• Cos’è la filosofia? Chi sono i filosofi? Dialettica feroce sui massimi sistemi

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    In comune accordo con Paolo, un lettore molto critico nei confronti di alcuni articoli e recensioni pubblicati sui nostri fogli telematici, abbiamo deciso di pubblicare questa querelle coltural-filosofica , conclusasi pochi giorni fa.

    La questione verteva sostanzialmente su Heidegger e sui suoi epigoni e nasceva dopo la pubblicazione su I giorni e le notti di una recensione al libro di Emmanuel Faye Heidegger, l’introduzione del nazismo nella filosofia” che potete leggere cliccando su questo link http://www.igiornielenotti.it/?p=1181

     

    Per correttezza i commenti di Paolo e le risposte di Giulia De Baudi li pubblichiamo integralmente come sono apparsi nei commenti. Inoltre non voglio inserire nessun commento che possa indurre nel lettore un pregiudizio sui due contendenti. I lettori sceglieranno, utilizzando la propria capacità di giudizio e la loro formazione umana e filosofica, a quale pensiero aderire.

     

    Ma lasciamo entrare nell’arena i due contendenti …

     

    Emo Bertrandino

     

     

    Paolo

    Per quanto il rapporto tra Heidegger e il nazismo debba essere compreso, questo articolo è ridicolo e scritto manifestamente da chi di filosofia non capisce assolutamente un emerito c….

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    Giulia De Baudi

    Ho letto il commento di Paolo solo fino alla parola c…. Poi mi sono fermata ritenendo inutile una dialettica impostata in questo modo … non mi viene l’aggettivo, meglio così.
    Vorrei dire a Paolo, sempre che intenda avere una dialettica culturale con “I giorni e le notti”, di riformulare il commento stralciando le espressioni … non mi viene l’aggettivo, tanto in voga su face-bok e sui siti abitati dalla cultura trash.
    Questo mio dire è anche un avvertimento a tutti coloro che pensano che il nostro giornale sia un cesso dove vomitare le loro rabbie. Noi scarteremo sempre (questa volta è stata una mezza eccezione) i commenti che partono con queste premesse. Penso anche che persone come Paolo possano, sempre che lo vogliano, essere utilissimi per una dialettica civile anche se questa assume toni accesi … e accesi non significa insultanti.

    Giulia De Baudi (per la redazione)

     –

     

    Paolo

    Parlare di metastasi nei confronti di Basaglia è lecito, mentre usare il termine con la c. no? E’ meno offensivo e violento attribuire al pensiero di Sartre effetti cancerosi, piuttosto che dire con franchezza una sacrosanta verità in modo diretto? Ha presente, la Redazione, l’uso di certi termini nella Fenomenologia dello spirito? Chi parla di metastasi nei confronti di questi grandi personaggi è semplicemente un ignorante. E le cose vanno dette. Abbia la bontà, la Redazione, di pubblicare tutto il mio commento, o non lo pubblichi affatto.

     

    Giulia De Baudi

    Caro Paolo vedo che proprio non ce la fa a dialogare senza dare epiteti a gente come noi che cerchiamo di fare del giornalismo fuori dal coro. Anche questa volta l’aggettivo “ignorante” se lo poteva risparmiare. Ma nonostante ciò, visto questo suo interesse per il tema Heidegger e per i suoi  epigoni, la redazione ha deciso di rispondere, ed ha incaricato me perché, dicono, sono la più paziente. Rispondo a questa poi vado sotto ogni suo commento per rispondere.

    Prima risposta: parlare di Basaglia  e delle metastasi culturali di cui lui è diretto o indiretto colpevole è lecito. Lo è per il semplice fatto che la cultura dominante facendone un santo martire ha prodotto quello che possiamo chiamare il “basaglismo”   che ha pervaso negativamente trent’anni di psichiatria italiana con “idee” come questa: “La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione.” Che hanno minato la cura della malattia mentale e dato un alibi a psichiatri e psicanalisti criminali che pensano solo ad arricchirsi a spese della disperazione di tanta gente.

