• Gli angeli sopra Milano – (video) La no Expo aggredita verbalmente da un gruppo di Mastro Lindo milanesi

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    Dal Manifesto

    La gauche Mastrolindo ripulisce Milano

    MayDay After. La marcia dei ventimila pulitori volenterosi arringati da Giuliano Pisapia evoca precedenti imbarazzanti che ancora una volta spaccano la sinistra. Per la maggioranza è il segno della rinascità della città, per altri un’operazione politica vergognosa

    Dopo le vetrine in fran­tumi del primo mag­gio, il display di Banca Intesa sug­ge­ri­sce la pos­si­bi­lità di devol­vere un euro in favore dei com­mer­cianti di corso Magenta. La signora della gastro­no­mia sici­liana di fianco, sim­pa­tica, sug­ge­ri­sce “sedia a rotelle per tutti”, senza fare troppe distin­zioni. Sono le due solu­zioni pre­va­lenti che ven­gono decli­nate nei discorsi dei sin­ceri demo­cra­tici che oggi cer­cano di capire: repres­sione ma anche mano sul cuore all’altezza del por­ta­fo­glio, è l’orgoglio pic­colo bor­ghese della città che può nascon­dere qual­cosa di feroce. A Milano, dopo il week end più com­pli­cato degli ultimi anni, si respira una strana puzza di Cif ammo­nia­cal. Dà alla testa, bru­cia un po’ in gola e l’aria che tira non odora certo di pri­ma­vera aran­cione. Ma quasi tutti sono sod­di­sfatti dopo la disin­fe­sta­zione delle ragioni (o sra­gioni) dei No Expo.

    Sono gior­nate strane, gli acca­di­menti ven­gono rumi­nati con len­tezza: l’unanimismo ini­zial­mente pre­va­lente (bene con­tro male, buoni con­tro cat­tivi) il giorno dopo lascia sem­pre il posto ad argo­men­ta­zioni più arti­co­late. Il “movi­mento” è in pausa di rifles­sione. Le lace­ra­zioni sono pro­fonde, anche per met­tere a fuoco quella che è già pas­sata alla sto­ria come la mar­cia trion­fante della società civile che ha ripu­lito Milano per resti­tuirla ai mila­nesi in tutto il suo splen­dore. L’enfasi è imba­raz­zante. “La nostra città”, si esal­tano i ven­ti­mila puli­tori volon­tari scesi in piazza con le spu­gnette e arrin­gati dal sin­daco Giu­liano Pisa­pia, uomo che que­sti mec­ca­ni­smi di fasci­na­zione delle masse dovrebbe cono­scerli a memo­ria. L’identificazione spon­ta­nea con “la nostra città” è rive­la­trice, se è vero che il “blocco nero” non ha spac­cato o imbrat­tato sim­boli par­ti­co­lar­mente cari alla sto­ria di Milano: vetrine, fine­strini, mica le guglie del Duomo, Santa Maria delle Gra­zie o lo sta­dio del “tri­plete” (e di Van Basten).


    Al netto di pre­ce­denti sto­rici fuori luogo, la mar­cia dei 40 mila del 1980, quella sugli Champ Ely­seés del 1968, è chiaro che que­sta è un’altra maz­zata per chi non può stare né con l’unica oppo­si­zione esi­stente con­tem­plata dalla post poli­tica (riot inof­fen­sivi per il potere) né con il “par­tito della nazione” che è sceso in piazza per ripu­lire il dis­senso. Non solo il blocco nero ma anche le ragioni di chi con­te­sta. Forse incon­sa­pe­vol­mente, forse mosso da quello spi­rito civico ambro­siano che pur­troppo non si palesa spesso sulla scena pub­blica. O forse per­ché fuor­viato da una nar­ra­zione tele­vi­siva ridon­dante e fun­zio­nale a tenere alta la ten­sione (l’audience).

    La domanda è: dav­vero non c’è qual­cosa che non va in quella mar­cia degli “angeli” col Cif ammo­nia­cal in mano? L’apologia del “blocco nero” è stata ridi­co­liz­zata dal famoso video del “pirla” incap­puc­ciato che ha goduto guar­dando spac­care qua e là. Bene. Però, in que­ste ore, cir­cola un video dove una ragazza viene aggre­dita (ver­bal­mente), insul­tata e poi inse­guita fino in metro­po­li­tana. La cir­con­dano, la insul­tano, non la lasciano par­lare. “Stronza”. Chie­deva per­ché mai in altre occa­sioni (cor­ru­zione, mafia, scan­dali) la “società civile” non si era dimo­strata altret­tanto solerte. “Prendi la spu­gna e vai a lavo­rare”, un grido ripe­tuto all’infinito. Una scena par­ziale ma auten­tica e penosa. La giunta aran­cione, e poli­ti­ca­mente è un merito, così facendo forse ha rubato la scena a Mat­teo Sal­vini che ieri si è ritro­vato in piazza cir­con­dato da quat­tro gatti e otto fasci­sti. Bravi. Ma con i sen­ti­menti della gau­che Mastro­lindo che a buon mer­cato si spac­cia per “l’angelo del fango” prima o poi biso­gnerà fare i conti. Anche pic­coli som­messi pen­sieri. I muri da sem­pre par­lano e non è stato bello vedere il nome di Carlo Giu­liani can­cel­lato con tanto zelo da ven­tenni incon­sa­pe­voli con la felpa della Nazio­nale. E, comun­que, la scritta “Expo uguale cemento” non è un lascito dei brutti e cattivi.

    Se ne può ripar­lare tra “noi”, o va bene così? Para­dos­sal­mente, ma sem­pre e solo nelle chiac­chiere fra amici, la ripu­li­tura dei muri ha risve­gliato una sorta di orgo­gliosa incaz­za­tura tra chi in que­ste ore è rima­sto senza voce. C’è chi si è stu­pito dopo aver abboc­cato al richiamo della piazza, altri che per dovere (espo­nenti poli­tici) se la riven­di­cano pur sot­to­li­neando che biso­gna pren­dere le distanze da certo livore. Altri sono più netti: “Ope­ra­zione poli­tica ver­go­gnosa”. L’analisi più schietta l’ha postata Pre­ca­rious Ano­ny­mous su Mila­noX: “Il giorno dopo, con Pisa­pia che arrin­gava la folla dalla pen­si­lina di Cadorna, bran­dendo scopa e paletta, l’altra Milano è apparsa. Quella del potere, quella con­for­mi­sta, quella con­ser­va­trice. Età media: 50 anni. Tutti col lavoro e un busi­ness da difen­dere. Chi avrebbe voluto lin­ciare i ven­tenni era lo stesso che li paga 500 euro al mese. Pisa­pia per non chiu­dere la sua espe­rienza su una nota fal­li­men­tare ha esal­tato l’orgoglio bor­ghese della città spe­rando di sot­trarlo alla destra, e così facendo ha dimo­strato di quale classe fac­cia parte”. Un punto di vista. Non iso­lato, ma non pre­pon­de­rante se con­fron­tato con le con­si­de­ra­zioni di quella cari­ca­tura di mag­gio­ranza silen­ziosa che si sente “di sini­stra” e che si ritrova a suo agio con il Cif in mano, senza troppo ragio­nare su un’operazione ambi­gua al punto da evo­care pre­ce­denti imbarazzanti.

    Luca Fazio, MILANO,

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