• Heidegger : un pensiero nazista generato dal delirio religioso

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    Come già scrisse Giampiero Minasi il 23 maggio 2014 su BabylonPost «La formazione cattolica del Mago di Messkirch è alla radice delle sue teorizzazioni antisemite e naziste.»

    di Gian Carlo Zanon

    «Rifiuto senza coscienza del pensiero dominante del cattolico che aveva “superato” la stupidità di Freud tentando di pensare la realtà non materiale umana. Ed aveva detto: essere per la morte. Aveva detto: “annientamento del popolo ebraico” fin dal 1916 e poi era diventato nazista»

    Massimo Fagioli, “Ritorno al prerazionale”, Left n.9 2015, pag.81

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    Ho con me l’almanacco di filosofia MicroMega 2/2015, uscito nelle edicole la scorsa settimana. Nelle sue pagine si riapre la querelle culturale sul filosofo tedesco “dall’infame figura” che sta infiammando la cultura dando luogo ad articoli, interviste, seminari e convegni sui contenuti dei suoi Schwarze Hefte (Quaderni neri). Tre articoli corposi, il primo di Emmanuel Faye (Essere e svastica), il secondo di S.G. Azzarà (Heidegger “innocente”), il terzo Richard Wolin (La coerenza filosofica del nazismo di Heidegger) [leggi qui], aggiungono altri importanti elementi filologici che aiutano ancor più la comprensione sia dell’uomo Heidegger sia del suo pensiero “filosofico” che non può e non deve essere né edulcorato né scisso dalla sua persona e dai suoi atti pubblici come vorrebbero i suoi apologeti.

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    Ho messo tra parentesi l’aggettivo “filosofico” perché se lo accostiamo a H. i conti non tornano. Forse è il caso di ricordare che Filosofia significa in primo luogo amore per la ricerca sapienziale. Copio la definizione da Wikipedia: La filosofia (in greco antico φιλοσοφία, traslitterato in philosophía, composto di φιλεῖν (phileîn), “amare”, e σοφία (sophía), “sapienza”, ossia “amore per la sapienza”) è un campo di studi che si pone domande e riflette sul mondo e sull’uomo, indaga sul senso dell’essere e dell’esistenza umana, tenta di definire la natura e analizza le possibilità e i limiti della conoscenza.

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    Rileggo il significato e mi chiedo cosa realmente si può salvare dalla Storia della filosofia. Certamente i primi presocratici e i filosofi naturalisti, certamente Eraclito e Ipazia, certamente Giordano Bruno e altri a cui chiedo scusa se ora non mi vengono alla mente. Salverei solo chi amando la sapienza si è sforzato, a volte pagando con la vita, di conoscere ciò che in natura e nella realtà umana, era, ancora, non misurato, non verbalizzato, invisibile.

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    Contrariamente a Maurizio Ferraris , che a proposito di H. scrive ancora che «fortunatamente le idee sono solitamente migliori dei loro interpreti.» io penso che le idee nascendo dalla mente di un essere umano siano legate indissolubilmente alla sua realtà umana. Conseguentemente collocherei in una adeguata cornice storica e interpretativa chi, non amando la sapienza, ha percorso le sicure strade dell’egemonia culturale, per continuare a confondere, per opprimere, per deviare il pensiero degli esseri umani. Heidegger è senza dubbio da annoverare tra quest’ultimi e quindi, il suo pensiero è completamente da ridefinire nella storia delle idee – come anche le sue perniciose metastasi culturali – perché le sue «deliranti farneticazioni»(***) sono ancora altamente tossiche.

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    Heidegger «che si considerava il più grande pensatore nella tradizione occidentale dopo Eraclito»(*) in realtà è stato, nell’ordine: un antisemita, un nazista, un religioso oltranzista, un furbetto che usava le parole a suo uso e consumo e infine un mentecatto con gravi problemi di schizofasia. Va da sé che il suo “sistema filosofico”, comunque lo si voglia intendere, rimane «al di sotto della soglia di ciò che è sensato».(***) D’altronde uno che pensa ciò che sta scritto in quei Quaderni e che «attribuisce poteri divini ai nomi che iniziano con la lettera H»(***) come Hitler e naturalmente Heidegger , non può essere considerato sano di mente.

     

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    Tutto ciò qualsiasi persona dotata di onestà intellettuale lo sa, lo scrive, lo dice, lo afferma. La mostruosità del pensiero di H. era nota da tempo «Non c’era bisogno – sta scritto nel sommario che precede l’articolo di E. Faye – di attendere la pubblicazione dei Quaderni neri per accorgersene».(*)

    Nei tre articoli di MicroMega vengono sputtanati ulteriormente gli apologeti di H., cioè i chorizontes del ventesimo secolo che, lasciata la “questione omerica” in disparte, si sono precipitati a separare le “lievi intemperanze filosofiche” di H. dal suo “magnifico pensiero”. Tra questi spiccano il curatore dei Quaderni neri Peter Trowny, e l’attuale responsabile della Heidegger-Gesellschaft Donatella Di Cesare che oltre ad affermare «abbiamo bisogno di Heidegger per capire la Shoah»(*) si è resa colpevole, secondo quanto Faye scrive in una nota, di un brillante copia e incolla di galimbertiana memoria: «Questa(mia) analisi critica dell’«assenza del mondo» (…) è stata ripresa in maniera pressoché letterale da D. Di Cesare, in un lavoro dal titolo Heidegger e gli ebrei: i Quaderni neri (…)»(*).