    Legga questi due paragrafi tratti da un articolo di una psichiatra Ester Stocco che può leggere per intero qui http://www.altritaliani.net/spip.php?article515&lang=it

     

     

     

    “Basaglia, quindi, non ha liberato i folli così come non ha fatto nessuna originale ricerca sulla follia. Incapace di critica nei confronti della filosofia della ragione, egli distrugge solo la psichiatria e in nome di una libertà generica e vuota demolisce non le mura del manicomio ma quel poco di intenzione di cura che allora si stava formando.
    Solo apparentemente più tollerante dei filosofi a cui si ispira, Foucoult, Sartre, Heidegger, propone il suo concetto di follia che disgrega l’identità psichiatrica per enunciare una definizione di malattia mentale come “contraddizione sociale”. Questa definizione però ha in sé l’impossibilità di ogni conoscenza e cura”.

     

    Ora cerco di rispondere agli altri due commenti … ma lo sai che mi stai facendo lavorare un sacco.

     

    A per quanti riguarda la “fenomenologia dello spirito” ti rispondo che sono abbastanza atea da ritenere questo concetto un ossimoro. Non esistendo lo spirito, se non in forma etilica (scusa la battuta ma no sono riuscita a frenarmi) non può apparire divenendo fenomeno. Hegel è un altro di quei santini da togliere dal portafoglio. E con lui chiuderei qui altrimenti non la finiamo più

     

    Giulia De Baudi  (per la redazione)

     

    Paolo

    Mi sono sempre chiesto, da uomo di sinistra, come si possa essere, in certi ambienti progressisti, così ciechi. Cari amici, il semplice fatto che non capiate il pensiero di certi uomini, come quello di Basaglia (basterebbe avere letto e compreso Spinoza per intendere come mai la malattia non possa che essere un concetto relativo) o quello di Foucault, non significa che loro furono irrazionali, ma forse che voi non avete la stoffa filosofica. Bisogna capire quali sono i propri limiti, questo è il primo insegnamento in filosofia. Da ieri, da quando mi sono imbattuto in questo blog, ho letto un crescente numero di bestialità e formule moralistiche (è una mostruosità dire che i bambini abbiano una sessualità… e perché mai? vediamo se è vero o se è falso, così si fa nell’elemento della scienza, non si valuta prima secondo la propria personale morale da preticchi laici o giù di lì). E’ vero, ciascuno ha la libertà di dire anche cose le più assurde. Ma è davvero frustrante notare quante persone immaginino di stare nella cosa stessa (la filosofia) così come si sta in ambienti giornalistici. Il rapporto di Heidegger con il nazismo è senz’altro da approfondire e comprendere, ma intendere il pensiero heideggeriano come un cancro (che diffonde metastasi) è una sciocchezza. Dedicatevi all’ippica.

     

    Giulia De Baudi

    Seconda puntata: caro Paolo,  faccio finta di non vedere “ciechi” “bestialità” “preticchi” “dedicatevi all’ippica” e cerco di rispondere.

    Vedo innanzitutto che partiamo da presupposti di pensiero molto distanti tra loro, quasi inconciliabili direi. Ho studiato abbastanza i cosiddetti  maître à penser (Basaglia, ed epigoni) che attingono dal pensiero nazicattolico di Heidegger per rifiutarli categoricamente. La invito a leggere questo articolo, che noi abbiamo copiato da Filosofia.it dove i filosofi  Vattimo e Ferraris vengono messi a confronto proprio sul “problema Heidegger”. http://www.igiornielenotti.it/?p=7672

     

    Su Sartre può leggere un articolo di qualche anno fa pubblicato su La Repubblica il quale mostra chiaramente lo squallore di due santi del pensiero esistenzialista: Sartre e Simone de Beauvoire http://www.igiornielenotti.it/?p=2345

