• Tessere del mosaico terrorismo. Nuove tessere e conferme: il terrorista è un sociopatico nihilista

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    Shōkō Asahara insieme al Dalai Lama

     

    «Ogni cosa avanzava dritto verso la propria distruzione, senza possibilità di fare marcia indietro. Quindi la distruzione era il principio stesso dell’universo. (…) C’è una sola via di salvezza, la vita nell’aldilà, dopo la morte. È l’unica possibilità»

    Kanō Hiroyuki un adepto della setta Aum Shinrikyō.Murakami Haruki – seconda parte del libro Underground con interviste ai seguaci della setta Aum. La risposta è Kanō Hiroyuki un adepto della setta.

     

    Castiglione delle Stiviere – 11 dicembre 2017

     

    In questi giorni mi sono dedicato alla ricerca delle cause del terrorismo nelle sue varie forme conosciute attraverso varie definizioni come, Mass Shooting (i massacri di massa con armi da fuoco “stile americano”), terrorismo islamico o se preferite Terrorismo jihādista ecc. ecc..

    In realtà per terrorismo si dovrebbe intendere ciò che un gruppo di individui militarmente organizzati guidati o da una ideologia politica e religiosa, oppure da istanze libertarie, mette in atto contro vittime casuali ed innocenti allo scopo di creare un clima di terrore.

    Terroristi erano i militanti del Front de Libération Nationale (FLN) algerino; erano terroristi i baschi dell’ETA, erano terroristi gli irlandesi dell’IRA; lo erano anche le Brigate Rosse e la banda Baader Meinhof tedesca; sono, ovviamente,  terroristi anche i cosiddetti martiri islamici che portano il terrore anche in Europa. Gli attacchi dell’11 settembre 2001  alle torri gemelle di New York e al Pentagono – nonostante ciò che scrive Giulietto Chiesa – sono atti terroristici. Terroristi, anche se con qualche particolarità in più, lo sono stati anche i dirigenti del movimento religioso Aum Shinrikyō che nel 1995 hanno messo in atto l’attentato col gas nervino alla metropolitana  di Tokyo.

    Questo modo di categorizzare il terrorismo, usato spesso con troppa disinvoltura, è in qualche modo necessario per delineare e definire gli atti terroristici e i loro esecutori.

    A ben guardare però, ovvero andando a vedere i profili psicologici degli esecutori degli efferati assassinii di massa, si possono intravedere delle caratteristiche psicopatologiche comuni a tutti questi “terroristi”.

    Avevamo già pubblicato (leggi qui) alcuni articoli in cui questo dato veniva evidenziato, ed ora aiutato da due libri Chi sono i terroristi suicidi di Marco Belpoliti che mi ha rimandato ad  Underground di Murakami Haruki, vorrei cercare di riprendere il discorso risistemando le tessere del mosaico terrorismo.

     

    Sia il lavoro di Belpoliti, sia le interviste dello scrittore giapponese agli adepti della movimento religioso giapponese Aum Shinrikyō – il cui guru, Chizuo Matsumoto (in arte Shōkō Asahara) e altri dirigenti sono stati condannati a morte per l’atto terroristico sulla metropolitana di Tokyo nel 1995 –  confermano le mie e le nostre intuizioni sull’identikit psichiatrico dei terroristi, già suffragate da altre ricerche: chi commette un atto terroristico è un individuo quantomeno mentalmente disturbato.

     

    Non sono uno psichiatra quindi non mi azzarderò a fare diagnosi indicando malattie mentali specifiche  come la schizofrenia o altro. Cercherò solo di individuare ed indicare pensieri e attitudini mentali che accomunano questi individui, che vivono in latitudini diverse e in diversi ambienti culturali.

     

    La prima cosa da chiarire è questa: la malattia mentale ha una radice comune e universale: il rapporto interumano malato. Molto schematicamente credo si possa dire che, in questi individui, qualcosa sin dai primi giorni di vita non ha funzionato, di solito è la madre anaffettiva che fa ammalare il bambino durante in periodo dell’allattamento. Più la madre è anaffettiva e più è patogena. Più la madre è patogena più crea una scissione mentale. Si crea una frattura tra corpo soddisfatto dai bisogni e psiche delusa nelle esigenze di umanità.