    Sia le infamie di H. sia le gloriose apologie degli heideggeriani oltranzisti sono state ampiamente discusse e documentate nei precedenti articoli (leggi qui) e i tre articoli di MicroMega vengono a riempire ulteriormente gli spazi conoscitivi, riservati alla premiata ditta “Heidegger & Sons”, con notizie e documenti in buona parte inediti, soprattutto per quanto riguarda l’interpretazione capillare degli scritti del “filosofo” tedesco.

     

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    Dai tre articoli di MicroMega rimangono fuori due elementi che, a mio giudizio, si fondono nel pensiero di H. e ne sono i fondamenti: religione e malattia mentale.

    Religione che in Heidegger, contrariamente a quanto scrive E. Faye, trova, ad oltranza, le sue forme nell’escatologia cristiana che propone la realizzazione dell’Essere “dopo la morte” ovvero “per la morte”.

    «In realtà – scrive Faye su MicroMega – i nazionalsocialisti, esattamente come Heidegger, riconducono ad una presunta radice ebraica tutto ciò che rifiutano: non solo, come ho detto, tutte le manifestazioni del «liberalismo», ma anche lo stesso cristianesimo, e il cattolicesimo in particolare. Non è strano che Heidegger, nel corso del semestre estivo del 1932, se la prenda con il «cristianesimo ebraico» , accusato di aver alterato e falsato il pensiero greco.»*

    Heidegger era cristiano e cattolico come lo erano i nazionalsocialisti (1), ad esempio si sposò con rito cattolico e, se se la prese con i cristiani, definendoli ebrei, probabilmente fu solo per spingerli su posizioni più estremistiche. Come scrisse il 25 ottobre 2008 Livia Profeti in un articolo pubblicato su Avances, L’ombra di Heidegger sul Sinodo, «Il sodalizio tra la teologia cristiana e la filosofia di Heidegger, sebbene noto per lo più agli specialisti, è di lunga data.» Sempre in quel articolo L. Profeti segnalò: «il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura nota che sebbene Heidegger per un periodo si staccò dal cattolicesimo, «il legame con le radici cristiane riaffiorò ben presto e queste lezioni ne sono un’attestazione», come pure esse costituiscono «la culla della sua futura ramificata architettura ideale che avrà una prima grandiosa componente nell’Essere e tempo del 1927».

    L’allontanamento dal cattolicesimo di Heidegger, come ben descritto in un articolo di Peter Matussek e Paul Matussek, Martin Heidegger – La dinamica psichica della personalità nella sua relazione con l’opera (a cura di Livia Profeti) pubblicato sulla Rivista di psichiatria e psicoterapia Il sogno della farfalla (3/2009 e 1/2010), fu dovuto all’espulsione, nel 2011, dal Noviziato gesuita di Tisis a Feldkirch, vissuta come un oltraggio dal giovane Martin.

    Espulsione dovuta a non precisati motivi psicosomatici (probabilmente ripetuti attacchi di panico) prodomi di una incipiente schizofrenia. Gli autori di questo lungo articolo, percorrono la vita di H. dal punto di vista psichiatrico, descrivendo la psicopatologia del “filosofo” tedesco. «La stramberia, l’esaltazione fissata, il manierismo» di H. sono, secondo gli autori «sintomi decisivi per una diagnosi di personalità schizofrenica, indipendentemente dal fatto che ci sia o meno un’acuta manifestazione della malattia.»

    Il filosofo fu accumunato a C.G. Jung e a Freud da Felix Post che su Creatività e psicopatologia lo descrive «come significativamente disturbato». Esiste,  scrivono sempre gli autori dell’articolo citato, una diagnosi psichiatrica del 1934 di un ordinario di psicologia, Erich Jaensch: «in questa si dice, tra le altre cose, che egli sarebbe un “pericoloso schizofrenico” i cui scritti rappresentano in verità “documenti psicopatologici”. Jaensch gli addebita un pensiero tanto solipsistico e confuso, schizoide e già in parte schizofrenico.»

    Pensiero schizofrenico che, a ben guardare, percorre tutta l’opera di H.. L’ultima manifestazione della malattia mentale di H. di cui si è a conoscenza, è del 1946 quando fu ricoverato, nel sanatorio nel Sanatorio di Baden-Weiler, a causa di una crisi psicotica. Qui si rivolse alle cure del dottor Von Gebsättel, uno psichiatra, trovandovi, come egli si espresse in seguito, un aiuto e un sostegno che “umanamente” lo avevano confortato.