     

    Quanto alla sessualità dei bambini ci sono leggi che li difendono e dicono, giustamente, che essi non sono atti al rapporto sessuale con un adulto fino a maggiore età. Dire il contrario, come hanno fatto Sartre, Simone de Beauvoire,  Foucault e, nel lontano ’85,  anche Nichi Vendola in un’intervista su La repubblica, oltre che essere una cosa umanamente abominevole è apologia di reato: Vendola disse: «Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro o con gli adulti – tema ancora più scabroso – e trattarne con chi la sessualità l’ha vista sempre in funzione della famiglia e della procreazione».   

    Giulia De Baudi  (per la redazione)

     

    Paolo

    *mi riferisco, naturalmente, circa la sessualità dei bambini, alla citazione dal libro di Tulli, dove rigore vorrebbe che si chiarissero, dopo la citazione stessa, i termini fraintendenti che l’autore usa, considerato che ciò che lui chiama sessualità non è ciò che Freud intende con sessualità, e con lui la psicanalisi (quella seria) in generale.

     

    Giulia De Baudi

    Per  quanto riguarda la pseudo sessualità dei bambini ho già risposto. Posso solo aggiungere che Freud, dopo una prima denuncia sul crimine di pedofilia, vedendo la reazione fredda del mondo culturale viennese decise invece di legittimarla con i suoi sproloqui su una presunta sessualità infantile. Ci sono molti libri ormai che certificano questo mio dire: Jeffrey Moussaieff Masson. ASSALTO ALLA VERITÀ. La rinuncia di Freud alla teoria della seduzione;  Il libro nero della psicoanalisi – – Libro – IBS – Fazi – Le terre.

    Nell’aprile del 2010 è uscito il libro di Michel Onfray Il crepuscolo di un idolo. L’affabulazione freudiana, nel quale il filosofo attacca duramente il fondatore della psicanalisi, Sigmund Freud, accusandolo – tra le altre cose – di essere «bugiardo», «cocainomane», «onanista», «incestuoso», di avere «ammassato una fortuna in contanti per sottrarla al fisco», di essere «omofobo», «misogino», antisemita, e di «appoggiare il fascismo». Vedi lettera al Duce.

    Ma già nel ‘74 lo psichiatra eretico Massimo Fagioli con i suoi primi tre libri aveva minato le fondamenta di uno pseudo pensiero che ricodificava e legittimava  un pensiero millenario basato sull’annullamento della donna e del bambino: la donna ritenuta da Aristotele una “anomalia della specie” e da Freud un “uomo castrato” e il bambino definito amorevolmente da quell’imbecille viennese “un polimorfo perverso” già dalla nascita, concetto copiato pari pari dalla credenza sul peccato originario della religione giudaico –cristiana.

    Ecco, come vedi questi idoli, a cui anch’io in passato prestavo fede, ad una pur minima verifica ad occhi spalancati sono caduti come birilli … altro che cecità.

    Bene Paolo, che dire, se vuoi continuare a discutere su queste cose io sono qua … mi raccomando però gli aggettivi pepati … comunque grazie per i tuoi commenti.

    Giulia De Baudi  (per la redazione)

     

