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di Giulia De Baudi
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«È insomma una deriva, politica e sentimentale, inarrestabile in cui al senso dell’umano si contrappone l’incapacità di vedere l’altro sé non immaginandone la soppressione.» Alessandra Pigliaru – Il Manifesto 25 febbraio 2017 – L’umano ridotto a «merce difettosa» fa spettacolo
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«Sole alla valle, sole alla collina/per le campagne non c’è più nessuno/addio, addio amore, io vado via» … molti ricorderanno questa canzone dolente cantata nei primi anni sessanta da Modugno e in seguito da molti altri. Scritta da Enrica Bonaccorti e Domenico Modugno, più di 50anni fa, oggi è ancora attualissima. O perlomeno, in questi giorni, lo è per me.
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Volevo sgranchirmi la mente questa mattina e mentre vagavo in rete alla ricerca di una scintilla, dalla radio è arrivata una voce di donna che cantava questa vecchia/nuova canzone: «Cieli infiniti e volti come pietra,/ mani incallite ormai senza speranza…» …elementi di realtà che ancora ci riguardano da vicino.
Le ultime notizie sul caporalato nascosto dalla dizione “agenzie interinale”, i problemi sulla quarantennale questione “obiettori di coscienza” e il sadismo stolido di chi al supermercato di Follonica, sequestra due donne rom, le chiude, nel bugigattolo in cui viene riposta la «merce difettosa» e poi lo filma con lo smartphone mentre le schernisce, racconta di una realtà sociale e politica aberrante che sta da anni sotto gli occhi di tutti coloro che vogliono vedere, pensare, denunciare.
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Per vedere, inorridire, indignarsi e denunciare è però indispensabile essere rimasti nei territori dell’umano. Solo da lì si può riconoscere ciò che umano non è. Chi vive nella terra del non più umano, ovvero oltre i confini e le terre di mezzo che dividono l’umano dal disumano, non è più in grado di vedere e inorridire, riconoscere, di distinguere e giudicare.
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Chi ha perduto l’onestà intellettuale men che meno ha conservato quella capacità di verbalizzare affettivamente ciò che percepisce. Capacità di verbalizzare il senso degli accadimenti che appartiene solo alla nostra specie e solo a chi non ha perduto la capacità di distinguere e giudicare i sentimenti che conservano traccia dell’umano e l’anaffettività. La realtà che attraversa la mente dell’anaffettivo è una sfinge che muta il naturale rapporto con il reale in enigma… e le risposte agli enigmi possono essere solo:
o utilitaristiche: “se non ci fosse lo sfruttamento della mano d’opera il prezzo dei prodotti agricoli salirebbero alle stelle”
o religiose “il feto è un bambino, le donne che abortiscono sono assassine”.
o naziste: “quelle donne non sono esseri umani e io le intrappolo come i topi che rubano il cibo”
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Sono risposte semplici… semplici e deliranti. Risposte per menti abituate dalla religione e dalla logica razionale a far di «ciò che è ciò che non è, e di ciò che non è ciò che è» e quindi capaci di trasformare una realtà biologica “un ammasso di cellule ancora indifferenziate” in una percezione religiosa delirante ovvero “un bambino con un pensiero formato”.
Ma loro, i credenti, confondono il dato reale e scientifico – codificato dal Protocollo di Harvard – “pensiero che inizia alla nascita e finisce con la morte” con la dottrina cattolica – codificata dai padri della Chiesa – che parla di “anima immortale”. Questo perché pretendono che si creda che il pensiero venga infuso da quell’inesistenza che essi chiamano “spirito santo”. Menti alienate ed assenti che si concentrano nel non umano inesistente per annullare il vero e profondo rapporto interumano con l’altro da sé uguale/diverso e esistente.
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Menti obese di esseri che vivacchiano tenendosi a debita distanza dall’umano che metterebbe in pericolo i loro castelli incantati, strutturati dai sortilegi della logica razionale e dalla dottrina religiosa che li ha abituati a credere che credenza e verità coincidano e che la ragione positivistica sia il solo paradigma antropologico esistente. Dicono “penso che dio esista” e “credo che dio esista” credendo di poterlo fare impunemente. D’altronde sia la il monoteismo che il la teo-filosofia che fonda il pensiero utilitaristico pascolano i loro sofismi al di là della reale “natura delle cose”, ovvero nell’Iperuranio neoliberista, in cui una mano invisibile guiderebbe l’economia mondiale per il bene dell’umanità intera, e nel Regno dei cieli.
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Delusi da primi rapporti umani e indottrinati sin dalla nascita dall’ambiente culturale in cui hanno avuto la ventura di capitare, – vale a dire da quella “fabbrica dell’obbedienza” nata dalla Controriforma di cui parlò Ermanno Rea nel suo libro omonimo – complici dei più forti per abitudine e per vigliaccheria, queste persone che hanno alienato la mente nelle dimore del non essere, attraversano la loro esistenza tenendosi lontano da “eretici” che potrebbero perturbare il loro stato larvale.
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Ma si sa, gli eretici sono persone che pensano, sono individui “ingombranti” perché costringono gli altri a ripensare se stessi, alla loro vita insulsa. I pensanti costringono a rinunciare a quell’angoletto comodo e soffice in cui stanno rintanati i credenti che hanno strutturato la propria identità assumendo il “pensiero comune” come sacrosanto. Il pensiero comune, vale a dire quel bugigattolo maleodorante fatto di risposte facili e comode.
Gli altri, i pensanti, non sono comodi, hanno idee spigolose, hanno scelto di frequentare l’umano di cui è fatta l’esistenza vera che è solo ed esclusivamente rapporto interumano.
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Esseri strani i pensanti. Strani individui, sembrano vaccinati contro la lebbra comune, vivono in questa “amara terra” convinti che “a causa” del rapporto con l’altro da sé sia «amara e bella» e non valicano i confini dell’umano perché ogni notte sognano che «Tra gli uliveti nata è già la luna».
Lo sanno i credenti: dopo averli incontrati, ciò che prima sembrava perfetto e definito non è più né perfetto né definito… e da chi è abituato a rimanere chiuso nei limiti imposti dal sistema teo-filosofico questi strani esseri sono avvertiti come pericolosi per il loro l’ordine morale.
“Ordine morale” razionale e religioso che si perpetua uguale a se stesso da tremila anni e che pretende di trovare il senso dell’esistenza o nel delirio nichilista dell’”autenticità dell’essere per la morte” oppure nell’allucinazione escatologica monoteistica, che provengono entrambi da un millenario difetto di pensiero.
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I credenti rimangono fermi intorno al Castello incantato del sistema teo-filosofico che risponde alle loro domande con le risposte che essi stessi si inventati. Se non fosse tragico sarebbe comico… «amara terra mia, amara e bella»
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«E ci muoiono intorno al castello, non coltivano i campi, non cercano il sesso, non fanno ricerca. Si ingannano. Rischiamo di vederli tremare di freddo sotto il castello, da pazzi, in un giorno d’estate.» (*)
«amara terra mia, amara e bella»
(*)Massimo Fagioli. Dicembre 1979 – Prima premessa a Bambino, donna e trasformazione dell’uomo. L’Asino d’Oro editore