• Elogio alla lentezza – Per uno sviluppo umanamente sostenibile (testo)

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    lentezza

     di Gian Carlo Zanon

    Ci fu un tempo in cui principi e re costrinsero i loro sudditi, troppo legati a vecchie abitudini e ad ancestrali superstizioni, verso confini di una conoscenza tecnica e artistica senza apparenti limiti. Gilgamesh, i principi del rinascimento, Elisabetta I, Pietro il Grande, Caterina di Russia, ed altri prìncipi illuminati, con le loro idee rivoluzionarie diedero impulso a ciò che oggi chiameremmo sviluppo economico.

    Ci fu un tempo in cui piccole scoperte, come il mulino o la ruota, o più semplicemente dei granai ben areati, affrancavano dalla fatica e salvavano da fame e carestie migliaia, forse milioni, di esseri umani ancora troppo esposti ad una natura matrigna. In quei tempi, si racconta, chi governava aveva a cuore non solo il proprio bene ma anche il bene comune, anche perché le due cose non erano ancora così ben separate. Anche la realizzazione delle idee dei “migliori” diveniva bene comune e quindi movimento verso un’esistenza più umana.

    Ora sembra che tutto sia cambiato: non sono più principi illuminati, a trascinare il popolo verso un governo della natura che aumenti le possibilità di salvaguardare la specie umana, al contrario è la società civile che si unisce, vedi il referendum sull’acqua e sul nucleare, per la difesa del bene comune, contro chi ci governa. Ergo i governanti anziché illuminare con il loro pensiero la società civile cercano, con mille escamotages, di costringerla  a vivere nelle tenebre dell’ottundimento mentale.

    Tutti sanno che le risorse naturali si vanno esaurendo sempre più grazie ad una politica ecologica inesistente, eppure non c’è, perlomeno in Italia, un’informazione capillare che riguardi metodi e modalità di risparmio energetico e di smaltimento ecologico dei rifiuti che potrebbero, senza nessuno sforzo da parte del cittadino, ridurre in breve tempo l’impatto ambientale del 50%.

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    Poche semplici trovate ecologiche, già esistenti in altri paesi, non si mettono in pratica perché la politica è in mano ai mercanti: le aziende che erogano energia, ad esempio, non ci pensano nemmeno a sensibilizzare l’utente sul risparmio  energetico, per il semplice paradigma utilitaristico che recita: un’azienda che vuole fare profitti deve massimizzare la vendita dei propri prodotti energetici. Questo vale anche per chi vende acqua, petrolio, luce, gas, ecc..

    G. Nebbia nel suo libro “Lo sviluppo sostenibile” scrive: «… ci si potrebbe a questo punto chiedere se le società democratiche capitalistiche, a cui vertici siedono persone di corta vista, più attenti agli interessi dei mercanti che a quelli degli esseri umani, siano correggibili».

    A me non sembra che siano correggibili: ad esempio i politici italiani tutti in coro si sono schierati a favore dell’Alta Velocità. I governi che si sono succeduti in questi ultimi dieci anni si sono stati sempre a favore della TAV, senza spiegare ai cittadini e senza spiegare a se stessi, a che serve, e a chi serve l’Alta Velocità.

    A che serve? Forse ad arrivare qualche ora prima a Parigi? Ma non ci sono già gli aerei?
    A chi serve? Forse a poche centinaia di persone che non possono perdere tempo per arrivare a Parigi o a Londra? E per questo si distruggono paesaggi, natura, falde acquifere?

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    Forse chi si oppone, rischiando persino la galera come Erri De Luca, non avrà tutte le ragioni ma sicuramente non ha tutti i torti. Parliamone.

    Parliamo anche, civilmente e senza ideologie, di Transition Town , di economia sostenibile, di economia ecologica, di sviluppo sostenibile, di demografia responsabile, di decrescita felice, di sostenibilità come unico modo per sopravvivere. Parliamo soprattutto di sviluppo umanamente sostenibile.

