• “Freud è un po’ invecchiato ma la sua teoria aiuta ancora …” l’importante è non usarla

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    di Jeanne Pucelli

    Oggi ho avuto una visione mistica, o forse ho semplicemente sognato: c’era una nave, tipo la Concordia, che lentamente ma inesorabilmente stava affondando in un mare polare. Il nome del bastimento era ancora ben visibile: PSICOANALISI FREUDIANA. La polena rappresentava un vecchio, vestito di grigio, con tanto di gilè. L’elegantone aveva la barba e fumava un sigaro puzzolente. Dal Gran Salon veniva il suono, o meglio, la cacofonia, di parole e frasi slegate le une dalle altre come in una classica insalata di parole alla Basaglia: “bambino polimorfo perverso”, “i sogni sono allucinazioni ma anche ricordi rimossi”, “complesso di Edipo”, “scopritore dell’inconscio”, “Freud è un po’ invecchiato ma la sua cura aiuta ancora, l’importante è non usarla”, “l’analista neutro non esiste più”, “non ho mai avuto il piacere di essere presentato alla pulsione di morte”, “ri-narrare assieme al paziente i sogni”.

    Queste e altre frasi si ripetevano continuamente, e, strano ma vero, sembrava fornissero il ritmo ai ballerini che giravano e giravano vorticosamente senza fermarsi mai. Gli uomini portavano vecchi vestiti stile anni venti/trenta del secolo scorso, lisi e con lo stesso cattivo odore del sigaro del tizio incastonato a prua della nave. Alcuni di loro portavano sbilenche montature di occhiali della belle epoque prive di lenti; le donne stranamente portavano vesti opache e i loro volti terrei erano impiastricciati di cerone e rossetto da quattro soldi che colava come cera su una bottiglia. Il capitano della nave vestito come il capitan Fracassa della commedia dell’arte, portava un cappello su cui spiccava la scritta Nino ed emetteva con voce stridula le parole che servivano ai festanti per ballare girando per la sala con una mazza da golf: il ferro 9.

    Svegliatami sudaticcia, mi sono ritrovata in grembo il giornale La Stampa di oggi, aperto sull’intervista di Egle Santolini: “Freud è un po’ invecchiato ma la sua cura aiuta ancora”. Secondo lo psichiatra Maurilio Orbecchi “l’analisi è morta” Gli risponde Antonio Ferro, presidente della Società psicoanalitica.

    Non c’è voluto molto per capire quanto quel sogno “incuboso” fosse liberatorio. Mi sono ricordata che Nino era il nome dato ad Antonio Ferro, in una famosa intervista di Luciana Sica, pubblicato da La Repubblica il 18 dicembre 2012. In quell’articolo già diceva cose, per usare un eufemismo, eterodosse a proposito della psicanalisi freudiana, tipo «Basta con i dogmi: è ora di aprirsi all’esterno, di dialogare con gli altri» – «La psicoanalisi italiana non può fermarsi a Freud servono idee diverse altrimenti diventa un culto».

    Oggi invece viene chiamato Antonio Ferro 9, pardon senza il 9 – è solo una mia reminiscenza onirica che perdura – dunque, dicevo, il presidente della Società psicoanalitica italiana A. Ferro oggi invece sembra voler difendere colui che un famoso psichiatra italiano, Massimo Fagioli, definisce da anni “un imbecille”.

    Alla domanda della Egle Santolini che sorniona gli sussurra « Ferro, ci risiamo. Nella sua Biologia dell’Anima, e in un’intervista a La Stampa di ieri, Maurilio Orbecchi mette una croce sopra alla cura freudiana.» A. Ferro risponde «Mi verrebbe da dire che dev’essere ben viva e che deve continuare a dare un gran fastidio, la psicoanalisi, se in tanti si ostinano a voler vederla morta. Invece è in ottima salute, serve e continua a far star meglio le persone: il che è l’elemento decisivo. Le pare che continuerei a esercitarla se non funzionasse? Il problema, semmai, mi sembra un altro. E cioè: di quale psicoanalisi stiamo parlando?»

