• Crisi economica: coazione a ripetere

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    di Gian Carlo Zanon

     

    È talmente irreale la politica italiana nella sua tragica ripetizione della storia che viene da chiederci se stiamo sognando un incubo. L’incertezza è d’obbligo perché ciò che vedono e avvertono alcuni di noi, pochissimi, non trova riscontro nei media, nei discorsi dei politici, persino nei dialoghi con gli amici … e ci vuole una forte certezza dell’essere per rimanere aggrappati al nostro sentire che ci aiuta a immaginare  l’invisibile. Per fortuna che ogni tanto una ventata di verità viene a confermare la nostra visione degli accadimenti.

    Ad esempio si può notare quanto i discorsi ‘giapponesi’ e ‘germanici’ di Enrico Letta assomiglino molto ad un tentativo di restaurazione dell’Asse Giappone-Italia-Germania che ebbe sbocchi ben tragici … fantasie? Può darsi, vedremo … intanto la Germania ha già chiesto di appropriarsi delle nostre riserve d’oro.

    Certo è che i continui messaggi che parlavano di un “pericolo Argentina” per il nostro paese – lanciati anche dal nostro giornale – non sono stati presi molto in considerazione … sindrome da complotto, hanno pensato i benpensanti.

    Eppure già nell’aprile del 2012 sulle pagine de ‘il Fatto’ giunse una autorevole conferma alle nostre “elucubrazioni comuniste”: Horacio Verbitsky scrisse  un articolo dal titolo molto eloquente,  Ora sì che sembrate l’Argentina.

     

     

    Verbitsky è il più famoso giornalista argentino: oltre ad essere uno dei quattro vincitori del premio per la Libertà di Stampa CPJ, in seguito al suo lavoro di reportistica sui fatti della dittatura e per la sua difesa della libertà di stampa, è stato insignito di moltissimi premi e riconoscimenti tra cui quello della Commission Nationale Consultative des Droits de l’Homme. In Italia è conosciuto soprattutto per i suoi libri ‘Il volo’ e ‘L’isola del silenzio’, recensiti in questa testata, che raccontano dei fatti tragici e criminosi accaduti in Argentina durante la dittatura militare che portarono alla sparizione di migliaia di persone. Il dramma dei desaparecidos, come racconta coraggiosamente Verbitsky, fu fortemente voluto dalla chiesa cattolica argentina e dalla plutocrazia americana. I militari argentini furono solo i feroci esecutori dei taciti dictat  delle corporations Usa e dell’Opus Dei.

     

    Horacio Verbitsky con Cristina Kirchner

     

    Il giornalista argentino, con un candore che hanno solo le persone molto pulite,   parlò dell’articolo 18 come di «uno sgradevole déjà vu» argentino. Il giornalista poi proseguì narrando le tappe che portarono alla crisi devastante del 2001, tappe che sono identiche alle nostre di oggi.

    «Il presidente Carlos Menem (1989-1999) abolì le leggi a tutela dei lavoratori che garantivano diritti ottenuti dopo decenni di lotte sociali, cosa questa che non aveva osato fare nemmeno la dittatura militare. (…) Stabilendo il rapporto di parità tra dollaro americano e peso argentino, Domingo Cavallo (il tecnico che preparò la riforma del mercato del lavoro – N.d.R.) fece calare immediatamente l’inflazione e avviò un programma di riforme il cui scopo era quello di migliorare la competitività dell’economia. La brusca stabilizzazione così ottenuta permise a Menem, che somigliava più a Berlusconi che a Mario Monti, di vincere le elezioni successive e di portare avanti un programma di smantellamento delle conquiste sociali, di liberalizzazione finanziaria, di deregulation e di privatizzazioni che causò indebitamento con l’estero per sostenere la finzione secondo cui un peso valeva quanto un dollaro, deindustrializzazione e dismissione delle industrie pubbliche.

    La flessibilità del lavoro fu una delle pietre angolari di questo modello. La perdita di stabilità del lavoro e la legalizzazione dei contratti a tempo determinato o a salario ridotto o senza benefici sociali per i nuovi lavoratori ridussero il costo del lavoro e fecero lievitare i profitti delle imprese il cui contributo al sistema pensionistico subì una drastica riduzione. Di conseguenza il sistema pensionistico venne privatizzato e i fondi pensione gestiti dalle grandi banche. – in questo modo scrive Verbitsky  – Invece di registrare aumenti di produttività, il settore industriale entrò in crisi profonda. La chiusura di moltissime attività produttive, che non potevano competere con le importazioni a prezzi molto bassi, fece lievitare la disoccupazione fino a livelli mai toccati in Argentina. (…) Il modello economico collassò definitivamente nel dicembre 2001.

