• Era di maggio … – raccolta di poesie della juerga poetico-musical

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    Era gennaio, e la neve che aveva coperto Roma con trenta centimetri di neve impedì il primo incontro che avevamo nominato juerga poetico-musical.

     

    Dopo una prima prova a casa di un amico, interrotta felicemente, per la caduta del guitto che per quasi vent’anni aveva tenuto in scacco il paese, avevamo pensato di  incontrarci di nuovo, per fare un po’ di poesia e di musica insieme … quel piccolo assaggio a casa di Mannino era piaciuto e volevamo riprovarci.

     

    E così a gennaio eravamo li tutti pronti con le poesie, nostre o di grandi poeti, e con la musica, robba forte tutti pezzi inediti, del gran maestro e amico nostro Carlo Z., e con le nostre voci poco abituate al verso poetico … perché una cosa è scrivere un’altra è saper recitare.

     

    Ma la neve che aveva coperto la capitale fermò tutti i nostri tremori. Beh, ci dicemmo, la juerga la facciamo la prossima settimana … e così di settimana in settimana arrivammo al 26 maggio 2012.

     

    Intanto erano trascorsi i giorni, le notti, era caduta la pioggia, il vento s’era portato via il ricordo dell’inverno, e il sole, finalmente scaldava, le mattine rosate.

     

    … poi, era sera, è successo … timidamente … molto timidamente … ci siamo fatti avanti con fogli vergati … e abbiamo scartato i nostri tesori fatti di parole annodate   … e abbiamo cercato di mutare pensieri scritti in suoni da offrire … agli altri. La musica di amici sapienti di note accompagnava i canti soccorrendo l’incedere incerto del verso.

     

    Poi il Quartetto Feliz  ha suonato per noi, e poi c’era ancora vino e dei dolci per continuare la festa.

     

     

    Ora le poesie sono state raccolte e le liberiamo negli spazi siderali del web dicendo loro “andate canzoni/ tra i giovani e gli esigenti. / Sempre con menti taglienti state/e accettate le ferite di buon grado.” E. Pound

     

     

    I musicisti che hanno accompagnato le poesie:

     

    Carlo Baragatti (Sax soprano); Beniamino Gigli (chitarra solista); Iacopo Teolis (tromba), Carlo Zaghi (chitarra).

     

    I tre pezzi musicali, composti da Carlo Zaghi e suonati dal Quartetto Feliz sono:

     

    – Tango Feliz

    – Idi Bou Said

    – Maison dorée

     

     

     

    Poesie, autori, cantori

     

     

     

     

    Tre poesie di Emily Dickinson (lette da GCZ)

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Fr. 448

     

    Questo era un Poeta – colui

    che distilla un senso stupefacente
    da ordinari significati –
    e nettare così immenso (…)

     

    * * *

     

    Fr. 454

     

    Mi fu dato dagli Dei –
    Quando ero una Ragazzina –


    Ci danno la maggior parte dei regali – si sa –
    Quando siamo nuovi – e piccoli.
    Lo tenevo in Mano –
    Non lo posavo mai –
    Non osavo mangiare – o dormire –
    Per paura che se ne andasse –


    Sentivo parole come “Ricco” –
    Mentre di fretta correvo a scuola –
    Da labbra agli Angoli delle Vie –
    E tenevo a bada un sorriso.

     

    Ricco! Ero Io – ad essere ricca –
    A ghermire il nome dell’Oro –
    E a possedere l’Oro – in solide Barre –
    La Diversità – mi rendeva spavalda –

     

    * * *

     

    Fr. 1126

     

    Devo prendere te? disse il Poeta
    Alla parola che si proponeva.
    Mettiti in fila con i Candidati
    Finché non avrò spulciato di più –

    Il Poeta cercò nella Filologia
    E stava per suonare
    per il Candidato in sospeso
    Quando arrivò non invitata –
    Quella porzione di Visione
    Che la Parola ambiva a riempire

     

     

    * * *

     

    Maurizio Maturi

     

    Il vento

     che batte l’isola

     tutto il giorno

     mi ha reso secco

     come il tronco

     di un olivo

    e le file nere

    di formiche

    segnano

     come linee

    l’immagine

    del tuo corpo

     di donna.