    Ma caro A. Ferri, gli avrei detto, non ci senti bene? Come “di quale psicanalisi stiamo parlando”, non hai udito “cura freudiana”? E poi perché mi parli di star meglio e non di cura? Io sto meglio anche quando qualcuno mi gratta la schiena ma questo non significa che il grattatore mi stia curando, n’est-ce-pas?
    Ma io non c’ero accanto al presidente della Società psicoanalitica, e la Egle … e allora mi sono letta le parole in libertà di Antonio Ferro che, senza che lui lo volesse, facevano affondare a poco a poco la nave psicanalitica freudiana: «lo psicanalista neutro, che resta muto per decine di sedute» «quello da barzelletta, da vignetta del New Yorker» è «Una figura che non esiste più» e poi «l’analista un po’ in veste sacerdotale.» kaput. «L’inconscio era considerato come un’isola inespugnabile, una specie di Alcatraz. E il sogno come un apriscatole». Concetti quelli di Freud da gettare nel bidone della spazzatura indifferenziata.

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    Il sogno, definito da Freud «“la via regia all’inconscio”» una minchiata ammuffita, «Oggi si è capito che il male, la sofferenza, vengono da ciò che nei sogni non è nemmeno contemplato: elementi non espressi, non pensati, non elaborati». Beh in effetti,  “l’imbecille”, già allora pensava che i sogni fossero solo mere allucinazioni, ma anche residui di fatti reali accaduti e rimossi … col carro attrezzi. Quindi perché mettersi a interpretarli? È meglio, come dice A. Ferro, ri-narrarli, insieme al paziente. Tanto «lo scopo non è tanto quello di “interpretare”, quanto quello di instaurare un assetto affettivo con il paziente, di mantenersi sulla sua lunghezza d’onda.»


    Ma, visto che, leva l’istinto di morte alla freudiana, leva il complesso di Edipo, aggiungi la “neuropsicofarmacologia”, aggiungi “l’assetto affettivo” demonizzato da Freud, butta l’interpretazione dei sogni, butta il setting freudiano, della minchiate freudiane non rimane nulla, tranne i lauti compensi, a questo punto mi chiedo, perché continuare a dire che la psicanalisi freudiana non è morta … ma forse … ma vuoi vedere che non è morta perché non è mai nata, nel senso che non avendo mai curato nessuno è come se non fosse mai esistita? E allora cent’anni per tutti i soldi dati agli psicanalisti freudiani quanto fa?


    In effetti, come scriveva su queste pagine Riccardo Reisso nel gennaio 2013 «già nel 1989 la Corte Federale di New York aveva condannato varie istituzioni psicoanalitiche a pagare le spese processuali (650.000 dollari) perché, secondo la sentenza, alcuni psicologi avevano facilmente dimostrato che il vero motivo per cui la pratica della psicoanalisi rimaneva privilegio di pochi adepti non era affatto “scientifico” o “terapeutico” ma, al contrario, puramente economico: c’era un vero piano per cercare di limitare la diffusione della psicoanalisi nel paese, impedendone la pratica da parte di molti validi terapeuti e senza alcun riguardo per i bisogni dei cittadini, al solo scopo di mantenere alti i prezzi.»


    Che mascalzoni … questi americani.


    Viva la faccia del presidente della Società Psicoanalitica Italiana, che pur difendendo Freud, si sente libero, in nome dell’incoerenza planetaria e del divenire del pensiero, di strafottersene del viennese che lasciò le sorelle in mano ai nazisti che in men che non si dica le gassarono nel campo di concentramento di Theresienstadt. «Crede che per questo sia passibile di espulsione dalla SPI? ». chiede spavaldo alla giornalista il presidente SPI Ferro. Ma certo che no, ecchédiamine!!! Tanto sono solo parole in libertà che servono per far ballare i clienti danarosi e nevrotici nel Gran Salon della nave che sta affondando e che a prua ha incastonato una polena che rappresenta un “imbecille” che fuma un sigaro puzzolente …

    © J. Pucelli – 11 marzo 2015

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