    Paolo

    Mi limito soltanto a ridere (altrimenti ci sarebbe da piangere) del modo in cui viene inteso lo Spirito hegeliano (che è l’operare di tutti e di ciascuno, concetto il più concreto si possa concepire, tanto che Marx da esso dipese, predicando che “il cane morto” non era morto affatto). Se uno studente venisse da me, non dico all’università, ma al liceo, dicendomi che l’importanza filosofica della Fenomenologia dello spirito è oggettivamente scarsa perché dio non esiste, gli direi di leggersi, ad esempio, Feurbach e poi lo boccerei. Questo spiega tutto ciò che avete scritto e scriverete in futuro e conferma le mie idee circa la vostra competenza filosofica, aiutata forse, nella stesura dei vostri articoli “filosofici”, dal suddetto spirito alcolico. Il fatto è che se c’è una cosa che non è fatta per i giornalisti, questa cosa è la filosofia. Proprio perché in filosofia non si mettono in fila i buoni e i cattivi secondo la logica cibernetica della informazione: “Spinoza? No! accidenti, la prima parte dell’Etica è dedicata a Dio! E dio non esiste. Ergo, Spinoza non è importante”. Ribadisco il consiglio dell’ippica, anche perché è nobile e ha a che fare con la filosofia greca. Fa parte dell’agone di pensiero anche la durezza, soprattutto se la durezza è rivolta verso degli elementi cancerosi per l’esercizio filosofico e per l’edificio intero del sapere come voi, e non Sartre e Basaglia, dimostrate di essere. Per citare un importante filosofo contemporaneo: “La filosofia non è da tutti”.
    Saluti.

    P.S. se volete cominciare a capire minimamente in cosa consista l’esercizio filosofico, vi consiglio un bel canale you tube:

    http://www.youtube.com/user/carlosininoema?feature=results_main

    Forse persino voi ne trarrete giovamento.

     

    Nec ridere, nec lugere, neque detestari, sed intelligere.

     

    Prosecuzione del commento

     

    Mi sento di dire solo una cosa, una cosa che è manifesta a chiunque abbia a che fare con la filosofia (e non cerchi un riciclaggio mediatico, come Ferraris da gran tempo sta facendo, prestandosi alla più patetica logica giornalistica, dicendo bye bye a Kant (!) e altre realistiche – nel senso di un realistico aumento di notorietà – opere meritorie). Dunque, il pensiero di Heidegger è essenzialmente nazista (qui un filosofo dovrebbe già fermarsi e chiedersi – che è essenza?, che non è cosa affatto pacifica – ma andiamo avanti), questo dice in buona sostanza Ferraris. Già. peccato che lui stesso, nonostante le recenti “svolte”, frequenti ancora con ammirazione, sebbene declinata a modo suo, il pensiero di Derrida. Che ebbe a scrivere, in “Posizioni”, che l’intera sua ricerca non avrebbe potuto avere luogo senza il pensiero heideggeriano. Il termine stesso di decostruzione, cifra della meditazione derridiana, viene dalla “distruzione (la traduzione non è delle più felici) della storia della metafisica” di Sein und Zeit (“Destruktion der Geschichte der Ontologie”). Dunque, vediamo. Il pensiero di Heidegger è essenzialmente nazista e quindi tutto ciò che viene da esso porta in sé questo cancro. Pure Derrida, per sua stessa ammissione, viene anche da Heidegger. Lo stesso pensiero derridiano, quindi, è nazista. Ferraris è stato allievo di Derrida e, pur “correggendo” la prassi decostruttiva con il pensiero del new-realism (come e se si possa farlo, è un altro discorso), vi aderisce – cioè aderisce alla “Destruktion der Geschichte der Ontologie” in salsa francese. Ergo, il pensiero di Ferraris è (almeno un po’) nazista.
    Con una piccola postilla conclusiva: se l’articolo di Ferraris ha l’ambizione di essere di genere filosofico (e la ha, in quanto dice che “tutta la sua [di Heidegger] filosofia [è] radicalmente inseparabile dal nazismo”), esige lo stile filosofico di chi lo scrive e il suo pensiero. Che è (almeno un po’) nazista. Nazisticità che denunzia la nazisticità, perché il pensiero vive di paradossi.
    Oppure l’articolo di Ferraris non arriva al nodo filosofico del problema. A voi la scelta. Alè.

     

     

    Giulia De Baudi

    Bene Paolo visto che lo vuoi facciamo lo scontro duro. Riunisco idealmente i tuoi due commenti e ti rispondo rivolgendomi anche ai lettori.