    La realtà umana di questi individui, che ha perso la fusione neonatale tra realtà materiale e pensiero, è estremamente fragile.  Gli individui dal pensiero instabile e dal precario equilibrio, dovuto alla delusione del rapporto interumano, perdono la speranza e quindi sono dei disperati  che cercano fondamentalmente due cose:

     

    a) di non soffrire perché la loro struttura psichica non sopporta la sofferenza causata dal rapporto interumano;

     

    b) cercano nella cultura un “centro di gravità permanente”, ovvero una ideologia, una religione, uno scopo materiale, un senso escatologico, che metta a tacere per sempre la sensibilità del corpo che è causa di squilibrio mentale. (1)

     

    In tutto ciò entra in ballo l’alienazione religiosa presente in ogni individuo che avrà  – con vari gradi di intensità – inconsciamente agito la pulsione di annullamento verso l’altro da sé svuotandosi contemporaneamente di contenuti affettivi senza i quali la decifrazione del reale e della realtà umana altrui è pressoché impossibile. L’alienazione religiosa è una pulsione/pensiero inconscia che nel momento della percezione investe  l’oggetto osservato e, sincreticamente, frapponendosi tra lo sguardo del soggetto e l’oggetto fa sia «di ciò che è, ciò che non è» sia «di ciò che non è, ciò che è».

     

    Se Feuerbach ha spiegato a suo modo il concetto di ‘alienazione religiosa’ , non ha saputo spiegare quando, come e perché, essa nasce nella mente degli esseri umani. Per far questo ci si deve doverosamente riferire alla ‘Teoria della nascita’ esplicitata nei numerosi libri e articoli dello psichiatra Massimo Fagioli, soprattutto quando egli parla di ‘pulsione di annullamento’.

    “Credere: è un sentimento piuttosto che un pensiero che si veste di un credo che sembra pensiero ma è sordo e cieco ad ogni ragione e percezione”

    Massimo Fagioli. Left, n. 48, 8 dicembre 2006.

     

    Il pensiero religioso, che a causa dell’alienazione religiosa inconsapevolmente è spinto verso la religione, si nutre della cultura ambientale che incontra nei territori abitati  dal soggetto credente.

     

    Anche se l’alienazione religiosa è inconsapevole, ciò non significa che sia completamente asintomatica. Quando l’alienazione religiosa assume gradi estremamente patologici, insorgono sintomi che vanno individuati frugando, come dovrebbe fare ogni buon psicoterapeuta, tra le parole e le narrazioni dei “credenti fondamentalisti”. I sintomi coscienti sono quelli ben descritti nelle ricerche di sociologhi e psichiatri sul terrorismo jihādista, nelle narrazioni dei seguaci della setta Aum intervistati da Murakami Haruki, ma anche nel romanzo di Han Kang La vegetariana :

     

    ossessione per il controllo del corpo, dal desiderio sessuale al cibo;

     

    volontà di “purificazione” che significa eliminazione di tutto ciò che viene ritenuto superfluo alla pura sopravvivenza compreso il pensiero acritico, che porta, come nelle anoressiche, sia alla denutrizione che alla anaffettività più profonda;

     

    un pensiero nihilista che assume forme di verbalizzazione come quella citata in apertura dell’articolo e credenze escatologiche millenariste e che porta inesorabilmente verso un delirio di esaltazione onnipotenza (tutti o quasi gli intervistati parlano delle “profezie di Nostradamus”) ed anche ad atti di terrorismo (Belpoliti nel suo libro spiega molto bene che per i terroristi islamici morie da martire è la massima aspirazione);

     

    una esigenza di “ordine” che calmi il caos interno che, incarcerato, non può che assumere forme di perversione, come  la tragedia Baccanti  di Euripide insegna;

     

    una volontà di vivere in una situazione di passività e di irresponsabilità  in nome di un fine soprannaturale e trascendente immensamente più alto da raggiungere rinunciando al proprio Io, ovvero alla realizzazione della propria identità umana unica e originaria;

     

    l’impossibilità di vivere nel sistema sociale in cui si è nati e cresciuto e la ricerca di una via d’uscita dalla realtà che può essere anche il farsi saltare in aria in mezzo ad una folla;

     

    una desertificazione affettiva ed enormi problemi di un rapporto profondo con l’altro da sé

     

    difficoltà nel stabilire un sano rapporto con il reale arrivando anche a non distinguere la realtà dal sogno.