     

    Naxos 22/8/2000

     

    ***

     

    Roberto Chimenti legge dalla sua raccolta di poesie, “Siamo”

     

    Guizzi

     

    Per me

    ciò che resta veramente

    che realizza a fondo

    il senso della vita

    è ogni volta

    il frutto della fantasia.

    Tolto tutto ciò che non è essenziale

    che seppure rende dolce il ricordo

    languido il pensiero

    felice la conquista di una nuova

    o più forte identità,

    resta il guizzo dell’immaginato

    nato con e per gli altri

     

    E l’altro che tu mi dai

    fantasia in atto

     

    Gennaio 2012

     

    * * *

     

    La nuova voce

     

    Settemila anni fa’

    non c’era la scrittura

    ma esisteva la parola

    nessuno poteva rubare all’amante

    i versi che fluivano

    fuggendo come turchesi

    dal filo che li univa

     

    I primi segni contarono

    e compilarono

    diversamente dalle pietre scheggiate

    che disegnarono subito

    i fianchi delle donne.

    Ma ora la parola udita

    era anche vista

     

    Come un attore

    La linea cambiò nuovamente ruolo

    Fece diventare la mano voce

    Dopo un po’ di tempo

    l’amante capì la voce visibile

    ora c’era, lo aspettava

    pronta a portare i suoi versi a tutti

    non solo all’amata

     

    Aprile 2012

     

    * * *

     

     La scrittura

    Scrivere senza sapere

    quali saranno le parole

    che la penna traccerà

    è affidarsi al tempo

    per un affetto silenzioso

    simile alla donna

    che nuda

    si offre interamente

    al corpo dell’uomo amato

    un affetto tanto antico

    che l’origine ha conosciuto

    forse è per questo che possiede

    tutta la sapienza che è necessaria

     

    E non basta,

    come un maestro

    forma il pensiero

    che può comprendere

    quanto sia vasta la strada

    che ogni volta lo accoglie

     

    ottobre 2011

     

    * * *

     

    Contagi

     

    Riprendo la penna

    perché leggere le nuove righe scritte

    mette in moto il pensiero

    che abbeverato

    vuole esprimere

    movimento del pensiero

    espresso in scrittura

    che muove altro pensiero

    che per esprimersi

    usa anch’esso la scrittura

    le differenze evidenti segnano lo scarto

    ma ciò che conta

    è il potere del flusso delle idee

    espresso da quella corda che è la linea

    la più improbabile

    invece di vibrare è voce di flauto

    che ascoltata

    può accadere che sia raccolta

    per essere in altri modi continuata

    oppure trasformata

    dal lettore dal pittore

    dal musicista dallo scultore

     

    Dicembre 2011

     

    * * *

     

    Francesca Gentili

     

    Sei bellissimo, fratello.

    Quando racconti che scrivi come me

    e non ci sono dighe di decenni  a separarci.

    E se ci fossero ne sarei anche più lieta

    perché nulla mi entusiasma di più

    che smascherare la finta distanza che inganna gli idioti del mondo.

     

    Sei meraviglioso, fratello,

    si, perché uccidi il diktat nero

    che mi prendeva alle spalle da allora.

    Mi manchi fratello mio, ogni sera ed ogni istante,

    ma sulle sponde del panico mi fermo

    se mi tendi la mano, incosciente inconsapevole,

    fratello mio, quanto ti amo.

     

    * * *

     

    Poesia di Giuliana Angeli (legge GCZ)

     

    Parole
    create dal niente
    trasfigurate dal silenzio
    della mia mente


    eco del sentire
    più sommesso
    che allarga i cerchi vecchi
    della magia dell’etere
    assorbendo
    un’essenza di vita nuova
    che ricrei dal niente
    le parole dette
    il gesto fatto
    i sogni pensati nello spazio
    che non vuoi ridimensionare
    perché vi culli
    la speranza
    toccata, penata
    accarezzata
    perché di quella forma
    hai creato
    per la tua salvezza
    una essenza di vita
    infiocchettata per la festa.