    È  vero la “filosofia” come la intende Paolo, ma anche tutto il pensiero occidentale creato da “filosofi” … come Paolo, «non è da tutti».

    Per quanto mi riguarda la filosofia la intendo come la parola la definisce: amore per la sapienza. La filosofia ha perduto, in duemila e 700 anni di storia le ragioni della sua nascita. Partita con i primi presocratici, come ricerca dell’Archè, parola che al suo nascere significava “ciò che costituisce l’origine delle cose, ciò da cui tutto proviene”, in seguito si perse nel pensiero religioso . Ci pensò prima Parmenide, e poi quel pederasta di Platone, a distruggere tutto con il logos astratto che non serviva più per la ricerca della verità sulle cose visibili ed invisibili esistenti nella natura e nella realtà umana, ma serviva solo per legittimare il potere costituito a cui i “filosofi” si sono sempre velocemente adeguati, vedi Cacciari. E vedi anche La Repubblica di Platone testo base di tutti i totalitarismi del secolo trascorso.

    Con l’avvento dell’era criminale cristiana i padri della Chiesa non fecero altro che mutuare il pensiero filosofico greco e dire già con Giovanni evangelista « Ἐν ἀρχῇ ἦν λόγος » cioè « In principio era il Verbo (logos)»

    Da quel momento in poi, tranne pochissimi veri filosofi tra cui brilla la stella di Giordano Bruno, ragione e religione sono andate a braccetto per paralizzare il pensiero umano con tutte le belle pensate.

     

     

    In che modo? È molto semplice: se si parte dall’assunto che “in principio è il logos”, non esiste più una realtà alla quale si da un nome, ma è la parola che crea ex nihilo la realtà. Praticamente i “filosofi” partendo da assunti inesistenti, hanno creato per due millenni dal nulla sistemi filosofici inficiati da questo non pensiero. Voi direte che è un pensiero delirante … esatto è un pensiero delirante perché “fa di ciò che non è, ciò che è; e di ciò che, è ciò che è” Ludwig Feuerbach.

     

    Questo pensiero/credenza onanistico che compulsivamente gira intorno a se stesso come una trottola impazzita, nutrendosi del proprio vomito, ha dominato e continua a dominare, con epigoni tipo Paolo, il “pensiero sapienziale” occidentale.

     

    Di tutto ciò Paolo forse non se né accorto, non gliene faccio una colpa. Poverino è il frutto della sua storia relazionale e dell’ambiente culturale a cui ha aderito, senza fare quei rifiuti che salvano dalla lebbra “fliosofica”. Chiusi gli occhi davanti alla realtà, per comandi interni e ambientali,  non si è accorto che, gratta gratta, sotto il cosiddetto pensiero “filosofico” si nasconde un gorgo ontologico quasi invincibile, sul quale però utilizzando il logos (pappone maleodorante dove i maggiori ingredienti sono religione e ragione) sono stati costruiti edifici di cartapesta dai colori accattivanti .

     

    Dal fondo di maelström ontologico nel quale è stato risucchiato e dal quale, come tutti gli infelici che hanno perduto la passione per la sapienza, cerca di attrarre farfalle smarrite e depresse che sentono la vita ma non la sanno decifrare. In psichiatria questi signori vengono chiamati schizoidi: persone con una struttura psichica borderline che vivono entro i limiti della legalità pur utilizzando la loro insignificante vita per distruggere la realtà umana altrui. Questo lo dico per il modo in cui egli, il Paolo, si è rapportato a me e a noi, insultando con l’intento palese di sminuire la nostra identità di essere umani. Frasi come “La filosofia non è da tutti” o “Forse persino voi ne trarrete giovamento” la dicono lunga sul tentativo meschino del Paolo di destrutturare la nostra realtà sapienziale e soprattutto umana. Tentativo fallito carissimo.