    Che H. fosse fuori di testa lo si può osservare anche dal suo «linguaggio iniziatico»** degno della pizia delfica resa però incongruo dai millenni trascorsi.

    Malattia mentale e delirio religioso sono la fonte primaria dei “capolavori filosofici” di H. incapace di un rapporto profondo  con l’altro da sé e con la realtà. Scrive R. Wolin che H., incalzato a definire il fondamentale concetto di «Essere», scrisse nella Lettera sull’Umanesimo, «Se e come esso appaia, se e come Dio e gli dei, la storia e la natura entrino nella radura dell’Essere, si presentino e si assentino, non è l’uomo a deciderlo. L’avvento dell’ente riposa nel destino dell’Essere»(***) Come suggerisce Wolin sembra che secondo H. «l’umanità sia ineluttabilmente dipendente da poteri sovraordinati, misteriosi e senza nome». E chi ha pensieri di questo genere, se non uno schizofrenico con deliri religiosi?

     

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    Come scrissero i due autori dell’articolo citato, H. vergò migliaia di pagine si con «l’intento di fondare la sua filosofia su concetti ed espressioni inintelligibili»*** ma l’inintelligibilità del suo pensiero verbale fu anche la manifestazione di una lampante manierismo linguistico proprio dello schizofrenico.

    Che egli fosse un cristiano farneticante non c’è dubbio, visto che credeva nell’esistenza del diavolo a cui addebitava la decadenza dell’Essere «[Questa è] l’invadenza di ciò che chiamiamo demoniaco.»***

    La sua religiosità è palesata anche per i suoi continui richiami al “destino” pensato come una forza esterna a cui non ci si può opporre «Come sostiene Jürgen Habermas, il «discorso sull’Essere, privo di contenuto proposizionale, ha tuttavia il senso illocutivo di pretendere la sottomissione al destino. Il suo lato pratico-politico consiste [nella] disponibilità all’obbedienza (…) a un’autorità auratica ma indeterminata. La retorica del tardo Heidegger risarcisce quei contenuti proposizionali che il testo rifiuta: essa unisce i suoi destinatari nel rapporto con potenze pseudo-sacrali. Nei Quaderni neri, la malriposta reverenza heideggeriana per l’Essere in quanto destino raggiunge, di quando in quando, proporzioni grottesche».»

    «Heidegger, cresciuto con aneliti di fervente religiosità, tali da spingerlo a tentare la carriera monastica, scrive Beniamino Gigli in un articolo, Il senso della vita umana, pubblicato tre anni fa su queste pagine cercherà secondo accreditate tesi esegetiche, di trasporre sul piano formale lo spirito  originario della tradizione cristiana, il senso preteoretico dell’esperienza cristiana,  per elevarlo a sistema ontologico fondante, dove proprio la morte, viene a delineare l’esperienza più genuina, il vero e autentico senso dell’esistenza: morire per giungere all’Essere. (…) “Ormai  solo un Dio ci può salvare”, è stato detto a conclusione di una carriera che, da un serrato e partecipato dialogo con Duns  Scoto, Paolo di Tarso, Agostino di Ippona e il misticismo di Eckart,  ha portato, nell’arco di poco più di un decennio, (sono del 1911 i famosi 5 articoli di forte taglio antimodernista in difesa dei dogmi della dottrina cattolica) alla maturazione di un pensiero che di lì a poco, con l’adesione al nazismo e con il suo  persistente rifiuto a ritrattarne la sentita e attiva partecipazione, mostrerà  il vero senso della sua  teoresi e della sua formazione.»

    16 marzo 2015

     

    (1) I nazionalsocialisti, «esattamente come Heidegger» rifiuterebbero «il cristianesimo, e il cattolicesimo in particolare.»? Non mi risulta. I fatti storici parlano chiaramente di un patto di ferro tra nazisti e cattolici che iniziò prima dell’avvento di Hitler al potere, con l’aiuto datogli nelle elezioni del ‘33, venne confermato con l’immediata firma del Reichskonkordat tra la Santa Sede e la Germania nazista, firmato il 20 luglio 1933 dal futuro papa Pio XII, e continuò anche dopo la guerra con l’aiuto dato dal Vaticano a gerarchi nazisti colpevoli del genocidio degli ebrei della taglia di Josef Mengele e Adolf Eichmann. Se piccoli dissidi ci furono fecero parte del solito tragico teatrino tra potere temporale e Chiesa in cui gli attori si scontrano sulla scena e si abbracciano dietro le quinte.

    (*)Emmanuel Faye, Essere e Svastica, Heidegger, l’antisemitismo; l’affermazione dell’essenza tedesca; l’auto-annientamento del nemico. Su MicroMega 2/2015 – pagg. 98 -115

    (**)Stefano Azzarà, Heidegger, “innocente” un esorcismo della sinistra posmoderna. Su MicroMega 2/2015 – pagg. 116 -125

    (***)Richard Wolin, La coerenza filosofica del nazismo di Heidegger, “. Su MicroMega 2/2015 – pagg. 117 -142

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