    * * *


    Susanne Portmann ‘risponde’ a Emily Dickinson

     

    Fr. 80

     

    Our lives are Swiss —

    So still — so Cool —

    Till some odd afternoon

    The Alps neglect their Curtains

    And we look farther on!

     

    Italy stands the other side!

    While like a guard between —

    The solemn Alps —

    The siren Alps

    Forever intervene!

     

    Le nostre vite sono Svizzere –
    Così quiete – così Fredde –
    Finché un qualche insolito pomeriggio
    Alle Alpi sfuggono le Tende
    E noi guardiamo oltre l’usato!

    L’Italia si estende dall’altro lato!
    Ma come un custode nel mezzo –
    Le Alpi solenni –
    Le Alpi sirene
    Per sempre si frappongono!

     

    Risposta a Emily

    High noon

     

    Eque stanno le nostre vite

    nate nella luce dei propri occhi

    che porta la gemma del sentire

    che mai sguardi gelati di case native

    e rifugi fuorvianti sul cammino

    piegheranno,

    ora,

    che il primo rifulgere del sud,

    limpido,

    spinge nell’audacia del mezzogiorno.

     

    Luglio 2011

     

    * * *

     

    Susanne Portmann

     

    Brief an den nächsten Frühling

     

    Uns di Musik

    uns diese seltsame Sprache,

    deren Buchstaben die Worte bilden,

    die nicht mehr über unsere Lippen kommen

    und doch in aller Munde sind.

     

    Uns das Sonnenglänzen

    uns das Licht der Nacht,

    Laterne der Aufgebliebenen,

    die wir die Träume nicht mehr träumen,

    sie uns im Sonnenklingen zustossen lassen.

     

    Uns das Tauglitzern

    uns das Meereswogen

    Wir füllen es mit der Erinnerung

    der Ohnmacht unserer Körper

    nach der Synfonie der Sinne

     

    Uns die Musik!

     

    1986

     

    …………….

     

    Piccola la sera

    la notte muore lontana

    nostra la musica

    che sfiora labbra d’altra lingua

    lasciando le parole sulla bocca di tutti.

     

    Piccola la sera

    nostra la musica

    nostro il brillare della luna

    che ruba il fiato dei poeti muti

    rovesciando il sogno nel voltolare dei soli.

     

    Piccola la sera

    vano il soffio della rugiada

    nostro il dondolio del mare

    che sparge lacrime di lucciole

    raccolte nel gomito dello svenire.

     

    A noi la musica!

     

    2010

     

    * * *

     

    Silvia Scialanca


    Non scrivo

    perché scriverei solo di te….

    e anche così

    non direi mai abbastanza.

    Presa di te

    non riesco ad uscire

    dalla tua stanza.

     

    * * *

     

    Pedro Salinas

     

    Pedro Salinas ( legge Ida De Santis)

     

    Domani

     

    “Domani”. La parola

    libera, vacante, senza peso

    si muoveva nell’aria,

    così senz’anima e corpo,

    senza colore né bacio,

    che l’ho lasciata passare

    al mio fianco, nel mio oggi.

    Ma all’improvviso tu

    hai detto: “Io, domani…”

    E tutto si è animato

    di carne e di bandiere.

    Mi si precipitavano

    addosso le promesse

    di seicento colori,

    con vestiti alla moda

    nude, ma tutte

    ricolme di carezze

    In treni o gazzelle

    mi giungevano – acute,

    suoni di violini –

    snelle speranze

    di bocche verginali.

    O veloci e grandi

    come navi, di lontano,

    come balene

    da mari remoti

    immense speranze

    d’un amore senza termine.

     

    Domani! Che parola          

    vibrante, tutta tesa

    di anima e carne rosata,

    corda dell’arco dove

    tu hai messo, acutissima,

    arma di venti anni,

    la freccia più sicura

    quando hai detto: “Io…”

     

    * * *

     

    Rosa Rivelli (legge GCZ)

     

    Segni d’aria potrei dirti.
    E parole notturne di vento.
    Sorridono i solchi arati nei campi.
    Bagnati di luna

     

    * * *

     

    Maurizio Maturi

     

    Mia figlia

     

    Mi piace l’estate

    perché nelle notti calde

    posso invitare gli amici

    per la cena,

    ogni volta in un posto diverso.