     

    Paolo e quelli come lui, e non sono tantissimi per fortuna,  si sono autoproclamati Sacerdoti di uno pseudo pensiero che parte da assunti che bonariamente posso definire metafisici ma che in realtà sono frutti di un pensiero dissociato … e poco mi interessa se migliaia di “filosofi” la “pensano” in modo contrario … non sono mai entrata in uno stadio e non per questo mi sento menomata (come non mi sento menomata di fronte al pensiero di Aristotele che dice “le donne sono una anomalia della specie”), per il solo fatto che non condivido un millenario modo di “pensare” , che in realtà nasconde la credenza nella ragione astratta, inzuppata di “pensiero” religioso. Vedi (Paolo) quel malato di mente di Heidegger , che come i credenti malati di alienazione religiosa dice che la realtà umana è “essere per la morte” la  “pensa” esattamente come i religiosi cristiani che dicono che la vera vita inizia dopo la morte. Non per niente egli tentò di diventare un prete cattolico, non riuscendoci perché fu ricoverato in una clinica per malattie mentali. E questo stronzo è un eroe per gente come il “filosofo” Paolo.

     

    A me invece di tutte le stronzate su Derrida mi interessa la realtà empirica e la storia di Heidegger, idolatrato dal nostro Paolo, che la dice lunga sulla sua capacità di essere un pensatore che aiuta la società a divenire più umana. Ricordo un esame di estetica  dove ho dovuto rispondere a domande su Kant e Wittgenstein, fu veramente allucinante, dovetti fare un momentaneo lavaggio del cervello ed imparare i concetti a memoria per superare l’esame … con un 27 se non ricordo male. Ma la cosa non lasciò segni indelebili nel mio pensiero. Certe cose si fanno per salvarsi la vita, lasciando credere ai professori di credere come loro in questi “grandi pensatori” che umanamente erano  e sono il nulla più assoluto.

     

    Ma è anche una questione di scelta tra essere e non essere : “Essere o non essere, questo è il problema. Cos’è più nobile, soffrire nell’animo per i sassi e i dardi scagliati dall’oltraggiosa fortuna, o impugnare le armi contro un mare di affanni e combatterli fino a farli cessare? (…) la riflessione ci rende tutti vili.”

    È più nobile spendere la vita cercando la verità dell’essere impugnando le armi della dialettica contro il monolite millenario della credenza filosofica occidentale, o aderire a queste pseudo verità che lasciano gli esseri umani, come te, oh Paolo, in balia di un destino creato da voi stessi per pacificare la mente in queste masturbazioni mentali letali? Letali perché se le seghe te le fai a quattordici anni sono quasi normali se te le fai a trenta sono sintomi di patologia conclamata.

     

    Ma una domanda è d’obbligo … perché io di fronte ad una frase come quella di Heidegger «essere per la morte» mi sono ritratta e sono andata a cercare da quale realtà umana potevano uscire pensieri di questo genere, mentre tu Paolo hai assorbito questo pensiero cattonazista senza neppure un gemito critico, per poi venire a vomitare la tua rabbia, dovuta nostro rifiuto per simili difetti di pensiero, sulle pagine di I giorni e le notti? Perché la filosofia “non è roba per me”? Perché sono stupida? Perché non mi sono lasciata sedurre dal serpente di una pseudo verità? Io se fossi in te qualche domanda me la farei.

    Tu che vita vuoi Paolo? Una vita fondata sul non essere che come le seghe non costa nulla ed è anche “pacificante”,  o quella alla ricerca di una vera conoscenza che allontana “dalla masturbazione mentale e dall’azione cattolica”? Chieditelo dammi retta cocco, chieditelo.

    Paolo, io ho perso un po’ di tempo per rispondere ai tuoi … diciamo “politicamente scorretti” commenti, che avevano l’intenzione di gettare fango su di me,  e sulla redazione. Ti chiedo scusa se sono stata dura e irriverente ma lo hai voluto tu.