    IL TASSO di disoccupazione toccò il 25%, le banche confiscarono i depositi dei correntisti, i prestiti del Fmi furono utilizzati per finanziare il salvataggio dei grandi capitalisti che riuscirono a far uscire dal Paese migliaia di milioni di dollari prima che il sistema bancario presentasse il conto ai comuni cittadini. Quando venivano licenziati, i lavoratori smettevano di versare i contributi al loro fondo pensione e i loro conti correnti andavano in rosso anche per le esose commissioni delle banche.

    LE BANCHE, disponendo di una elevata liquidità, cominciarono a prestare denaro a tassi molto alti allo Stato che si era svenato trasferendo risorse al sistema pensionistico.

    Circa tre milioni di lavoratori che avevano raggiunto l’età della pensione rimasero senza lavoro e senza pensione. »

     

    Non c’è molto da aggiungere a quanto scrisse Verbitsky. L’Argentina, grazie alle iniziative economiche varate da Nestor Kirchner e in seguito dalla sua vedova Cristina Fernandez de Kirchner che governerà dal 2007 e verrà rieletta nel 2011 con il 54% dei voti, ha voltato pagina. Per riuscire in questa impresa titanica i Kirchner abolirono un po’ alla volta tutte le riforme introdotte dal governo tecnico di Cavallo: «I diritti dei lavoratori furono ripristinati, le pensioni, che erano state congelate nel decennio precedente, furono incrementate due volte l’anno in misura superiore all’inflazione, il sistema pensionistico divenne nuovamente pubblico e vennero reintegrati i lavoratori che erano stati esclusi dal mondo del lavoro.»

     

     

    In Argentina è tornata la democrazia e con essa il benessere economico. Oggi in Italia  sta per essere  soppressa definitivamente la democrazia e ci stiamo avviando al default.

     

    Post scriptum : Continuiamo a chiederci perché i media italiani più potenti, ad esempio La Repubblica che dovrebbe essere un organo della sinistra, anziché cincischiare con fatti di poco conto non affrontino questi problemi economici e sociali come fa Horacio Verbitsky. Ci viene il sospetto che vi sia una tacita complicità … ai posteri l’ardua sentenza …

     

    Potete leggere qui sotto  interamente l’articolo citato di Horacio Verbitsky

     

    di Horacio Verbitsky (il Fatto, 31.03.2012)

    Le polemiche italiane sull’articolo 18 hanno per gli argentini uno sgradevole sapore di déjà vu e lo stesso dicasi per le reazioni nei confronti del governo tecnico di Mario Monti. Se la nostra esperienza può servire a qualcosa eccone un breve resoconto. Il presidente Carlos Menem (1989-1999) abolì le leggi a tutela dei lavoratori che garantivano diritti ottenuti dopo decenni di lotte sociali, cosa questa che non aveva osato fare nemmeno la dittatura militare (1976-1983). Il tecnico che preparò la riforma del mercato del lavoro fu Domingo Cavallo, incaricato di porre fine al “populismo peronista”. In Italia settori che si considerano progressisti o comunque facenti parte di una delle anime della sinistra, hanno accolto con sollievo il rappresentante delle banche e di quel mitologico personaggio che va sotto il nome di “Merkozy”. Dicono sia un uomo serio, che gode di notevole prestigio in Europa e che ora non bisogna più vergognarsi di essere italiani.

    LA SITUAZIONE ha qualche analogia con l’Argentina di 20 anni fa anche se in Argentina il problema non era il bunga bunga, ma la superinflazione. Stabilendo il rapporto di parità tra dollaro americano e peso argentino, Cavallo fece calare immediatamente l’inflazione e avviò un programma di riforme il cui scopo era quello di migliorare la competitività dell’economia. La brusca stabilizzazione così ottenuta permise a Menem, che somigliava più a Berlusconi che a Mario Monti, di vincere le elezioni successive e di portare avanti un programma di smantellamento delle conquiste sociali, di liberalizzazione finanziaria, di deregulation e di privatizzazioni che causò indebitamento con l’estero per sostenere la finzione secondo cui un peso valeva quanto un dollaro, deindustrializzazione e dismissione delle industrie pubbliche.

    La flessibilità del lavoro fu una delle pietre angolari di questo modello. La perdita di stabilità del lavoro e la legalizzazione dei contratti a tempo determinato o a salario ridotto o senza benefici sociali per i nuovi lavoratori ridussero il costo del lavoro e fecero lievitare i profitti delle imprese il cui contributo al sistema pensionistico subì una drastica riduzione. Di conseguenza il sistema pensionistico venne privatizzato e i fondi pensione gestiti dalle grandi banche. Anche Cavallo era un uomo rispettato negli ambienti finanziari internazionali e Menem prometteva che con questa politica l’Argentina sarebbe diventata un Paese del primo mondo, realizzando una vecchia ossessione argentina. Avvenne l’esatto contrario. Invece di registrare aumenti di produttività, il settore industriale entrò in crisi profonda. La chiusura di moltissime attività produttive, che non potevano competere con le importazioni a prezzi molto bassi, fece lievitare la disoccupazione fino a livelli mai toccati in Argentina. Quando Fernando De la Rua successe a Menem (1999-2001), al salvatore tecnico, Domingo Cavallo, fu affidato il ministero dell’Economia. Il modello economico collassò definitivamente nel dicembre 2001.