    Quando c’è il vento

    che porta lontano la voce

    ce ne stiamo sotto il pergolato

    e sugli scogli

    quando ci piace sentire

    il rumore del mare.

    Offro loro il pane ed il vino

    fatti con l’uva e la farina,

    che ho messo da parte

    durante l’inverno

    e loro in cambio,

    generosi mi regalano

    le conchiglie del mare

    ed i suoni sinceri

    delle loro voci.

    La mia donna è con me,

    mi manca però la bellezza di mia figlia,

    la sua intelligenza chiara,

    ma la sua felicità libera

    è anche la mia.

     

    Datca 13/8/2001

     

    A Semra

     

    Datca è una città

    che non esiste,

    ha rubato la sua forma al mare

    e nessuno si è preoccupato

    di dire :”Fai così, fai cosa’ ”.

    Di tutti quelli che incontro

    nessuno mi ha mai detto:

    “Sono Turco”

    ma: “Ho lasciato la macchina

    fuori città e sono di passaggio”

    oppure “Ho ormeggiato la barca

    nella baia e sto prendendo

    un tè  nel porto”.

    Però raramente un  luogo

    mi ha dato la sensazione

    della bellezza del presente.

     

    Datca 14/8/2001

     

    * * *

     

    Gian Carlo Zanon

     

    La notte (Haiku annodati)

     

    Affondavi nel buio;

    le onde di Ypnos

    portavano sogni.

     

    La mano caduta

    invadeva il mio petto

    cercando il passaggio.

     

    Consumavo la notte

    temendo la luce

    che portava empietà.

     

    Il sole inciampava

    tra nubi annerite

    dal pianto di dee.

     

    S’imponeva il mattino;

    vinceva la luce

    di Emeros scaltro.

     

    Scostasti la mano:

    colorata d’Aurora

    s’era fatta leggera;

     

    una ciglia cedette.

     

    Volevi il caffè

    che sveglia la mente

    ancora nell’Ade.

     

    gennaio 2012

     

    Ypnos è il sonno: figlio di Nykta, la notte, che lo generò insieme al gemello Tanathos: la morte.

    Emeros è il giorno

    Ade è l’invisibile’

     

    * * *

     

    Francesca Gentili

     

    Un cucchiaio di mille delizie

    che implora un bacio sulla cruna delle tue labbra:

    così è la nostra colazione.

    Ogni mattino, nel balsamo di questo mare

    che entra silenzioso da un terrazzo navigante.

     

     

    E’ maggio, forse

     

    Non è più tempo di dire che no

    Che allora,

    oppure,

    non è,

    ovvero,

    neppure

    e quindi con questo e quant’altro e perciò.

    Frammenti di parole che spazzo via dal tavolo

    mentre tu guardi e io ti amo.

    Così è la nostra colazione.

     

    * * *

     

    Beniamino Gigli (legge Ida De Santi)

     

    Canción gitana

     

    Una canción gitana dice:

    antes de partir,

    antes de partir

    quiero que me lleves al mar por la última vez,

    dónde las olas te llevarán lejos para siempre

     y díme te quiero

     

    El cielo puede esperar,

    el mar puede esperar …

     

     

    En cada primavera yo volveré sobre el mar

    y el viento me dará tu voz

    te quiero en cada primavera

     

     

    Te quiero dijo el hombre

    y murió en sus brazos

     

     

    El cielo puede esperar,

    el mar puede esperar …

     

     

    Una canzone gitana dice:

     

    “prima di partire,

     

     prima di partire portami sul
    mare per l’ultima volta,
    dove le onde  ti porteranno via per sempre

    e dimmi ti amo,


    il cielo può aspettare,

     

     il mare può aspettare…


    Ad ogni primavera io tornerò sul mare

    e il vento mi darà la tua voce…ti amo
    ad ogni primavera.


    Ti amo disse l’uomo

    e morì tra le sue braccia.


    Il cielo può aspettare,

     il mare può aspettare…”

     

     

    * * *

     

     

    Cordoba - Statua di Ibn Hazm

     

    Ibn Hazm (leggeRosanna Santangelo)

     

    Da Il collare della colomba – Sull’amore e sugli amanti di Ibn Hazm poeta andaluso (994-1063), traduzione e cura di Massimo Jevolella.