     

     

    Ti chiedo anche se posso far diventare questa nostra infuocata dialettica un articolo, senza omettere neppure una parola di questo colloquio.

    Io gioco leale. Se mi dai il permesso lo pubblico così com’è altrimenti ne farò un articolo senza fare naturalmente accenni a questa nostra “dialettica”.

    Ma lo sai che ora che ti ho risposto mi sei diventato quasi simpatico.

    Succedeva anche a te di prenderti a botte con un ragazzino del quale poi diventavi amicissimo?

     

    Giulia De Baudi  (per la redazione)

     

    Paolo

     Pubblica, pubblica.
    Mi sento di dire solo poche cose:
    1. non prendertela così tanto se ti si fa notare che l’idea di “spirito” in Hegel, forse non avendolo letto, non è quella che ti eri messa in testa. Si sbaglia per imparare (ah, non ci sarebbe nessun “Fiume di fuoco” senza Hegel).
    2. Sein zum tode, tradotto malamente come “essere per la morte”, ma che funziona meglio come “essere alla morte”, non signfica un amore per la propria morte, ma il riconoscimento del fatto che il limite della nostra impossibilità abita “per ora non ancora” la nostra vita, la quale è autenticamente tale se davvero prendiamo sul serio questo fatto (l’unico): che io, voi, e tutti gli altri moriremo.
    3. i presocratici li definiamo “filosofi”, ma in effetti non sono davvero tali, e sicuramente non si pensavano tali, visto che la stessa parola fu inventata, probabilmente, da Pitagora. I presocratici erano sòfoi, non filosofi. Che proclamavano, appunto, che in principio c’è questo o quello. Ma se tu dici che in principio sta qualcosa di determinato, cominciano i guai, (e, con essi, comincia la filosofia) perché per esserci qualcosa deve essere qualcosa e il suo altro. Se all’inizio ci fosse solo, ad esempio, il giallo, non ci sarebbe nessun giallo, perché il giallo è tale solo per la sua esistenza nell’intera gamma dei colori. Inoltre, se pensi l’inizio, devi chiederti che era prima dell’inizio (Kant docet). Cosa che, come capirai, non è semplice.
    4. non ho molto altro da dire, perché nulla funziona in ciò che scrivi, è solo un gran minestrone di perbenismo che non sa dove si trova (ha la mania della assolutezza delle sue proposizioni morali dogmatiche) e di ingenuità prefilosofiche (l’esempio dell’origine determinata ne è segno). Solo una cosa: bisogna combattere, fare battaglia, ma solo dopo il cercare di avere compreso il pensiero della tradizione. Se si parteggia e si decide in virtù delle proprie convinzioni morali cosa è vero e cosa è falso, non si fa buona filosofia (innanzitutto si dovrà vedere cosa significa la verità).
    Aggiungo una ultima cosa: Heidegger non è il mio idolo, non ho mai detto questo, ho semplicemente affermato che il suo pensiero non è un cancro. Purtroppo, chi si è già deciso in anticipo in questo modo, non può più decidersi su nulla.

     

    Giulia De Baudi

    Bene allora pubblico,
    grazie Paolo
    Giulia De Baudi

     

     

     

    E qui termina questa lunga serie di commenti e risposte tra Paolo e Giulia De Baudi.

    Come si evince da questo documento, pubblicato in tempo reale, vi sono due modi e mille, e infinite modalità di pensare la filosofia e chi l’ha scritta.

    Assopiti i clangori del duello e deposte le armi della dialettica, rimangono domande fluttuanti: che significa la filosofia? Chi sono i filosofi?

    Da queste domande, rivolte soprattutto ai lettori, partirei per continuare questa ricerca infinita sulla realtà delle cose, probabilmente iniziata da quando un essere umano, osservando lo stormire di una fronda, si è chiesto il motivo di quel movimento … quasi sovrannaturale, mettendo in movimento il proprio pensiero.

     Emo Bertrandino

    12 dicembre 2012

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