• Esiodo – Opere e giorni: Il mito della stirpe umana

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     Il mito della stirpe umana

     

    Ora, se vuoi, darò coronamento al mio dire con un altro racconto,

    bene e in modo opportuno, e tu nel tuo cuore riponilo,

    come medesima origine fu agli dèi e ai mortali.

    Prima una stirpe aurea di uomini mortali

    fecero gli immortali che hanno le olimpie dimore.

     

    Erano ai tempi di Crono, quand’egli regnava nel cielo;

    come dèi vivevano, senza affanni nel cuore,

    lungi e al riparo da pene e miseria, né per loro arrivava

    la triste vecchiaia, ma sempre ugualmente forti di gambe e di braccia,

    nei conviti gioivano, lontano da tutti i malanni;

    morivano come vinti dal sonno, e ogni sorta di beni

    c’era per loro; il suo frutto dava la fertile terra

    senza lavoro, ricco e abbondante, e loro, contenti,

    sereni, si spartivano le loro opere in mezzo a beni infiniti,

    ricchi d’armenti, cari agli dèi beati.

    Poi, dopo che la terra coprì questa stirpe,

    essi sono démoni, per il volere di Zeus grande,

    benigni, sulla terra; custodi degli uomini mortali

    della giustizia hanno cura e delle azioni malvagie,

    vestiti di nebbia, sparsi dovunque per la terra,

    datori di ricchezza: ebbero infatti questo onore regale.

     

    Come seconda una stirpe peggiore assai della prima,

    argentea, fecero gli abitatori delle olimpie dimore,

    né per l’aspetto all’aurea simile né per la mente,

    ché per cent’anni il fanciullo presso la madre sua saggia

    veniva allevato, giocoso e stolto, dentro la casa;

    ma quando cresciuti giungevano al limitare di giovinezza

    vivevano ancora per poco, soffrendo dolori

    per la stoltezza, perché non potevano da tracotante violenza

    l’un contro l’altro astenersi, né gli immortali venerare

    volevano, né sacrificare ai beati sui sacri altari,

    come è legge fra gli uomini secondo il costume. Allora costoro

    Zeus Cronide li fece morire adirato, perché gli onori

    non vollero rendere agli dèi beati che possiedono l’Olimpo.

     

    E poi, quando anche questa stirpe la terra ebbe coperto,

    costoro inferi beati sono chiamati presso i mortali,

    genî inferiori, ma onore anche loro accompagna.

     

    Zeus padre una terza stirpe di gente mortale

    fece, di bronzo, in nulla simile a quella d’argento,

    nata da frassini, potente e terribile: loro di Ares

    avevano care le opere dolorose e la violenza, né pane

    mangiavano, ma d’adamante avevano l’intrepido cuore,

    tremendi; grande era il loro vigore e braccia invincibili

    dalle spalle spuntavano sulle membra possenti;

    di bronzo eran le armi e di bronzo le case,

    col bronzo lavoravano perché il nero ferro non c’era.

    E costoro, dalle loro proprie mani distrutti

    partirono per la tenebrosa dimora di gelido Ade,

    senza fama; la nera morte per quanto temibili

    li prese e lasciarono la splendente luce del sole.

    E poi, dopo che anche questa stirpe la terra ebbe nascosto,

    di nuovo una quarta, sopra la terra feconda,

    fece Zeus Cronide, più giusta e migliore,

    di eroi, stirpe divina, che sono detti semidei,

    anteriore alla nostra sulla terra infinita.

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    Questi li uccise la guerra malvagia e la battaglia terribile

    alcuni a Tebe dalle sette porte, nella terra di Cadmo,

    combattendo per le greggi di Edipo,

    altri poi sulle navi al di là del grande abisso del mare

    condotti a Troia, a causa di Elena dalle belle chiome;

    là il destino di morte li avvolse;

    ma poi lontano dagli uomini dando loro vitto e dimora

    il padre Zeus Cronide della terra li pose ai confini.

    Abitano con il cuore lontano da affanni

    nell’isole dei beati presso Oceano dai gorghi profondi,

    felici eroi ai quali dolce raccolto

    tre volte in un anno, abbondante, produce il suolo fecondo,

    lontano dagli immortali, ed hanno Crono per re;

    … lo liberò infatti il padre di uomini e dèi,

    ed ora, con quelli, ha il suo onore, come conviene.

     

    Zeus, poi, pose un’altra stirpe di uomini mortali

    dei quali, quelli che ora vivono…

    Avessi potuto io non vivere con la quinta stirpe

    di uomini, e fossi morto già prima oppure nato dopo,

    perché ora la stirpe è di ferro; né mai di giorno

    cesseranno da fatiche e affanni, né mai di notte,

    affranti; e aspre pene manderanno a loro gli dèi.

    Però, anche per questi, ai mali si mischieranno dei beni.

     

    Ma Zeus distruggerà anche questa stirpe di uomini mortali

    quando nascendo avranno già bianche le tempie;

    allora né il padre sarà simile ai figli né i figli al padre;

    né l’ospite all’ospite, né l’amico all’amico

    e nemmeno il fratello caro sarà come prima;

    ma ingiuria faranno ai genitori appena invecchiati;

    a loro diranno improperi rivolgendo parole malvagie,

    gli sciagurati, senza temere gli dèi; né

    ai genitori invecchiati di che nutrirsi daranno;

    il diritto starà nella forza e l’uno all’altro saccheggerà la città.

    Né il giuramento sarà rispettato, né lo sarà chi è giusto

    o dabbene; piuttosto l’autore di mali e l’uomo violento

    rispetteranno; la giustizia sarà nella forza e coscienza

    non vi sarà; il cattivo porterà offese all’uomo buono

    dicendo parole d’inganno e sarà spergiuro;

    l’invidia agli uomini tutti, miseri,

    amara di lingua, felice del male, s’accompagnerà col volto impudente.

    Sarà allora che verso l’Olimpo, dalla terra con le sue ampie strade,

    da candidi veli coperte le belle persone

    degli immortali alla schiera andranno, lasciando i mortali,

    Vergogna e Sdegno: i dolori che fanno piangere resteranno

    agli uomini e difesa non ci sarà contro il male.

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