     

    Dal Cap. I,  “Discorso sull’essenza dell’amore”:

     

    Il mio amore per te, per sua natura eterno,

    è giunto al culmine, donde non può né scender né salire.

    Sua causa altro non fu che il desiderio

    e nessuno ne conosce una causa a eccezione di esso.

    Quando troviamo una cosa che è causa di se stessa, ebbene,

    la sua esistenza è destinata a non cessare mai.

    Ma se la vediamo dipendere da qualcosa di diverso da lei,

    essa avrà fine quando vedremo finire ciò che le dà esistenza

     

    Dal Cap.XX “Sull’unione”:

     

    Simile a lei, quando cammina un po’ inchinandosi,

    è lo stelo del narciso che ondeggia nel giardino.

    Come se i suoi orecchini fossero nel cuore del suo innamorato,

    in lui vibrando e tintinnando a ogni passo di lei.

    Come se il suo passo fosse il passo di una colomba,

    faticoso e lento, ma non per questo da criticare o

                                                            deplorare. 

     

     

    * * *

    Eliot letto da Mannino

     

    ************

    Maurizio Maturi

     

    Flesso

     

    Napoli

                                                   

    Lungo flesso notturno

    scrive parole di sguardi

    nel passo di colore, giunge.

    Pensi ad un alito di vento

    sincero di luce, ridi,

    per un abito di lucciole

    e foglie nella sera d’estate.

    Corre il tempo e s’avvicina

    sopra il nuovo la nebbia

    pesa una sola immagine

    ed il silenzio tocca lo sguardo

    e tu nel canto pieghi un suono

    e una linea d’ombra

    che attraversa entrambi.

     

    13/6/96

    *

     

    La mia natura misteriosa

     mi ha dato di percepire la realtà

    da una porta di colori.

    Quando qualcuno bussa

    io apro sempre

    ed una linea di luce

    esce diretta

    per colorare la vista.

    Poi a secondo

    della bellezza dell’incontro

    la luce fa zampillare suoni

    che mi si aggrappano

    alle orecchie come ciliegie

    e spesso accade che una donna

    distratta ed innamorata

    le schiaccia sulle mie tempie

    ed il succo scorre sugli occhi

    e succo e lacrime, scrivono.

     

    Naxos Agosto 2000

     

    * * *

     

    LuisBorges, 1951

     

     

    Borges (legge Etta Casa)

     

    Nostalgia del presente

     

    In quel preciso momento l’uomo si disse:
    che cosa non darei per la gioia
    di stare al tuo fianco in Islanda
    sotto il gran giorno immobile
    e condividere l’adesso
    come si condivide la musica
    o il sapore di un frutto.
    In quel preciso momento
    l’uomo stava accanto a lei in Islanda.

     

    Buenos Aires

     

    E la città, adesso, è come una mappa
    delle mie umiliazioni e fallimenti;
    da quella porta ho visto i tramonti
    e davanti a quel marmo ho aspettato invano.
    Qui l’incerto ieri e l’oggi diverso
    mi hanno offerto i comuni casi

    di ogni sorte umana; qui i miei passi
    ordiscono il loro incalcolabile labirinto.
    Qui la sera cenerognola aspetta
    il frutto che le deve il mattino;
    qui la mia ombra nella non meno vana
    ombra finale si perderà, leggera.
    Non ci unisce l’amore ma lo spavento;
    sarà per questo che l’amo tanto.

     

     

    * * *

     

    Susanne Portmann


    30 maggio 2008

     

    Sbarchi a Lampedusa

    sul tram si parla slavo

    Victor, si chiama il bambino cinese seduto più avanti.

    E nel fracasso della città eterna

    il mondo si rifà da capo.

     

    Donna dice

     

    ci fosse bisogno
    ti direi
    che tu volessi
    il desiderio
    potrebbe disporsi a cogliere
    il coraggio dagli occhi del messaggero.
     
    ci fosse bisogno
    ti dico
    di averne cura
    perché un freddo d’animo
    non possa metterlo a morte
    per suscitato falso movimento,
    mio o tuo.