     

    Questi sintomi trovano la loro “cura”, ovvero loro “congruità sociale”, sia nei sistemi teosofici delle religioni monoteiste e politeiste che nei sottosistemi teosofici fondamentalisti a cui aderiscono gli individui in cerca di una maggiore coerenza che inevitabilmente porta a estreme conclusioni: «Se la distruzione è il traguardo ultimo della mia vita – dice un seguace della setta Aum intervistato – che io diventi Primo ministro o barbone che differenza fa. Se nella vita ci sono più sofferenze che gioie, non è meglio suicidarsi subito?» ovvero al tipico millenario ragionamento logico del nihilista. (Leggi qui)

     

    La terapia per annullare il caos interiore

     

    La “terapia” per annullare o perlomeno controllare il “mostro interiore” incistato nel corpo  viene offerta dalle religioni e dalle ideologie. Più l’individuo sarà “alienato” e più la religione e/o l’ideologia che meglio si attaglierà al suo essere sarà radicale, fondamentalista, estremistica. Più l’individuo sarà malato più cercherà di allontanare ed annullare da sé tutto ciò che perturba il suo precario equilibrio. Uscire dal secolo, alias annullare gli stimoli esterni che gli causano dolore, vivere una vita monastica ovattata o uccidere suicidandosi per acquisire una ricompensa, per questi individui è l’assoluta panacea.

    Non dimentichiamo mai che il sostantivo verbale Islam è fondamentalmente significa  «sottomissione, abbandono, consegna totale di sé a Dio» e che la parola deriva dalla radice aslama, congiunzione causale di salima «essere o porsi in uno stato di sicurezza, di pace interiore». Come si può vedere tutto torna.

     

    Porsi in uno stato di sicurezza, per questi individui malati, significa annullare il perturbante stimolo esterno. Stimolo esterno per eccellenza per essi è il rapporto dialettico con l’altro da sé con cui  cimentare la propria realtà umana. Meglio eliminarlo il rapporto interumano ed affidarsi, annullando se stessi, a un ente esterno.  Meglio che l’ente esterno, su cui si sono alienati affetti, pensieri di onnipotenza  e istanze nihiliste,  sia ultraterreno e purificatore, e “che mi liberi dal male, amen”. Meglio che sia a immagine e somiglianza del pensiero alterato del credente. Questo dio lo si raggiunge attraverso i suoi sacerdoti, i suoi  emissari, i suoi guardiani, per mezzo di chi essendo più “puro”, o più “unto” o più “illuminato”, ha raggiunto quella atarassia necessaria per accedere al sacro e ai suoi misteri.

     

    Per questo genere di “servizio spirituale” non c’è problema: ci sono le religioni prêt-à-porter lì bell’e pronte. Basta aderirvi, apportando modifiche opzionali proprie,  con molto fervore religioso… tanto fervore quanto è grave la dissociazione mentale. Se  hai la fortuna di nascere in luoghi “poco spiritualizzati” puoi sempre trovare una ideologia o logiche ferree che facendoti ragionare con la razionalità adeguata ti indicano un cammino al riparo da ogni desiderio per le qualità dell’altro da sé. Basta pensare, per esempio, che la sessualità sia solo un sfogo fisiologico, ed ecco che esci da quella immane fatica di doverti innamorare e vivere tutti i tormenti del rapporto con un uguale ma molto diverso da sé … compresa magari l’ennesima separazione che ti potrebbe far impazzire e perdere quel controllo di sé tanto agognato da grandi filosofi e grandi santi dal cilicio compulsivo. Se invece nasci a Gaza o una banlieue islamizzata o in una società disumanizzante come quella giapponese só c….i!

     

    Scusate se ho preso un’onda ironica ma era solo per cercare di spiegare come e perché le religioni, dall’insorgere della stanzialità in poi,  sono funzionali alle forze del potere che vogliono controllare la società. Cambia la società, cambia religione o ideologia … ma l’alienazione religiosa è sempre quella perché è un disturbo del pensiero che non ha confini geografici o geopolitici. Lei, l’alienazione, trova le sue forme per manifestarsi.

     

    Usando un piccolo pizzico di buonsenso ci si potrebbe chiedere perché movimenti politici estremistici, fratellanze religiose fondamentaliste, sette come i  Testimoni di Geova e la Aum Shinrikyō, ma anche Scientology, sono più o meno volontariamente lasciati liberi di operare nei territori della comunità civile.

