Leggi qui) e non del Plan Condór ordito da Nixon e Kissinger e avvallato da Paolo VI. (leggi qui)

    L’ultima riflessione va all’arricchimento che la poetica di autori e artisti validi può dare alla storia e, quindi, sono più che mai convinto che la storia di coloro che non “son” ma “estan desaparecidos”, vada narrata facendo molto attenzione alla qualità artistica dell’opera.

     

    Enrico-Calamai-

    E l’ultimo pensiero va a Enrico Calamai: è difficile rendersi conto fino in fondo del valore umano di quest’uomo e verbalizzarlo. Ci provo. Sulla quarta di copertina della nuova edizione del suo libro, in alto spicca una sua frase che racchiude l’essenza della sua realtà umana: «Esiste una molla che spinge l’uomo ad aiutare chi si trova in pericolo di vita» … Enrico Calamai ha rischiato la propria vita per salvare degli sconosciuti e lo ha fatto solo perché questi erano esseri umani che gli chiedevano aiuto. Lo ha fatto contro ogni logica razionale che impone il rispetto per la geopolitica per la quale il Partito Comunista dell’Unione Sovietica ordinava ai partiti satelliti, compreso quello argentino, di tacere sulle migliaia di sparizioni.


    Enrico Clamai ha fatto tutto questo al di là delle ideologie, al di là della paura, al di là delle religioni, al di là della cosiddetta ragion di stato che sacrifica i propri figli sull’altare della logica utilitaristica e del benessere. Ed è a loro che Enrico Calamai dedica il suo libro: «Alle vittime ignote del nostro benessere».

    15 gennaio 2015

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