    IL TASSO di disoccupazione toccò il 25%, le banche confiscarono i depositi dei correntisti, i prestiti del Fmi furono utilizzati per finanziare il salvataggio dei grandi capitalisti che riuscirono a far uscire dal Paese migliaia di milioni di dollari prima che il sistema bancario presentasse il conto ai comuni cittadini. Quando venivano licenziati, i lavoratori smettevano di versare i contributi al loro fondo pensione e i loro conti correnti andavano in rosso anche per le esose commissioni delle banche.

    LE BANCHE, disponendo di una elevata liquidità, cominciarono a prestare denaro a tassi molto alti allo Stato che si era svenato trasferendo risorse al sistema pensionistico.

    Circa tre milioni di lavoratori che avevano raggiunto l’età della pensione rimasero senza lavoro e senza pensione. Nestor Kirchner disse molte volte che era stato eletto presidente con un numero di voti (alle elezioni del 2003 ottenne il 22% al primo turno e Menem si ritirò prima del secondo turno prevedendo una clamorosa sconfitta) inferiore al numero di disoccupati. Il programma suo e della sua vedova Cristina Fernandez de Kirchner che governerà dal 2007 e verrà rieletta nel 2011 con il 54% dei voti, consisteva nell’abolire poco alla volta tutte le riforme introdotte dal governo tecnico di Cavallo: i diritti dei lavoratori furono ripristinati, le pensioni, che erano state congelate nel decennio precedente, furono incrementate due volte l’anno in misura superiore all’inflazione, il sistema pensionistico divenne nuovamente pubblico e vennero reintegrati i lavoratori che erano stati esclusi dal mondo del lavoro.

    Mentre nel decennio precedente solo il 50% dei lavoratori che arrivavano all’età della pensione riuscivano a ottenere un assegno pensionistico, oggi tale percentuale è superiore al 90%. I salari dei lavoratori sono i più alti dell’America Latina e il costo del lavoro per unità di prodotto è inferiore rispetto al 2001 in quanto sono aumentati la produttività e i profitti delle imprese. Questa sorprendente realtà coincide con quella tedesca: sono gli alti salari a stimolare gli investimenti e la produttività.

    *scrittore e giornalista, dirige il Centro Studi Giuridici e Sociali di Buenos Aires

    • Importante articolo questo di Verbitsky tra l’altro completamente anullato dai media che continuano con il loro onanismo sfrenato spostando l’attenzione dell’opinione pubblica da un’altra parte … creare cortine fumogene per coprire la realtà sembra diventato il compito dei giornalisti. Sono rimasto sgomento poi leggendo questo stesso articolo su Dazebao News dove campeggiava un box dell’Opus Dei che negava la responsabilità dell’Opera. C’è poco da dire è come dire che è il sole che gira intorno alla terra e che Adamo è stato il primo uomo … infatti lo credono sti …

      • Nel testo di Giorgio è stato cancellato un insulto.

        Si prega i lettori di non includere nei commenti nessun insulto che possa ledere le persone citate negli articoli.

    • Ieri ho letto un articolo su Dazebao News dove si riferivano alcune affermazioni di Verbitsky sull’Opus Dei; sotto c’era il commento del Direttore Ufficio Informazioni dell’Opus Dei Italia, che si chiama Bruno Mastrianni ed ha un ‘blog in tantinello schierato http://brunomastroianni.blogspot.it/ (sono andata a vedere su internet chi era e chi non era) il quale diceva che non gli risultava che membri dell’Opus Dei fossero coinvolti nei crimini dei desaparecidos. Forse questo signore vive in un castello di cristallo dove non giungono né le grida di dolore dei genitori di quei giovani torturati, violentati ed uccisi barbaramente per colpa anche di moltissimi appartenenti all’Opus Dei che in quegli anni occupavano posti importanti sia nel governo argentino sia nei luoghi dove la chiesa operava a stretto contatto con gli assassini. Ci sono molti libri che lo affermano “Opus Dei segreta” di Ferruccio Pinotti; ‘In Sudamerica’ di Italo Moretti che afferma “L’Opus Dei accetta, a differenza di altri, di fare il ‘lavoro sporco’ in Sudamerica. Si tratta di smantellare la Teologia della Liberazione e tornare all’antico. Ciò avviene senza mediazioni. La chiesa romana deve gestire la vergogna degli appoggi vaticani ai dittatori sanguinari in Cile e Argentina, di un nunzio apostolico Pio Laghi, che giocava a tennis con il comandante della Marina ammiraglio Massera”. Mi chiedo e chiedo a voi come è possibile che un essere umano giunga ad uno stadio tale di disumanità?

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