    Forse le lasciano libere perché sanno che se scappi dalla porta prima o poi rientri dalla finestra? È una domanda. Mi faccio questa domanda perché tutti sanno che religioni e ideologie sono dei contenitori stagni di turbamenti, di psicopatologie e di disagi psichici.  Le sette come Testimoni di Geova per esempio sono camere stagne aggiunte che raccolgono chi nella religione cerca una “coerenza”, una “purezza” una “autenticità dell’essere” (2)  che ovviamente sono molto carenti nelle secolari  istituzioni religiose, e nei partiti istituzionalizzati da decenni in cui il fuoco sacro è spento da mò! Tant’è vero che la setta criminale Aum Shinrikyō fu riconosciuta dal governo giapponese, ottenendo l’esenzione fiscale. Inoltre il suo guru nel 1990 si candidò alle elezioni parlamentari. Come dire che in politica l’assurdo è norma non solo in Italia. Un’altra cosa da chiedersi è come mai persino il Dalai Lama si sia anche solo fatto fotografare varie volte accanto a questo pazzo assassino legittimando così il suo potere che andava anche al di là dei confini nipponici.

     

    Il terrorista è un sociopatico nihilista

     

    Se andassimo ad investigare il pensiero dei “terroristi islamici”, la loro realtà umana, i pensieri religiosi che li guidavano verso annichilimento del proprio essere psichico e fisico e li mettessimo a confronto con quello di seguaci ed adepti della setta Aum ci renderemmo conto dell’assoluta similitudine dei loro sistemi filosofici. Cercherò di schematizzare elencando alcune “idee” parallele che guidavano i loro passi.

     

    Innanzitutto un sistema religioso che premia o punisce, e che da senso all’esistenza: per i terroristi jihādisti il paradiso con  tante vergini ecc. ecc., per i seguaci della setta la reincarnazione in un essere più perfetto.

     

    In entrambi i movimenti, anche se in modalità diverse c’è la volontà di:

    A) una “sistematizzazione del pensiero”. (3)

    B) una deresponsabilizzazione di sé; (4)

    C) un annullamento della propria identità umana a favore di una identità umana superiore o sovrannaturale, ma anche razionale. (5)

    D) volere la realizzazione di una “purezza” astratta e scissa dal corpo per il raggiungimento della quale ogni mezzo è lecito anche l’omicidio-suicidio. (6)

     

    I “supervisori”, ovvero coloro che sovraintendono il farsi del destino delle vittime /martiri, in modo che ciò avvenga nei modi giusti per loro, sono anche coloro che usano la fragilità psichica di questi individui per i propri fini: che questi siano materiali come l’arricchimento, o che siano legati alla paranoia non ha importanza. Sacerdoti/leader e adepti sono esseri che vivono in simbiosi: il leader è il mezzo usato dai malati per rendere congrua la loro malattia; il martire islamico o il buddista che ha raggiunto il “nirvana”, è il mezzo usato dal leader per raggiungere i propri fini.

    Ovviamente sia da una parte che dall’altra si cerca una narrazione che abbia una logica stringente. Una logica stringente nella  quale parole come “realtà” e “umanità” non hanno spazio perché in quella narrazione si parte da assunti astratti e/o soprannaturali: se ciò che vale è la purificazione del corpo inteso come contenitore del male originario o di impurità … è chiaro che l’annullamento di esso è la sola strada da perseguire. Eliminare con ogni mezzo i “sintomi” del corpo vivo, con l’annullamento del sé psichico e/o la distruzione di sé fisica, è l’obiettivo reso congruo dalla cultura millenaria.

     

    «Prendi, Signore, e ricevi/ tutta la mia libertà,/ la mia memoria,/ il mio intelletto,/ e tutta la mia volontà/ tutto ciò che ho e posseggo;/ tu me lo hai dato,/ a te, Signore, lo ridono;/ tutto è tuo»  scriveva il basco Ignazio da Lojola fondatore della Compagnia di Gesù,

     

    Un pensiero malato ed assurdo, ma molti «giovani  nati e cresciuti in Europa – scrive Belpoliti nel suo libro – sono  spinti ad uccidere da una ideologia che è la negazione della vita stessa»

     

    Note

     