    Eppure anche nelle nostre disastrate università, timidamente, queste ‘idee strambe’ per ‘sognatori incalliti’, si sono fatte strada divenendo materia di insegnamento. Già nel 1998 nel corso di ‘Metodi e tecniche di disinquinamento’ tenuto dal professore Demetrio Pitea dell’Università di Milano si parlava di «Uguaglianza di diritti per le future generazioni (…) trasmissione fiduciaria di una ‘natura intatta’»; si parlava anche di giustizia internazionale per bilanciare le esigenze ecologiche del Sud e del Nord del pianeta.

    Ebbene sono passati ben sedici anni dall’apertura del corso di studi del prof. Pitea, e ancora il credo della ‘favola economica e religiosa’ del determinismo economico, cioè dell’esistenza della “mano invisibile del mercato”, regna sovrana protetta dai sacerdoti dell’economia al soldo del capitale che ha il solo scopo di massimalizzare i propri profitti costi quel che costi in termini di perdita di sostenibilità ambientale ed umana.

    Questa mano invisibile –  di cui parla anche Andrea Ventura  nel suo libro La trappola  –  secondo gli economisti neoclassici, regolerebbe, senza danneggiare nessuno, l’economia mondiale.

    Eppure molti economisti, come Bruno Amoroso ed altri, hanno da almeno quindici anni le idee chiare. Mentre una turba di asociali incoscienti ripete coattivamente a mo’ di pappagallo decelebrato «il tempo è denaro, il tempo è denaro», quei pochi che hanno preservato un sano rapporto con la realtà, affermano ciò che ogni persona di buon senso già sa, ovvero “quanto più velocemente si consumano le risorse e l’energia disponibile nel mondo, tanto minore è il tempo che rimane a disposizione per la sopravvivenza della specie umana”. Parliamone.

    Non è abbastanza chiaro? A chi si deve dare la nostra fiducia? Ai politici o ai quei ricercatori, come Tiezzi e Marchettini, che nel loro libro “Che cos’è lo sviluppo sostenibile?” scrivono: «Il tempo-denaro, il tempo scandito dall’orologio non è il tempo adatto a instaurare un rapporto razionale con la natura (…) L’uomo non può fermare il tempo, ma può rallentare l’evoluzione biologica e la crescita produttiva, favorendo il futuro della nostra specie».

    E ancora «Chi oggi in un dibattito economico mette tra parentesi la questione sociale, come ad esempio la questione del lavoro e dei redditi; chi oggi in un dibattito economico mette tra parentesi la questione ecologica, dunque la domanda relativa al rapporto tra crescita reale e distruzione ecologica, egli non ha, secondo la nostra concezione, alcuna competenza sociale e nessuna competenza ecologica» – Oskar Lafontaine del SPD tedesca.

    Queste proposizioni che possono apparire a prima vista irrazionali e fumose, come è stato dimostrato, hanno la loro ragion d’essere. Credere dogmaticamente che il tempo sia denaro e che vendere il proprio tempo umano sia ineluttabile, come abbiamo visto, porta alla distruzione del genere umano. Esiste un tempo umano e un ‘tempo tecnologico’: ‘il tempo tecnologico’ se pensato come un dogma distrugge il tempo umano.

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    Sulla rivista left c’è un interessantissimo articolo di Manuele Bonaccorsi  Se questa è una fabbrica in cui viene narrato come i tempi disumani, introdotti alla Fiat con il metodo Marchionne, portino in breve tempo alla malattia professionale gli operai che vengono usati come strumenti che quando “si rompono” vengono scartati come fossero cose non più utlizzabili.

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    Nel ’73, Michael Ende, autore tedesco famoso per aver scritto “La storia infinita”, scrisse un altro romanzo di genere fantastico: “Momo”. In questo romanzo la bambina protagonista lotta contro i signori grigi dal volto cinereo, sempre vestiti di scuro, che mirano ad impadronirsi del tempo degli esseri umani, indispensabile per la loro sopravvivenza: col tempo acquistato si fanno dei sigari che gli permettono di esistere; se un uomo grigio perde il suo sigaro fatto di tempo umano svanisce nell’aria. Nel romanzo a causa degli uomini grigi, la vita della gente diventa sempre più frenetica e si disumanizza.

    Ma sarà mai possibile che per salvare il futuro dei nostri figli si debba studiare le favole al posto dell’economia?
    Parliamone …

    Pubblicato il 19 ottobre 2012 su Altritaliani.net . ultima modifica 27 giugno 2014

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