     

    L’addio del cavaliere


    Per quella sera
    che ti troverai a corto
    della libertà che ti porta,
    per quella sera
    coltiverò il piccolo fiore
    all’ombra della spallata pronta
    di me stessa forte più di me
    e del mio piccolo fiore.

    Per quella sera
    che la tua libertà si chinerà
    a rammentare
    il mio piccolo fiore
    spuntato per vedere ciò che tu di te
    mai saprai se non da me,
    io coltiverò il mio piccolo fiore
    difendendolo da me.

    Per quella sera
    caccerò la rugiada dei mezzogiorni
    ingannando con astuzia
    la sapienza dei miei sogni.
    E se pur morisse presto
    il mio piccolo fiore
    tu ne troverai il seme
    scuotendo la corazza al vento.

    E pulendo bene lo zoccolo al cavallo
    spunterà la lacrima di memoria
    che farà spiegare il colore d'ala
    del piccolo fiore
    che mio più sarà
    ma tuo solo,
    lasciando me libera per antica cicatrice
    che da sempre protegge...
    il mio piccolo fiore.

                                                                                     

    31 maggio 2011

     

    * * *

     

    Gian Carlo Zanon

     

    Il cembalo di Eraclito

     

    La campagna correva strusciando il suo verde

    sui vetri e negli occhi di donne straniere.

    Un suono perfetto sgusciava

    sfumando a Natura i colori:

    un uomo, gitano nel cuore,

    urtava, sapendo di corde,

    un’arpa ungherese con legni di quercia.

     

    La mente destata dall’eco diceva:

    che fare per mettere insieme parole

    dire di mani fatate e di corde?

    Mentre il suono, come vento giungeva

    scoprendo abitudini vili, e

    certe del niente, e fissate nel tempo

    di inutili, galattiche sfere.

     

    “È un cembalo” disse e voleva dei soldi

    per vivere il vino e scordarsi del volto

    che dava alla musica un senso.

    E la corda ch’era d’arco di Apollo,

    che uccise la Pitzia,  o fu lira

    d’Orfeo, e incantava le fiere,

    si tese ancora una volta … e fu canto.

     

    primavera 2011

     

     

    Le stagioni lunari

     

    Imbruniva, Luna, enorme, stava seduta

    sopra uno svincolo di strade,

    senza identità. 

    Ricordo, ho pensato … a te;

     

    non sapevo perché Luna … quella luna,

    così … importante, ti evocasse …

    come se fosse, inverosimile, guardarla,

    e non pensare a te.

     

    Lei  si alzava velocemente, sicura

    del suo cammino verso le stelle.

    Così, un attimo dopo

    già accarezzava i tralicci

    che al suo avvicinarsi

    si pittavano d’argento come fanno

    le donne, all’odore di uomo,

    come fai tu, quando scompari a me

    per apparire davanti al tuo specchio.

     

    A volte, d’estate, sembra che il sole

     per non affondare nei mari del nord

    si attacchi al cielo e sta li, sospeso,

     per un tempo che appare infinito …

    è nell’inverno che Luna

    torna padrona del cielo

    come tu sei padrona dei miei pensieri,

    nelle stagioni delle tue presenze.

     

    2009

     

    * * *

     

    Francesca Gentili

     

    Astronauta che passeggi sulla luna

    solo fissando i miei occhi nel presente,

    dimmi allora se sono la prima cosa che hai visto

    o ti ricordo di gioie raccolte

    o ti parlo di storie vissute e di fiumi navigati.

     

    Astronauta, camminatore delle terre impossibili.

    Ti accampi sui miei crateri in sosta per un momento

    e leverai le tende al primo appello del vento,

    mentre io qui vagante poi scriverò di te

    in un sussurro di luna.

     

    *

     

    Il tuo dito sulla mia gola

    E’ l’atterraggio dei sensi,

    dove va a parare una promessa di ristoro.

    Il silenzio è nostro amico

    e delle parole che ti ho detto senza programma.

    Non riconosco la mia voce nel passato e nel futuro

    quando approda alle tue orecchie.

    Non governo la mia vita

    quando fiorisco sotto la tua pressione.

     

     

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