    (1) «Una ricerca effettuata da una équipe di psicologi, diretta da A. Merari, sui candidati al “martirio” della Seconda Intifada (aspiranti suicidi che hanno fallito, che sono stati arrestati prima dell’attacco, altri che erano già stati reclutati in vista di un attentato) ha concluso che molti avevano dei disturbi mentali: personalità dipendenti, che soffrivano di senso di inadeguatezza e che avevano bisogno di conforto, con aspetti esplosivi del carattere ed emotivamente instabili, o anche con aspetti depressivi e sindromi post-traumatiche da stress.» Marco Belpoliti Chi sono i terroristi suicidi  

     

    (2)  «I ragazzi che abitano le periferie delle città europee manifestano una “disperazione  musulmana” che pochi hanno saputo prefigurare. Si tratta della sensazione di non essere davvero se stessi, di percepirsi come inautentici, di diventare altri rispetto alla propria identità musulmana, trascinati verso l’esilio, come accade a coloro che vivono in occidente , senza dio,  senza il conforto della religione. L’offerta degli jihādisti (…) allevia il dolore di esistere (…) La ricerca della vita , di una vita vera, produce il suo contrario: la morte .» M. Belpoliti – libro cit.

     

    (3) «Quello che vorrei fare io è sistematizzare e organizzare almeno un poco il pensiero orientale, come la trasmigrazione delle anime o il karma» – Murakami Haruki – Underground – seconda parte del libro con interviste ai seguaci della setta Aum.

    «il suicida si tira su da solo: si giustifica ampiamente in una sorta di circolo argomentativo che non ha bisogno di nessun’altra convinzione se non la propria; in altre parole, si alimenta di se stesso. Il sacrificio di sé è una ragione bastevole per giustificare l’atto di suicidarsi e al tempo stesso è, dal punto di vista psicologico, una giustificazione convincente, autoconvincente» M. Belpoliti – libro cit.

     

    (4) «Del resto, i loro reclutatori sono ben attenti a non selezionare persone “anormali”, sia per il loro aspetto, sia per il profilo psicologico, dal momento che darebbero troppo nell’occhio, e poi non sarebbero completamente affidabili per il compito assegnato. Secondo un altro studioso, Adam Lankford, i reclutatori cercherebbero invece di coinvolgere individui instabili psicologicamente più influenzabili.(…) Alla fine quello che affermano i ricercatori è che si tratta di personalità fortemente influenzabili, specialmente da parte di persone autorevoli. Il romanziere americano John Updike ha raccontato la storia di un giovane di origine egiziana che vive in America e diventa aspirante suicida in Terrorista (Guanda), delineando una personalità simile fortemente condizionata da un predicatore islamico. La maggior parte di questi ragazzi – e in questo includo quei giovani islamici che hanno sparato sui loro coetanei nella sala di Parigi – sono figure gregarie, dei marginali, seguaci, non certo dei leader. L’uomo con il cappello in testa che accompagnava i due giovani con il carrello e il guanto nero, e che ora tutte le polizie ricercano, era con ogni probabilità il loro “comandante”: non si è suicidato.»  M. Belpoliti – libro cit.

     

    «Quando si entra nella comunità (…) non si hanno responsabilità. Basta restare al proprio posto ed eseguire alla lettera gli ordini che vengono dall’alto.(..) dal punto do vista spirituale è davvero riposante» Murakami Haruki – seconda parte del libro con interviste ai seguaci della setta Aumlibro citato.

     

    (5) «Le cose che non possono essere misurate scientificamente non mi interessano. Perché non hanno nessun potere di persuasione, quindi non le si può usare per vantaggio altrui.(…)

    1. Lei non legge romanzi vero? R. No, non li leggo. Tre pagine sono il limite alla mia sopportazione.(…)

    Sto pensando ad un metodo per provare matematicamente il buddismo. È proprio perché questo metodo ancora non esiste che facciamo queste discussioni(…)»

    Murakami Haruki – seconda parte del libro con interviste ai seguaci della setta Aumlibro citato

     

    (6)«Solo chi è dentro questa visione paranoide può capire come funzioni perfettamente. La purezza ne è il primo tassello. Morire suicidi è la conferma della propria purezza. Contro queste motivazioni non c’è sistema logico che possa far breccia nella mente del suicida.» M. Belpoliti – libro cit.

    «Sono troppi i desideri incontrollabili che fanno soffrire la gente. Desiderio di cibo, di sesso, di tutto. Quello che faceva Aum, era ridurre gradualmente lo stresso psicologico potenziando la forza dell’individuo.» Murakami Haruki – seconda parte del libro con interviste ai seguaci della setta Aumlibro citato

     

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